E’ vero. E’ come un tuono: l’imprevisto che squarcia il silenzio e fa sobbalzare, il sito di Adriano Stagnaro, in arte “Thunder”, l’araldo della Divinità.
Nel giro di una settimana, il link ad
Anime fiammeggianti mi è arrivato da due amiche che non si conoscono, che abitano lontanissime. E siccome ha ragione Anatole France nel dire che «il Caso è lo pseudonimo di Dio quando non vuole firmare per esteso», quel link è una calamita. Impossibile non cliccare. Impossibile non leggere. Entro e non uscirei più…
Adriano Stagnaro, nato il 29 settembre del 1970, ad un certo momento della vita viene colpito dalla SLA, malattia che morso dopo morso si mangia tutto. Prima inghiotte il futuro, i progetti, i desideri, poi inizia a sbocconcellare il presente. «Ma non ha fatto i conti con me», scrive. E così nasce il sito, con un intento ben preciso.
«Fin dal primo momento in cui ho scoperto di essermi ammalato – racconta –, ho cominciato a chiedermi: “Perché Dio ha permesso che mi accadesse questa cosa terribile?” Alla fine, ho trovato due risposte. Credo che Dio abbia permesso – badate bene, “permesso”, non “voluto”! – che io conoscessi la SLA sulla mia pelle, affinché io gli rendessi testimonianza direttamente dall’inferno del dolore, riuscendo a trasformare un evento tragico, come questa malattia, in un’occasione di salvezza per me e per gli altri».
In una delle sezioni, quest’uomo racconta la sua “traversata”, in un diario di bordo lucidissimo, a tratti persino ironico, che inizia ad agosto del 2008 e si interrompe a maggio 2011, quando peggiora la funzionalità polmonare ed è costretto ad utilizzare il respiratore 24 ore su 24, viene attivato il servizio a domicilio, aumentano le difficoltà di comunicazione vocale e di nutrizione, e l’atrofia muscolare comincia ad interessare tutto il corpo.
La forza sono le visite degli amici, la presenza costante e amorevole dei famigliari, i piccoli, ingegnosi stratagemmi per fare meno fatica a scrivere, a muoversi, a leggere, a… vivere.
La forza è il suo sito. «Anime fiammeggianti vuole raccontare di come io mi preparo alla morte, amando la vita fino all’ultimo secondo – scrive – e di come si possa continuare ad amare Dio e ad avere fede in Lui anche dopo che la vita ci è stata strappata da Male».
La forza sono altri amici, come lui malati di SLA, che attraverso il sito donano a chi li “incontra” la loro testimonianza e la loro passione, intensissima, per la vita.
Sebastiano Marrone, missilista della Marina, direttore di un Istituto scolastico, atleta, arbitro, maestro di arti marziali, allenatore olimpico della Nazionale di tiro con l’arco, la cui vita, nel 2002 «si è schiantata su uno scoglio infido e bastardo», la SLA. Eppure «Sebastiano non ha mai smesso davvero di navigare» e così, basta cercare, e in un’altra sezione si trovano alcune sue intense, drammatiche poesie, che vanno dritte al cuore.
Luana Gorza, bellunese, sciatrice e maratoneta, che ama l’arte, la pittura, la lettura, le sue montagne. Nel 2005 le viene diagnosticata la SLA, ma non si scoraggia; nemmeno quando si trova costretta in sedia a rotelle. «Non lascia tempo alle cose inutili, ama le conversazioni intelligenti, cerca di trasmettere la propria sensibilità ai tanti amici che la circondano e l’aiutano… Consapevole del tempo che passa preferisce vivere il presente, cogliendo le sfumature più profonde di un vissuto che è già stato tutto un regalo».
Gian Luca Fantelli, musicista e scrittore che si definisce “inversamente sano” e che vede la SLA «come opportunità per tirare fuori i sogni dal cassetto (già trasformare la Sfiga Letale Abominevole in un’opportunità non è da tutti)». Fante scrive canzoni insieme ad un amico. «Finché ha voce canta e, quando non canterà più, scriverà canzoni che altre voci canteranno per lui. Di una cosa sola è sicuro: non alzerà mai bandiera bianca».
