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Cieco dalla nascita, l’uomo seduto sulla panchina percepì la presenza umana dal calore che essa emanava. Un altro uomo infatti, silenzioso, si era avvicinato e seduto accanto a questo suo "simile", che viveva nel buio senza che si vedesse.
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L’uomo che viveva nel buio avvertì, attraverso questo calore, la vita, e provò il forte desiderio di assaporarla, parlando a questa presenza. E così ad un tratto, con voce calma e profonda, domandò: "Che cos’è un arcobaleno? Ne ho sentito parlare molto nella mia oscurità, ma oggi mi hanno detto che è apparso: in molti me lo hanno descritto, ma io non ho capito di cosa si tratti, perché non ho la percezione di ciò che chiamiamo ‘colore’. Posso comprenderlo come fenomeno fisico, ma sembra che sia molto di più di tutto questo!".
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"È vero!", rispose l’uomo che viveva nei colori, rendendosi conto di quanto fosse difficile descrivere qualcosa che si poteva solo immaginare. "L’arcobaleno è meraviglioso, è molto di più di un fenomeno fisico!".
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Allora cominciò a parlare all’uomo delle tenebre del "blu", descrivendogli il mare. "Il mare, oh sì, il mare io lo conosco! Ho annusato il profumo del mare in ogni stagione: l’ho annusato nei momenti di calma e durante la burrasca, e ho sentito il suo sapore salato. So cosa intendi quando parli del colore ‘blu’!".
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E poi gli parlò del "giallo" e dell’"arancione", descrivendogli il sole e, con suo stupore, l’uomo delle tenebre gli rispose che conosceva questi due colori, perché conosceva il calore del sole durante le tappe della sua vita diurna.
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Ma ancora più grande fu la sua emozione quando, descrivendogli il colore "verde", l’uomo gli descrisse la bellezza dell’erba, di un prato, delle fronde di un albero, che le sue mani attente tante volte avevano accarezzato.
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Queste mani che tante volte avevano colto il "rosso" di una rosa, o gli altri suoi sensi che avevano regalato il colore delle viole, di una strada bagnata, di un tramonto infuocato, delle nuvole trasportate dal vento.
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Ora era l’uomo nelle tenebre che, con trasporto, spiegava cosa fosse l’arcobaleno, e quanto bello e meraviglioso fosse questo fenomeno, e quanta vita fosse racchiusa nei suoi colori. Fu così che l’uomo che viveva nei colori pianse, perché per la prima volta nella sua vita si accorse di quanto fosse rimasto nel buio fino a quel momento..
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FAVOLE DAL GIAPPONE
In un villaggio viveva un giovane. In un giorno freddo di neve il giovane camminava solo sul sentiero di montagna, portando sulle spalle la legna raccolta da bruciare.(tradotte da P. Alberto Berra) D’un tratto nella neve sentì uno sbattere d’ali. Si avvicinò e vide una gru ferita. "Poverina! Certo è stata colpita dal cacciatore!". Il giovane gentilmente strappò la freccia e la gru volò via felice. Una settimana dopo, di sera, qualcuno bussò alla porta del giovane. "Toc Toc…". Era una graziosa fanciulla. "Sono in viaggio e ho perso la strada!", disse. "Poverina!". Il giovane la invitò ad entrare e l’accolse nella sua povera casa. La mattina seguente la giovane donna era già in piedi al lavoro. Giorno dopo giorno lavorava alacremente, quando finalmente disse: "Desidero essere la tua sposa!". Il giovane e la sua sposa vissero volendosi bene. Poi un giorno la giovane sposa disse: "Lascia che lavori nella stanza di là per tesserti un tessuto, e promettimi di non entrare finché non l’avrò terminato!". Il giovane considerò la richiesta strana, ma promise che non sarebbe entrato a vedere. "Tokinkarakara, Tokinkarakara". Sentendo il rumore del telaio che andava, la curiosità del giovane cresceva, ma mantenne la promessa. Finalmente, dopo tre giorni e tre notti, la giovane donna uscì dalla stanza con un tessuto meraviglioso e disse al giovane: "Portalo al mercato a vendere!". Alla vista dello splendido tessuto, la gente del paese fu tutta piena di meraviglia. Proprio in quel momento, ecco passare il principe di quella contrada. "È un capolavoro! Lo compro io. Fanne ancora e portameli al castello!". Il principe gli mise in mano una ingente somma di denaro e il giovane tornò a casa saltando di gioia. "Rallegrati, il principe ne richiede altri ancora!", disse il giovane. La giovane sposa cercò di rifiutare, ma poiché il giovane insisteva accosentì a farne ancora uno. "Ci vorrà più tempo, ma guardati dal venire a vedere!", e la giovane donna di nuovo si ritirò sola nella stanza. Passarono tre giorni, poi cinque, ma la giovane donna non usciva; ma si udiva il rumore del telaio: "Tokinkarakara, Tokinkarakara". Non potendone più, il giovane aprì la porta e… "Oh…!". Vide una gru che con il becco si strappava le penne e con quelle tesseva una stoffa. Ma la giovane donna non c’era. Il giovane rimase senza fiato e senza parole e richiuse la porta. Finalmente, stanca e magra, la giovane donna uscì dalla stanza e disse: "Io sono la gru verso la quale tu sei stato gentile in quel giorno di neve. Volli ricambiare il favore ricevuto e stare sempre con te. Ma ora che sai chi sono, non posso più restare!". Consegnato al giovane il bellissimo tessuto, la donna ridiventò una gru. La gru, suo malgrado e piangendo tristemente, si alzò in volo verso il cielo che si tingeva dei colori del tramonto e, per quanto il giovane la chiamasse indietro, non ritornò mai più. |
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