αποφθεγμα Apoftegma
Solo uno sciocco e uno sfrontato
avrebbe l'ardire di presentarsi
davanti al suo Creatore con questa pretesa:
"lo non vengo qui a mendicare;
ti amo disinteressatamente"
Clive Staples Lewis
L'ANNUNCIO |
Dal Vangelo di Gesù Cristo secondo Marco 11,11-26.
Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l'ora tarda, uscì con i Dodici diretto a Betània. La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche cosa; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. E gli disse: «Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti». E i discepoli l'udirono. Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio. Ed insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!». L'udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento.
Quando venne la sera uscirono dalla città.
La mattina seguente, passando, videro il fico seccato fin dalle radici. Allora Pietro, ricordatosi, gli disse: «Maestro, guarda: il fico che hai maledetto si è seccato».
Gesù allora disse loro: «Abbiate fede in Dio! In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati».
Ed entrò a Gerusalemme, nel tempio. E dopo aver guardato ogni cosa attorno, essendo ormai l'ora tarda, uscì con i Dodici diretto a Betània. La mattina seguente, mentre uscivano da Betània, ebbe fame. E avendo visto di lontano un fico che aveva delle foglie, si avvicinò per vedere se mai vi trovasse qualche cosa; ma giuntovi sotto, non trovò altro che foglie. Non era infatti quella la stagione dei fichi. E gli disse: «Nessuno possa mai più mangiare i tuoi frutti». E i discepoli l'udirono. Andarono intanto a Gerusalemme. Ed entrato nel tempio, si mise a scacciare quelli che vendevano e comperavano nel tempio; rovesciò i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe e non permetteva che si portassero cose attraverso il tempio. Ed insegnava loro dicendo: «Non sta forse scritto: La mia casa sarà chiamata casa di preghiera per tutte le genti? Voi invece ne avete fatto una spelonca di ladri!». L'udirono i sommi sacerdoti e gli scribi e cercavano il modo di farlo morire. Avevano infatti paura di lui, perché tutto il popolo era ammirato del suo insegnamento.
Quando venne la sera uscirono dalla città.
La mattina seguente, passando, videro il fico seccato fin dalle radici. Allora Pietro, ricordatosi, gli disse: «Maestro, guarda: il fico che hai maledetto si è seccato».
Gesù allora disse loro: «Abbiate fede in Dio! In verità vi dico: chi dicesse a questo monte: Lèvati e gettati nel mare, senza dubitare in cuor suo ma credendo che quanto dice avverrà, ciò gli sarà accordato. Per questo vi dico: tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato. Quando vi mettete a pregare, se avete qualcosa contro qualcuno, perdonate, perché anche il Padre vostro che è nei cieli perdoni a voi i vostri peccati».
Anche questa "mattina" Gesù "esce" da Betania dove si trova la casa dei suoi amici (Lazzaro, Marta e Maria) per recarsi a Gerusalemme dove deve compiere l'opera che il Padre gli ha affidato. Esce cioè dalla nostra casa per entrare nella storia dove, in noi, deve compiere la volontà del Padre. Essa è il suo cibo, che neanche i suoi discepoli conoscono... Per questo anche oggi "ha fame". Ha fame della salvezza di ogni uomo, e cerca un albero che dia i frutti capaci di saziarlo. Trova un "fico", ma non ha frutti. Non è un caso. Nella Scrittura e nella Tradizione ebraica, infatti, la fecondità del fico è un'immagine profetica di Israele che ha conosciuto e accolto il Messia, mentre quello sterile è immagine della sua infedeltà con la quale ha frustrato la sua missione tra le nazioni. Oggi Gesù cerca ciascuno di noi che facciamo parte del nuovo Israele che è la Chiesa; per mezzo di essa Dio ha deposto in noi il seme della fede perché, crescendo, potessimo dare sull'albero della Croce i frutti soprannaturali capaci di sfamare e salvare chi ci è accanto. Li abbiamo? Probabilmente no. Quando, infatti, come oggi, il Signore viene a cercarli "fuori stagione", ad esempio nelle situazioni in cui siamo chiamati ad amare il nemico, ci ribelliamo perché ci sentiamo traditi e trattati ingiustamente. Pensiamo che Dio pretenda da noi, invece di provvedere alla nostra vita cambiando le circostante a nostro favore. Ma ribellandoci come Adamo ed Eva che tagliarono la relazione con Dio cogliendo con superbia il "frutto" che non gli apparteneva, ci ritroviamo senza la linfa dell'amore soprannaturale di Dio che fa crescere la "fede" e maturare i "frutti" anche fuori stagione, proviamo vergogna dei nostri fallimenti, e ricopriamo di "foglie di fico" la nostra vita nuda e senza amore. Foglie invece di frutti, cioè pura apparenza come la relazione corrotta con Dio dei "ladri" che avevano pervertito il Tempio. Preghiere e belle catechesi fuori e un cuore lontano da Dio dentro, come accade a te, che pontifichi contro la corruzione del mondo e predichi onestà mentre sono già dieci anni che non parli con quel fratello. Come te che fai la morale ai tuoi figli e dentro giudichi, mormori, invidi. E Gesù non può far altro che "maledire", "dire male" a te e a me di quell'albero tutto foglie e niente frutti che è il nostro uomo vecchio. Ma coraggio fratelli, la maledizione di Gesù è il segno del suo amore autentico e puro, che non è falso buonismo, ma porta alla luce la nostra realtà profonda, e spinge all'epilogo il processo di corruzione già iniziato in noi. Per puro amore Dio "guarda attorno" e, pur avendo visto la corruzione, lascia il "tempio" così com'è perché sa che ancora non è l'ora; lascia cioè che le situazioni dove regna il peccato giungano al limite, e sembra che il demonio e il male abbiano la meglio. Ma è solo per "scacciare" il demonio che "vende e compera nel tempio" che siamo chiamati ad essere; per "rovesciare i tavoli dei cambiavalute e le sedie dei venditori di colombe" immagine del nostro cuore che cede ai compromessi affettivi con il prossimo eludendo così la misericordia; per "impedire che si portino nel Tempio" le nostre preghiere incredule e idolatriche e strapparci all'ipocrisia. Per questo la maledizione eterna che colpisce il fico senza frutti è oggi per noi una buona notizia! E' maledetto e seccato alle radici per l'eternità l'uomo vecchio che si corrompe e non può amare, perché la maledizione del fico è la porta alla benedizione di un albero nuovo, creato da Dio in Cristo, la vita nuova e crocifissa con Lui nella quale siamo chiamati a camminare per dare i frutti della fede adulta.
