Santa Maria,

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...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.
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domenica 25 marzo 2018

Shema Israele 🎶Catechesi 🎼Preconio Pasquale



Shemá Israel - Kiko Arguello Camino Neocatecumenal

Hermoso canto del Camino Neocatecumenal, arreglado por Kiko Arguello, fundador del mismo, todos los que estamos dentro de este caminar, queremos entrar en una vocación, entrar en conversión, conocer el amor de Dios

Shema Israele  


Venerdì della III settimana del Tempo di Quaresima III


COMMENTO:
Padre Antonello Iappica intinerante in Giappone 

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Dal Vangelo secondo Marco 12,28-34. 

In quel tempo, si accostò a Gesù uno degli scribi e gli domandò: «Qual è il primo di tutti i comandamenti?».
Gesù rispose: «Il primo è: Ascolta, Israele. Il Signore Dio nostro è l'unico Signore; amerai dunque il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente e con tutta la tua forza. E il secondo è questo: Amerai il prossimo tuo come te stesso. Non c'è altro comandamento più importante di questi».
Allora lo scriba gli disse: «Hai detto bene, Maestro, e secondo verità che Egli è unico e non v'è altri all'infuori di lui; amarlo con tutto il cuore, con tutta la mente e con tutta la forza e amare il prossimo come se stesso val più di tutti gli olocausti e i sacrifici».
Gesù, vedendo che aveva risposto saggiamente, gli disse: «Non sei lontano dal regno di Dio». E nessuno aveva più il coraggio di interrogarlo.

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SHEMA' ISRAEL, OVVERO ASCOLTARE LA PAROLA DI DIO PER VIVERE LA VITA NUOVA IN CRISTO

La Pasqua si avvicina e la Chiesa oggi ci scruta chiedendoci: "vivi con sapienza?". La "saggezza" dell'uomo, infatti, consiste nel saper rispondere a una domanda, quella decisiva: "Qual'è il primo dei comandamenti?". La parola comandamento traduce diversi termini ebraici che indicano, tra l'altro, una parola che affida un incarico. Il comandamento è, dunque, una missione. La domanda che appare nel Vangelo allora, può significare: "Quale è la missione che mi è affidata?". Per rispondere dobbiamo andare all'incipit del Decalogo, le Dieci Parole di Vita vergate con il fuoco dell'amore divino e rivelate sul Sinai. Esse iniziano con la memoria di un'esperienza: la liberazione dall'Egitto. Lo stesso incipit dello Shemà, nel quale l'amore esclusivo a Dio e al prossimo scaturisce dall'esperienza dell'unicità di Dio: "Il Popolo ebraico attesta, compiendo il primo comandamento, che "solo il Signore suo Dio" può fare questo. Testimonia che ne è beneficiario. Accetta e decide, per quanto possibile, di assumere la liberazione dalla servitù del faraone. Vuole servire il solo Signore, rendergli culto, orientare tutte le sue forze, tutto il suo cuore, tutta la sua anima, tutto il suo tutto, a questo solo culto" (Marie Vidal, Un ebreo chiamato Gesù). Per questo lo Shemà è un annuncio, una profezia che sgorga da un memoriale, la rivelazione di un'identità: Ascolta Israele, il Signore è uno. La missione affidata a Israele prima e alla Chiesa poi, l'incarico che costituisce la vita di ciascuno di noi, rivela l'identità di Colui che incarica e affida la missione. Nella relazione di intima comunione tra Liberatore e liberato è gestato, nasce e si compie il comandamento più grande. Nel dialogo tra lo scriba e Gesù si legge in filigrana tutta la storia di Israele che, proprio in quel momento, trova pienezza e compimento. Per questo Gesù conclude congratulandosi con lo scriba dicendogli che non è lontano dal Regno di Dio: ascoltando le parole dello Shemà non pensa ad un impegno moralistico, ma rivede la sua vita salvata e condotta nella Terra Promessa, che diviene segno come quella del suo Popolo. Anche per noi risuonano in questa Quaresima le stesse parole, per ridestare in noi la memoria delle meraviglie compiute da Dio nella nostra vita, seno benedetto della missione che ci è affidata. Essa consiste proprio in ciò che la Quaresima significa, l'esodo dalla condizione servile alla libertà, dall'Egitto alla Terra Promessa, dalla morte alla vita, dal peccato all'amore totale e senza condizioni. Per questo al cuore della Quaresima vi è l'ascolto. In ebraico i termini "ascolto" e "obbedienza" coincidono: così, nella parola dello Shemà, l'ascolto si fa obbedienza, nella quale l'amore si rivela autentico e incorruttibile. Solo nell'obbedienza che si abbandona senza riserve all'amore di Cristo si compie il "comandamento più grande", il comandamento dell'uomo libero. Non esiste vita autentica dove non esiste libertà, perché non esiste amore laddove permane la schiavitù. Dove regna il faraone vi è disordine, (secondo l'etimologia del termine faraone), e l'uomo vive dissipato; cuore, anima e forze si combattono conducendo l'uomo a una schizofrenia interiore che lo distrugge. La sperimentiamo quando chiudiamo l'orecchio al fratello, al catechista, al presbitero, a Dio; e cominciamo a non raccapezzarci più, non capiamo la moglie, non riusciamo a perdonare il marito, al lavoro è una lotta senza pietà; lo stesso che accade ai figli quando non ascoltano e non obbediscono: nervosismo, insoddisfazione, la vita diventa come i pantaloni che indossano, sfilacciati eppure costosissimi. Apriamo allora l'orecchio in questo tempo di conversione e invitiamo tutti a farlo; molto meglio che discutere e polemizzare. Per perdonarci tra coniugi, per strappare i figli alla tristezza e ai peccati, mettiamoci all'ascolto della Parola, l'unica possibilità offerta all'uomo per essere libero davvero, affrancato dal potere del demonio: "Se rimanete fedeli alla mia parola, sarete davvero miei discepoli; conoscerete la verità e la verità vi farà liberi". A chi consegnare se stessi se non a Gesù sul letto d'amore della Croce, dove Lui si è consegnato a noi? Dio infatti è "unico" perché il suo amore è l'unico che scende, con noi e in noi, nella sofferenza più profonda, nei dolori di un cancro, nelle angosce dei tradimenti e dei fallimenti, nei tormenti dei dubbi, in tutti gli istanti delle nostre vite. Lui è l'unico che ci ama così come siamo. Come dividere il nostro amore con idoli vani, inesistenti, incapaci di amare e di salvare? Non si tratta di un impegno e buona volontà, ma dell'amore a chi ci ha amato per primo, dal quale sgorga, naturalmente, l'amore al prossimo, il dono totale che giunge sino al nemico. Per questo lo Shemà è il "comandamento più importante", la roccia su cui erigere l'esistenza, la stabilità nell'instabilità, la certezza nella precarietà. Lo Shemà compiuto da Cristo crocifisso che ci attira a sé è il fondamento del matrimonio, del fidanzamento, dell'amicizia, del lavoro, della Chiesa stessa. Lo Shemà irrora di eternità tutto il transitorio della vita generando la libertà di amare in qualunque circostanza, senza illusioni, nella santa indifferenza che sbriciola ogni preteso assoluto che vorrebbe rubare mente, anima e corpo. Non vi è argomento di discussione, non vi è problema, difficoltà o sofferenza, non vi è precarietà, non vi è differenza e attrito, non vi è male che abbia ragione dell'amore che compie lo Shemà. Esso incarna il Cielo in ogni questione della terra, mette in fila le priorità e i valori, illumina le questioni più intricate. Lo Shemà è l'antidoto al fallimento dei rapporti: chi vive lo Shemà non dirà mai "non ti amo più, sono cambiati i miei sentimenti, non è più come prima", perché esso inchioda ogni relazione sul robusto Legno della Croce, il luogo della libertà che si fa dono, sia quel che sia, costi quel che costi. Lo Shemà è il sigillo della Grazia e dell'elezione a vivere sulla terra l'amore celeste, la missione affidata alla Chiesa e a ciascuno di noi. Se lo accogli e ascolti "non sei lontano dal Regno dei Cieli", e la Pasqua sarà per te l'esodo dalla terra al Cielo, dal peccato all'amore.

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KIKO -SHEMA' ISRAEL- AGLI EBREI DI GERUSALEMME.

SINFONIA ESEGUITA A GERUSALEMME 28-12-2011





Kiko Arguello: Invocare il Nome di Gesù.



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Pregare significa invocare il Nome di Gesù.


Condizione per la preghiera
La preghiera può trasformarsi per noi in condanna, ci può condannare invece di salvarci, come il fariseo che diceva: “Signore, grazie perché non sono come gli altri, perché faccio due ore di preghiera al giorno, digiuno, non faccio sesso, non bevo, non faccio questo e quest’altro…”, il signore detestò questa preghiera, mentre quella dell’altro, che era un ladrone, un pubblicano, traditore della patria, traditore politico, una canaglia, uno svergognato: si sarà fatto una casa al mare sulle spalle della gente rubando un poco sulle imposte (Roma diceva di pagare una certa somma per le tasse e lui esigeva un po’ di più), neanche aveva il coraggio di alzare gli occhi ma si batteva il petto lì al fondo e diceva: “Signore, Signore, abbi pietà di me che sono un peccatore, sii propizio a me, abbi compassione di me che sono una canaglia, uno svergognato, un peccatore”. La Scrittura dice che Dio ascoltò quella preghiera!

COME si prega

Ora andiamo tutti a pregare in silenzio. Non si prega camminando, non si prega fumando. Quando arriverete nella vostra stanza, chiudete la porta, mettetevi in ginocchio (cercate un luogo solitario), alzate le vostre mani al Signore e gridate: “Signore, abbi pietà di me!”. Chiamalo, guardalo con gli occhi dello spirito; io ho degli occhi che vedono il tetto, però il mio cuore ha altri occhi che vedono più in là del tetto e con il mio cuore dico: “Signore, tu mi stai vedendo. Abbi pietà di me che sono un peccatore, Signore, aiutami!”. Starete mezz’ora. Sono ora le 12.25, alla 1 e un quarto torneremo qui. Ora vi metterete in ginocchio, alzate le vostre mani e gridate al Signore… passate in rassegna i vostri nemici e perdonateli. Dopo nell’ abbraccio della pace, se avete qualcosa contro un fratello, dovete dirglielo, dovete chiedergli perdono. Questa mattina dobbiamo pulirci, fratelli, perché se no il Signore non ci ascolterà.

Ira..

Dice san Paolo che i cristiani discutono ma si perdonano, “Non tramonti il sole sulla vostra ira!”. Quando un cristiano non vuole perdonare fino al giorno dopo, ha peccato, ha dato occasione al demonio; forse vuole perdonarlo domani e non può… La moglie pensava di perdonare il marito all’indomani, ma il marito si è così tanto arrabbiato che si è alzato alle 5 del mattino ed è partito… e da 5 giorni non torna a casa. “Nell’ira non peccare”, dice la Scrittura. Vuol dire che se tu ti irriti non pecchi, però irritato puoi peccare. Cioè: una cosa è irritarsi, che è normale, che uno abbia uno scatto e gridi, questo non si può controllare, per questo non succede nulla. Ma quando torni lucido, quando è passato lo scatto, allora ritorni libero: vuoi continuare o cedi? Devi decidere tu. Se decidi di continuare, dai occasione al demonio e viene fuori un macello… E quello che tu pensavi sarebbe durato poco si trasforma in una cosa assurda: da 15 giorni non parli più con tua moglie e già non riesci a controllare le sue reazioni. Perciò dice san Paolo: “Se ti irriti, se hai un attacco d’ira, non peccare, stai attento, non dare occasione al demonio”, perché poi la cosa va a finire male e allora è inutile che piangi e dici “Io non volevo”. Già lo sapevi, il Signore ti aveva avvertito.

