Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

lunedì 22 ottobre 2012

Dal vangelo del giorno " Non abbiate paura! “ Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita



Bellissimo messaggio con cui il caro Woytila si presentò al mondo nella sua prima liturgia domenicale da Santo Padre,
il 22 ottobre 1978



Non abbiate paura!
Cristo sa «cosa è dentro l’uomo». Solo lui lo sa! 

 Aiutate il Papa e tutti quanti vogliono servire Cristo e, con la potestà di Cristo,
servire l’uomo e l’umanità intera!
Non abbiate paura!
Aprite, anzi, spalancate le porte a Cristo!
Alla sua salvatrice potestà
aprite i confini degli Stati, i sistemi economici come quelli politici,
i vasti campi di cultura, di civiltà, di sviluppo.
Non abbiate paura!
Cristo sa «cosa è dentro l’uomo». Solo lui lo sa!
Oggi così spesso l’uomo non sa cosa si porta dentro,
nel profondo del suo animo, del suo cuore.
Così spesso è incerto del senso della sua vita su questa terra.
È invaso dal dubbio che si tramuta in disperazione.
Permettete, quindi
– vi prego, vi imploro con umiltà e con fiducia –
permettete a Cristo di parlare all’uomo.
Solo lui ha parole di vita,
sì! di vita eterna.
(Giovanni Paolo II - 22 ottobre 1978)
Lunedì della XXIX^ settimana del Tempo Ordinario


Considera, uomo, colui che ti ha colmato dei suoi doni.
Rifletti un po' su te stesso:
Chi sei? Cosa ti è stato affidato?
Da chi hai ricevuto questo incarico? Perché sei stato scelto?
Sei il servo del Dio buono;
hai la responsabilità dei tuoi compagni di servizio...
«Che farò?» La risposta è semplice:
«Sazierò gli affamati, inviterò i poveri... Voi tutti che mancate di pane, venite ad attingere i doni accordati da Dio che sgorgano come da una fontana».


San Basilio Magno



Dal Vangelo secondo Luca,12,13-21.



In quel tempo, uno della folla disse a Gesù: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità». Ma egli rispose: «O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?». E disse loro: «Fate attenzione e tenetevi lontani da ogni cupidigia perché, anche se uno è nell’abbondanza, la sua vita non dipende da ciò che egli possiede».
Poi disse loro una parabola: «La campagna di un uomo ricco aveva dato un raccolto abbondante. Egli ragionava tra sé: “Che farò, poiché non ho dove mettere i miei raccolti? Farò così – disse –: demolirò i miei magazzini e ne costruirò altri più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni. Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; ripòsati, mangia, bevi e divèrtiti!”. Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”. Così è di chi accumula tesori per sé e non si arricchisce presso Dio».



IL COMMENTO


"O uomo!" Così Gesù risponde al "tale" e a ciascuno di noi, insoddisfatti e sempre in cerca di giustizia. "O uomo!" perché in lui e in noi il Signore intercetta Adamo. Ricco "presso Dio" nel Paradiso, di fronte al "raccolto abbondante" ricevuto in "eredità", si è fermato a "dialogare con sé stesso" ed è rimasto intrappolato nella menzogna del demonio. Come accade a noi quando, di fronte alla storia, ci rintaniamo nella nostra ragione facendo spazio alle adulazioni del nemico che ci convincono d'essere dio. E allora, a testa bassa ad "accumulare tesori per noi stessi", moglie, marito, amici, denaro, tutto e tutti per saziare il vuoto di un dio senza paradiso; i giorni spesi a progettare e mettere in agenda "per molti anni" riposo e godimento, e nessun giorno riservato alla morte. Sino a quello in cui un "fratello", un altro Adamo ingannato come noi, non ci ruba "l'eredità", il nostro tempo, l'onore, la carriera, i diritti; sino a che la "notte" degli eventi oscuri e dolorosi non viene a "chiederci la vita" rivelando la nostra "stoltezza" di chi fa "dipendere la vita dai beni" che non ne hanno.

Allora ci facciamo maestri del Maestro, insegnandogli come e cosa giudicare per giustificare la nostra cupidigia. E Gesù, che è Dio, giudica anche oggi, ma con la croce. I progetti fondati sull'egoismo sono spine conficcate nella testa, preoccupazioni, angosce e notti insonni. Le ricchezze accumulate con avidità sono chiodi che ci impedisco la libertà di donarci ed essere felici. Desideriamo davvero vivere cosi? Il Signore ha preso su di sé questa nostra croce, si è lasciato uccidere dalla nostra cupidigia ed è risorto per donarci l'autentica "eredità", la "parte buona e migliore" che nessuno potrà rubarci. Come Maria rimaniamo "presso" il Signore e arricchiamoci con Lui. Nel matrimonio, aprendoci alla vita che Dio vuole donarci "tenendoci lontani" da settimane bianche e schermi ultrapiatti che le famiglie numerose non possono permettersi. Nello studio, spendendo le ore nel sacrificio che ci fa adulti e "ricchi" di maturità e responsabilità. Donare ovunque e a tutti "il raccolto abbondante" dell'amore che colma la "campagna" della nostra vita per arricchire il Cielo di "fratelli" che cercano in noi l'eredità perduta.



