9 Novembre. Dedicazione della Basilica Lateranense
Gesù, legato alla colonna,
oltre la confusione della nudità del corpo,
aveva un'altra maggiore confusione per il suo cuore:
quella di vedersi, dinanzi a Dio,
carico di tutte le impudicizie degli uomini;
il dovere portare tutta la responsabilità della pena,
senza averne l'ombra della colpa.
oltre la confusione della nudità del corpo,
aveva un'altra maggiore confusione per il suo cuore:
quella di vedersi, dinanzi a Dio,
carico di tutte le impudicizie degli uomini;
il dovere portare tutta la responsabilità della pena,
senza averne l'ombra della colpa.
San Bonaventura
Dal Vangelo secondo Giovanni 2,13-22.
Si avvicinava intanto la Pasqua dei Giudei e Gesù salì a Gerusalemme.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi,
e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato».
I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora.
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».
Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».
Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Trovò nel tempio gente che vendeva buoi, pecore e colombe, e i cambiavalute seduti al banco. Fatta allora una sferza di cordicelle, scacciò tutti fuori del tempio con le pecore e i buoi; gettò a terra il denaro dei cambiavalute e ne rovesciò i banchi,
e ai venditori di colombe disse: «Portate via queste cose e non fate della casa del Padre mio un luogo di mercato».
I discepoli si ricordarono che sta scritto: Lo zelo per la tua casa mi divora.
Allora i Giudei presero la parola e gli dissero: «Quale segno ci mostri per fare queste cose?».
Rispose loro Gesù: «Distruggete questo tempio e in tre giorni lo farò risorgere».
Gli dissero allora i Giudei: «Questo tempio è stato costruito in quarantasei anni e tu in tre giorni lo farai risorgere?». Ma egli parlava del tempio del suo corpo.
Quando poi fu risuscitato dai morti, i suoi discepoli si ricordarono che aveva detto questo, e credettero alla Scrittura e alla parola detta da Gesù.
Il commento
Si «avvicina la Pasqua dei Giudei», e Gesù si avvia alla sua Pasqua, il passaggio con cui purificherà l’umanità. Prima tappa, il Tempio, come un’ouverture profetica. Il Tempio di Gerusalemme immagine di tutti noi, chiamati ad accogliere Dio ci siamo trasformati in «un luogo di mercato», ormai impuro e inadatto al culto. «Divorato dallo zelo», Gesù vi entra brandendo una «sferza di cordicelle», e comincia a cacciar fuori come in un esorcismo, i demoni usurpatori. Il «flagellum» romano, dal greco «phragellion» del vangelo, traduce il termine ebraico «hebel», che significa allo stesso tempo «corda e dolori», in particolare «quelli del parto». È arrivato il Messia, e semina terrore, come annunciato dai Profeti e come anche la tradizione rabbinica ne immaginava l'avvento. Per questo i Giudei non si indignano per il gesto in sé, ma chiedono a Gesù il segno che legittimi il suo «fare queste cose». Il punto su cui verte il Vangelo di oggi non è il Tempio ma la figura di Gesù. E non è un caso che si proclami questo brano per celebrare la Dedicazione della Cattedrale di Roma, «madre e capo di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe». Non celebriamo un tempio di mattoni, ma Cristo, l'autentico Tempio di Dio, la sua dimora tra gli uomini. In Lui e nel suo amore, infatti, siamo chiamati a dimorare, per vivere la vita come un'interrotta liturgia di lode.
Gesù è il «segno» rivelato nella sua Pasqua, quando il flagello che ha brandito durante la loro Pasqua, lacererà le sue carni, e sarà perdono per ogni uomo. Il flagello che, mercanti avidi e avari, non avremmo potuto schivare se il corpo senza peccato del Signore non ci avese protetto .«Sciogliete» il «Santo dei Santi» e lo farò «sorgere» in «tre giorni»: nel cuore del Tempio, il Luogo della Presenza di Dio dove era custodita l'Alleanza, aveva accesso una volta all'anno il solo Sommo Sacerdote, nel giorno solenne dello Yom Kippur, il giorno del perdono e dell'espiazione. Vi entrava pronunciando il Nome del Dio Altissimo, nel quale ogni peccato era perdonato. Allo spirare del Signore, il velo che divideva il Santo dei Santi dal resto del Tempio è stato «sciolto» per sempre. Da allora è «Gesù» il Nome dell’Altissimo che ci è dato perché siano «sciolte» le catene dal perdono che ci riammette alla santità perduta, nuovamente dedicati a Dio. Come nel Rito della dedicazione di una Chiesa, anche noi, unti dello Spirito nel quale Gesù si è offerto al Padre, diveniamo Tempio consacrato per dedicare a Dio la nostra vita sugli altari della nostra storia: il matrimonio, il fidanzamento, il lavoro, le amicizie, lo studio, tutto come un'eucarestia dove offrirci con Lui e prendere su di noi il peccato degli altri. La vita della Chiesa, la nostra vita, è racchiusa nei «tre giorni» del mistero di Cristo, tra il flagello che strazia la carne, il dolore del parto, e la nascita di una vita nuova. La Chiesa, infatti, è il Corpo benedetto di Cristo dedicato a Dio che si offre come barriera a raccogliere i flagelli destinati ad ogni generazione. Nell'insulto che oggi ci toglierà l'onore; nella calunnia che ci metterà alla berlina; nella ribellione del figlio; nell'incomprensione del coniuge; nella tentazione della concupiscenza; nella malattia che ci indebolisce; nei fallimenti della missione; in tutto, si nasconde il flagello geloso di Dio che, da un lato ci purifica giorno dopo giorno, e dall'altro lacera il nostro corpo perchè il mondo abbia accesso al Cielo.
