Sabato della XXXI settimana del Tempo Ordinario
Osservo come tutti i beni e i doni discendono dall'alto:
per esempio, la mia limitata potenza
discende da quella somma e infinita di lassù,
e così la giustizia, la bontà, la pietà,
la misericordia, e via dicendo,
come i raggi discendono dal sole,
le acque dalla sorgente, e così via.
S. Ignazio di Loyola, Esercizi Spirituali
Dal Vangelo secondo Luca 16,9-15.
Ebbene, io vi dico: Procuratevi amici con la disonesta ricchezza, perché, quand'essa verrà a mancare, vi accolgano nelle dimore eterne.
Chi è fedele nel poco, è fedele anche nel molto; e chi è disonesto nel poco, è disonesto anche nel molto. Se dunque non siete stati fedeli nella disonesta ricchezza, chi vi affiderà quella vera? E se non siete stati fedeli nella ricchezza altrui, chi vi darà la vostra?
Nessun servo può servire a due padroni: o odierà l'uno e amerà l'altro oppure si affezionerà all'uno e disprezzerà l'altro. Non potete servire a Dio e a mammona».
I farisei, che erano attaccati al denaro, ascoltavano tutte queste cose e si beffavano di lui.
Egli disse: «Voi vi ritenete giusti davanti agli uomini, ma Dio conosce i vostri cuori: ciò che è esaltato fra gli uomini è cosa detestabile davanti a Dio.
Il commento
«Che giova all'uomo guadagnare il mondo intero se poi perde la sua anima?»: ripetendo con insistenza queste parole del Signore, Sant'Ignazio di Loyola fece di Francesco Saverio, un giovane studente ambizioso lanciato verso il successo, l'apostolo santo dell'Oriente. Astutamente, il demonio cancella sempre la data di scadenza sulla suadente e illusoria etichetta di «mammona», termine aramaico che designava il «patrimonio» ma anche un idolo cananeo cui andava l’adorazione dei pagani. Ma, attraverso la predicazione di Ignazio, come gocce d'acqua che lentamente riescono a corrodere anche il ferro, la Verità si insinuò nelle maglie fitte della menzogna, ed ebbe la meglio. Francesco non era nato per essere schiavo di un idolo, feticcio di qualunque «ricchezza» terrena che, per quanto si fosse sforzato, non gli sarebbe mai appartenuta. Dio, invece, lo chiamava ad accogliere quella che era «sua» da sempre, il Figlio diletto nel quale era stato amato e creato, e gli «affidava» il Vangelo, l'unica «ricchezza vera».
Di certo, all'alba di quella fredda mattina di dicembre, i suoi innumerevoli «amici» erano tutti lì, ad «accoglierlo» sulla soglia delle «tende eterne». Non si era risparmiato, gli aveva dato tutto, perché tutto aveva vissuto in Cristo, senza cercare se stesso nelle relazioni, offrendo ogni suo bene. E ora moriva sulla spiaggia di un'isoletta alle porte della Cina, solo, dopo aver percorso instancabilmente l'Oriente intero per dieci anni. «Fedele nelle cose più piccole», rinnegandosi in ogni suo affetto, pensiero, desiderio, era stato per questo «fedele nella cosa più grande», Cristo e il suo Vangelo. Volti, storie, sofferenze, uomini e donne di ogni razza e condizione, ciascuno fu raggiunto dal fuoco d'amore che ardeva nel cuore di Francesco; in quel missionario avevano incontrato Cristo, la «ricchezza vera». La sua storia è l’esegesi più autentica del vangelo di oggi. In essa è profetizzata anche la nostra. Siamo chiamati come lui a farci tutto a tutti, spendendo la nostra vita per l'annuncio del Vangelo, e «procurarci» così una «lobby» di «amici» che, nell'anticamera del Paradiso, «faccia pressione» perché Dio ci «accolga». Marito, moglie, figli, amici, denaro, nel mondo sono «ricchezze inique», idoli come «mammona», che gli uomini amano divenendone schiavi. Per chi ha conosciuto Cristo tutto è vissuto nel fuoco della Croce, che arde purificando le idolatrie, dove i rapporti e i beni divengono occasioni per donarsi e non accaparrare, facendo così di ogni «ricchezza» un «tesoro celeste». Non importa se l’apparente successo dei farisei li spinge a «beffarsi» di Cristo e dei suoi discepoli; Lui «conosce i cuori»: se saranno colmi del suo amore, quando per il mondo tutto «verrà a mancare» per noi si schiuderanno le porte del Paradiso.
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