APPROFONDIMENTI


Sapienza e stoltezza

Il sapiente vive fissando lo sguardo sul Cielo, è figlio del Padre, conosce se stesso e conosce il dono che costituisce la sua vita: sa che può essere vissuta solamente donandola, esattamente come è stata ricevuta. Il sapiente vive abbandonato all'amore provvidente di Dio; conosce per esperienza il valore di ogni istante quale scrigno di Grazie infinite, tra le quali può celarsi quella della Pasqua eterna, l'incontro con il suo Signore. Lo stolto teme di morire, vive tutto con cupidigia perchè è ancora nudo del peccato di Adamo e tutto, persone e cose, accaparra tentando maldestramente di coprirsi e sfuggire alla corruzione. Il sapiente ha conosciuto il perdono, lo stolto vive nel rimorso. Per il sapiente la vita, con i suoi beni e i suoi affetti, è segno del perdono e così diventa dono. Lo stolto progetta e si tormenta, e non trova mai pace, difendendo senza requie quei brandelli di vita che ancora gli restano tra le mani. Accogliamo oggi la Sapienza fatta carne, Cristo Gesù vittorioso sul peccato e sulla morte. Lasciamo che ci liberi e ci perdoni, e ci faccia figli della Sapienza, quella eterna della Croce, porta del Cielo sul quale fissare il nostro sguardo e il nostro cuore.



Benedetto XVI. L'uomo stolto

Nel Vangelo dell’odierna domenica, l’insegnamento di Gesù riguarda proprio la vera saggezza ed è introdotto dalla domanda di uno della folla: «Maestro, di’ a mio fratello che divida con me l’eredità» (Lc 12,13). Gesù, rispondendo, mette in guardia gli ascoltatori dalla brama dei beni terreni con la parabola del ricco stolto, il quale, avendo accumulato per sé un abbondante raccolto, smette di lavorare, consuma i suoi beni divertendosi e s’illude persino di poter allontanare la morte. «Ma Dio gli disse: “Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato, di chi sarà?”» (Lc 13,20). L’uomo stolto nella Bibbia è colui che non vuole rendersi conto, dall’esperienza delle cose visibili, che nulla dura per sempre, ma tutto passa: la giovinezza come la forza fisica, le comodità come i ruoli di potere. Far dipendere la propria vita da realtà così passeggere è, dunque, stoltezza. L’uomo che confida nel Signore, invece, non teme le avversità della vita, neppure la realtà ineludibile della morte: è l’uomo che ha acquistato “un cuore saggio”, come i Santi. (Angelus di Domenica 1 agosto 2010)

Lunedì della XXIX settimana del Tempo Ordinario


Commento (1)
Eredità e cupidigia, ogni conflitto tra fratelli sorge dalla contraddizione di questi due termini. Dove vi è eredità non può esservi cupidigia. L'eredità è un dono che scaturisce dall'essere legati a colui che fa testamento. E' frutto della sua liberalità, del suo amore. Noi tutti siamo eredi di Dio e coeredi di Cristo. Per pura Grazia, senza aver desiderato nè sperato nulla. Di nostro abbiamo messo solo ribellioni e peccati. Come il figlio prodigo abbiamo dilapidato tutto. Eppure il Padre ci ha amati, ha inviato il suo Figlio sulle nostre tracce, quelle di un'eredità amaramente perduta. Ci siamo appropriati della primogenitura stravolgendola e pervertendola. Ci siamo fatti dio in ogni aspetto della nostra vita e ci siamo ritrovati mille volte gettati in terra, in mezzo al fango di tanti fallimenti. Abbiamo perso ogni diritto, come i carcerati. Eppure Dio ci ha amati e, nella Croce del suo Figlio, ci ha riscattati e ci ha ridonato la dignità e l'eredità perduta. Di più. ci ha ricreati quale sua eredità più bella, figli nel Figlio. Per questo Gesù è giudice in quanto mediatore. Ha giudicato il peccato e ha posto la sua vita come mediazione per il riscatto. Lui al posto nostro. Lui nella tomba, nudo, senza diritti, come l'ultimo dei peccatori perchè noi potessimo essere riaccolti quali figli degni dell'eredità paterna. 

