In cammino con Gesù
"Quando il Signore parla al cuore"
di WILMA CHASSEUR
a cura di Wilma Chasseur
FEDE VIRTU’ E FEDE CARISMA
27^ DOMENICA T.O. ( Lc 17, 5 -10)
Qual è l’argomento principale del Vangelo di oggi? La fede! Chi sono i protagonisti? Granelli e gelsi. E vediamo addirittura che un granello di senape, minuscolo come una capocchia di spillo, può spostare un gelso alto 15 metri. Grazie a che cosa? Grazie alla fede. Ecco lo straordinario potere della fede. Veramente nel Vangelo di Matteo, la fede sposta addirittura le montagne. In quello di Luca sposta i gelsi che comunque sono come delle piccole montagne con i loro 15 metri di altezza.
* Montagne che si spostano … Ma procediamo con ordine: per prima cosa gli apostoli chiedono a Gesù di aumentare la loro fede. E Gesù risponde che se avessero fede quanto un granello di senape potrebbero spostare gelsi e montagne (io ci tengo particolarmente allo spostamento delle montagne perché vivo qui in Val d’Aosta, fra i quattromila, …). Un granello di senape: figuratevi, una cosina praticamente invisibile. I poveri apostoli pensavano di averne un po’ di fede, ma Gesù toglie loro ogni illusione dicendo che non ne hanno neppure quanto un granello si senape. Aumentare la loro fede? Come si fa ad aumentare ciò che non c’è? Allora precisiamo: non c’è proporzione tra fede ordinaria e fede che sposta le montagne. La fede ordinaria gli apostoli ce l’avevano eccome: avevano lasciato tutto per seguire Gesù, ma la fede che sposta le montagne è la fede carismatica: ce la descrive San Paolo nella prima lettera ai Corinti: “Vi sono poi diversità di carismi, ma uno solo è lo Spirito. Vi sono diversità di ministeri, ma uno solo è il Signore, vi sono diversità di operazioni, ma uno solo è Dio che opera tutto in tutti. E a ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per l’utilità comune. A uno viene dato dallo Spirito il linguaggio della sapienza, a un altro invece il linguaggio di scienza; a uno il dono della fede per mezzo dello stesso Spirito, a un altro il dono di far guarigioni”… (I Corinti, 12, 6).
* Il massimo dono per l’anno della fede Questa fede, la dobbiamo chiedere, perché è un dono, cioè un carisma ed essendo nell’anno della Misericordia, è proprio il momento giusto per chiederlo. Ma forse vi chiederete “che differenza c’è tra la fede virtù e la fede carisma?” La fede virtù è necessaria per salvarci l’anima (“chi crederà sarà salvo”), mentre la fede carisma è un dono per l’utilità comune. Ma è questa che solleva i gelsi , sposta le montagne e opera miracoli. Il Signore vuole darcela questa fede, ma dipende da noi riceverla. Al padre dell’indemoniato che gli chiedeva “Se tu puoi qualcosa, abbi pietà di noi e aiutaci” Gesù rispondeva: “Se tu puoi? Tutto è possibile a chi crede!” (Marco 9,22). Spostava così il potere da Lui al richiedente e lo assicurava addirittura di avere, pure lui, ogni potere. E infatti dopo che quel padre disse: “Credo Signore, ma aiutami” avvenne la liberazione del figlio. Quindi l’impossibile diventa possibile anche a noi, a condizione che abbiamo la fede carismatica.
* Non lasciatevi rubare la fede Eppure la società in cui viviamo non crede proprio che … credere serva a qualcosa. Se chiedete all’uomo moderno “a che serve la fede?” vi dirà “a niente: né a far soldi, né a far carriera, né ad avere successo”. Predicano così i venditori di fumo. O, per dirla con Papa Francesco, quelli che ci vogliono rubare la speranza e anche la fede. Ma avere fede in Dio significa avere in mano la leva che può sollevare il mondo. Archimede cercava il fulcro grazie al quale la sua leva avrebbe sollevato il mondo. Essere credenti significa aver fatto di Dio il fulcro della propria vita. E si possono anche sollevare i gelsi e spostare le montagne.
Una fede che non trema
di Paolo Curtaz
Trema la nostra fede.
Scossa dai terremoti e dagli eventi, dalle paure e dalla sensazione di abitare un tempo che si sta spegnendo, di un cambiamento epocale, radicale, che cogliamo da mille segnali quotidiani.
Il mondo come lo abbiamo conosciuto sta rapidamente cambiando e noi italiani ci accorgiamo di non essere più al centro della scena, ma sempre più ai lati, inutili comparse rispetto al ribollire degli eventi.
E la fede, in questo, rischia di ritrovarsi inadeguata, zoppicante, di non sapere dire nulla di veramente credibile.
È come ritrovarsi in mano un telefono che ha sempre funzionato dignitosamente ma che, di colpo, scopri essere un pezzo da museo. Così, per molti, è il rapporto con la fede cristiana: qualcosa che ha sempre funzionato, che serve dignitosamente al suo scopo ma che, alla fine, non ti connette col mondo reale.
Sì, crediamo, certo. Ma non sappiamo cosa dire davanti al dolore, o alla violenza di chi si appella alla religione per uccidere, o davanti ad una logica di mercato che sembra un lupo travestito da agnello.
La Parola, oggi, ci viene in soccorso, ci aiuta a definire e a riflettere sulla fede, in questo anno giubilare dedicato alla compassione.
Fiducia
La fede è legata alla fiducia, al fidarsi, all’affidarsi.
Dio ci chiama a fare alleanza, a scoprire la nostra natura profonda, il nostro destino inserito nel suo grande progetto d’amore.
