Santa Maria,

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...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

venerdì 21 aprile 2017

«Il male è una lima. Secondo la natura delle nostre virtù, le assottiglia fino al nulla o le aguzza sino a Dio».

il blog di Costanza Miriano

Adriano Stagnaro, l’uomo che si è preparo alla morte amando la vita fino all’ultimo secondo

DI Costanza Miriano
Per poche, pochissime persone che hanno chiesto di essere uccise, ce ne sono migliaia solo in Italia che chiedono di essere aiutate a vivere con dignità, di essere assistite, ci sono migliaia di famiglie lasciate sole a portare un carico enorme, e che mai se ne vorrebbero liberare. Queste famiglie avrebbero diritto di essere aiutate, insieme ai loro malati. Per loro, però, non si perde tempo in Parlamento.
Ma di fronte al dolore, alla carne sofferente che alcuni usano per affermare i loro deliri di autodeterminazione, invece che litigare sui principi io oggi vorrei parlare di un eroe. Senza polemica con chi non ce l’ha fatta, vorrei raccontare di un vero lottatore. Di un uomo grande, grandissimo. Di un modo virile ed eroico di vivere il dolore senza scappare. Ne ho sentito parlare da Padre Maurizio Botta, ai Cinque Passi. Adriano Stagnaro era nato nel 1970. Quando aveva 36 anni si è accorto di avere la SLA, una malattia terribile, degenerativa, mortale.
“La Sla mangia i progetti, i sogni, le speranze, le passioni. Vuole diventare il tuo pensiero unico. Ma la SLA non ha fatto i conti con me” – scriveva Adriano, che da malato ha aperto il Sito delle Anime Fiammeggianti, “baluardo di tutto ciò che mi appassiona, di tutto ciò per cui vale la pena combattere”. E ciò per cui vale la pena combattere per lui è Cristo, la fede in lui. “Se nessuno berrà alla fonte della tua anima, la sorgente diverrà pantano e non servirà più a niente”. L’opera di Adriano è monumentale. Un documento pdf di 478 pagine, che non è mai stato stampato. Solo chi lo ha scaricato adesso ce lo ha. Padre Maurizio Botta lo aveva scoperto da novizio, lo ha conservato per noi, e ce lo regala. A 41 anni appena compiuti Adriano è morto, il 4 ottobre 2011. Ma ha lasciato due eredità meravigliose. Una è stato il suo modo di affrontare la malattia: quando scopri che tutta la tua vita è alle spalle, cominci inevitabilmente a farti delle domande – dice. Lui non ha imprecato, maledetto, non si è lamentato sterilmente. È stato magnificamente uomo fino in fondo. Virile. Coraggioso. Una via segnata anche per noi, per le nostre spesso ben più piccole battaglie. Si è messo davanti al suo posto in trincea e ci è stato meglio che ha potuto. Senza sprecare un momento, andando avanti fino alla fine, anche dopo che i muscoli lo avevano completamente abbandonato (non so come abbia fatto, se non ho capito male negli ultimi tempi con l’aiuto della madre, e questo è un pensiero che mi toglie il fiato da quanto è doloroso). Il sito è stato aggiornato fino a quattro mesi prima della morte. Immagino che negli ultimi tempi sia stato impossibile scrivere, chissà che lotta è stata. E chissà come è stata feconda e preziosa agli occhi di Dio la sua sofferenza apparentemente improduttiva…
La sua seconda eredità è invece la sua opera, che si chiama E voi chi dite che io sia? È qualcosa di incredibile, davvero una miniera di informazioni sul Vangelo, su Gesù, una raccolta organica e organizzata del lavoro di altri “che io mi sono limitato a scremare, a vagliare criticamente, a collazionare”, dice lui, anche se a me invece dire che si sia limitato sembra davvero riduttivo. È un lavoro che io troverei ciclopico anche nel pieno possesso delle mie forze. Un lavoro fatto con intelligenza e serietà, e con amore per la Verità, che mi onora e mi commuove contribuire a far conoscere. Mi sento davvero sorella di questo grande uomo.