Chiamata, Elezione, Obbedienza

Per me Gesù Cristo è stato una salvezza. È una salvezza oggi. E’ l’unico luogo dove ho incontrato misericordia, dove ho capito che cosa è l’amore, qualcosa che non ho incontrato mai fuori di Lui. In Lui io posso vivere, senza di Lui la vita non mi interessa. Posso dire: “Per me il vivere è Cristo”, fuori di Gesù Cristo la vita non mi interessa, non mi interessa l’arte, non mi interessa niente, assolutamente niente. Senza di Lui la natura non ha nessun senso, gli uomini non hanno nessun senso, le comunità, il mondo. Io lo so perché ho sperimentato questo non senso e pensavo di suicidarmi; se non fosse apparso Lui che cosa mi sarebbe successo? La vita, tutto acquista il suo senso in Gesù Cristo, la natura, acquista un senso la sofferenza, acquista un senso la libertà. Anche le guerre acquistano un senso perché sono il prodotto del peccato degli uomini. L’esistenza della guerra ci fa vedere come Dio rispetta e ama gente tanto peccatrice come noi; per questo tutto, anche la tortura, al mostruosità, in Gesù Cristo acquista una grandezza immensa, tutto in Gesù Cristo diventa luminoso, inclusi i peccati più mostruosi che ci fanno vedere come Dio ci ama, come ci rispetta e ha misericordia di noi, come non ci distrugge. Tutto in Gesù Cristo acquista senso.
La preghiera è un incontro con Gesù Cristo risuscitato che è vivo, che vi ama tantissimo e che desidera manifestarsi a voi. Ora Lui vuole fare con voi un’opera ancora più profonda… Qualcuno mi dirà: “Mah! A me non ha fatto niente”. Ed io che cosa ti posso dire? Mi dispiace fratello. Io so che per me lo ha fatto ed anche per altri fratelli. Guarda quello: era peggio di te ed ora guardalo: con quello ha fatto meraviglie. Senza alcun dubbio sei stato chiamato, altrimenti non saresti qui. Però molti sono i chiamati e pochi gli eletti. L ‘elezione dipende dal Signore che costruisce in noi, che ci dona la fede sempre che da parte nostra ci sia un atteggiamento di obbedienza…
Forse tu non hai mai obbedito, forse di tutto questo non ti è mai importato nulla; forse hai vissuto il cristianesimo in una forma adultera e perversa, pensando solo a risolvere i tuoi problemi. Ossia hai fatto della religione una perversione, una idolatria di Gesù Cristo, come Israele sempre ha fatto con Dio nel deserto. Ricordateci di quell’uomo che si avvicina a Gesù Cristo con suo figlio epilettico e gli dice: “Abbi pietà di me, guarda mio figlio!”. Che cosa gli risponde Gesù? “Oh generazione perversa e incredula, fino a quando dovrò sopportarvi?”.
E’ interessante vedere perché Gesù dice così: “Generazione incredula e perversa”, sono le stesse parole che disse Dio contro Israele nel deserto. Che significano le parole “incredulo e perverso”? Significano una cosa tremenda: stare con l’atteggiamento di pensiero che Dio ha fatto male tutte le cose, le malattie, tutto; che la creazione che Dio ha fatto gli è riuscita male e allora si strumentalizza il Figlio contro il Padre per sanare tutte le cose che, secondo noi, vanno male.