LA FLAGELLAZIONE
Le fruste o flagelli che essi usarono in principio, mi sembravano fatti di una specie di legno bianco flessibile, o forse erano fatti di nervi di bue, o di strisce di cuoio. Vidi dei gruppi di giovani infami intenti a preparare nuovi flagelli, mentre altri andavano a cercare dei rovi spinosi. Dei servi del sommo sacerdote diedero del denaro ai carnefici... I due carnefici che seguirono usarono una specie di bastone spinoso pieno di nodi e di schegge. I colpi di questi bastoni gli laceravano la carne in pezzi; il sangue spillava fino a macchiar loro le braccia; ed egli gemeva, pregava e rabbrividiva. Due altri carnefici usarono dei flagelli fatti di catenelle o di corregge coperte di uncini di ferro che penetravano fino all'osso e strappavano dei pezzi di carne ad ogni colpo. I carnefici slegarono Gesù e ritornarono a legarlo con la schiena rivolta alla colonna. Essi incominciarono a flagellarlo con una furia ancor maggiore di prima; uno di essi lo percosse costantemente in faccia con un nuovo bastone. Vidi la beata Vergine in una continua estasi durante la flagellazione del suo divin Figlio. Essa vide e soffrì con inesprimibile amore e dolore tutti i tormenti a cui Gesù era sottoposto.
Caterina Emmerick
Sant’Ilario di Poitiers (circa 315-367), vescovo, dottore della Chiesa
Trattato sul salmo 64 ; PL 9, 416
«Egli parlava del Tempio del suo Corpo»
Il Signore disse : « Questo è il mio riposo per sempre » e « qui abiterò, perché l’ho desiderato » (Sal 131, 14). Eppure Sion e il suo tempio sono stati distrutti. Dove starà il trono eterno di Dio ? Dove sarà il suo riposo per sempre ? Dove sarà il suo tempio perché egli vi abiti ? Ci risponde l’apostolo Paolo : « Siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi » (1 Cor 3,16). Questa è la dimora di Dio, questo è il suo tempio : sono pieni della sua dottrina e della sua potenza. Sono il soggiorno della santità del cuore di Dio.
Questa dimora tuttavia viene edificata da Dio. Se fosse costruita da mano d’uomo, non resisterebbe, e neppure se fosse fondata sulle dottrine umane. Le nostre vane fatiche e le nostre inquietudini non bastano a proteggerla. Il Signore procede ben diversamente : non l’ha fondata sulla terra, né sulle sabbie mobili ; essa poggia sui profeti e sugli apostoli (Ef 2,20) ; viene costruita senza sosta con pietre vive (1 Pt 2,5). Si svilupperà fino alle dimensioni ultime del corpo di Cristo. Senza tregua la sua edificazione prosegue : intorno ad essa si elevano numerose case che verranno radunate in una grande e beata città (Sal 121,3).
Lanspergo il Certosino (1489-1539), religioso, teologo
Omelia per la dedicazione della chiesa; Opera omnia,1,702s
«Voi siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi» (1 Cor 3,16)
La dedicazione che oggi ricordiamo riguarda in realtà tre case. La prima è il santuario materiale... Certamente si può pregare ovunque e non c'è un luogo in cui non si possa pregare. Tuttavia è giusto aver consacrato a Dio un luogo particolare dove tutti noi, cristiani di questa comunità, possiamo riunirci, lodare e pregare Dio insieme e ottenere così più facilmente ciò che domandiamo, grazie a questa preghiera comune, secondo la parola: «Se due o tre fra voi sulla terra si accorderanno per chiedere qualsiasi cosa, l'otterranno dal Padre mio» (Mt 18,19)...
La seconda casa di Dio è il popolo, la comunità santa che trova la sua unità in questa chiesa, cioè voi che siete guidati, istruiti e nutriti da un solo pastore o vescovo. E' la dimora spirituale di Dio di cui la nostra chiesa, questa casa di Dio materiale, è il segno. Cristo si è costruito questo tempio spirituale per se stesso... Questa dimora è composta dagli eletti di Dio passati, presenti e futuri, riuniti dall'unità della fede e della carità, in questa Chiesa, una, figlia della Chiesa universale, una sola cosa con la Chiesa universale. Considerata singolarmente dalle altre Chiese particolari, essa è una parte della Chiesa, come lo sono tutte le altre Chiese. Queste Chiese tuttavia formano tutte insieme l'unica Chiesa universale, madre di tutte le Chiese... Celebrando la dedicazione della nostra chiesa, non facciamo altro che ricordare, con azioni di grazia, inni e canti di lode, la bontà che Dio ha manifestato chiamando questo piccolo popolo a conoscerlo...