Parlare di lui in questi giorni in cui si discute di dat non vuole essere polemico con chi non ce la fa, ma significa dare onore a un combattente. Provo compassione per chi si vuole suicidare, ma non credo che vada aiutato ad ascoltare la voce della sua disperazione. Credo che gli vadano dette altre parole. Credo invece che chi vuole disperatamente vivere abbia il diritto di essere aiutato. Nessuno o quasi si dà da fare per loro. Lo trovo indegno di un paese civile, indegno di un Parlamento che si riempie la bocca di parole come diritti civili, ma che è stato assorbito per un tempo infinito per battaglie imposte dal nuovo ordine mondiale che non hanno a che fare con la vita vera delle persone, militarizzato solo per difendere diritti che già esistevano e la cultura della morte, nel momento in cui siamo il paese che fa meno figli in assoluto in tutto il mondo, un paese in via di estinzione, letteralmente, e con un quarto della popolazione vecchia.
I parlamentari che stanno discutendo di DAT sarebbero più credibili se qualcuno di loro si desse minimamente la pena di occuparsi almeno ANCHE di chi vuole vivere. Certo, sarebbe bello se qualcuno avesse un’opzione preferenziale per la vita, comunque sia. Se qualcuno dicesse che tra vita e morte è comunque meglio la vita. Noi che crediamo che la vita è data da un Padre che ci ama molto pensiamo che la vita, anche malata, sofferente, faticosa, sia comunque un bene. Come è stata un bene incredibile la vita di Adriano Stagnaro.
Ci sarebbero molte altre cose da dire su questa assurda legge che si sta discutendo. Per esempio che trovo inquietante che non siano passati gli emendamenti che prevedono che tu possa cambiare idea sulla tua morte, ammesso che la vita sia un bene disponibile. Quando si sta bene sembra impossibile rinunciare a qualsiasi cosa, ma quando si sta male ci si attacca alla vita. forse se ne capisce solo allora il senso. Che io non possa cambiare idea sulla mia stessa vita è agghiacciante. Il 75% delle persone che compilano il questionario a distanza di tempo, in due momenti diversi, cambiano idea, pur senza rendersene conto, cioè dichiarando che sono rimasti della stessa opinione. Ci sarebbe da dire che già oggi le cure palliative si fanno, che nessun medico fa soffrire inutilmente un paziente destinato a morire, già oggi si aiuta, si accelera la morte quando è inevitabile. Che questa è una legge assurda che toglie ai medici la possibilità di agire secondo coscienza ma anche in serenità, senza paure di denunce e senza essere costretti a eseguire la volontà di altri che magari non sanno niente di medicina. Ci sarebbe da dire che non si possono chiamare cure il cibo e l’acqua, perché toglierli significa ammazzare di fame e di sete qualcuno. Ci sarebbe da dire che dovrebbe insospettire il fatto che una iniezione letale costa pochi euro, curare qualcuno molto di più, e quindi è logico incoraggiare una mentalità mortifera. Ci sarebbe da dire che crederemo alla buona fede di chi vuole questa legge quando per ogni copertina stucchevole dedicata a Fabiano che si è suicidato ce ne sarà un’altra per ciascuno dei tanti Adriano che continuano a lottare per vivere, perché almeno almeno hanno la stessa dignità, non è che chi si uccide è un eroe e chi resiste no.