Annuncio del Kerygma

Pregare significa invocare il Nome di Gesù.
At. 4, 10-12 dice: “La cosa sia nota a tutti voi e a tutto il popolo di Israele: nel Nome di Gesù Cristo il Nazareno, che voi avete crocifisso e che Dio ha resuscitato dai morti, costui vi sta innanzi sano e salvo. Questo Gesù è la pietra che, scartata da voi costruttori, è diventata la testata d’angolo. In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti altro Nome dato agli uomini sotto il cielo nel quale è stabilito che possiamo essere salvati”.  Il Sinedrio si sorprende della testimonianza di questa gente senza cultura, perché il miracolo è potente, non potevano negarlo. Lì stava l’uomo che tutti conoscevano come un paralitico… con le ossa completamente sane.
Bene fratelli, questa mattina anche a voi annunceremo questo Kerygma. C’è qualcosa di impressionante: la fede viene attraverso questo Kerygma, dall’annuncio, dall’udito, dall’ascoltare. Qui dice molto chiaramente che Mosè aveva già annunciato: “Dio vi farà sorgere un profeta”. Sapete perché e quando Mosè dice questo? Perché Dio una volta si manifestò sul monte Sinai, apparve per salvare gli uomini. Si mostrò con potere su una montagna in mezzo al deserto a un popolo di schiavi e no ai ricchi, non ai re, non ai savi. Ha scelto uno dei popoli più oppressi della Terra, un popolo che era schiavo da 400 anni in un’epoca nella quale l’uomo non valeva niente, era peggio di una bestia, peggio di un cane. Dio per manifestarsi scelse questo popolo che aveva quasi completamente dimenticato il Dio dei suoi padri. Il vero Dio li ha strappati dalla schiavitù; qualcosa di mai visto: che un gruppo di poveri riesca a liberarsi dalla mano dei ricchi. E’ prodigiosa l’odissea di questo popolo che esce dall’Egitto, che scappa dalla mano dei potenti, che va nel deserto. E’ un popolo di disgraziati, di pezzenti e Dio lo ha eletto. Arrivati a metà del deserto Dio si manifesta a questo popolo sul monte Sinai, in mezzo ai tuoni, e il popolo rimane atterrito perché è evidente che l’alterità, il “totalmente altro”, provoca un  terrore mostruoso. Il popolo al sentire che lì c’era qualcosa di soprannaturale, immediatamente sperimenta questo sentimento di terrore. Dicono a Mosè: “Guarda, non vogliamo più questo; fai con noi quello che vuoi, però non appaia più Dio”. E’ preferibile la tortura, l’infermità, la morte che sperimentare di nuovo questo terrore (perché si tratta in effetti del terrore della morte in grado sommo, nel grado dell’alterità).
Non so se qualche uomo sulla terra ha sperimentato questo terrore, il terrore del “totalmente altro”. E’ un terrore simile a quello di un uomo che si trova in una stanza buia, sente una puntura e non sa se è stato un serpente o uno scorpione; non si può difendere perché non sa che cosa è stato. Sentirebbe un terrore così grande che potrebbe morire solo di paura. Il terrore lo provoca sempre ciò che è sconosciuto, per l’uomo non c’è maggior terrore che questo. Se l’uomo sa che chi lo attacca è un serpente o un altro uomo, se sa di che si tratta è diverso, perché può difendersi. Però quando si tratta di qualcosa di completamente sconosciuto è molto peggio.
Dico questo perché possiate capire un po’ perché il popolo dice a Mosè. “Non vogliamo che Dio torni a parlare a noi in questo modo, è preferibile che ci parli tu, è meglio che vai tu a parlare con Dio e che Lui ci parli attraverso di te, così non avremo paura”. Allora Dio, comprendendo che il popolo ha ragione perché i poveretti hanno avuto un terrore enorme, fa profetizzare Mosè: “Avete ragione, non tornerò a parlare così al popolo. Susciterò un profeta in mezzo a voi (riferendosi a Cristo). Voi ascolterete tutto quello che vi dirà; chi non ascolta questo profeta sarà estirpato di mezzo al popolo”.
Questo profeta sta qui e parlerà con voi, sta già parlando con voi questa mattina. Questo profeta è Gesù Cristo. Perché sarete estirpati dal popolo? Perché non ascoltate, perchè non obbedite. Dio non ha scelto una apparizione per manifestarsi agli uomini, sarebbe molto semplice. Immaginate un assassino e Gesù Cristo gli appare di notte: non tornerà più ad assassinare nessuno. Oppure un uomo che mena la moglie, la tortura: Dio appare a quest’uomo di notte e quello non commette più del male. Sarebbe stupendo, no? Gesù Cristo potrebbe apparire a qualcuno, correggerlo e si finirebbe con il male, con il dolore e con la sofferenza sulla terra. Fenomenale, no?
Perché Dio non fa così? Perché ha creato l’uomo libero e non vuole distruggere quello che ha fatto, perché Dio è l’unico Essere che non è fascista con l’uomo. Dio è l’unico che rispetta l’uomo così com’è, che lo lascia libero, permette che l’uomo nella sua libertà possa fare il male e peccare, anche sapendo che ogni peccato ricade sul più debole, lo mette al muro e lo uccide. Dio ha scelto come unico mezzo per salvare l’uomo la PREDICAZIONE, che un altro uomo gli parli. E forse si tratta di un uomo che puzza, che è brutto e cattivo, che sempre ti lascia un margine di dubbio. Io ti sto parlando oggi da parte di Dio, sto predicando e a te resta sempre un dubbio rispetto a me; se io non ti lasciassi questo margine di dubbio non sarei un buon catechista perché ti starei lavando il cervello. Se io facessi le cose sempre perfette, se facessi qualche miracolo di questi che tu pensi, nel fondo ruberei la tua libertà e farei di te un cretino che non ha capacità di pensare. Se io attraverso la predicazione ti obbligassi a pensare che questa è la verità, questo mezzo che Dio ha scelto non sarebbe buono.
Insisto su questo perché è qualcosa di molto importante. Vi sembrerà che ripeto sempre le stesse cose, però il fatto è che molti di voi vengono qui perché vi si lavi il cervello; avete sbagliato porta. Venite qui cercando la felicità ad un livello molto umano, a risolvere i vostri problemi. Il resto non vi interessa. Vi assicuro che esistono gruppi politici, fascisti o comunisti o del segno che sia, dove si lava il cervello molto bene alle persone e la gente è molto felice. Che credete? Pensate che un ufficiale o un giovane hitleriano non erano felici? Credete che le bande di fascisti che ci sono a Roma non sono felici? O che non sono felici le bande di estrema sinistra? Chi ha detto di no? Lavare il cervello significa annullare la capacità di autocritica su noi stessi. Se ti convincono che sei un santo, che sei perfetto e che la colpa di tutti i mali è degli altri (per esempio degli ebrei), non ragioni già più, non vedi più niente. Operi un miscuglio di ragione e sensazione, un polpettone tra intelligenza e sentimento e non ragioni più. Passi a vivere la vita ad un livello sentimentale totale, ad un livello che si chiama fanatismo. Allora cominci a vivere come in una continua estasi, come drogato; è la droga completa della fantasia, dell’intelligenza. Diventi fanatico e sei felice, non hai problemi.
Se diventiamo fanatici non siamo cristiani, perché ogni fanatico è una persona sminuita, non è libero; per questo l’unico vero è Gesù Cristo che fa sempre le cose senza annullare la tua libertà. Non annullare la tua libertà significa che non ti si dà mai la certezza totale, sempre ti resta un margine di dubbio, sempre ti resta la libertà di accogliere o di rifiutare. Esattamente questo è quello che tu NON vuoi perché a te piacerebbe che tutto fosse di colpo chiaro, che non ti rimanesse nessuna possibilità di opzione, perché quello che tu non vuoi è essere uomo, che significa essere libero, poter optare. Optare è molto molesto e provoca molta sofferenza.
Essere uomo significa optare, scegliere; però la libertà è optare tra bene e bene. Optare non è scegliere tra bene e male come molti pensano, questo sarebbe molto semplice ma non è così. Optare è scegliere tra un bene e un altro bene: il demonio mai ti presenta il male come male, perché allora mai lo sceglieremmo. Ti presenta invece il male come bene, ti presenta il peccato come un bene, come una possibilità di realizzarti, come una possibilità di ottenere sapienza: E’ vero che nel tuo interno capisci, intuisci che quello non è buono, però la forza della tua avidità è superiore; tu non puoi vivere con la tensione di rinunciare a qualcosa che ti si presenta come buona. E’ meglio provarlo, berlo, appurarlo; è meglio soddisfare il tuo desiderio.
Il male ti si presenta come un bene e l’uomo non sopporta il fatto di dovere tutti i giorni scegliere tra un bene e un altro bene, perché non vuole rinunciare a nessun bene, li vuole provare tutti. Dicono alcuni indù che il problema dell’uomo non è tanto che ha paura della morte, ma che ha paura di perdere qualche bene, ha il problema di dover lasciare le cose buone. L’avarizia, l’avidità di beni è un potere immenso dentro di noi; vogliamo godere tutto, abbiamo avarizia di tutto il buono.
Oggi sta parlando con te questo profeta a cui si riferisce la Parola. Se tu non lo ascolti morirai perché non ti è stata data altra possibilità di salvezza che questo Gesù di Nazareth, questo servo che è stato costituito Signore. Vedi come sempre appare la parola Servo. Anche solo per ignoranza tu sempre hai rifiutato questo servo, ma questo tipo di amore, questa attitudine che tu sempre hai rifiutato, Dio l’ha riscattata, lo ha risuscitato. Dicono gli apostoli: “Noi siamo testimoni che è vivo”. Anche io oggi sono testimone per te che Gesù Cristo è vivo. Come non essere testimone che è vivo? L’ho visto vivo, con potere nella mia vita e nella vita di altri. E’ la fede che nel Suo Nome quella che ha ristabilito e sanato un paralitico.
C’è qui qualche paralitico? Bene, io dico oggi che Gesù Cristo è vivo. La fede nel Nome di Gesù agisce proprio adesso mentre sto parlando. Quando viene a voi la Fede? Quando ascoltate la predicazione. Adesso, né prima né dopo, ora che state ascoltando. E che cosa state ascoltando? Io sto dicendo nel Nome di Gesù che Lui è vivo ora, che ha distrutto i tuoi peccati nella sua morte, che è risorto ed è seduto alla destra del Padre e che intercede per te ora. Credi questo? No? Bene, stai morendo, sei morto. Non lo credi? Ma ricordati bene che te l’ho detto, che il tuo sangue ricada su di te; perché io te lo dico: GESU’ CRISTO E’ ORA VIVO PER TE. LUI E’ MORTO PER I TUOI PECCATI PERCHE’ POSSA AVERE LA VITA IN LUI. Lui è morto, ha dato la Sua vita per te quando eri suo nemico. E’ morto, ha sofferto una morte ignominiosa, morte di malfattore, di peccatore, la morte che tu dovresti avere sofferto come paga della tua realtà. Lui ha sofferto per mostrarti l’amore che ha per te. Dio lo ha risorto. QUESTO AMORE CHE HA GESU’ CRISTO PER TE E’ LA VITA: OGGI TI VIENE OFFERTA.
Per questo ti dice oggi: “Pentiti e convertiti a questo amore” e tu sei libero di dire: “Non mi interessa”. Però guarda che te l’ho annunciato: Gesù Cristo è l’unica verità. Questo amore che Gesù ti ha mostrato nella croce è la vita per te oggi, non esiste un’altra vita: lo credi? Io sono un inviato da parte di Dio per dirti: convertiti, in questo amore è la vita. Rallegrati, fratello, perché Dio si è ricordato delle tue sofferenze, ha visto quanto soffri, ha visto i tuoi problemi e ha inviato noi per dirti: Convertiti, rallegrati, Dio ti ama! Dio vuole toglierti dal cerchio della morte, perché tu soffri perché sei chiuso dalla morte, perché hai la morte dentro, hai il peccato che agisce con potere dentro il tuo cuore. Non sei stato liberato dal potere del peccato. Gesù Cristo non è risorto dentro di te, non è vivo nel tuo interno. Te lo dico io: dentro di te regna il peccato e pertanto regna la morte. Per questo ti ammazza tua moglie quando non fa quello che vuoi tu. Per questo ti uccide la storia, le persone, i figli, tutto quello che non va come vuoi tu. Per te la vita sta nel peccato, in quello che il peccato ti comanda e ti dice di fare: per questo vivi in balia della concupiscenza.
Ti dico una cosa: tu stai in questa realtà, sei circondato dalla morte e con il peccato che regna dentro di te; e forse quando torni a casa ti investe una macchina e muori. Non dico questo per spaventarti, ma perché è possibile, perché è la verità, perché esiste questa possibilità per tutti noi.
Per questo ti dico: Convertiti! Io non so se vivrò domani, né tu lo puoi dire: questo nessuno lo sa e la morte è un fatto irreversibile; usciamo dalla vita e nessuno torna qui. Se pensiamo seriamente a questo il nostro cervello corre il pericolo di rompersi. Però è così, grazie a Dio! Perchè se questa vita fosse eterna, se dovessimo vivere sempre qui sarebbe mostruoso. Se condannassimo un uomo a non morire, piangerebbe, chiederebbe la morte, perché la via dell’uomo è stata creata per un’altra cosa; la vita dell’uomo è stata creata perché questo cristianesimo, che comincia ad essere seminato in noi come speranza, come un seme molto piccolo, possa trasformarsi in gloria, possa arrivare alla sua meta, possa sbocciare in quello che è veramente, perché questo nostro corpo possa trasformarsi in glorioso.
Fratelli, io vi annuncio che un Profeta è stato inviato in mezzo a voi: Gesù Risorto, presente e vivo nella Chiesa, che è venuto a voi e che oggi ci chiama a conversione. Pentitevi e convertitevi! Cambiate vita, perché Dio si è ricordato delle vostre iniquità e ha visto come il peccato è dentro di voi, i vostri peccati comandano sopra di voi. Tu con la tua ragione non puoi vincere il peccato. Cerca di vincere il peccato con la tua ragione, vediamo che succede. E’ inutile! Il peccato ha più forza di te; tu non hai vinto il peccato.
Per questo è stato necessario che Cristo desse la vita per te, perché tu possa essere liberato dal potere del peccato; se Cristo ha dato la vita è perché il peccato regna dentro di te, domina in te, ti vince prendendoti in giro e ridendo della tua croce, del sangue di Gesù Cristo. Il peccato ti domina, ti presenta una ragazza e tu soccombi! Ti presenta un piccolo avvenimento di morte, qualcuno che ti fa un’ingiustizia, che ti obbliga a fare qualcosa che non ti piace e tu soccombi!  Quando appare per un istante la morte, nel momento in cui appare la croce simbolo di morte, immediatamente ti riempi di tale paura che fai la volontà del demonio ossia dell’egoismo.
Allora cerchi di salvarti da questa morte vendendoti ai poteri che ti offre il demonio: denaro, successo, sesso, violenza. Ti chiedi: “Che devo fare per salvarmi da questa morte?”, e il demonio ti risponde rapidamente: violenza, denaro, vizio, cinema, sesso. “Io ti offro la possibilità – dice il demonio – di salvarti subito!”. E tu, anche se sai che quello che ti offre è una alienazione, non puoi evitarlo. Sei già preda del demonio, non puoi liberarti. Per questo una persona di fronte alla morte si vende ad un vizio, a un idolo: per esempio si rifugia nel gioco e ammazza la sua famiglia, distrugge sua moglie, perde tutti i soldi, porta la famiglia alla rovina; non può evitarlo.
Abbiamo proclamato che Dio ci ha mandato Gesù Cristo, Gesù risuscitato, per portarci la benedizione, perché ciascuno si converta dalle sue iniquità. Quando Gesù vede il tuo egoismo, non vede che tu sei cattivo in senso moralistico: vede che tu sei schiavo. Questo è molto importante: noi siamo schiavi, il mondo è schiavo di questa realtà, non possiamo fare nulla. E inoltre la schiavitù del peccato, la schiavitù dell’egoismo, comporta sempre una sofferenza per gli altri e Dio sente le sofferenze che i tuoi peccati provocano negli altri.
Per questo io vengo a dirti: convertiti a questo Gesù Cristo perché tu possa lasciare di fare il male, perché tu possa smettere di far soffrire gli altri. Se tu sei liberato dal potere dell’egoismo, finirai di far danno agli altri. Io dico che è possibile l’amore, sì, è possibile! E come è possibile? In Gesù. Però tu credi che Gesù è vivo oggi, è risorto e a vinto il peccato e la morte?
Comincia a pensare che forse non hai mai creduto nella nostra predicazione e che semplicemente stai approfittando delle cose umane di questo cammino: l’appoggio di un gruppo umano, amicizia, donne, un po’ di calore affettivo; questa è l’unica cosa che ti interessa; però il contenuto vero, quello che significa veramente questo cammino non ti importa assolutamente, per questo sarai cacciato fuori di qui. Mai hai ascoltato, mai hai creduto nella nostra predicazione, stai in questa carovana così, come uno in più. E senza dubbio tu hai una missione. Oggi il Signore ti dice: convertiti! Guardate che san Piero vi dice chiaramente che avete ammazzato il Giusto, avete detto: “Crocifiggilo!”, e avete chiesto la grazia per un assassino, Barabba. E’ così fratelli: tutti i giorni neghiamo Gesù Cristo e confessiamo che la vita ci viene da un assassino. Barabba è un tipo che crede nella politica, ossia vuole fare giustizia, vuole liberare il popolo oppresso. E’ uno zelota, un guerrigliero, un leader della liberazione contro i romani, aveva anche partecipato ad un assassinio per la causa.
Come dice san Pietro, la giustizia che fa l’uomo porta sempre con sé l’assassinio; questo è chiaro, perché sempre l’egoismo ammazza l’altro. Voi avete detto che Gesù è stupido, che questa attitudine, questo tipo di amore non serve. Per questo diciamo tutti i giorni: Barabba è quello che salva. Quando diciamo questo? Te lo dico io. Domani esci da qui: immagina che qualcuno, il tuo superiore, un prete, chiunque sia ti fa una ingiustizia, immagina per esempio che qualcuno ha mormorato di te, ha detto che sei un cretino, che ti stai alienando con la comunità, solo perché ti piace una ragazze o ti dice che te ne vai a letto con tutte. Ti dicono questo e tu sai che è falso, che non hanno diritto di dire questo di te perché non è vero. Se sei sposata, immagina che ti fa una ingiustizia tuo marito o tuo figlio che non viene in comunità. Come reagiamo noi?
Io ti dico quello che dice la Parola: questo atteggiamento di Gesù salva. Ciò significa che l’ingiustizia che ti fa il nemico devi assumerla, non resistere al male; lascia stare, lascia che il male ricada su di te. “Non resistere al male”. “Non opporre resistenza al malvagio”.
Dio ci presenta Gesù Cristo, questo amore di Gesù Cristo, come la salvezza del mondo e ci presenta anche Barabba. Ci dice Pilato: “Chi dei due volete?”. Questo è stato un simbolo immenso per tutta l’umanità. Volete questa attitudine dell’agnello, apparentemente assurda? Invece l’atteggiamento di Barabba sì: sperimenteranno i nostri pugni, tutti uniti.
E tu cosa fai di fronte a tua moglie, a tuo marito o a quell’amico? La stessa cosa: il pugno! Alziamo come bandiera la giustizia, al nostra giustizia. Lasciarsi ammazzare per i peccati dell’altro è assurdo, ci solleviamo e facciamo giustizia. Vediamo se si rende conto che quello che fa non si può fare, bisogna dargli una buona lezione. Se sei religioso, forse al refettorio qualcuno comincia a mettersi contro di te e tu gli lanci una frecciata e lo metti in ridicolo davanti a tutti, così impara! Se è la moglie o un figlio che ti fa una ingiustizia, quando tu entri a casa gli farai un’altra cosa; o se è tuo marito gli metti il muso uno, due, tre giorni perché si renda conto. Ossia tutti facciamo una violenza con la quale fermiamo l’altro; diciamo: “Molto bene, se è la guerra che vuoi, che sia!”. Allora, siccome sappiamo che anche l’altro è un vigliacco, ce ne approfittiamo e facciamo guerra per non lottare, perché l’altro ci lasci in pace e non ci faccia soffrire.
Bene, però è anche possibile che voi oggi riconosciate che questo Gesù crocifisso, questo atteggiamento è la verità (gli apostoli della Chiesa primitiva sempre presentano la croce; ancora oggi i copti, gli africani, debbono portare una croce), però una cosa è riconoscerlo e un’altra farlo. Che ci succede? Che ci riconosciamo impotenti. Ossia u ammetti che Gesù è la verità, però quando ti si presenta l’ingiustizia, fai giustizia con la tua propria mano.
Senza dubbio san Pietro dice: “Schiavi, sottomettetevi ai padroni ingiusti, perché questo è gradito a Dio; a questo siete stati chiamati, a soffrire l’ingiustizia”. E’ importante che voi cominciate a capire che a questo siete stati chiamati. Però come è possibile che il Signore ci chiami a questo se noi siamo impotenti ad assumere l’ingiustizia? Perché per assumere l’ingiustizia è necessario avere la Vita eterna, la vita di Gesù Cristo.
Per questo convertirsi significa credere che questa è la verità, questo: che Gesù è morto per i tuoi peccati e che è stato risuscitato per la tua giustificazione. Che ora è vivo e risuscitato per te, che è vivo qui nella Chiesa, che ha inviato noi come catechisti per chiamarvi a conversione e, invocando il Nome di Gesù, se tu credi che Gesù è vivo, potrai ricevere lo Spirito di Gesù, questo Spirito che ti dà la vita, questo Spirito che perdona i tuoi peccati.
Gesù, lasciandosi uccidere, solo con questo atteggiamento già ti mostra che ti perdona e che ti ama; però non solo con la sua morte, perché se Gesù ancora fosse morto, non sapremmo che ci ha perdonato. E’ la sua risurrezione che ci giustifica: Gesù è vivo. Dove? E’ vivo qui, ora, nella Chiesa; sta parlando con te. La Chiesa è il suo corpo, per questo nella confessione avete confessato Gesù Cristo vivo, qui nella Chiesa che ti ha perdonato, che ti ha detto: Io ti assolvo, io ti perdono, tu mi hai ucciso però io oggi sono vivo e ti perdono.
Tu credi veramente che Gesù Cristo è morto per i tuoi peccati e che è vivo, che Dio lo ha risorto per te? Allora invocalo, invoca il Suo Nome.
L’altro giorno ho avuto una esperienza enorme… Mi trovavo in una posizione della quale parla sempre la Scrittura: "Tu mi stringi alle spalle, mi attacchi di fronte", e non  c'è salvezza. Dice un midrash sulla Pasqua che Israele è come una colomba perseguitata da un falco che sta sul punto di prenderla; questo falco è l'Egitto. Quando non sa come scappare, perchè non c'è modo di scappare, trova un buco in una roccia per rifugiarsi e quando sta per mettersi nel buco per salvarsi, esce da lì un serpente (la morte). Allora, il falco sta per prenderla, il serpente esce dall'altra parte e non si sa come, appare Dio che salva la colomba!
L'altro giorno io ho fatto una esperienza simile... E' l'esperienza della fede. Dice la Scrittura: "Nessuno che invochi il Nome del Signore resterà confuso".
Invocatelo dal profondo del vostro cuore, se veramente non volete peccare. Se qualcuno si trova bene nel peccato, vi dico che il peccato ammazza Gesù Cristo, ammazza gli altri; se volete continuare nel peccato, se vi piace peccare, sappiate che il peccato ha ucciso l'Autore della vita e sta uccidendo te: stai uccidendo la vita dentro di te e stai uccidendo gli altri.
Convertirsi significa rinunciare al peccato e guardare Gesù Cristo che è vivo, al di sopra di ogni peccato come KYRIOS, come Signore di ogni potere, di ogni virtù e di ogni dominazione. Convertirsi è camminare nella sua luce, invocando il suo Nome. "Per la fede nel suo Nome - dice san Pietro - quest'uomo che era paralitico, è stato ristabilito, curato pienamente".
C'è una fede che corrisponde a te. Perchè resisti allo Spirito Santo? Lo Spirito Santo è dentro di te adesso, ti sta aiutando, ti sta chiamando. Perchè non lasci il peccato, perchè? Lascialo!
Guardate fratelli che se non lasciate il peccato, non potete essere iniziati alla preghiera: sarebbe una pantomima; ne avete già fatte tante nella vostra vita!
Lo dico a tutti: perdete la vostra vita questa mattina, perdete la vostra vita in Gesù Cristo. Impara a perdere la vita. Perdere la vita è la croce di Gesù Cristo: "Signore, si faccia la tua volontà". Io non so nulla di quello che sarà la mia vita domani, Tu mi marcherai la tua volontà nella storia, in quello che mi succederà. Questa è la mia esperienza: nelle baracche, per esempio, non capivo niente di quello che mi succedeva e me ne passavano di tutti i colori. Ogni giorno sembrava che dovessi morire perchè tutto mi superava ed io non potevo fare nulla: un ladrone, un drogato, uno che voleva ammazzare sua moglie, macelli enormi...Però non so come, sempre, quando sembrava che morivo, che tutto finiva, mi si apriva davanti una strada per scappare dalla morte, quasi in una maniera sorprendente.
Ora andate a pregare in silenzio, avete dalla Chiesa il potere di invocare il Nome di Gesù sui vostri peccati. "Signore Gesù abbi pietà di me! Signore Gesù, che vuoi che io faccia? Che vuoi da me?". Gridagli: "Tu sei vivo? Parla! Che vuoi da me? Signore Gesù,  abbi pietà di me che sono un peccatore". 

