Giovedì della XXXIII settimana del Tempo Ordinario
Io mi chiedo se questo pianto di Gesù
non si riferisca alla nostra Gerusalemme.
Noi infatti siamo la Gerusalemme sulla quale Gesù ha pianto.
Se dopo aver conosciuto i misteri della Verità,
dopo aver ricevuto la Parola del Vangelo
e gli insegnamenti della Chiesa,
uno di noi pecca, vi saranno pianto e lacrime su di lui.
Non si piange su quelli che non sono credenti,
ma su quello che dopo aver fatto parte di Gerusalemme,
smette di appartenerle.
Si piange su questa nostra Gerusalemme,
perchè, dopo che ha peccato,
la assedieranno i nemici, cioè le potenze avverse,
gli spiriti malvagi e scaveranno attorno ad essa una trincea,
l'assedieranno e non lasceranno pietra su pietra.
non si riferisca alla nostra Gerusalemme.
Noi infatti siamo la Gerusalemme sulla quale Gesù ha pianto.
Se dopo aver conosciuto i misteri della Verità,
dopo aver ricevuto la Parola del Vangelo
e gli insegnamenti della Chiesa,
uno di noi pecca, vi saranno pianto e lacrime su di lui.
Non si piange su quelli che non sono credenti,
ma su quello che dopo aver fatto parte di Gerusalemme,
smette di appartenerle.
Si piange su questa nostra Gerusalemme,
perchè, dopo che ha peccato,
la assedieranno i nemici, cioè le potenze avverse,
gli spiriti malvagi e scaveranno attorno ad essa una trincea,
l'assedieranno e non lasceranno pietra su pietra.
Origene
Dal Vangelo secondo Luca 19,41-44.
Quando fu vicino, alla vista della città, pianse su di essa, dicendo: «Se avessi compreso anche tu, in questo giorno, la via della pace. Ma ormai è stata nascosta ai tuoi occhi. Giorni verranno per te in cui i tuoi nemici ti cingeranno di trincee, ti circonderanno e ti stringeranno da ogni parte; abbatteranno te e i tuoi figli dentro di te e non lasceranno in te pietra su pietra, perché non hai riconosciuto il tempo in cui sei stata visitata».
Il commento
Quando ancora non era che un pugno di uomini, il cristianesimo veniva chiamato semplicemente la “via". Tutto cominciava dalla "visita" degli apostoli itineranti nelle sinagoghe, nelle case e nelle piazze, dove annunciavano la Buona Notizia. Le loro parole erano l'eco di quelle del Maestro risorto: "Pace a voi!". Lo stesso saluto scambiato infinite volte, sulle labbra degli apostoli diveniva realtà sin dentro la vita, come era accaduto la sera di Pasqua. E tutto cambiava: l'esistenza era sradicata dalle vecchie abitudini e posta in cammino alla sequela del Signore sulla "via della pace". Ma accadeva anche che molti non “riconoscevano” nell’annuncio della Chiesa la “visita” del Signore, e il rifiuto diveniva spesso persecuzione. Come fu per “Gerusalemme” nei giorni del Messia, e poi molte volte nei secoli. E Gesù “piange” il rifiuto, “giorno” dopo “giorno”, insieme ai suoi apostoli, in ogni angolo della terra, mentre potrebbe lasciar sfogo alla sua ira. Le lacrime, infatti, segnano sempre l'annuncio del Vangelo. Esse recano il sapore di Cristo, della sofferenza con la quale ha redento il mondo. Lacrime di misericordia davanti a tutto quello che ancora non è stato “visitato” e “salvato”. In esse impariamo a guardare ai fratelli con pazienza e amore, per annunciare il Vangelo attraverso il dono silenzioso di noi stessi, quando la Parola non è accolta, come Gesù ha fatto nella città che lo rifiutava. Egli, infatti, di generazione in generazione, freme di compassione fissando profeticamente le rovine in cui si ridurrà la vita di chi non lo può "comprendere" perché ingannato dalla menzogna del demonio. Vede in anticipo i "giorni in cui i nemici” dell’anima che lo rifiuta, “cingeranno di trincee, circonderanno e stringeranno da ogni parte" pensieri e sentimenti inducendo a scappare nel peccato; Gesù sa che chi non lo accoglie rimane preda dell'orgoglio che "abbatte" genitori e figli, amici, parenti e colleghi, distruggendo ogni relazione senza "lasciare pietra su pietra". E’ quando la “via della pace” scompare dall’orizzonte e le guerre, le inimicizie, le gelosie, le invidie, i divorzi, i tribunali segnano il cammino doloroso dell’uomo. E Cristo con la sua Chiesa non può far altro che amare di nuovo “sino alla fine”, andando a prendere il peccato del mondo in ogni città che rifiuta il Vangelo e perseguita i suoi apostoli.
Anche per noi "oggi" è il "kairos" della “visita” di Gesù, il momento favorevole nel quale, attraverso i fatti e le persone, Egli si fa presente per accoglierci nel suo movimento di pace e libertà. Ma spesso ci accade, come fu per Gerusalemme, di non saper "riconoscere" nella carne la "visita" del Signore; ci sembra impossibile che Egli possa indossare i panni della suocera o del capo ufficio, e rifiutiamo l’annuncio della Chiesa che illumina la storia con il Vangelo… La "via della pace" allora si "nasconde ai nostri occhi", che si spengono a poco a poco nei rancori e nei giudizi, suscitando l'incontenibile commozione di Gesù. Eccolo infatti, ancora una volta alla nostra porta come a quella di ogni uomo, a confondere le sue lacrime con le nostre, con il sale aspro del suo dolore ad accogliere il nostro, quasi implorando d'essere, finalmente, "riconosciuto" e accolto. Le sue lacrime solcano dolcemente le nostre ferite come un cammino di pace per schiuderle al suo perdono risanatore, e suscitare in noi, come accadde a Pietro, lacrime sante di pentimento. Lasciamolo entrare allora "in questo giorno" nella nostra Gerusalemme, perché torni ad essere la Città della Pace che Lui ha "scelto come sua dimora per sempre", un segno di speranza da annunciare ad ogni uomo intingendo nelle nostre lacrime la misericordia di Dio.
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