E voi chi dite che io sia?  di Adriano Stagnaro SCARICA IL PDF 










E’ vero. E’ come un tuono: l’imprevisto che squarcia il silenzio e fa sobbalzare, il sito di Adriano Stagnaro, in arte “Thunder”, l’araldo della Divinità.
Nel giro di una settimana, il link ad Anime fiammeggianti mi è arrivato da due amiche che non si conoscono, che abitano lontanissime. E siccome ha ragione Anatole France nel dire che «il Caso è lo pseudonimo di Dio quando non vuole firmare per esteso», quel link è una calamita. Impossibile non cliccare. Impossibile non leggere. Entro e non uscirei più…
Adriano Stagnaro, nato il 29 settembre del 1970, ad un certo momento della vita viene colpito dalla SLA, malattia che morso dopo morso si mangia tutto. Prima inghiotte il futuro, i progetti, i desideri, poi inizia a sbocconcellare il presente. «Ma non ha fatto i conti con me», scrive. E così nasce il sito, con un intento ben preciso.
«Fin dal primo momento in cui ho scoperto di essermi ammalato – racconta –, ho cominciato a chiedermi: “Perché Dio ha permesso che mi accadesse questa cosa terribile?” Alla fine, ho trovato due risposte. Credo che Dio abbia permesso – badate bene, “permesso”, non “voluto”! – che io conoscessi la SLA sulla mia pelle, affinché io gli rendessi testimonianza direttamente dall’inferno del dolore, riuscendo a trasformare un evento tragico, come questa malattia, in un’occasione di salvezza per me e per gli altri».
In una delle sezioni, quest’uomo racconta la sua “traversata”, in un diario di bordo lucidissimo, a tratti persino ironico, che inizia ad agosto del 2008 e si interrompe a maggio 2011, quando peggiora la funzionalità polmonare ed è costretto ad utilizzare il respiratore 24 ore su 24, viene attivato il servizio a domicilio, aumentano le difficoltà di comunicazione vocale e di nutrizione, e l’atrofia muscolare comincia ad interessare tutto il corpo. 
La forza sono le visite degli amici, la presenza costante e amorevole dei famigliari, i piccoli, ingegnosi stratagemmi per fare meno fatica a scrivere, a muoversi, a leggere, a… vivere.
La forza è il suo sito. «Anime fiammeggianti vuole raccontare di come io mi preparo alla morte, amando la vita fino all’ultimo secondo – scrive – e di come si possa continuare ad amare Dio e ad avere fede in Lui anche dopo che la vita ci è stata strappata da Male».
La forza sono altri amici, come lui malati di SLA, che attraverso il sito donano a chi li “incontra” la loro testimonianza e la loro passione, intensissima, per la vita.
Sebastiano Marrone, missilista della Marina, direttore di un Istituto scolastico, atleta, arbitro, maestro di arti marziali, allenatore olimpico della Nazionale di tiro con l’arco, la cui vita, nel 2002 «si è schiantata su uno scoglio infido e bastardo», la SLA. Eppure «Sebastiano non ha mai smesso davvero di navigare» e così, basta cercare, e in un’altra sezione si trovano alcune sue intense, drammatiche poesie, che vanno dritte al cuore.
Luana Gorza, bellunese, sciatrice e maratoneta, che ama l’arte, la pittura, la lettura, le sue montagne. Nel 2005 le viene diagnosticata la SLA, ma non si scoraggia; nemmeno quando si trova costretta in sedia a rotelle. «Non lascia tempo alle cose inutili, ama le conversazioni intelligenti, cerca di trasmettere la propria sensibilità ai tanti amici che la circondano e l’aiutano… Consapevole del tempo che passa preferisce vivere il presente, cogliendo le sfumature più profonde di un vissuto che è già stato tutto un regalo».
Gian Luca Fantelli, musicista e scrittore che si definisce “inversamente sano” e che vede la SLA «come opportunità per tirare fuori i sogni dal cassetto (già trasformare la Sfiga Letale Abominevole in un’opportunità non è da tutti)». Fante scrive canzoni insieme ad un amico. «Finché ha voce canta e, quando non canterà più, scriverà canzoni che altre voci canteranno per lui. Di una cosa sola è sicuro: non alzerà mai bandiera bianca».
Un altro collaboratore e amico è Gian Cavallo, “scrittore di razza”, che nonostante la SLA continua a scrivere, ha devoluto il ricavato del secondo romanzo all’AISLA ed è diventato un testimonial della lotta alla malattia.
L’ultimo aggiornamento al sito – entro e mi muovo in tutte le sezioni per cercare qualcosa di recente – risale ad un anno fa.
Non so come stia Adriano Stagnaro, né come stiano, ora, i suoi amici. So che “Thunder” questo pensava e questo, nel 2011 ha scritto: «Se qualcuno, attraverso la mia testimonianza di fede, si avvicinerà a Dio, allora il mio sacrificio sarà stato utile e, per quanto vi potrà sembrare assurdo, ne sarà valsa la pena». E ancora: «Non avrei la forza di accettare questa prova se non fossi certo che Dio stesso, facendosi carne e sangue, l’abbia affrontata prima di me, sperimentando di persona la solitudine, la paura, l’abbandono, il dolore e la morte».
So che la sezione del sito che Adriano-Thunder considera la più importante è quella dedicata all’apologia, che, come scrive, è nata «per difendere la mia Speranza contro chi, nel nome di una ragione onnisciente, vorrebbe togliermela». E’ una parte ricchissima e commuovente.
So che quest’uomo, nonostante la malattia, ha iniziato ed è riuscito a terminare un libro di oltre 400 pagine, dal titolo “E voi, chi dite che io sia?”, la domanda che Gesù, da duemila anni, rivolge al cuore di ogni uomo. Un impegno enorme, a testimonianza e a difesa della Verità.
Nel sito così scrive: «T.S.Eliot, onirico poeta inglese, chiuse il suo capolavoro “The Wasteland” con la sezione V, intitolata “What the Thunder said”. Chiamato a dirimere una contesa tra dei, demoni e uomini, la Divinità suprema risponde con una sola parola, “DA”, che ciascun gruppo interpreta a suo modo. Eliot reinventa l’antica leggenda: il Tuono si rivolge all’umanità richiamando l’uomo alle sue responsabilità terrene, tanto più urgenti quanto più la vita é caduca, gli suggerisce il modo di liberarsi dalla prigionia dei propri limiti, gli promette serenità nell’abbandono alla sua Volontà».