(Tratto da: Kiko Arguello e Carmen Hernandez, Direttorio Catechetico del Cammino Neocatecumenale, cfr. Statuto, art.2, 2°, Vol. V, "Iniziazione alla Preghiera").

mercoledì 28 febbraio 2018

"Assetati di Fraternità":

un cammino pasquale con le omelie di don Luigi Verdi 

assetati poster
Il cammino di Quaresima con le omelie di don Luigi Verdi: è una proposta che arriva dal Veneto, dal Centro missionario diocesano di Padova. Il centro diocesano ha raccolto gli interventi di don Gigi e li sta diffondendo alla sua rete di parrocchie, associazioni per compiere un percorso condiviso di avvicinamento ala Pasqua."Assetati di Fraternità" è il titolo di questo cammino. "Offriamo questo e altri sussidi - spiega don Gaetano Borgo - affinché ognuno sia sollecitato a raccogliere dalla Parola quotidiana, spunti e riflessioni che portino a rinnovarci nel cuore e a vivere sinceramente il Vangelo della carità con una spinta all’annuncio, proprio come la Samaritana".Anche noi, da Romena, entriamo volentieri nella rete intessuta dal centro missionario e aiutiamo a diffondere, settimana per settimana, questi contributi... (guarda video) 


I^domenica di Quaresima



La Quaresima è un tempo che “aiuta alla conversione”

Papa Francesco:

 nel confessionale nessuna minaccia

 ma il perdono del Padre


©OSSERVATORE ROMANO | AFP
La  Quaresima è un tempo che “aiuta alla conversione”, al riavvicinamento a Dio, al “cambiamento della nostra vita” e questa è una “grazia” da chiedere al Signore.
Gesù chiama con dolcezza e fiducia di padre
Prendendo spunto dalla prima Lettura tratta di Isaia, una vera “chiamata alla conversione”, Francesco nell’omelia della Messa a Santa Marta mostra quale è l’atteggiamento “speciale” di Gesù di fronte ai nostri peccati. “Non minaccia, ma chiama con dolcezza, dando fiducia”. “Su venite e discutiamo” sono le parole del Signore ai capi di Sodoma e al popolo di Gomorra, a cui, spiega il Papa, ha già indicato il “male” da evitare e il “bene” da seguire. Così fa con noi:
Il Signore dice: “Vieni, su. Venite e discutiamo. Parliamo un po’”. Non ci spaventa. E’ come il papà del figlio adolescente che ha fatto una ragazzata e deve rimproverarlo. E sa che se va col bastone la cosa non andrà bene, deve entrare con la fiducia. Il Signore in questo brano ci chiama così: “Su, venite. Prendiamo un caffè insieme. Parliamo, discutiamo. Non avere paura, non voglio bastonarti”. E siccome sa che il figlio pensa: “Ma io ho fatto delle cose…” – Subito: “Anche se i tuoi peccati fossero come scarlatto, diventeranno bianchi come neve. Se fossero rossi come porpora, diventeranno come lana”.
Andare dal Signore a cuore aperto: è padre che aspetta
Il Papa racconta a questo proposito l’esperienza di un cardinale confessore che proprio davanti al peccato che intuisce essere “grosso”, non si sofferma troppo e va avanti, continua il dialogo: “E questo apre il cuore” sottolinea Francesco “ e l’altra persona si sente in pace”. Così fa il Signore con noi , dice: “Venite, discutiamo, parliamo. Prendi la ricevuta del perdono, il perdono c’è”:
A me aiuta vedere questo atteggiamento del Signore: il papà col figlio che si crede grande, che si crede cresciuto e ancora è a metà strada. E il Signore sa che tutti noi siamo a metà strada e tante volte abbiamo bisogno di questo, di sentire questa parola: “Ma vieni, non spaventarti, vieni. Il perdono c’è”. E questo ci incoraggia. Andare dal Signore col cuore aperto: è il padre che ci aspetta.

martedì 6 febbraio 2018

Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima «Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti»


               Si chiamava GESù - Fabrizio De Andre'       

Venuto da molto lontano 
a convertire bestie e gente 
non si può dire non sia servito a niente 
perché prese la terra per mano 
vestito di sabbia e di bianco 
alcuni lo dissero santo 
per altri ebbe meno virtù 
si faceva chiamare Gesù. 

Non intendo cantare la gloria 
né invocare la grazia e il perdono 
di chi penso non fu altri che un uomo 
come Dio passato alla storia 
ma inumano è pur sempre l'amore 
di chi rantola senza rancore 
perdonando con l'ultima voce 
chi lo uccide fra le braccia di una croce. 

E per quelli che l'ebbero odiato 
nel getzemani pianse l'addio 
come per chi l'adorò come Dio 
che gli disse sia sempre lodato, 
per chi gli portò in dono alla fine 
una lacrima o una treccia di spine, 
accettando ad estremo saluto 
la preghiera l'insulto e lo sputo. 

E morì come tutti si muore 
come tutti cambiando colore 
non si può dire non sia servito a molto 
perché il male dalla terra non fu tolto 

Ebbe forse un pò troppe virtù, 
ebbe un nome ed un volto: Gesù. 
Di Maria dicono fosse il figlio 
sulla croce sbiancò come un giglio. 

                
Kairos:

Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2018.


Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2018. «Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24,12)
Sala stampa della Santa Sede
[Text: Italiano, Français, English, Español, Português]

Pubblichiamo di seguito il testo del Messaggio del Santo Padre Francesco per la Quaresima 2018 sul tema: “Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti” (Mt 24,12):
Messaggio del Santo Padre
«Per il dilagare dell’iniquità, si raffredderà l’amore di molti» (Mt 24,12)
Cari fratelli e sorelle,
ancora una volta ci viene incontro la Pasqua del Signore! Per prepararci ad essa la Provvidenza di Dio ci offre ogni anno la Quaresima, «segno sacramentale della nostra conversione»,[1] che annuncia e realizza la possibilità di tornare al Signore con tutto il cuore e con tutta la vita.
Anche quest’anno, con il presente messaggio, desidero aiutare tutta la Chiesa a vivere con gioia e verità in questo tempo di grazia; e lo faccio lasciandomi ispirare da un’espressione di Gesù nel Vangelo di Matteo: «Per il dilagare dell’iniquità l’amore di molti si raffredderà» (24,12).
Questa frase si trova nel discorso che riguarda la fine dei tempi e che è ambientato a Gerusalemme, sul Monte degli Ulivi, proprio dove avrà inizio la passione del Signore. Rispondendo a una domanda dei discepoli, Gesù annuncia una grande tribolazione e descrive la situazione in cui potrebbe trovarsi la comunità dei credenti: di fronte ad eventi dolorosi, alcuni falsi profeti inganneranno molti, tanto da minacciare di spegnere nei cuori la carità che è il centro di tutto il Vangelo.