Un altro collaboratore e amico è Gian Cavallo, “scrittore di razza”, che nonostante la SLA continua a scrivere, ha devoluto il ricavato del secondo romanzo all’AISLA ed è diventato un testimonial della lotta alla malattia.
L’ultimo aggiornamento al sito – entro e mi muovo in tutte le sezioni per cercare qualcosa di recente – risale ad un anno fa.
Non so come stia Adriano Stagnaro, né come stiano, ora, i suoi amici. So che “Thunder” questo pensava e questo, nel 2011 ha scritto: «Se qualcuno, attraverso la mia testimonianza di fede, si avvicinerà a Dio, allora il mio sacrificio sarà stato utile e, per quanto vi potrà sembrare assurdo, ne sarà valsa la pena». E ancora: «Non avrei la forza di accettare questa prova se non fossi certo che Dio stesso, facendosi carne e sangue, l’abbia affrontata prima di me, sperimentando di persona la solitudine, la paura, l’abbandono, il dolore e la morte».
So che la sezione del sito che Adriano-Thunder considera la più importante è quella dedicata all’apologia, che, come scrive, è nata «per difendere la mia Speranza contro chi, nel nome di una ragione onnisciente, vorrebbe togliermela». E’ una parte ricchissima e commuovente.
So che quest’uomo, nonostante la malattia, ha iniziato ed è riuscito a terminare un libro di oltre 400 pagine, dal titolo “E voi, chi dite che io sia?”, la domanda che Gesù, da duemila anni, rivolge al cuore di ogni uomo. Un impegno enorme, a testimonianza e a difesa della Verità.
Nel sito così scrive: «T.S.Eliot, onirico poeta inglese, chiuse il suo capolavoro “The Wasteland” con la sezione V, intitolata “What the Thunder said”. Chiamato a dirimere una contesa tra dei, demoni e uomini, la Divinità suprema risponde con una sola parola, “DA”, che ciascun gruppo interpreta a suo modo. Eliot reinventa l’antica leggenda: il Tuono si rivolge all’umanità richiamando l’uomo alle sue responsabilità terrene, tanto più urgenti quanto più la vita é caduca, gli suggerisce il modo di liberarsi dalla prigionia dei propri limiti, gli promette serenità nell’abbandono alla sua Volontà».
Il Gange era basso, e le foglie flosce
attendevan la pioggia, mentre nubi nere
si agglomeravano distanti sull’Himavant.
La giungla stava appiattita, acquattata in silenzio.
Allora parlò il Tuono:
DA
Datta: che cosa abbiamo dato?
O amico, sangue che mi rimescola il cuore,
il terribile ardire di un momento di abbandono
che un secolo di prudenza non potrà mai ritrattare,
per questo, e questo soltanto, noi siamo esistiti.
Questo, che non si troverà nei nostri necrologi,
né sulle lapidi velate dal benefico ragno,
né sotto i suggelli rotti dallo scarno notaro,
nelle nostre camere vuote
DA
Dayadhvam: io sentii la chiave
girar nell’uscio una volta e girare una volta sola.
Noi pensiamo alla chiave, ciascuno nella sua prigione.
Pensando alla chiave, ciascuno conferma una prigione.
Solo al calar della notte, eterei rumori
ravvivano per un momento un affranto Coriolano
DA
Damyata: la barca rispondeva
lietamente alla mano esperta con la vela e con il remo.
Il mare era calmo, anche il tuo cuore avrebbe corrisposto
lietamente, invitato, battendo obbediente
alle mani regolatrici.(T.S.Eliot. What the Thunder said)
Sì, basta un click ed è davvero un tuono imprevisto e “impertinente” quello che irrompe nelle case. Così fragoroso che è impossibile fingere di non aver sentito. Così potente che non può non provocarci.
Che il suo rimbombo scuota le nostre tiepide coscienze di “fintamente sani”…
«Il male è una lima. Secondo la natura delle nostre virtù, le assottiglia fino al nulla o le aguzza sino a Dio».
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