Si comprendono allora le parole del Signore: chi mi ha costituito giudice secondo i criteri del mondo e della carne? Chi ha posto la mia vita a mediare tra una cupidigia e l'altra? Questo è l'inganno con il quale spesso ci accostiamo a Lui, cercando giustizia e mediazione, e vedere così affermate le nostre ragioni, sempre tristemente mosse dalla cupidigia, che nel greco originale significa anche arroganza e avidità. Cerchiamo Cristo perchè decreti giusti i nostri ragionamenti, i dialoghi con se stesso di cui è schiavo l'uomo ricco della parabola. Dirò a me stesso: la pazzia di chi si crede nello stesso tempo autore e fruitore della vita, dio e creatura. La stoltezza demoniaca che si fa cupidigia, desiderio rapace, perchè sempre inappagato. O si è Dio o si è creatura. La sapienza del cuore è saper contare i propri giorni, ciascuno come un dono di Dio, eredità gratuita che ci raggiunge senza alcun merito e diritto. Siamo tutti uomini ricchi la cui vita dà sempre un raccolto abbondante: Cristo Gesù vivo in noi! E con Lui ogni altro bene! Pensare che questo possa essere utile per installarsi e mangiare, bere e divertirsi, è fare della vita una folle corsa verso il nulla. Stoltezza di chi non sa che ogni giorno ci viene chiesto conto del dono ricevuto, se il frutto abbondante recato da Cristo si è compiuto in amore oppure se è stato fagocitato dalla cupidigia. La morte è sempre in agguato, e non solo quella fisica: il tradimento, una malattia, una crisi economica, e molto altro che fa verità e mostra la qualità della nostra vita: oro o paglia!

La vita non dipende dall'abbondanza, ma dall'uso che se ne fa. A chi molto è stato dato,  molto molto sarà richiesto. E vi è un solo uso della vita che la rende autentica e innestata nell'eternità: arricchire presso Dio. Già, ma come è possibile? Arricchire presso Dio significa vivere con sapienza, mentre stoltezza è accumulare per sè. Il sapiente vive fissando lo sguardo sul Cielo, è figlio del Padre, conosce se stesso e conosce il dono che costituisce la sua vita: sa che può essere vissuta solamente donandola, esattamente come è stata ricevuta. Il sapiente vive abbandonato all'amore provvidente di Dio; conosce per esperienza il valore di ogni istante quale scrigno di Grazie infinite, tra le quali può celarsi quella della Pasqua eterna, l'incontro con il suo Signore. Lo stolto teme di morire, vive tutto con cupidigia perchè è ancora nudo del peccato di Adamo e tutto, persone e cose, accaparra tentando maldestramente di coprirsi e sfuggire alla corruzione. Il sapiente ha conosciuto il perdono, lo stolto vive nel rimorso. Per il sapiente la vita, con i suoi beni e i suoi affetti, è segno del perdono e così diventa dono. Lo stolto progetta e si tormenta, e non trova mai pace, difendendo senza requie quei brandelli di vita che ancora gli restano tra le mani. Accogliamo oggi la Sapienza fatta carne, Cristo Gesù vittorioso sul peccato e sulla morte. Lasciamo che ci liberi e ci perdoni, e ci faccia figli della Sapienza, quella eterna della Croce, porta del Cielo sul quale fissare il nostro sguardo e il nostro cuore.





San Basilio (circa 330-379), monaco e vescovo di Cesarea in Cappadocia, dottore della Chiesa 
Omelia 31 ; PG 31, 261 


Ammassare tesori per sé, o arricchire davanti a Dio?

        «Che farò? Demolirò i miei magazzini». Perché mai avevano tanto fruttato, le terre di quell'uomo che avrebbe dovuto fare un uso così cattivo della sua ricchezza? Perché vedessimo manifestarsi con più splendore l'immensa bontà di un Dio che diffonde la sua grazia su tutti, perché «fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti, e sorgere il suo sole sopra i malvagi e sopra i buoni» (Mt 5,45)... Tali erano i benefici di Dio nei confronti di questo ricco: una terra feconda, un clima temperato, abbondante semina, buoi per l'aratura, e quanto assicura la prosperità. E lui, cosa rendeva in cambio? Cattivo umore, misantropia e egoismo. Così ringraziava il suo benefattore.

        Dimenticava che apparteniamo tutti alla medesima natura umana; non ha pensato che occorreva distribuire il suo superfluo ai poveri; non ha tenuto in nessun conto questi precetti divini: «Non negare un beneficio a chi ne ha bisogno, se è in tuo potere il farlo» (Pr 3,27), «Bontà e fedeltà non ti abbandonino» (3,3), «Dividi il pane con l'affamato» (Is 58,7). Tutti i profeti, tutti i sapienti gli gridavano questi precetti, ma lui faceva orecchio da mercante. I suoi magazzini cedevano, troppo stretti per il grano che vi si ammassava, ma il suo cuore non era sazio... Non voleva liberarsi da nulla, pur non riuscendo a immagazzinare tutto. Questo problema non gli dava tregua: «Cosa farò?» ripeteva. Chi non avrebbe pietà un uomo così ossessionato? L'abbondanza lo rendeva infelice...; si lamenteva come gli indigenti: «Che farò? Come nutrirmi, come vestirmi?»...

        Considera, uomo, colui che ti ha colmato dei suoi doni. Rifletti un po' su te stesso: Chi sei? Cosa ti è stato affidato? Da chi hai ricevuto questo incarico? Perché sei stato scelto? Sei il servo del Dio buono; hai la responsabilità dei tuoi compagni di servizio... «Che farò?» La risposta è semplice: «Sazierò gli affamati, inviterò i poveri... Voi tutti che mancate di pane, venite ad attingere i doni accordati da Dio che sgorgano come da una fontana».

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