I falsi profeti
Ascoltiamo questo brano e chiediamoci: quali forme assumono i falsi profeti?
Essi sono come “incantatori di serpenti”, ossia approfittano delle emozioni umane per rendere schiave le persone e portarle dove vogliono loro. Quanti figli di Dio sono suggestionati dalle lusinghe del piacere di pochi istanti, che viene scambiato per felicità! Quanti uomini e donne vivono come incantati dall’illusione del denaro, che li rende in realtà schiavi del profitto o di interessi meschini! Quanti vivono pensando di bastare a sé stessi e cadono preda della solitudine!
Altri falsi profeti sono quei “ciarlatani” che offrono soluzioni semplici e immediate alle sofferenze, rimedi che si rivelano però completamente inefficaci: a quanti giovani è offerto il falso rimedio della droga, di relazioni “usa e getta”, di guadagni facili ma disonesti! Quanti ancora sono irretiti in una vita completamente virtuale, in cui i rapporti sembrano più semplici e veloci per rivelarsi poi drammaticamente privi di senso! Questi truffatori, che offrono cose senza valore, tolgono invece ciò che è più prezioso come la dignità, la libertà e la capacità di amare. E’ l’inganno della vanità, che ci porta a fare la figura dei pavoni… per cadere poi nel ridicolo; e dal ridicolo non si torna indietro. Non fa meraviglia: da sempre il demonio, che è «menzognero e padre della menzogna» (Gv 8,44), presenta il male come bene e il falso come vero, per confondere il cuore dell’uomo. Ognuno di noi, perciò, è chiamato a discernere nel suo cuore ed esaminare se è minacciato dalle menzogne di questi falsi profeti. Occorre imparare a non fermarsi a livello immediato, superficiale, ma riconoscere ciò che lascia dentro di noi un’impronta buona e più duratura, perché viene da Dio e vale veramente per il nostro bene.
Un cuore freddo
Dante Alighieri, nella sua descrizione dell’inferno, immagina il diavolo seduto su un trono di ghiaccio;[2] egli abita nel gelo dell’amore soffocato. Chiediamoci allora: come si raffredda in noi la carità? Quali sono i segnali che ci indicano che in noi l’amore rischia di spegnersi?
Ciò che spegne la carità è anzitutto l’avidità per il denaro, «radice di tutti i mali» (1 Tm 6,10); ad essa segue il rifiuto di Dio e dunque di trovare consolazione in Lui, preferendo la nostra desolazione al conforto della sua Parola e dei Sacramenti.[3] Tutto ciò si tramuta in violenza che si volge contro coloro che sono ritenuti una minaccia alle nostre “certezze”: il bambino non ancora nato, l’anziano malato, l’ospite di passaggio, lo straniero, ma anche il prossimo che non corrisponde alle nostre attese.
Anche il creato è testimone silenzioso di questo raffreddamento della carità: la terra è avvelenata da rifiuti gettati per incuria e interesse; i mari, anch’essi inquinati, devono purtroppo ricoprire i resti di tanti naufraghi delle migrazioni forzate; i cieli – che nel disegno di Dio cantano la sua gloria – sono solcati da macchine che fanno piovere strumenti di morte.
L’amore si raffredda anche nelle nostre comunità: nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium ho cercato di descrivere i segni più evidenti di questa mancanza di amore. Essi sono: l’accidia egoista, il pessimismo sterile, la tentazione di isolarsi e di impegnarsi in continue guerre fratricide, la mentalità mondana che induce ad occuparsi solo di ciò che è apparente, riducendo in tal modo l’ardore missionario.[4]
Cosa fare?
Se vediamo nel nostro intimo e attorno a noi i segnali appena descritti, ecco che la Chiesa, nostra madre e maestra, assieme alla medicina, a volte amara, della verità, ci offre in questo tempo di Quaresima il dolce rimedio della preghiera, dell’elemosina e del digiuno.
Dedicando più tempo alla preghiera, permettiamo al nostro cuore di scoprire le menzogne segrete con le quali inganniamo noi stessi,[5] per cercare finalmente la consolazione in Dio. Egli è nostro Padre e vuole per noi la vita.
L’esercizio dell’elemosina ci libera dall’avidità e ci aiuta a scoprire che l’altro è mio fratello: ciò che ho non è mai solo mio. Come vorrei che l’elemosina si tramutasse per tutti in un vero e proprio stile di vita! Come vorrei che, in quanto cristiani, seguissimo l’esempio degli Apostoli e vedessimo nella possibilità di condividere con gli altri i nostri beni una testimonianza concreta della comunione che viviamo nella Chiesa. A questo proposito faccio mia l’esortazione di san Paolo, quando invitava i Corinti alla colletta per la comunità di Gerusalemme: «Si tratta di cosa vantaggiosa per voi» (2 Cor 8,10). Questo vale in modo speciale nella Quaresima, durante la quale molti organismi raccolgono collette a favore di Chiese e popolazioni in difficoltà. Ma come vorrei che anche nei nostri rapporti quotidiani, davanti a ogni fratello che ci chiede un aiuto, noi pensassimo che lì c’è un appello della divina Provvidenza: ogni elemosina è un’occasione per prendere parte alla Provvidenza di Dio verso i suoi figli; e se Egli oggi si serve di me per aiutare un fratello, come domani non provvederà anche alle mie necessità, Lui che non si lascia vincere in generosità?[6]
Il digiuno, infine, toglie forza alla nostra violenza, ci disarma, e costituisce un’importante occasione di crescita. Da una parte, ci permette di sperimentare ciò che provano quanti mancano anche dello stretto necessario e conoscono i morsi quotidiani dalla fame; dall’altra, esprime la condizione del nostro spirito, affamato di bontà e assetato della vita di Dio. Il digiuno ci sveglia, ci fa più attenti a Dio e al prossimo, ridesta la volontà di obbedire a Dio che, solo, sazia la nostra fame.
Vorrei che la mia voce giungesse al di là dei confini della Chiesa Cattolica, per raggiungere tutti voi, uomini e donne di buona volontà, aperti all’ascolto di Dio. Se come noi siete afflitti dal dilagare dell’iniquità nel mondo, se vi preoccupa il gelo che paralizza i cuori e le azioni, se vedete venire meno il senso di comune umanità, unitevi a noi per invocare insieme Dio, per digiunare insieme e insieme a noi donare quanto potete per aiutare i fratelli!
Il fuoco della Pasqua
Invito soprattutto i membri della Chiesa a intraprendere con zelo il cammino della Quaresima, sorretti dall’elemosina, dal digiuno e dalla preghiera. Se a volte la carità sembra spegnersi in tanti cuori, essa non lo è nel cuore di Dio! Egli ci dona sempre nuove occasioni affinché possiamo ricominciare ad amare.
Una occasione propizia sarà anche quest’anno l’iniziativa “24 ore per il Signore”, che invita a celebrare il Sacramento della Riconciliazione in un contesto di adorazione eucaristica. Nel 2018 essa si svolgerà venerdì 9 e sabato 10 marzo, ispirandosi alle parole del Salmo 130,4: «Presso di te è il perdono». In ogni diocesi, almeno una chiesa rimarrà aperta per 24 ore consecutive, offrendo la possibilità della preghiera di adorazione e della Confessione sacramentale.
Nella notte di Pasqua rivivremo il suggestivo rito dell’accensione del cero pasquale: attinta dal “fuoco nuovo”, la luce a poco a poco scaccerà il buio e rischiarerà l’assemblea liturgica. «La luce del Cristo che risorge glorioso disperda le tenebre del cuore e dello spirito»,[7] affinché tutti possiamo rivivere l’esperienza dei discepoli di Emmaus: ascoltare la parola del Signore e nutrirci del Pane eucaristico consentirà al nostro cuore di tornare ad ardere di fede, speranza e carità.
Vi benedico di cuore e prego per voi. Non dimenticatevi di pregare per me.
Dal Vaticano, 1° novembre 2017 Solennità di Tutti i Santi
FRANCESCO
________________________
[1] Messale Romano, I Dom. di Quaresima, Orazione Colletta. 

[2] «Lo ’mperador del doloroso regno / da mezzo ’l petto uscia fuor de la ghiaccia» (Inferno XXXIV, 28-29). 
[3] «E’ curioso, ma tante volte abbiamo paura della consolazione, di essere consolati. Anzi, ci sentiamo più sicuri nella tristezza e nella desolazione. Sapete perché? Perché nella tristezza ci sentiamo quasi protagonisti. Invece nella consolazione è lo Spirito Santo il protagonista» (Angelus, 7 dicembre 2014).
[4] Nn. 76-109. 

