Preghiera “profetica” sul fiume che divide Messico e Usa
Monsignor José Guadalupe Torres Campos
www.avvenire.it
Papa Francesco ha concluso il viaggio apostolico in Messico, ringraziando il popolo per l’affettuosa accoglienza ed affidandolo alla Madre di Guadalupe, con la poesia ‘Fraternità’ dello scrittore messicano Octacio Paz: ‘Sono uomo: duro poco ed enorme è la notte. Ma guardo in alto: le stelle scrivono. Senza capire comprendo: anch’io sono scrittura e in questo stesso istante qualcuno mi sta decifrando’, specificando che dopo la notte arriva il giorno:
“Usando queste belle parole, oso suggerire che quello che ci decifra e ci traccia la via è la presenza misteriosa ma reale di Dio nella carne concreta di tutte le persone, specialmente delle più povere e bisognose del Messico.
La notte può sembrare enorme e molto oscura, ma in questi giorni ho potuto constatare che in questo popolo esistono tante luci che annunciano speranza; ho potuto vedere in molti dei suoi testimoni, in molti dei suoi volti, la presenza di Dio che continua a camminare in questa terra guidandoli e sostenendo la speranza; molti uomini e donne, con il loro sforzo di ogni giorno, rendono possibile che questa società messicana non rimanga al buio. Molte donne mi mostravano i loro figli. Sono profeti del domani, sono segno di un’alba nuova… Il Messico è sempre una sorpresa… Grazie per la calorosa ospitalità messicana… E per favore vi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me”.
Per la celebrazione eucaristica dell’ultimo giorno, il papa ha scelto una città di frontiera, Ciudad Juárez, che dagli anni ‘90 è teatro di violenti omicidi seriali di donne ed è legata al nome della potente organizzazione criminale dedita al traffico di droga, alla tratta dei clandestini, all’estorsione ed ai rapimenti denominata Cartello di Juárez. La città è situata di fronte alla città texana di El Paso. Le due città formano un’area metropolitana binazionale sul confine fra Messico e Stati Uniti dopo quella di Tijuana-San Diego.
Papa Francesco ha percorso questa linea di confine, con il desiderio di abbatterla: infatti la celebrazione eucaristica è stata seguita anche dai migranti in suolo statunitense, che dista solo pochi metri dallo stadio della città. Con la sua papa mobile il papa ha salutato con commozione la moltitudine presente, soprattutto quella del confine appoggiata alla rete che delimita il confine. Le letture evangeliche erano quelle proprie del giorno: la prima lettura era tratta dal libro di Giona, mentre il vangelo da quello di san Luca.
Il papa ha citato una frase di san’Ireneo (La gloria di Dio è la vita dell’uomo): “La gloria del Padre è la vita dei suoi figli. Non c’è gloria più grande per un padre che vedere la realizzazione dei suoi; non c’è soddisfazione maggiore che vederli andare avanti, vederli crescere e svilupparsi”.
Il papa inizia così l’ultima omelia, dalla città di Ninive “una grande città che si stava autodistruggendo, frutto dell’oppressione e della degradazione, della violenza e dell’ingiustizia. La grande capitale aveva i giorni contati, poiché non era sostenibile la violenza generata in sé stessa. E lì entra in scena il Signore muovendo il cuore di Giona, entra in scena il Padre invitando e inviando il suo messaggero. Giona viene chiamato per ricevere una missione”.
Dio invia Giona per mettere in guardia il popolo peccatore e per aiutarlo a darsi nuove regole: “Dio lo invia a mettere in luce ciò che stava succedendo, la invia a risvegliare un popolo ubriaco di sé stesso”. La misericordia di Dio è grande, perché ci offre l’opportunità di cambiamento: “E in questo testo, ci troviamo di fronte al mistero della misericordia divina. La misericordia scaccia sempre la malvagità, prendendo molto sul serio l’essere umano. Fa sempre appello alla bontà sopita, anestetizzata, di ogni persona.