La terza casa di Dio è ogni anima santa donata a Dio, consacrata attraverso il Battesimo, divenuta tempio dello Spirito Santo e dimora di Dio... Celebrando la dedicazione di questa terza casa, ricordi semplicemente il favore ricevuto da Dio quando ti ha scelto per venire ad abitare in te attraverso la sua grazia.
Benedetto XVI. Angelus Dedicazione Basilica Lateranense – 9 Novembre 2008
La liturgia ci fa celebrare oggi la Dedicazione della Basilica Lateranense, chiamata "madre e capo di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe". In effetti, questa Basilica fu la prima ad essere costruita dopo l’editto dell’imperatore Costantino che, nel 313, concesse ai cristiani la libertà di praticare la loro religione. Lo stesso imperatore donò al Papa Melchiade l’antico possedimento della famiglia dei Laterani e vi fece edificare la Basilica, il Battistero e il Patriarchio, cioè la residenza del Vescovo di Roma, dove i Papi abitarono fino al periodo avignonese. Questa ricorrenza interessò dapprima la sola città di Roma; poi, a partire dal 1565, si estese a tutte le Chiese di rito romano. In tal modo, onorando l’edificio sacro, si intende esprimere amore e venerazione per la Chiesa romana che, come afferma sant’Ignazio di Antiochia, "presiede alla carità" dell’intera comunione cattolica (Ai Romani, 1, 1).
La Parola di Dio in questa solennità richiama una verità essenziale: il tempio di mattoni è simbolo della Chiesa viva, la comunità cristiana, che già gli Apostoli Pietro e Paolo, nelle loro lettere, intendevano come "edificio spirituale", costruito da Dio con le "pietre vive" che sono i cristiani, sopra l’unico fondamento che è Gesù Cristo, paragonato a sua volta alla "pietra angolare" (cfr 1 Cor 3,9-11.16-17; 1 Pt 2,4-8; Ef 2,20-22). "Fratelli, voi siete edificio di Dio", scrive san Paolo e aggiunge: "santo è il tempio di Dio, che siete voi" (1 Cor 3,9c.17). La bellezza e l’armonia delle chiese, destinate a rendere lode a Dio, invita anche noi esseri umani, limitati e peccatori, a convertirci per formare un "cosmo", una costruzione bene ordinata, in stretta comunione con Gesù, che è il vero Santo dei Santi. Intorno alla mensa della Parola di Dio e dell’Eucarestia, la Chiesa di pietre vive si edifica nella verità e nella carità e viene interiormente plasmata dallo Spirito Santo trasformandosi in ciò che riceve, conformandosi sempre più al suo Signore Gesù Cristo.
Dio vuole edificarsi nel mondo un tempio spirituale, una comunità che lo adori in spirito e verità (cfr Gv 4,23-24). Ma questa ricorrenza ci ricorda anche l’importanza degli edifici materiali, in cui le comunità si raccolgono per celebrare le lodi di Dio. Ogni comunità ha pertanto il dovere di custodire con cura i propri edifici sacri, che costituiscono un prezioso patrimonio religioso e storico. Invochiamo perciò l’intercessione di Maria Santissima, affinché ci aiuti a diventare, come Lei, "casa di Dio", tempio vivo del suo amore.
La colonna della flagellazione
Nell’Enciclopedia della Bibbia, O. Garcìa de La Fuente ha fatto la storia della colonna a cui fu legato il Signore per la flagellazione, come si “contempla” nel secondo Mistero del Rosario. (cfr Enciclopedia della Bibbia - LDC p. 441). Secondo lui, gli evangelisti sono d’accordo nell’affermare che Gesù fu sottoposto al tormento della flagellazione per ordine di Ponzio Pilato (cfr Matteo 27,26, Marco 15,15, Giovanni 19,1), però non entrano in ulteriori particolari. Non parlano né della colonna, né di cinghie o fruste: nemmeno dicono come praticamente avvenne il castigo. La tradizione primitiva s’incaricò di informarci su molti di questi dettagli e, più precisamente, sulla colonna a cui fu legato il Salvatore.
Su questo particolare esistono tuttavia due tradizioni che si riferiscono a due colonne distinte, che presuppongono due diverse flagellazioni, una compiuta dai Giudei nella casa di Caifa, e l’altra dai soldati romani nel Pretorio di Pilato.
La prima risale al secolo IV ed è testimoniata dal Pellegrino di Bordeaux che vide la colonna tra le rovine della casa di Caifa. Nel 386 Santa Paola e il poeta Prudenzio, con Teodosio nel 530, riferiscono d’averla vista nella chiesa del Cenacolo, dove era stata trasportata dalla casa di Caifa. Altre testimonianze riferiscono i dettagli delle macchie di sangue, delle impronte delle sue dita, delle mani, delle braccia e del petto del Signore escludendo l’identificazione con la colonna del Pretorio. Col secolo X scomparve quella reliquia: probabilmente venne distrutta dai Musulmani; ed è un peccato perché a quella stessa colonna forse furono legati per essere flagellati anche San Pietro e San Giovanni (cfr Atti 5,40).