[5] Cfr Benedetto XVI, Lett. Enc. Spe salvi, 33. 
[6] Cfr Pio XII, Lett. Enc. Fidei donum, III. 
[7] Messale Romano, Veglia Pasquale, Lucernario.
Testo in lingua francese
«À cause de l’ampleur du mal, la charité de la plupart des hommes se refroidira» (Mt 24, 12)
Chers Frères et Soeurs,
La Pâque du Seigneur vient une fois encore jusqu’à nous ! Chaque année, pour nous y préparer, la Providence de Dieu nous offre le temps du Carême. Il est le « signe sacramentel de notre conversion »[1], qui annonce et nous offre la possibilité de revenir au Seigneur de tout notre coeur et par toute notre vie.
Cette année encore, à travers ce message, je souhaite inviter l’Eglise entière à vivre ce temps de grâce dans la joie et en vérité ; et je le fais en me laissant inspirer par une expression de Jésus dans l’Évangile de Matthieu : « À cause de l’ampleur du mal, la charité de la plupart des hommes se refroidira » (24, 12). Cette phrase fait partie du discours sur la fin des temps prononcé à Jérusalem, au Mont des Oliviers, précisément là où commencera la Passion du Seigneur. Jésus, dans sa réponse à l’un de ses disciples, annonce une grande tribulation et il décrit la situation dans laquelle la communauté des croyants pourrait se retrouver : face à des évènements douloureux, certains faux prophètes tromperont beaucoup de personnes, presqu’au point d’éteindre dans les coeurs la charité qui est le centre de tout l’Évangile.
Les faux prophètes
Mettons-nous à l’écoute de ce passage et demandons-nous : sous quels traits ces faux prophètes se présentent-ils ?
Ils sont comme des « charmeurs de serpents », c’est-à-dire qu’ils utilisent les émotions humaines pour réduire les personnes en esclavage et les mener à leur gré. Que d’enfants de Dieu se laissent séduire par l’attraction des plaisirs fugaces confondus avec le bonheur ! Combien d’hommes et de femmes vivent comme charmés par l’illusion de l’argent, qui en réalité les rend esclaves du profit ou d’intérêts mesquins ! Que de personnes vivent en pensant se suffire à elles-mêmes et tombent en proie à la solitude !
D’autres faux prophètes sont ces « charlatans » qui offrent des solutions simples et immédiates aux souffrances, des remèdes qui se révèlent cependant totalement inefficaces : à combien de jeunes a-t-on proposé le faux remède de la drogue, des relations « use et jette », des gains faciles mais malhonnêtes ! Combien d’autres encore se sont immergés dans une vie complètement virtuelle où les relations semblent plus faciles et plus rapides pour se révéler ensuite tragiquement privées de sens ! Ces escrocs, qui offrent des choses sans valeur, privent par contre de ce qui est le plus précieux : la dignité, la liberté et la capacité d’aimer. C’est la duperie de la vanité, qui nous conduit à faire le paon…. pour finir dans le ridicule ; et du ridicule, on ne se relève pas. Ce n’est pas étonnant : depuis toujours le démon, qui est « menteur et père du mensonge » (Jn 8, 44), présente le mal comme bien, et le faux comme vrai, afin de troubler le coeur de l’homme. C’est pourquoi chacun de nous est appelé à discerner en son coeur et à examiner s’il est menacé par les mensonges de ces faux prophètes. Il faut apprendre à ne pas en rester à l’immédiat, à la superficialité, mais à reconnaître ce qui laisse en nous une trace bonne et plus durable, parce que venant de Dieu et servant vraiment à notre bien.
Un coeur froid
Dans sa description de l’enfer, Dante Alighieri imagine le diable assis sur un trône de glace[2] ; il habite dans la froidure de l’amour étouffé. Demandons-nous donc : comment la charité se refroidit-elle en nous ? Quels sont les signes qui nous avertissent que l’amour risque de s’éteindre en nous ?
Ce qui éteint la charité, c’est avant tout l’avidité de l’argent, « la racine de tous les maux » (1Tm 6, 10) ; elle est suivie du refus de Dieu, et donc du refus de trouver en lui notre consolation, préférant notre désolation au réconfort de sa Parole et de ses Sacrements.[3] Tout cela se transforme en violence à l’encontre de ceux qui sont considérés comme une menace à nos propres « certitudes » : l’enfant à naître, la personne âgée malade, l’hôte de passage, l’étranger, mais aussi le prochain qui ne correspond pas à nos attentes.
La création, elle aussi, devient un témoin silencieux de ce refroidissement de la charité : la terre est empoisonnée par les déchets jetés par négligence et par intérêt ; les mers, elles aussi polluées, doivent malheureusement engloutir les restes de nombreux naufragés des migrations forcées ; les cieux – qui dans le dessein de Dieu chantent sa gloire – sont sillonnés par des machines qui font pleuvoir des instruments de mort.
L’amour se refroidit également dans nos communautés. Dans l’Exhortation Apostolique Evangelii Gaudium, j’ai tenté de donner une description des signes les plus évidents de ce manque d’amour. Les voici : l’acédie égoïste, le pessimisme stérile, la tentation de l’isolement et de l’engagement dans des guerres fratricides sans fin, la mentalité mondaine qui conduit à ne rechercher que les apparences, réduisant ainsi l’ardeur missionnaire.[4]
Que faire?
Si nous constatons en nous-mêmes ou autour de nous les signes que nous venons de décrire, c’est que l’Eglise, notre mère et notre éducatrice, nous offre pendant ce temps du Carême, avec le remède parfois amer de la vérité, le doux remède de la prière, de l’aumône et du jeûne.
En consacrant plus de temps à la prière, nous permettons à notre coeur de découvrir les mensonges secrets par lesquels nous nous trompons nous-mêmes[5], afin de rechercher enfin la consolation en Dieu. Il est notre Père et il veut nous donner la vie.
La pratique de l’aumône libère de l’avidité et aide à découvrir que l’autre est mon frère : ce que je possède n’est jamais seulement mien. Comme je voudrais que l’aumône puisse devenir pour tous un style de vie authentique ! Comme je voudrais que nous suivions comme chrétiens l’exemple des Apôtres, et reconnaissions dans la possibilité du partage de nos biens avec les autres un témoignage concret de la communion que nous vivons dans l’Eglise. A cet égard, je fais mienne l’exhortation de Saint Paul quand il s’adressait aux Corinthiens pour la collecte en faveur de la communauté de Jérusalem : « C’est ce qui vous est utile, à vous » (2 Co 8, 10). Ceci vaut spécialement pour le temps de carême, au cours duquel de nombreux organismes font des collectes en faveur des Eglises et des populations en difficulté. Mais comme j’aimerais que dans nos relations quotidiennes aussi, devant tout frère qui nous demande une aide, nous découvrions qu’il y a là un appel de la Providence divine: chaque aumône est une occasion pour collaborer avec la Providence de Dieu envers ses enfants ; s’il se sert de moi aujourd’hui pour venir en aide à un frère, comment demain ne pourvoirait-il pas également à mes nécessités, lui qui ne se laisse pas vaincre en générosité ? [6]
Le jeûne enfin réduit la force de notre violence, il nous désarme et devient une grande occasion de croissance. D’une part, il nous permet d’expérimenter ce qu’éprouvent tous ceux qui manquent même du strict nécessaire et connaissent les affres quotidiennes de la faim ; d’autre part, il représente la condition de notre âme, affamée de bonté et assoiffée de la vie de Dieu. Le jeûne nous réveille, nous rend plus attentifs à Dieu et au prochain, il réveille la volonté d’obéir à Dieu, qui seul rassasie notre faim.
Je voudrais que ma voix parvienne au-delà des confins de l’Eglise catholique, et vous rejoigne tous, hommes et femmes de bonne volonté, ouverts à l’écoute de Dieu. Si vous êtes, comme nous, affligés par la propagation de l’iniquité dans le monde, si vous êtes préoccupés par le froid qui paralyse les coeurs et les actions, si vous constatez la diminution du sens d’humanité commune, unissez-vous à nous pour qu’ensemble nous invoquions Dieu, pour qu’ensemble nous jeûnions et qu’avec nous vous donniez ce que vous pouvez pour aider nos frères !
Le feu de Pâques
J’invite tout particulièrement les membres de l’Eglise à entreprendre avec zèle ce chemin du carême, soutenus par l’aumône, le jeûne et la prière. S’il nous semble parfois que la charité s’éteint dans de nombreux coeurs, cela ne peut arriver dans le coeur de Dieu ! Il nous offre toujours de nouvelles occasions pour que nous puissions recommencer à aimer.
L’initiative des « 24 heures pour le Seigneur », qui nous invite à célébrer le sacrement de Réconciliation pendant l’adoration eucharistique, sera également cette année encore une occasion propice. En 2018, elle se déroulera les vendredi 9 et samedi 10 mars, s’inspirant des paroles du Psaume 130 : « Près de toi se trouve le pardon » (Ps 130, 4). Dans tous les diocèses, il y aura au moins une église ouverte pendant 24 heures qui offrira la possibilité de l’adoration eucharistique et de la confession sacramentelle.
Au cours de la nuit de Pâques, nous vivrons à nouveau le rite suggestif du cierge pascal : irradiant du « feu nouveau », la lumière chassera peu à peu les ténèbres et illuminera l’assemblée liturgique. « Que la lumière du Christ, ressuscitant dans la gloire, dissipe les ténèbres de notre coeur et de notre esprit »[7] afin que tous nous puissions revivre l’expérience des disciples d’Emmaüs : écouter la parole du Seigneur et nous nourrir du Pain eucharistique permettra à notre coeur de redevenir brûlant de foi, d’espérance et de charité.
Je vous bénis de tout coeur et je prie pour vous. N’oubliez pas de prier pour moi.
Du Vatican, le 1er novembre 2017 Solennité de la Toussaint
FRANÇOIS
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[1]Texte original en italien: “segno sacramentale della nostra conversione”, in: Messale Romano, Oraison Collecte du 1er dimanche de carême. N.B. Cette phrase n’a pas encore été traduite dans la révision (3ème), qui est en cours, du Missel romain en français. 

[2] « C’est là que l’empereur du douloureux royaume/de la moitié du corps se dresse hors des glaces » (Enfer XXXIV,28-29) 
[3] « C’est curieux, mais souvent nous avons peur de la consolation, d'être consolés. Au contraire, nous nous sentons plus en sécurité dans la tristesse et dans la désolation. Vous savez pourquoi ? Parce que dans la tristesse nous nous sentons presque protagonistes. Mais en revanche, dans la consolation, c’est l’Esprit Saint le protagoniste ! » (Angelus, 7 décembre 2014) 
[4] Nn. 76-109 
[5] Cf Benoît XVI , Lett. Enc. Spe Salvi, n. 33 
[6] Cf Pie XII, Lett. Enc. Fidei donum, III 
[7] Missel romain, Veillée pascale, Lucernaire

Testo in lingua inglese
“Because of the increase of iniquity, the love of many will grow cold” (Mt 24:12)
Dear Brothers and Sisters,
Once again, the Pasch of the Lord draws near! In our preparation for Easter, God in his providence offers us each year the season of Lent as a “sacramental sign of our conversion”.[1] Lent summons us, and enables us, to come back to the Lord wholeheartedly and in every aspect of our life.
With this message, I would like again this year to help the entire Church experience this time of grace anew, with joy and in truth. I will take my cue from the words of Jesus in the Gospel of Matthew: “Because of the increase of iniquity, the love of many will grow cold” (24:12).
These words appear in Christ’s preaching about the end of time. They were spoken in Jerusalem, on the Mount of Olives, where the Lord’s passion would begin. In reply to a question of the disciples, Jesus foretells a great tribulation and describes a situation in which the community of believers might well find itself: amid great trials, false prophets would lead people astray and the love that is the core of the Gospel would grow cold in the hearts of many.
False prophets
Let us listen to the Gospel passage and try to understand the guise such false prophets can assume.
They can appear as “snake charmers”, who manipulate human emotions in order to enslave others and lead them where they would have them go. How many of God’s children are mesmerized by momentary pleasures, mistaking them for true happiness! How many men and women live entranced by the dream of wealth, which only makes them slaves to profit and petty interests! How many go through life believing that they are sufficient unto themselves, and end up entrapped by loneliness!
False prophets can also be “charlatans”, who offer easy and immediate solutions to suffering that soon prove utterly useless. How many young people are taken in by the panacea of drugs, of disposable relationships, of easy but dishonest gains! How many more are ensnared in a thoroughly “virtual” existence, in which relationships appear quick and straightforward, only to prove meaningless! These swindlers, in peddling things that have no real value, rob people of all that is most precious: dignity, freedom and the ability to love. They appeal to our vanity, our trust in appearances, but in the end they only make fools of us. Nor should we be surprised. In order to confound the human heart, the devil, who is “a liar and the father of lies” (Jn 8:44), has always presented evil as good, falsehood as truth. That is why each of us is called to peer into our heart to see if we are falling prey to the lies of these false prophets. We must learn to look closely, beneath the surface, and to recognize what leaves a good and lasting mark on our hearts, because it comes from God and is truly for our benefit.
A cold heart
In his description of hell, Dante Alighieri pictures the devil seated on a throne of ice,[2] in frozen and loveless isolation. We might well ask ourselves how it happens that charity can turn cold within us. What are the signs that indicate that our love is beginning to cool?
More than anything else, what destroys charity is greed for money, “the root of all evil” (1 Tim 6:10). The rejection of God and his peace soon follows; we prefer our own desolation rather than the comfort found in his word and the sacraments.[3] All this leads to violence against anyone we think is a threat to our own “certainties”: the unborn child, the elderly and infirm, the migrant, the alien among us, or our neighbour who does not live up to our expectations.
Creation itself becomes a silent witness to this cooling of charity. The earth is poisoned by refuse, discarded out of carelessness or for self-interest. The seas, themselves polluted, engulf the remains of countless shipwrecked victims of forced migration. The heavens, which in God’s plan, were created to sing his praises, are rent by engines raining down implements of death.
Love can also grow cold in our own communities. In the Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, I sought to describe the most evident signs of this lack of love: selfishness and spiritual sloth, sterile pessimism, the temptation to self-absorption, constant warring among ourselves, and the worldly mentality that makes us concerned only for appearances, and thus lessens our missionary zeal.[4]
What are we to do?
Perhaps we see, deep within ourselves and all about us, the signs I have just described. But the Church, our Mother and Teacher, along with the often bitter medicine of the truth, offers us in the Lenten season the soothing remedy of prayer, almsgiving and fasting.
By devoting more time to prayer, we enable our hearts to root out our secret lies and forms of self-deception,[5] and then to find the consolation God offers. He is our Father and he wants us to live life well.
Almsgiving sets us free from greed and helps us to regard our neighbour as a brother or sister. What I possess is never mine alone. How I would like almsgiving to become a genuine style of life for each of us! How I would like us, as Christians, to follow the example of the Apostles and see in the sharing of our possessions a tangible witness of the communion that is ours in the Church! For this reason, I echo Saint Paul’s exhortation to the Corinthians to take up a collection for the community of Jerusalem as something from which they themselves would benefit (cf. 2 Cor 8:10). This is all the more fitting during the Lenten season, when many groups take up collections to assist Churches and peoples in need. Yet I would also hope that, even in our daily encounters with those who beg for our assistance, we would see such requests as coming from God himself. When we give alms, we share in God’s providential care for each of his children. If through me God helps someone today, will he not tomorrow provide for my own needs? For no one is more generous than God.[6]
Fasting weakens our tendency to violence; it disarms us and becomes an important opportunity for growth. On the one hand, it allows us to experience what the destitute and the starving have to endure. On the other hand, it expresses our own spiritual hunger and thirst for life in God. Fasting wakes us up. It makes us more attentive to God and our neighbour. It revives our desire to obey God, who alone is capable of satisfying our hunger.
I would also like my invitation to extend beyond the bounds of the Catholic Church, and to reach all of you, men and women of good will, who are open to hearing God’s voice. Perhaps, like ourselves, you are disturbed by the spread of iniquity in the world, you are concerned about the chill that paralyzes hearts and actions, and you see a weakening in our sense of being members of the one human family. Join us, then, in raising our plea to God, in fasting, and in offering whatever you can to our brothers and sisters in need!
The fire of Easter
Above all, I urge the members of the Church to take up the Lenten journey with enthusiasm, sustained by almsgiving, fasting and prayer. If, at times, the flame of charity seems to die in our own hearts, know that this is never the case in the heart of God! He constantly gives us a chance to begin loving anew.
One such moment of grace will be, again this year, the “24 Hours for the Lord” initiative, which invites the entire Church community to celebrate the sacrament of Reconciliation in the context of Eucharistic adoration. In 2018, inspired by the words of Psalm 130:4, “With you is forgiveness”, this will take place from Friday, 9 March to Saturday, 10 March. In each diocese, at least one church will remain open for twenty-four consecutive hours, offering an opportunity for both Eucharistic adoration and sacramental confession.
During the Easter Vigil, we will celebrate once more the moving rite of the lighting of the Easter candle. Drawn from the “new fire”, this light will slowly overcome the darkness and illuminate the liturgical assembly. “May the light of Christ rising in glory dispel the darkness of our hearts and minds”,[7] and enable all of us to relive the experience of the disciples on the way to Emmaus. By listening to God’s word and drawing nourishment from the table of the Eucharist, may our hearts be ever more ardent in faith, hope and love.
With affection and the promise of my prayers for all of you, I send you my blessing. Please do not forget to pray for me.
From the Vatican, 1 November 2017 Solemnity of All Saints
FRANCIS
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[1] Roman Missal, Collect for the First Sunday of Lent (Italian). 