Lungi dall’annientare, come molte volte pretendiamo o vogliamo fare noi, la misericordia si avvicina ad ogni situazione per trasformarla dall’interno. Questo è propriamente il mistero della misericordia divina. Si avvicina e invita alla conversione, invita al pentimento; invita a vedere il danno che a tutti i livelli si sta causando. La misericordia entra sempre nel male per trasformarlo”.
In questa città di confine le parole del papa alla conversione è come un ramoscello di ricino che offre ristoro, invitando alla conversione come ha fatto il re: “La misericordia di Dio entrò nel cuore rivelando e manifestando ciò che sarà la nostra certezza e la nostra speranza: c’è sempre la possibilità di cambiare, siamo in tempo per reagire e trasformare, modificare e cambiare, convertire quello che ci sta distruggendo come popolo, che ci sta degradando come umanità.
La misericordia ci incoraggia a guardare il presente e avere fiducia in ciò che di sano e di buono è nascosto in ogni cuore. La misericordia di Dio è nostro scudo e nostra fortezza”. Il papa ha chiesto il dono delle lacrime che offre l’opportunità di convertirsi: “Piangere per l’ingiustizia, piangere per il degrado, piangere per l’oppressione.
Sono le lacrime che possono aprire la strada alla trasformazione; sono le lacrime che possono ammorbidire il cuore, sono le lacrime che possono purificare lo sguardo e aiutare a vedere la spirale di peccato in cui molte volte si sta immersi. Sono le lacrime che riescono a sensibilizzare lo sguardo e l’atteggiamento indurito e specialmente addormentato davanti alla sofferenza degli altri. Sono le lacrime che possono generare una rottura capace di aprirci alla conversione”.
Il papa ha pregato in questa città per implorare la misericordia ed il dono della conversione, chiedendo di cambiare la realtà: “Qui a Ciudad Juárez, come in altre zone di frontiera, si concentrano migliaia di migranti dell’America Centrale e di altri Paesi, senza dimenticare tanti messicani che pure cercano di passare ‘dall’altra parte’.
Un passaggio, un cammino carico di terribili ingiustizie: schiavizzati, sequestrati, soggetti ad estorsione, molti nostri fratelli sono oggetto di commercio del transito umano. Non possiamo negare la crisi umanitaria che negli ultimi anni ha significato la migrazione di migliaia di persone, sia in treno, sia in autostrada, sia anche a piedi attraversando centinaia di chilometri per montagne, deserti, strade inospitali.
Questa tragedia umana che la migrazione forzata rappresenta, al giorno d’oggi è un fenomeno globale”. Ma grazie alla misericordia di Dio ognuno si può convertire, chiedendo che si eliminino la morte e lo sfruttamento: “C’è sempre tempo per cambiare, c’è sempre una via d’uscita e un’opportunità, c’è sempre tempo per implorare la misericordia del Padre.
Come accadde al tempo di Giona, anche oggi scommettiamo sulla conversione; ci sono segni che diventano luce nel cammino e annuncio di salvezza. So del lavoro di tante organizzazioni della società civile in favore dei diritti dei migranti.
So anche del lavoro impegnato di tante sorelle religiose, di religiosi e sacerdoti, di laici che si spendono nell’accompagnamento e nella difesa della vita. Danno aiuto in prima linea rischiando molte volte la propria. Con la loro vita sono profeti di misericordia, sono il cuore comprensivo e i piedi accompagnatori della Chiesa che apre le sue braccia e sostiene”.
Questo per il papa è tempo di conversione e di misericordia. Concludendo la sua omelia il papa ha ringraziato i fedeli che hanno partecipato, attraverso un grande schermo, nell’altra città di frontiera, El Paso: “i nostri cari fratelli e sorelle che ci accompagnano simultaneamente dall’altro lato della frontiera e coloro che si sono riuniti nello stadio dell’università di El Paso…
Con l’aiuto della tecnologia, possiamo pregare, cantare e festeggiare insieme l’amore misericordioso che Dio ci dona, e che nessun confine può impedire a noi di condividere. Grazie, fratelli e sorelle in El Paso, per farci una famiglia e comunità cristiana”.
Da tempo la città messicana al confine con gli Usa non è più quella di una volta, anche se si continua a morire, a colpire nell'ombra oppure in modo sfacciato
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