La tradizione della colonna della flagellazione avvenuta nel Pretorio di Gerusalemme è più tardiva, ma ha per sé il favore degli evangelisti che conoscono solo una flagellazione, e il parere degli esegeti moderni che ammettono un’unica flagellazione, realizzata appunto nel Pretorio o davanti al Pretorio di Pilato. Dal secolo XI si cominciano a venerare come reliquie insigni vari pezzi di questa colonna, disseminati in distinte località, come la basilica di Santa Prassede a Roma, la “cappella degli improperi” nel Santo Sepolcro, la cappella di Santa Maria nella chiesa del Santo Sepolcro, nella chiesa del Salvatore degli Armeni a Gerusalemme e il pezzo di colonna venerato nella chiesa dei Santi Apostoli di Istanbul.
L’interpretazione del Secondo Mistero Doloroso del Rosario si è estesa al campo ascetico della penitenza popolare – sono noti i Flagellanti del Medioevo e i “Fuientes” di Madonna dell’Arco a Napoli – e della sofferenza volontaria nelle mortificazioni e della “disciplina” che si davano i santi, anzi allo stesso fenomeno del martirio ricercato e desiderato per unirsi al dolore patito dal Redentore durante la sua Passione.
Tutto ciò è collegato con l’insegnamento di San Paolo circa la teologia della Croce e la necessità di completare in noi ciò che paradossalmente mancò ai patimenti del Crocifisso: è dottrina difficilissima da praticare nelle malattie e, in genere, durante ogni sofferenza della vita interiore. Pensiamo con raccapriccio alla rassegnazione della beata Giuseppina Bakita, la schiava sudanese che, ancora nell’Ottocento, veniva fatta flagellare dal suo padrone, un generale turco, ogni qualvolta costui aveva degli alterchi con la moglie e la suocera, in un assurdo sfogo consolatorio d’inaudita ferocia.
Anche qui si rinnova la simbologia della colonna, che rappresenta la virtù della Fortezza, come si può ammirare nell’affresco di Luigi Morgari nella chiesa di Champoluc, in Val d’Aosta, dove una colonna marmorea viene indicata come sostegno di tutto l’edificio spirituale di chi tende alla santità.
Recentemente una giornalista dell’Europeo, recatasi a visitare le chiese ortodosse custodite nel Kremlino, a Mosca, notava con meraviglia che sulle colonne a base degli archi stupendi, erano affrescate molte figure di santi e sante cristiane. Domandò allora perché mai usassero dipingere le colonne con delle immagini di santi. Rispose con certo sussiego un funzionario: “Probabilmente, perché sono loro a sostenere le volte della Chiesa, non le sembra?”. E la giornalista ne convenne. Lo stesso si deve dire dell’inserzione del mistero di Gesù flagellato alla colonna nella serie delle scene della Redenzione: su questa sofferenza volontaria di Cristo si appoggiano tutte le volte degli archi religiosi: Gesù ha sparso il suo sangue anche prima d’essere crocifisso, nell’Agonia dell’orto, nella coronazione di spine, soprattutto nell’ingiustificata e immeritata flagellazione.
Oltre alla colonna più o meno alta, nella Flagellazione del Signore si notano le corde che l’immobilizzarono nel crudele tormento, come si vede nel dipinto venerato da Santa Teresa d’Avila, che lo chiama “Cristo dagli occhi belli”. Di corda a nodi erano fatti alcuni strumenti di flagellazione, come ne parla San Paolo che fu più volte fustigato dagli Ebrei, mai dai Romani perché era cittadino romano. Le sferze usate erano formate da cinghie e fruste di cuoio, mentre le verghe erano rami di salice, di spine o di fibre puntite. Non si conoscono i flagelli usati dagli Ebrei ai tempi del Salvatore.
Si conosce invece il flagello romano detto “flagrum” che era costituito da un certo manico flessibile, munito di due o tre strisce di cuoio, appesantite all’estremità da frammenti d’osso o di piombo. Un patologo francese, il Vignon, provò a colpire, con un “flagrum” ricostruito ai nostri giorni, un cartone ondulato, ottenendo un risultato impressionante, se si pensa prodotto sulla pelle umana.
C’e chi ha tentato di contare le piaghe inferte dai colpi di flagello sull’Uomo della Sindone: pare che se ne vedano 121.
Bisogna meditare spesso su questo mistero del Rosario, che ci rivela quanto siano costati di sofferenza al Signore per i nostri peccati, ma soprattutto a quale prezzo l’amore misericordioso di Dio ha voluto aiutarci.
P. Reginaldo Frascisco
CHRISTE CUNCTORUM
Antico inno liturgico per la Dedicazione della Chiesa
Canto ambrosiano del sec. V
Christe, cunctorum dominator alme
mente Supremi generate Patris,
supplicum voces pariterque carmen
cerne benignus.
Cerne, quod templi, Deus ad decorem
plebs tua supplex resonet per Aedem,
annuo cujus redeunt colenda
tempore festa.