[2] Inferno XXXIV, 28-29. 
[3] “It is curious, but many times we are afraid of consolation, of being comforted. Or rather, we feel more secure in sorrow and desolation. Do you know why? Because in sorrow we feel almost as protagonists. However, in consolation the Holy Spirit is the protagonist!” (Angelus, 7 December 2014). 
[4] Evangelii Gaudium, 76-109. 
[5] Cf. BENEDICT XVI, Encyclical Letter Spe Salvi, 33. 
[6] Cf. PIUS XII, Encyclical Letter Fidei Donum, III. 
[7] Roman Missal (Third Edition), Easter Vigil, Lucernarium.
Testo in lingua spagnola
«Al crecer la maldad, se enfriará el amor en la mayoría» (Mt 24,12)
Queridos hermanos y hermanas:
Una vez más nos sale al encuentro la Pascua del Señor. Para prepararnos a recibirla, la Providencia de Dios nos ofrece cada año la Cuaresma, «signo sacramental de nuestra conversión»,[1] que anuncia y realiza la posibilidad de volver al Señor con todo el corazón y con toda la vida.
Como todos los años, con este mensaje deseo ayudar a toda la Iglesia a vivir con gozo y con verdad este tiempo de gracia; y lo hago inspirándome en una expresión de Jesús en el Evangelio de Mateo: «Al crecer la maldad, se enfriará el amor en la mayoría» (24,12).
Esta frase se encuentra en el discurso que habla del fin de los tiempos y que está ambientado en Jerusalén, en el Monte de los Olivos, precisamente allí donde tendrá comienzo la pasión del Señor. Jesús, respondiendo a una pregunta de sus discípulos, anuncia una gran tribulación y describe la situación en la que podría encontrarse la comunidad de los fieles: frente a acontecimientos dolorosos, algunos falsos profetas engañarán a mucha gente hasta amenazar con apagar la caridad en los corazones, que es el centro de todo el Evangelio.
Los falsos profetas
Escuchemos este pasaje y preguntémonos: ¿qué formas asumen los falsos profetas?
Son como «encantadores de serpientes», o sea, se aprovechan de las emociones humanas para esclavizar a las personas y llevarlas adonde ellos quieren. Cuántos hijos de Dios se dejan fascinar por las lisonjas de un placer momentáneo, al que se le confunde con la felicidad. Cuántos hombres y mujeres viven como encantados por la ilusión del dinero, que los hace en realidad esclavos del lucro o de intereses mezquinos. Cuántos viven pensando que se bastan a sí mismos y caen presa de la soledad.
Otros falsos profetas son esos «charlatanes» que ofrecen soluciones sencillas e inmediatas para los sufrimientos, remedios que sin embargo resultan ser completamente inútiles: cuántos son los jóvenes a los que se les ofrece el falso remedio de la droga, de unas relaciones de «usar y tirar», de ganancias fáciles pero deshonestas. Cuántos se dejan cautivar por una vida completamente virtual, en que las relaciones parecen más sencillas y rápidas pero que después resultan dramáticamente sin sentido. Estos estafadores no sólo ofrecen cosas sin valor sino que quitan lo más valioso, como la dignidad, la libertad y la capacidad de amar. Es el engaño de la vanidad, que nos lleva a pavonearnos… haciéndonos caer en el ridículo; y el ridículo no tiene vuelta atrás. No es una sorpresa: desde siempre el demonio, que es «mentiroso y padre de la mentira» (Jn 8,44), presenta el mal como bien y lo falso como verdadero, para confundir el corazón del hombre. Cada uno de nosotros, por tanto, está llamado a discernir y a examinar en su corazón si se siente amenazado por las mentiras de estos falsos profetas. Tenemos que aprender a no quedarnos en un nivel inmediato, superficial, sino a reconocer qué cosas son las que dejan en nuestro interior una huella buena y más duradera, porque vienen de Dios y ciertamente sirven para nuestro bien.
Un corazón frío
Dante Alighieri, en su descripción del infierno, se imagina al diablo sentado en un trono de hielo;[2] su morada es el hielo del amor extinguido. Preguntémonos entonces: ¿cómo se enfría en nosotros la caridad? ¿Cuáles son las señales que nos indican que el amor corre el riesgo de apagarse en nosotros?
Lo que apaga la caridad es ante todo la avidez por el dinero, «raíz de todos los males» (1 Tm 6,10); a esta le sigue el rechazo de Dios y, por tanto, el no querer buscar consuelo en él, prefiriendo quedarnos con nuestra desolación antes que sentirnos confortados por su Palabra y sus Sacramentos.[3] Todo esto se transforma en violencia que se dirige contra aquellos que consideramos una amenaza para nuestras «certezas»: el niño por nacer, el anciano enfermo, el huésped de paso, el extranjero, así como el prójimo que no corresponde a nuestras expectativas.
También la creación es un testigo silencioso de este enfriamiento de la caridad: la tierra está envenenada a causa de los desechos arrojados por negligencia e interés; los mares, también contaminados, tienen que recubrir por desgracia los restos de tantos náufragos de las migraciones forzadas; los cielos —que en el designio de Dios cantan su gloria— se ven surcados por máquinas que hacen llover instrumentos de muerte.
El amor se enfría también en nuestras comunidades: en la Exhortación apostólica Evangelii gaudium traté de describir las señales más evidentes de esta falta de amor. estas son: la acedia egoísta, el pesimismo estéril, la tentación de aislarse y de entablar continuas guerras fratricidas, la mentalidad mundana que induce a ocuparse sólo de lo aparente, disminuyendo de este modo el entusiasmo misionero.[4]
¿Qué podemos hacer?
Si vemos dentro de nosotros y a nuestro alrededor los signos que antes he descrito, la Iglesia, nuestra madre y maestra, además de la medicina a veces amarga de la verdad, nos ofrece en este tiempo de Cuaresma el dulce remedio de la oración, la limosna y el ayuno.
El hecho de dedicar más tiempo a la oración hace que nuestro corazón descubra las mentiras secretas con las cuales nos engañamos a nosotros mismos,[5] para buscar finalmente el consuelo en Dios. Él es nuestro Padre y desea para nosotros la vida.
El ejercicio de la limosna nos libera de la avidez y nos ayuda a descubrir que el otro es mi hermano: nunca lo que tengo es sólo mío. Cuánto desearía que la limosna se convirtiera para todos en un auténtico estilo de vida. Al igual que, como cristianos, me gustaría que siguiésemos el ejemplo de los Apóstoles y viésemos en la posibilidad de compartir nuestros bienes con los demás un testimonio concreto de la comunión que vivimos en la Iglesia. A este propósito hago mía la exhortación de san Pablo, cuando invitaba a los corintios a participar en la colecta para la comunidad de Jerusalén: «Os conviene» (2 Co 8,10). Esto vale especialmente en Cuaresma, un tiempo en el que muchos organismos realizan colectas en favor de iglesias y poblaciones que pasan por dificultades. Y cuánto querría que también en nuestras relaciones cotidianas, ante cada hermano que nos pide ayuda, pensáramos que se trata de una llamada de la divina Providencia: cada limosna es una ocasión para participar en la Providencia de Dios hacia sus hijos; y si él hoy se sirve de mí para ayudar a un hermano, ¿no va a proveer también mañana a mis necesidades, él, que no se deja ganar por nadie en generosidad?[6]
El ayuno, por último, debilita nuestra violencia, nos desarma, y constituye una importante ocasión para crecer. Por una parte, nos permite experimentar lo que sienten aquellos que carecen de lo indispensable y conocen el aguijón del hambre; por otra, expresa la condición de nuestro espíritu, hambriento de bondad y sediento de la vida de Dios. El ayuno nos despierta, nos hace estar más atentos a Dios y al prójimo, inflama nuestra voluntad de obedecer a Dios, que es el único que sacia nuestra hambre.
Querría que mi voz traspasara las fronteras de la Iglesia Católica, para que llegara a todos ustedes, hombres y mujeres de buena voluntad, dispuestos a escuchar a Dios. Si se sienten afligidos como nosotros, porque en el mundo se extiende la iniquidad, si les preocupa la frialdad que paraliza el corazón y las obras, si ven que se debilita el sentido de una misma humanidad, únanse a nosotros para invocar juntos a Dios, para ayunar juntos y entregar juntos lo que podamos como ayuda para nuestros hermanos.
El fuego de la Pascua
Invito especialmente a los miembros de la Iglesia a emprender con celo el camino de la Cuaresma, sostenidos por la limosna, el ayuno y la oración. Si en muchos corazones a veces da la impresión de que la caridad se ha apagado, en el corazón de Dios no se apaga. Él siempre nos da una nueva oportunidad para que podamos empezar a amar de nuevo.
Una ocasión propicia será la iniciativa «24 horas para el Señor», que este año nos invita nuevamente a celebrar el Sacramento de la Reconciliación en un contexto de adoración eucarística. En el 2018 tendrá lugar el viernes 9 y el sábado 10 de marzo, inspirándose en las palabras del Salmo 130,4: «De ti procede el perdón». En cada diócesis, al menos una iglesia permanecerá abierta durante 24 horas seguidas, para permitir la oración de adoración y la confesión sacramental.
En la noche de Pascua reviviremos el sugestivo rito de encender el cirio pascual: la luz que proviene del «fuego nuevo» poco a poco disipará la oscuridad e iluminará la asamblea litúrgica. «Que la luz de Cristo, resucitado y glorioso, disipe las tinieblas de nuestro corazón y de nuestro espíritu»,[7] para que todos podamos vivir la misma experiencia de los discípulos de Emaús: después de escuchar la Palabra del Señor y de alimentarnos con el Pan eucarístico nuestro corazón volverá a arder de fe, esperanza y caridad.
Los bendigo de todo corazón y rezo por ustedes. No se olviden de rezar por mí.
Vaticano, 1 de noviembre de 2017 Solemnidad de Todos los Santos
FRANCISCO
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[1] Misal Romano, I Dom. de Cuaresma, Oración Colecta. 