La risposta affermativa che gli diamo è la fede: noi crediamo in ciò che ci rivela, che ci dice, ci fidiamo delle sue scelte, anche se molte cose non le capiamo. Ci fidiamo perché Dio è affidabile, perché abbiamo sperimentato concretamente che egli è compassione e misericordia e ci ama teneramente.
La fede nasce quando scopriamo di essere pensati e attesi, accolti e amati, rispettati e considerati da Dio.
Crediamo. Credo. Mi fido.
Abacuc
Abacuc è sconfortato, come non capirlo? Il piccolo e ostinato popolo di Israele deve continuamente lottare per sopravvivere in mezzo ai giganti: gli egiziani e gli assiri prima, i babilonesi poi… tutta la storia è un susseguirsi di invasioni e colpi di stato, di tragedie e di ingiustizie.
Ora ai confini di Israele premono i Caldei.
Il re d’Israele, un idiota, pensa solo a farsi costruire un palazzo.
Il profeta, esasperato, rivolge la propria preghiera a Dio: ha un bel difenderlo di fronte al popolo, ma come si fa a suscitare la fede in un popolo esasperato?
Dio risponde invitando Abacuc e Israele alla fede, a conservare la fede, la fiducia.
Come Lazzaro domenica scorsa, Dio promette di stringere tra le proprie braccia con immenso affetto il giusto che vive a causa della fede.
Profeti di ieri e di oggi si scontrano continuamente con la stessa disarmante obiezione: dov’è Dio quando l’uomo scatena la propria violenza? Quando prevale la tenebra? Quando il giusto è irriso e disprezzato?
E la Parola oggi risponde: solo con la fede possiamo osare.
Fidarsi
Abacuc è invitato a fidarsi, Timoteo riceve una commovente lettera da Paolo incarcerato ed è invitato a fare memoria della propria vocazione episcopale, gli apostoli, dopo un primo galvanizzante momento di euforia per i successi conseguiti dal Nazareno, cominciano a scontrarsi con il proprio limite e con l’ostilità di alcuni farisei e sentono la fiammella (timida) del credere lentamente vacillare.
Fidatevi, dice la Parola, fidati, affidati, diffida delle tue presunte certezze.
La fede è il ragionevole abbandonarsi nelle braccia dell’amato, nel gesto incosciente e ovvio del bambino che si getta fra le braccia del padre.
Non siamo chiamati a fidarci di un mistero imperscrutabile, a seguire ciecamente gli ordini della divinità, ad abbassare la testa alla volontà ostica e incomprensibile di una moloch a cui dobbiamo credere.
Il Dio di Israele chiede fiducia, il Dio che ha camminato nel deserto e sofferto, amato e sorretto.
Il Dio che ha dimostrato milioni di volte quanto seriamente e intensamente ama.
Fiducia in Lui
Fiducia nel Nazareno rivelatore del padre, figlio del Dio benedetto che ha sconvolto la vita dei suoi discepoli svelando il volto del Padre morendo sulla croce.
Fidatevi almeno quanto un granellino di senapa, dice il Maestro.
Allora vedremo gli alberi sradicarsi, le cose inamovibili smuoversi.
Abacuc non lo sa, ma l’ennesimo scontro con una cultura straniera obbligherà Israele a riscoprire le proprie radici e diventare (tornare ad essere?) segno nel mondo.
Paolo non lo sa, ma le sue parole doloranti e aspre saranno prese dallo Spirito Santo e riempite di Dio così che noi, oggi, leggiamo la Parola di Dio sulle labbra screpolate di Paolo lo scoraggiato e irrequieto apostolo.
Pietro e Giovanni e gli altri non lo sanno, ma la loro fede, più piccola di un granellino di senapa, crescerà e diventerà un immenso albero alla cui ombra ci riposiamo noi, pavidi discepoli del terzo millennio…
anche quando i cristiani smontavano la credibilità della Chiesa pezzo per pezzo…
Leggerezza
La nostra non è la fede dei meriti, come quella dei farisei. Non possiamo porre una dogana alla porta della Chiesa facendo entrare solo coloro che se lo meritano. Siamo tutti servi che fanno il proprio dovere, non esistono, agli occhi di Dio, migliori o peggiori.
Dio dona a ciascuno secondo la propria necessità, non secondo il proprio merito.
Siamo solo dei servi della Parola. Cioè il mondo è già salvo, non dobbiamo salvarlo noi.
A noi è chiesto di vivere da salvati, a guardare oltre, al di là e al di dentro.
A noi Gesù chiede di vivere come uomini di fede, a camminare nel nostro cammino con un cuore compassionevole e gravido di pace, fecondo e accogliente. Con leggerezza.
Siamo servi inutili che Dio rende preziosi. Ed annunciare il Regno è talmente bello che ci dimentichiamo delle nostre necessità.
Per il resto lasciamo a Dio fare il suo mestiere.
Paolo Curtaz commenta il vangelo della XXVII domenica to
Dal sito www.tiraccontolaparola.it
In quel tempo, gli apostoli dissero al Signore: «Accresci in noi la fede!».
Il Signore rispose: «Se aveste fede quanto un granello di senape, potreste dire a questo gelso: “Sràdicati e vai a piantarti nel mare”, ed esso vi obbedirebbe.
Chi di voi, se ha un servo ad arare o a pascolare il gregge, gli dirà, quando rientra dal campo: “Vieni subito e mettiti a tavola”? Non gli dirà piuttosto: “Prepara da mangiare, stríngiti le vesti ai fianchi e sérvimi, finché avrò mangiato e bevuto, e dopo mangerai e berrai tu”? Avrà forse gratitudine verso quel servo, perché ha eseguito gli ordini ricevuti?Così anche voi, quando avrete fatto tutto quello che vi è stato ordinato, dite: “Siamo servi inutili. Abbiamo fatto quanto dovevamo fare”».
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