Haec Domus surgit tibi dedicata
rite, ubi sumit populus sacratum
Corpus ex aris, bibit et beati
Sanguinis haustum.
Hic sacrosancti latices nocentum
diluunt culpas, perimuntque noxas:
chrismate invictum genus et creatur
christicolarum.
Hic salus aegris, medicina fessis,
lumen et caecis datur: hic reatu,
Christe, nos solvis; timor atque moeror
pellitur omnis.
Daemonis saevis perit hic rapina:
pervicax monstrum pavet, et retendtos
deserens artus, fugit in remotas
acyus auras.
Hic locus Regis vocitatur aula
nempe coelestis, rutilansque coeli
porta, quae vitae patriam petentes
accipit omnes.
Turbo quem nullus quatit, aut vagantes
diruunt venti; penetrantque nimbi,
hanc domum tetris piceus tenebris
Tartarus horret.
Ergo te votis petimus sereno
annuas vultu; famulos gubernes,
qui tui summo celebrant amore
gaudia templi.
Nulla nos vitae cruciet procella:
sint dies laeti placidaeque noctes
nullus ex nobis, pereunte mundo,
sentiat ignem.
Hic dies, in quo tibi consecratum,
conspicis Templum, tribuat perenne
gaudium nobis, vigeatque longo
temporis usu.
Laus poli summusm resonet Parentem
laus, Patris Natum pariterque Sanctum
Spiritum dulci moduletur hymno
omne per aevum. Amen.
Traduzione: CRISTO SIGNORE DI TUTTI
O Cristo, Signore di tutti e datore di vita, generato dalla mente dell’altissimo Padre, guarda benevolo le voci e la preghiera di coloro che ti supplicano umilmente. Guarda, o Dio, come il tuo popolo supplichevole faccia risuonare nel tempio il suo canto per onorare la Chiesa, nella ricorrenza annuale in cui ne celebriamo la festa. Questa casa sorge a te debitamente dedicata, in essa il popolo prende dall’altare il Corpo consacrato e si abbevera del beato Sangue. Qui le sante acque sciolgono le colpe di coloro che hanno errato e ne annullano le pene; con l’unzione viene generata la stirpe invincibile dei cristiani. Qui viene data la salute agli infermi, l’aiuto ai deboli e la vista ai ciechi: qui, o Cristo, ci liberi dalla colpa; ogni paura e tristezza è cacciata via. Qui è annullata la presa feroce del demonio: il mostro caparbio ha paura, e abbandonando le membra che teneva imprigionate, veloce fugge nelle profondità dell’abisso. Questo è il luogo realmente chiamato corte del Re celeste, porta splendente del cielo, che accoglie tutti coloro che cercano la patria della vita. Nessun turbine lo scuote, né l’abbatte il vortice dei venti, né vi penetrano le tempeste; ha orrore di questa casa il Tartaro oscuro di profonde tenebre. Perciò ti chiediamo che tu dica sì alle nostre suppliche con volto sereno; custodisci i tuoi servi che con grande amore celebrano le gioie del tempio. Nessuna tempesta turbi la nostra vita: siano i giorni lieti e calme le notti, nessuno di noi provi il fuoco, quando il mondo perisce. Quando giorno in cui guardi il Tempio a te consacrato ci elargisca gioia perenne e rimanga solido per il nostro uso in un lungo spazio di tempo. Risuoni la lode al Padre supremo del Cielo e si moduli con dolce canto la lode al Nato dal Padre e ugualmente alla Spirito Santo per tutti i secoli. Amen.
«Egli parlava del Tempio del suo Corpo»
Il Signore disse : « Questo è il mio riposo per sempre » e « qui abiterò, perché l’ho desiderato » (Sal 131, 14). Eppure Sion e il suo tempio sono stati distrutti. Dove starà il trono eterno di Dio ? Dove sarà il suo riposo per sempre ? Dove sarà il suo tempio perché egli vi abiti ? Ci risponde l’apostolo Paolo : « Siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi » (1 Cor 3,16). Questa è la dimora di Dio, questo è il suo tempio : sono pieni della sua dottrina e della sua potenza. Sono il soggiorno della santità del cuore di Dio.
Questa dimora tuttavia viene edificata da Dio. Se fosse costruita da mano d’uomo, non resisterebbe, e neppure se fosse fondata sulle dottrine umane. Le nostre vane fatiche e le nostre inquietudini non bastano a proteggerla. Il Signore procede ben diversamente : non l’ha fondata sulla terra, né sulle sabbie mobili ; essa poggia sui profeti e sugli apostoli (Ef 2,20) ; viene costruita senza sosta con pietre vive (1 Pt 2,5). Si svilupperà fino alle dimensioni ultime del corpo di Cristo. Senza tregua la sua edificazione prosegue : intorno ad essa si elevano numerose case che verranno radunate in una grande e beata città (Sal 121,3).