E ciò si compie nel battesimo e in ogni sacramento amministrato dalla Chiesa che realizza in noi l'opera di Dio compiuta da Cristo, quella che è stata il suo cibo: Egli ha spinto la sua vita sino a farsi "maledizione", la stessa inflitta al fico, per trasformarla in benedizione con la sua resurrezione, e capovolgere così la sorte di ogni uomo. Il Signore è venuto sulla terra per scendere nell'abisso della morte, giungere al fondo toccato dai peccatori e accoglierli nel "perdono" capace di risuscitarli. Nella Chiesa, infatti, Dio può fare di un drogato un sacerdote santo, ricreare un matrimonio distrutto dal tradimento e dalla violenza, far apparire la vita nel grembo sterile di una donna che ha gettato la sua maternità nella pattumiera dell'egoismo per lunghi anni; può trasformare il peccatore più incallito in un'immagine cristallina del suo Figlio. Dio può "dire a questo monte", cioè a ogni superbo e orgoglioso: "Lèvati e gettati nel mare" e questi si immergerà nelle acque della misericordia per rinascere umile e capace di amare gratuitamente. E noi fratelli siamo chiamati proprio a questo! A compiere in Cristo l'impossibile, a cambiare il corso della natura corrotta dal peccato! A "dire" cioè ad ogni "monte" che si innalza superbo nel cuore delle persone di "levarsi e gettarsi" nelle viscere misericordiose di Dio che sono nella Chiesa, cioè in noi. Non ti sei accorto che la "fame" di Gesù incarnato nei fratelli e in ogni persona che vive nel mondo, bussa ai rami della tua vita? Marito, moglie, figli, parenti, amici e colleghi, conoscenti e sconosciuti, proprio quando "hanno qualcosa contro di noi" vengono a cercare i frutti del "perdono" sulle nostre braccia distese con Cristo sulla Croce! Per cogliere i "frutti di stagione" non è necessaria la Chiesa, basta rivolgersi a un giudice che provveda a fare giustizia. Per chi vive nei limiti di una natura ferita e schiava del peccato è "naturale" risolvere le questioni con coloro "contro cui si ha qualcosa" attraverso le cause, le querele, le citazioni per danni, i divorzi e perfino le guerre. Ma nulla di ciò risolve alla "radice" le relazioni, perché il male resta resta "radicato" nel cuore e continua a produrre frutti di divisione e infelicità. Per questo i frutti che il prossimo estenuato nell'infruttuosa ricerca della pace "chiederà" a noi perché siamo nella Chiesa saranno sempre "fuori stagione", fuori cioè dalla logica della natura e della ragione soggiogate dal peccato. "Per questo" Gesù ci dice oggi: "tutto quello che domandate nella preghiera, abbiate fede di averlo ottenuto e vi sarà accordato". Ci dice cioè di crescere nella "fede" per "domandare nella preghiera" il "perdono" di "tutto" quello che nella carne tentata dal demonio abbiamo "contro" il prossimo. Il "perdono" dei nemici, infatti, è il frutto maturato nella Chiesa che rende visibile sulla terra la "fede" che ha "ottenuto" dal "Padre che è nei Cieli" il "perdono dei propri peccati". E' questo il "frutto" che fa della Chiesa "una casa di preghiera per tutte le genti", il luogo cioè dove tutti possano chiedere, ottenere e sperimentare la misericordia di Dio che fa possibile l'impossibile, il perdono tra i fratelli che è l'anticipo della vita celeste. Preghiamo allora, anche per imparare il timore di Dio, ricordando che la maledizione destinata all'uomo vecchio è eterna: chi non accoglie la benedizione dell'uomo nuovo, chi cioè si chiude di nuovo nell'orgoglio e non è disposto a perdonare torna ad essere schiavo della carne e resta maledetto. Non è Dio che non vuol perdonare, è l'uomo a chiamarsi fuori e frustrare la volontà misericordiosa di Dio. Allora coraggio, camminiamo nella Chiesa e convertiamoci, ogni giorno.
QUI IL COMMENTO COMPLETO
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