Il Gange era basso, e le foglie flosce 

attendevan la pioggia, mentre nubi nere 
si agglomeravano distanti sull’Himavant. 
La giungla stava appiattita, acquattata in silenzio. 
Allora parlò il Tuono: 
DA 
Datta: che cosa abbiamo dato? 
O amico, sangue che mi rimescola il cuore, 
il terribile ardire di un momento di abbandono 
che un secolo di prudenza non potrà mai ritrattare, 
per questo, e questo soltanto, noi siamo esistiti. 
Questo, che non si troverà nei nostri necrologi, 
né sulle lapidi velate dal benefico ragno, 
né sotto i suggelli rotti dallo scarno notaro, 
nelle nostre camere vuote 
DA 
Dayadhvam: io sentii la chiave
girar nell’uscio una volta e girare una volta sola.
Noi pensiamo alla chiave, ciascuno nella sua prigione.
Pensando alla chiave, ciascuno conferma una prigione.
Solo al calar della notte, eterei rumori
ravvivano per un momento un affranto Coriolano 
DA 
Damyata: la barca rispondeva
lietamente alla mano esperta con la vela e con il remo.
Il mare era calmo, anche il tuo cuore avrebbe corrisposto
lietamente, invitato, battendo obbediente
alle mani regolatrici.(T.S.Eliot. What the Thunder said

Sì, basta un click ed è davvero un tuono imprevisto e “impertinente” quello che irrompe nelle case. Così fragoroso che è impossibile fingere di non aver sentito. Così potente che non può non provocarci.
Che il suo rimbombo scuota le nostre tiepide coscienze di “fintamente sani”…
«Il male è una lima. Secondo la natura delle nostre virtù, le assottiglia fino al nulla o le aguzza sino a Dio».
(Gustave Thibon)

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