Lanspergo il Certosino (1489-1539), religioso, teologo
Omelia per la dedicazione della chiesa; Opera omnia,1,702s
«Voi siete il tempio di Dio e lo Spirito di Dio abita in voi» (1 Cor 3,16)
La dedicazione che oggi ricordiamo riguarda in realtà tre case. La prima è il santuario materiale... Certamente si può pregare ovunque e non c'è un luogo in cui non si possa pregare. Tuttavia è giusto aver consacrato a Dio un luogo particolare dove tutti noi, cristiani di questa comunità, possiamo riunirci, lodare e pregare Dio insieme e ottenere così più facilmente ciò che domandiamo, grazie a questa preghiera comune, secondo la parola: «Se due o tre fra voi sulla terra si accorderanno per chiedere qualsiasi cosa, l'otterranno dal Padre mio» (Mt 18,19)...
La seconda casa di Dio è il popolo, la comunità santa che trova la sua unità in questa chiesa, cioè voi che siete guidati, istruiti e nutriti da un solo pastore o vescovo. E' la dimora spirituale di Dio di cui la nostra chiesa, questa casa di Dio materiale, è il segno. Cristo si è costruito questo tempio spirituale per se stesso... Questa dimora è composta dagli eletti di Dio passati, presenti e futuri, riuniti dall'unità della fede e della carità, in questa Chiesa, una, figlia della Chiesa universale, una sola cosa con la Chiesa universale. Considerata singolarmente dalle altre Chiese particolari, essa è una parte della Chiesa, come lo sono tutte le altre Chiese. Queste Chiese tuttavia formano tutte insieme l'unica Chiesa universale, madre di tutte le Chiese... Celebrando la dedicazione della nostra chiesa, non facciamo altro che ricordare, con azioni di grazia, inni e canti di lode, la bontà che Dio ha manifestato chiamando questo piccolo popolo a conoscerlo...
La terza casa di Dio è ogni anima santa donata a Dio, consacrata attraverso il Battesimo, divenuta tempio dello Spirito Santo e dimora di Dio... Celebrando la dedicazione di questa terza casa, ricordi semplicemente il favore ricevuto da Dio quando ti ha scelto per venire ad abitare in te attraverso la sua grazia.
Benedetto XVI. Angelus Dedicazione Basilica Lateranense – 9 Novembre 2008
La liturgia ci fa celebrare oggi la Dedicazione della Basilica Lateranense, chiamata "madre e capo di tutte le chiese dell’Urbe e dell’Orbe". In effetti, questa Basilica fu la prima ad essere costruita dopo l’editto dell’imperatore Costantino che, nel 313, concesse ai cristiani la libertà di praticare la loro religione. Lo stesso imperatore donò al Papa Melchiade l’antico possedimento della famiglia dei Laterani e vi fece edificare la Basilica, il Battistero e il Patriarchio, cioè la residenza del Vescovo di Roma, dove i Papi abitarono fino al periodo avignonese. Questa ricorrenza interessò dapprima la sola città di Roma; poi, a partire dal 1565, si estese a tutte le Chiese di rito romano. In tal modo, onorando l’edificio sacro, si intende esprimere amore e venerazione per la Chiesa romana che, come afferma sant’Ignazio di Antiochia, "presiede alla carità" dell’intera comunione cattolica (Ai Romani, 1, 1).
La Parola di Dio in questa solennità richiama una verità essenziale: il tempio di mattoni è simbolo della Chiesa viva, la comunità cristiana, che già gli Apostoli Pietro e Paolo, nelle loro lettere, intendevano come "edificio spirituale", costruito da Dio con le "pietre vive" che sono i cristiani, sopra l’unico fondamento che è Gesù Cristo, paragonato a sua volta alla "pietra angolare" (cfr 1 Cor 3,9-11.16-17; 1 Pt 2,4-8; Ef 2,20-22). "Fratelli, voi siete edificio di Dio", scrive san Paolo e aggiunge: "santo è il tempio di Dio, che siete voi" (1 Cor 3,9c.17). La bellezza e l’armonia delle chiese, destinate a rendere lode a Dio, invita anche noi esseri umani, limitati e peccatori, a convertirci per formare un "cosmo", una costruzione bene ordinata, in stretta comunione con Gesù, che è il vero Santo dei Santi. Intorno alla mensa della Parola di Dio e dell’Eucarestia, la Chiesa di pietre vive si edifica nella verità e nella carità e viene interiormente plasmata dallo Spirito Santo trasformandosi in ciò che riceve, conformandosi sempre più al suo Signore Gesù Cristo.
Dio vuole edificarsi nel mondo un tempio spirituale, una comunità che lo adori in spirito e verità (cfr Gv 4,23-24). Ma questa ricorrenza ci ricorda anche l’importanza degli edifici materiali, in cui le comunità si raccolgono per celebrare le lodi di Dio. Ogni comunità ha pertanto il dovere di custodire con cura i propri edifici sacri, che costituiscono un prezioso patrimonio religioso e storico. Invochiamo perciò l’intercessione di Maria Santissima, affinché ci aiuti a diventare, come Lei, "casa di Dio", tempio vivo del suo amore.