[2] «Salía el soberano del reino del dolor fuera de la helada superficie, desde la mitad del pecho» (Infierno XXXIV, 28-29). 
[3] «Es curioso, pero muchas veces tenemos miedo a la consolación, de ser consolados. Es más, nos sentimos más seguros en la tristeza y en la desolación. ¿Sabéis por qué? Porque en la tristeza nos sentimos casi protagonistas. En cambio en la consolación es el Espíritu Santo el protagonista» (Ángelus, 7 diciembre 2014). 
[4] Núms. 76-109. 
[5] Cf. Benedicto XVI, Enc. Spe salvi, 33. 
[6] Cf. Pío XII, Enc. Fidei donum, III. 
[7] Misal Romano, Vigilia Pascual, Lucernario.
Testo in lingua portoghese
«Porque se multiplicará a iniquidade, vai resfriar o amor de muitos» (Mt 24, 12)
Amados irmãos e irmãs!
Mais uma vez vamos encontrar-nos com a Páscoa do Senhor! Todos os anos, com a finalidade de nos preparar para ela, Deus na sua providência oferece-nos a Quaresma, «sinal sacramental da nossa conversão»,[1] que anuncia e torna possível voltar ao Senhor de todo o coração e com toda a nossa vida.
Com a presente mensagem desejo, este ano também, ajudar toda a Igreja a viver, neste tempo de graça, com alegria e verdade; faço-o deixando-me inspirar pela seguinte afirmação de Jesus, que aparece no evangelho de Mateus: «Porque se multiplicará a iniquidade, vai resfriar o amor de muitos» (24, 12).
Esta frase situa-se no discurso que trata do fim dos tempos, pronunciado em Jerusalém, no Monte das Oliveiras, precisamente onde terá início a paixão do Senhor. Dando resposta a uma pergunta dos discípulos, Jesus anuncia uma grande tribulação e descreve a situação em que poderia encontrar-se a comunidade dos crentes: à vista de fenómenos espaventosos, alguns falsos profetas enganarão a muitos, a ponto de ameaçar apagar-se, nos corações, o amor que é o centro de todo o Evangelho.
Os falsos profetas
Escutemos este trecho, interrogando-nos sobre as formas que assumem os falsos profetas?
Uns assemelham-se a «encantadores de serpentes», ou seja, aproveitam-se das emoções humanas para escravizar as pessoas e levá-las para onde eles querem. Quantos filhos de Deus acabam encandeados pelas adulações dum prazer de poucos instantes que se confunde com a felicidade! Quantos homens e mulheres vivem fascinados pela ilusão do dinheiro, quando este, na realidade, os torna escravos do lucro ou de interesses mesquinhos! Quantos vivem pensando que se bastam a si mesmos e caem vítimas da solidão!
Outros falsos profetas são aqueles «charlatães» que oferecem soluções simples e imediatas para todas as aflições, mas são remédios que se mostram completamente ineficazes: a quantos jovens se oferece o falso remédio da droga, de relações passageiras, de lucros fáceis mas desonestos! Quantos acabam enredados numa vida completamente virtual, onde as relações parecem mais simples e ágeis, mas depois revelam-se dramaticamente sem sentido! Estes impostores, ao mesmo tempo que oferecem coisas sem valor, tiram aquilo que é mais precioso como a dignidade, a liberdade e a capacidade de amar. É o engano da vaidade, que nos leva a fazer a figura de pavões para, depois, nos precipitar no ridículo; e, do ridículo, não se volta atrás. Não nos admiremos! Desde sempre o demónio, que é «mentiroso e pai da mentira» (Jo 8, 44), apresenta o mal como bem e o falso como verdadeiro, para confundir o coração do homem. Por isso, cada um de nós é chamado a discernir, no seu coração, e verificar se está ameaçado pelas mentiras destes falsos profetas. É preciso aprender a não se deter no nível imediato, superficial, mas reconhecer o que deixa dentro de nós um rasto bom e mais duradouro, porque vem de Deus e visa verdadeiramente o nosso bem.
Um coração frio
Na Divina Comédia, ao descrever o Inferno, Dante Alighieri imagina o diabo sentado num trono de gelo;[2] habita no gelo do amor sufocado. Interroguemo-nos então: Como se resfria o amor em nós? Quais são os sinais indicadores de que o amor corre o risco de se apagar em nós?
O que apaga o amor é, antes de mais nada, a ganância do dinheiro, «raiz de todos os males» (1 Tm 6, 10); depois dela, vem a recusa de Deus e, consequentemente, de encontrar consolação n'Ele, preferindo a nossa desolação ao conforto da sua Palavra e dos Sacramentos.[3] Tudo isto se permuta em violência que se abate sobre quantos são considerados uma ameaça para as nossas «certezas»: o bebé nascituro, o idoso doente, o hóspede de passagem, o estrangeiro, mas também o próximo que não corresponde às nossas expetativas.
A própria criação é testemunha silenciosa deste resfriamento do amor: a terra está envenenada por resíduos lançados por negligência e por interesses; os mares, também eles poluídos, devem infelizmente guardar os despojos de tantos náufragos das migrações forçadas; os céus – que, nos desígnios de Deus, cantam a sua glória – são sulcados por máquinas que fazem chover instrumentos de morte.
E o amor resfria-se também nas nossas comunidades: na Exortação apostólica Evangelii gaudium procurei descrever os sinais mais evidentes desta falta de amor. São eles a acédia egoísta, o pessimismo estéril, a tentação de se isolar empenhando-se em contínuas guerras fratricidas, a mentalidade mundana que induz a ocupar-se apenas do que dá nas vistas, reduzindo assim o ardor missionário.[4]
Que fazer?
Se porventura detetamos, no nosso íntimo e ao nosso redor, os sinais acabados de descrever, saibamos que, a par do remédio por vezes amargo da verdade, a Igreja, nossa mãe e mestra, nos oferece, neste tempo de Quaresma, o remédio doce da oração, da esmola e do jejum.
Dedicando mais tempo à oração, possibilitamos ao nosso coração descobrir as mentiras secretas, com que nos enganamos a nós mesmos,[5] para procurar finalmente a consolação em Deus. Ele é nosso Pai e quer para nós a vida.
A prática da esmola liberta-nos da ganância e ajuda-nos a descobrir que o outro é nosso irmão: aquilo que possuo, nunca é só meu. Como gostaria que a esmola se tornasse um verdadeiro estilo de vida para todos! Como gostaria que, como cristãos, seguíssemos o exemplo dos Apóstolos e víssemos, na possibilidade de partilhar com os outros os nossos bens, um testemunho concreto da comunhão que vivemos na Igreja. A este propósito, faço minhas as palavras exortativas de São Paulo aos Coríntios, quando os convidava a tomar parte na coleta para a comunidade de Jerusalém: «Isto é o que vos convém» (2 Cor 8, 10). Isto vale de modo especial na Quaresma, durante a qual muitos organismos recolhem coletas a favor das Igrejas e populações em dificuldade. Mas como gostaria também que no nosso relacionamento diário, perante cada irmão que nos pede ajuda, pensássemos: aqui está um apelo da Providência divina. Cada esmola é uma ocasião de tomar parte na Providência de Deus para com os seus filhos; e, se hoje Ele Se serve de mim para ajudar um irmão, como deixará amanhã de prover também às minhas necessidades, Ele que nunca Se deixa vencer em generosidade?[6]
Por fim, o jejum tira força à nossa violência, desarma-nos, constituindo uma importante ocasião de crescimento. Por um lado, permite-nos experimentar o que sentem quantos não possuem sequer o mínimo necessário, provando dia a dia as mordeduras da fome. Por outro, expressa a condição do nosso espírito, faminto de bondade e sedento da vida de Deus. O jejum desperta-nos, torna-nos mais atentos a Deus e ao próximo, reanima a vontade de obedecer a Deus, o único que sacia a nossa fome.
Gostaria que a minha voz ultrapassasse as fronteiras da Igreja Católica, alcançando a todos vós, homens e mulheres de boa vontade, abertos à escuta de Deus. Se vos aflige, como a nós, a difusão da iniquidade no mundo, se vos preocupa o gelo que paralisa os corações e a ação, se vedes esmorecer o sentido da humanidade comum, uni-vos a nós para invocar juntos a Deus, jejuar juntos e, juntamente connosco, dar o que puderdes para ajudar os irmãos!
O fogo da Páscoa
Convido, sobretudo os membros da Igreja, a empreender com ardor o caminho da Quaresma, apoiados na esmola, no jejum e na oração. Se por vezes parece apagar-se em muitos corações o amor, este não se apaga no coração de Deus! Ele sempre nos dá novas ocasiões, para podermos recomeçar a amar.
Ocasião propícia será, também este ano, a iniciativa «24 horas para o Senhor», que convida a celebrar o sacramento da Reconciliação num contexto de adoração eucarística. Em 2018, aquela terá lugar nos dias 9 e 10 de março – uma sexta-feira e um sábado –, inspirando -se nestas palavras do Salmo 130: «Em Ti, encontramos o perdão» (v. 4). Em cada diocese, pelo menos uma igreja ficará aberta durante 24 horas consecutivas, oferecendo a possibilidade de adoração e da confissão sacramental.
Na noite de Páscoa, reviveremos o sugestivo rito de acender o círio pascal: a luz, tirada do «lume novo», pouco a pouco expulsará a escuridão e iluminará a assembleia litúrgica. «A luz de Cristo, gloriosamente ressuscitado, nos dissipe as trevas do coração e do espírito»,[7] para que todos possamos reviver a experiência dos discípulos de Emaús: ouvir a palavra do Senhor e alimentar-nos do Pão Eucarístico permitirá que o nosso coração volte a inflamar-se de fé, esperança e amor.
Abençoo-vos de coração e rezo por vós. Não vos esqueçais de rezar por mim.
Vaticano, 1 de Novembro de 2017 Solenidade de Todos os Santos
FRANCISCO
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[1] Missal Romano, I Domingo da Quaresma, Oração Coleta. 

[2] «Imperador do reino em dor tamanho / saía a meio peito ao gelo baço» (Inferno XXXIV, 28-29).
[3] «É curioso, mas muitas vezes temos medo da consolação, medo de ser consolados. Aliás, sentimo-nos mais seguros na tristeza e na desolação. Sabeis porquê? Porque, na tristeza, quase nos sentimos protagonistas; enquanto, na consolação, o protagonista é o Espírito Santo» (Angelus, 7/XII/2014). 

[4] Nn. 76-109. 
[5] Cf. Bento XVI, Carta enc. Spe salvi, 33. [6] Cf. Pio XII, Carta enc. Fidei donum, III. 
[7] Missal Romano, Vigília Pascal, Lucernário