Maria “Vergine madre” da parafrasare, eretta con le terzine di Dante Alighieri; Maria immediata e trasparente, fatta di plastica stampata, sul comodino di mia nonna tornata ieri da Lourdes.
Maria ausiliatrice che mi hai sempre messo in soggezione perché indossi la corona. Però sei pure umana, col Bambino che vuole scendere per fare le capriole tra i suoi simili, nei cortili dei salesiani.
Maria di mosaico, bassorilievo o pittura, in cinquecento Madonnelle, pietre angolari dei palazzi di Roma.
Maria utile alla costruzione della mia persona: femminile positivo che mi accoglie. Maria che a causa del vetro non puoi sporgerti dalle edicole, quando passo in bicicletta mi sembri sola.
Maria che sciogli i nodi, che ritrovi il filo, che apri i sentieri; Maria sostegno dei ghiaioni; Maria delle rocce, della neve, con gli scarponi. Maria che annoti pure i rosari detti male mentre guido, Maria che ti indichi il cuore in fiamme in contrasto con la mia scarsa passione, Maria che hai scelto una nuvola come mezzo di locomozione.
Maria che quando vuoi comparire ti decori i sandali coi fiori, hai addestrato le colombine, metti vestiti che possiamo capire.
Maria che accogli i singhiozzi ma lasci cadere le provocazioni, se una cantante americana ti ruba il nome, se ti bestemmiano mentre giocano a pallone, se quando ti fai viva tutti si affannano a smentire. Maria che intrattieni i veggenti, che hai messaggi da dare, la stessa che sa ascoltare.
Maria che hai in locazione molte grotte fatto a mano nei giardini, monumenti in estinzione, minacciati dai sette nani e dalle veneri di gesso senza arti superiori.
Maria in legno di ulivo abbozzata appena, che mi ha detto alcune cose personali stando zitta in monastero; Maria barocca che sembri vera nel trionfo delle processioni meridionali. Maria che pretendi i fuochi artificiali, le strade chiuse dai vigili, le sagre, le cene. Maria che ti basta che stiamo un po’ insieme.