La colonna della flagellazione
Nell’Enciclopedia della Bibbia, O. Garcìa de La Fuente ha fatto la storia della colonna a cui fu legato il Signore per la flagellazione, come si “contempla” nel secondo Mistero del Rosario. (cfr Enciclopedia della Bibbia - LDC p. 441). Secondo lui, gli evangelisti sono d’accordo nell’affermare che Gesù fu sottoposto al tormento della flagellazione per ordine di Ponzio Pilato (cfr Matteo 27,26, Marco 15,15, Giovanni 19,1), però non entrano in ulteriori particolari. Non parlano né della colonna, né di cinghie o fruste: nemmeno dicono come praticamente avvenne il castigo. La tradizione primitiva s’incaricò di informarci su molti di questi dettagli e, più precisamente, sulla colonna a cui fu legato il Salvatore.
Su questo particolare esistono tuttavia due tradizioni che si riferiscono a due colonne distinte, che presuppongono due diverse flagellazioni, una compiuta dai Giudei nella casa di Caifa, e l’altra dai soldati romani nel Pretorio di Pilato.
La prima risale al secolo IV ed è testimoniata dal Pellegrino di Bordeaux che vide la colonna tra le rovine della casa di Caifa. Nel 386 Santa Paola e il poeta Prudenzio, con Teodosio nel 530, riferiscono d’averla vista nella chiesa del Cenacolo, dove era stata trasportata dalla casa di Caifa. Altre testimonianze riferiscono i dettagli delle macchie di sangue, delle impronte delle sue dita, delle mani, delle braccia e del petto del Signore escludendo l’identificazione con la colonna del Pretorio. Col secolo X scomparve quella reliquia: probabilmente venne distrutta dai Musulmani; ed è un peccato perché a quella stessa colonna forse furono legati per essere flagellati anche San Pietro e San Giovanni (cfr Atti 5,40).
La tradizione della colonna della flagellazione avvenuta nel Pretorio di Gerusalemme è più tardiva, ma ha per sé il favore degli evangelisti che conoscono solo una flagellazione, e il parere degli esegeti moderni che ammettono un’unica flagellazione, realizzata appunto nel Pretorio o davanti al Pretorio di Pilato. Dal secolo XI si cominciano a venerare come reliquie insigni vari pezzi di questa colonna, disseminati in distinte località, come la basilica di Santa Prassede a Roma, la “cappella degli improperi” nel Santo Sepolcro, la cappella di Santa Maria nella chiesa del Santo Sepolcro, nella chiesa del Salvatore degli Armeni a Gerusalemme e il pezzo di colonna venerato nella chiesa dei Santi Apostoli di Istanbul.
L’interpretazione del Secondo Mistero Doloroso del Rosario si è estesa al campo ascetico della penitenza popolare – sono noti i Flagellanti del Medioevo e i “Fuientes” di Madonna dell’Arco a Napoli – e della sofferenza volontaria nelle mortificazioni e della “disciplina” che si davano i santi, anzi allo stesso fenomeno del martirio ricercato e desiderato per unirsi al dolore patito dal Redentore durante la sua Passione.
Tutto ciò è collegato con l’insegnamento di San Paolo circa la teologia della Croce e la necessità di completare in noi ciò che paradossalmente mancò ai patimenti del Crocifisso: è dottrina difficilissima da praticare nelle malattie e, in genere, durante ogni sofferenza della vita interiore. Pensiamo con raccapriccio alla rassegnazione della beata Giuseppina Bakita, la schiava sudanese che, ancora nell’Ottocento, veniva fatta flagellare dal suo padrone, un generale turco, ogni qualvolta costui aveva degli alterchi con la moglie e la suocera, in un assurdo sfogo consolatorio d’inaudita ferocia.
Anche qui si rinnova la simbologia della colonna, che rappresenta la virtù della Fortezza, come si può ammirare nell’affresco di Luigi Morgari nella chiesa di Champoluc, in Val d’Aosta, dove una colonna marmorea viene indicata come sostegno di tutto l’edificio spirituale di chi tende alla santità.
Recentemente una giornalista dell’Europeo, recatasi a visitare le chiese ortodosse custodite nel Kremlino, a Mosca, notava con meraviglia che sulle colonne a base degli archi stupendi, erano affrescate molte figure di santi e sante cristiane. Domandò allora perché mai usassero dipingere le colonne con delle immagini di santi. Rispose con certo sussiego un funzionario: “Probabilmente, perché sono loro a sostenere le volte della Chiesa, non le sembra?”. E la giornalista ne convenne. Lo stesso si deve dire dell’inserzione del mistero di Gesù flagellato alla colonna nella serie delle scene della Redenzione: su questa sofferenza volontaria di Cristo si appoggiano tutte le volte degli archi religiosi: Gesù ha sparso il suo sangue anche prima d’essere crocifisso, nell’Agonia dell’orto, nella coronazione di spine, soprattutto nell’ingiustificata e immeritata flagellazione.
Oltre alla colonna più o meno alta, nella Flagellazione del Signore si notano le corde che l’immobilizzarono nel crudele tormento, come si vede nel dipinto venerato da Santa Teresa d’Avila, che lo chiama “Cristo dagli occhi belli”. Di corda a nodi erano fatti alcuni strumenti di flagellazione, come ne parla San Paolo che fu più volte fustigato dagli Ebrei, mai dai Romani perché era cittadino romano. Le sferze usate erano formate da cinghie e fruste di cuoio, mentre le verghe erano rami di salice, di spine o di fibre puntite. Non si conoscono i flagelli usati dagli Ebrei ai tempi del Salvatore.
Si conosce invece il flagello romano detto “flagrum” che era costituito da un certo manico flessibile, munito di due o tre strisce di cuoio, appesantite all’estremità da frammenti d’osso o di piombo. Un patologo francese, il Vignon, provò a colpire, con un “flagrum” ricostruito ai nostri giorni, un cartone ondulato, ottenendo un risultato impressionante, se si pensa prodotto sulla pelle umana.
C’e chi ha tentato di contare le piaghe inferte dai colpi di flagello sull’Uomo della Sindone: pare che se ne vedano 121.
Bisogna meditare spesso su questo mistero del Rosario, che ci rivela quanto siano costati di sofferenza al Signore per i nostri peccati, ma soprattutto a quale prezzo l’amore misericordioso di Dio ha voluto aiutarci.
P. Reginaldo Frascisco
CHRISTE CUNCTORUM
Antico inno liturgico per la Dedicazione della Chiesa
Canto ambrosiano del sec. V
Christe, cunctorum dominator alme
mente Supremi generate Patris,
supplicum voces pariterque carmen
cerne benignus.
Cerne, quod templi, Deus ad decorem
plebs tua supplex resonet per Aedem,
annuo cujus redeunt colenda
tempore festa.
Haec Domus surgit tibi dedicata
rite, ubi sumit populus sacratum
Corpus ex aris, bibit et beati
Sanguinis haustum.
Hic sacrosancti latices nocentum
diluunt culpas, perimuntque noxas:
chrismate invictum genus et creatur
christicolarum.
Hic salus aegris, medicina fessis,
lumen et caecis datur: hic reatu,
Christe, nos solvis; timor atque moeror
pellitur omnis.
Daemonis saevis perit hic rapina:
pervicax monstrum pavet, et retendtos
deserens artus, fugit in remotas
acyus auras.
Hic locus Regis vocitatur aula
nempe coelestis, rutilansque coeli
porta, quae vitae patriam petentes
accipit omnes.
Turbo quem nullus quatit, aut vagantes
diruunt venti; penetrantque nimbi,
hanc domum tetris piceus tenebris
Tartarus horret.
Ergo te votis petimus sereno
annuas vultu; famulos gubernes,
qui tui summo celebrant amore
gaudia templi.
Nulla nos vitae cruciet procella:
sint dies laeti placidaeque noctes
nullus ex nobis, pereunte mundo,
sentiat ignem.
Hic dies, in quo tibi consecratum,
conspicis Templum, tribuat perenne
gaudium nobis, vigeatque longo
temporis usu.
Laus poli summusm resonet Parentem
laus, Patris Natum pariterque Sanctum
Spiritum dulci moduletur hymno
omne per aevum. Amen.
Traduzione: CRISTO SIGNORE DI TUTTI
O Cristo, Signore di tutti e datore di vita, generato dalla mente dell’altissimo Padre, guarda benevolo le voci e la preghiera di coloro che ti supplicano umilmente. Guarda, o Dio, come il tuo popolo supplichevole faccia risuonare nel tempio il suo canto per onorare la Chiesa, nella ricorrenza annuale in cui ne celebriamo la festa. Questa casa sorge a te debitamente dedicata, in essa il popolo prende dall’altare il Corpo consacrato e si abbevera del beato Sangue. Qui le sante acque sciolgono le colpe di coloro che hanno errato e ne annullano le pene; con l’unzione viene generata la stirpe invincibile dei cristiani. Qui viene data la salute agli infermi, l’aiuto ai deboli e la vista ai ciechi: qui, o Cristo, ci liberi dalla colpa; ogni paura e tristezza è cacciata via. Qui è annullata la presa feroce del demonio: il mostro caparbio ha paura, e abbandonando le membra che teneva imprigionate, veloce fugge nelle profondità dell’abisso. Questo è il luogo realmente chiamato corte del Re celeste, porta splendente del cielo, che accoglie tutti coloro che cercano la patria della vita. Nessun turbine lo scuote, né l’abbatte il vortice dei venti, né vi penetrano le tempeste; ha orrore di questa casa il Tartaro oscuro di profonde tenebre. Perciò ti chiediamo che tu dica sì alle nostre suppliche con volto sereno; custodisci i tuoi servi che con grande amore celebrano le gioie del tempio. Nessuna tempesta turbi la nostra vita: siano i giorni lieti e calme le notti, nessuno di noi provi il fuoco, quando il mondo perisce. Quando giorno in cui guardi il Tempio a te consacrato ci elargisca gioia perenne e rimanga solido per il nostro uso in un lungo spazio di tempo. Risuoni la lode al Padre supremo del Cielo e si moduli con dolce canto la lode al Nato dal Padre e ugualmente alla Spirito Santo per tutti i secoli. Amen.
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