24 agosto. San Bartolomeo Apostolo
αποφθεγμα Apoftegma
Nel nostro rapporto con Gesù non dobbiamo accontentarci delle sole parole.
Filippo fa a Natanaele un invito significativo: "Vieni e vedi!".
La nostra conoscenza di Gesù ha bisogno soprattutto di un’esperienza viva:
la testimonianza altrui è certamente importante,
poiché di norma tutta la nostra vita cristiana comincia
con l’annuncio che giunge fino a noi ad opera di uno o più testimoni.
Ma poi dobbiamo essere noi stessi
a venir coinvolti personalmente in una relazione
intima e profonda con Gesù.
Benedetto XVI
"Come mi conosci?". Che non è solo chiedere a Gesù come faccia a conoscerci, ma è molto di più: in che modo mi conosci? "Come il Padre ha amato me anche io ho amato voi". C'è un "come" unico e irripetibile, la forma concreta con la quale il Signore ci ama. Ciascuno di noi è diverso, non vi è una persona identica all'altra; così, come seguendo il sentiero intricato delle nostre impronte digitali, Gesù ci ama. Si inerpica nelle asperità del carattere, scende nei precipizi dei cambi di umore, si ferma laddove cadiamo. Gesù ha amato Natanaele "vedendolo prima" di ogni altro. Così anche ciascuno di noi è amato da Lui in una forma originale, perché ci ha visto quando e dove nessuno poteva vederci. Ci ha visto ancor "prima di essere chiamati". Come accadde per Isaia, per Geremia e per San Paolo, Dio ci ha "conosciuti" perché i suoi occhi ci hanno "visto ancor prima" di essere formati nel grembo materno, quando eravamo ancora informi. Il suo amore precede ogni nostra scelta, ogni pensiero e ogni attitudine, ogni gesto buono o malvagio. Il suo amore non dipende da noi! Lui ci ha amati da sempre perché, come Natanaele, ci ha "visti senza falsità". Ma come, siamo falsi e ipocriti, sempre dissimulando la parte meno nobile di noi stessi... Siamo peccatori, e ogni peccato sorge dal demonio, il padre della menzogna, e il Signore ci "vede senza malizia"? Si, perché ci ha "visto prima", laddove siamo stati pensati e creati dal Padre. Ci ha "visti sotto il fico": è il luogo dove i rabbini studiavano la Torah; ma il fico, in Osea 9,10, era anche il simbolo di Israele. Israele, che significa forte con Dio, nasce sotto il fico, nell'ascolto e nell'accoglienza docile della Parola di Dio. Israele diviene esso stesso Parola, il segno della presenza di Dio nella storia. Tutti noi, dice San Giovanni, siamo stati creati per mezzo del Verbo - della Parola - e in Lui sussistiamo e ci muoviamo. Ecco, Gesù ha visto Natanaele mentre veniva creato, pensato e intessuto nel seno di sua madre, attraverso la forza della Parola. Natanaele è apparso ed è venuto al mondo ascoltando la Parola. Non può esserci malizia e falsità in chi è stato creato nella Parola della Verità. Poi è venuta la menzogna, certo, e il peccato originale. Ma ancor più in origine, per così dire, vi è la Torah che ha tratto Natanaele e ciascuno di noi alla vita. In questo istante Gesù lo ha visto e ci ha visto, "prima" di peccare, e "prima" anche di essere chiamato nella Chiesa, ad essere padre, madre, prete o suora; "prima" di qualsiasi chiamata vi è la Parola che ci ha creato: in quell'istante Gesù ha posato il suo sguardo su di noi e ci ha "giudicato" puri, senza il veleno della menzogna. E quello sguardo Gesù ha conservato sino ad oggi, nonostante i nostri peccati. Lui ci vede come nessuno può vederci, neanche nostra madre, nostro marito, nessuno. Per questo va alla ricerca della pecora perduta: perché per Gesù non esistono persone malvagie, da scartare, senza speranza. Ai suoi occhi e vi sono solo persone che hanno perduto la memoria della loro identità, della casa paterna, della Parola d'amore che le ha create. Esistono solo persone che" erano sotto il fico".
E' questa l'origine di ciascuno di noi, dove siamo stati guardati con amore da Dio. Ogni esperienza successiva ha graffiato questa primitiva, e il dolore forse ha contribuito all'oblio. Ma l'esperienza di come e da chi siamo stati amati e generati esiste, non è stata cancellata. Dentro di noi vi è come un'eco che risuona senza interruzione, ora più flebile, ora più veemente. Ma è proprio questa memoria che innerva le nostre giornate, e ci getta alla ricerca della nostra origine, in tutto quello che facciamo. Cerchiamo ovunque e in tutti l'amore che ci ha generato... Per questo Natanaele, anche se in un primo momento, all'udire di Gesù, oppone i criteri della carne, il frutto della propria esperienza, non rimane in essi. Si muove invece, accogliendo l'invito di Filippo. Qualcosa l'ha fatto oltrepassare la barriera della natura e lo ha sospinto ad "andare e vedere". Lo stesso può accadere per noi. Il desiderio di essere amati per quello che siamo ci sospinge sempre, ad "andare e vedere". Siamo un po' come giocatori di poker, e, per questo, molte volte siamo caduti nel bluff de demonio. Ma ancora una volta, oggi, il Signore viene alla nostra vita, attraverso un fratello, un catechista, un sacerdote, e ci annuncia il suo amore. Non dobbiamo far altro che obbedire e "andare e vedere". E' fondamentale l'andare: senza il movimento che ci fa uscire da noi stessi è impossibile poi vedere. E' necessario aprire il cuore, fosse anche di un millimetro, e muoversi per uscire dalle certezze, dal pensiero che "da Nazaret non può venire nulla di buono". Forse sino ad oggi non abbiamo ottenuto quello che abbiamo chiesto; forse il matrimonio continua a far acqua; forse il figlio è andato solo peggiorando seguendo amicizie cattive; forse davvero oggi tutto ci dice che "da Nazaret non è mai venuto nulla di buono", perché Gesù o è sordo o è impotente dinanzi alle nostre sofferenze. Ma oggi il Signore viene di nuovo a sfiorare il profondo del nostro cuore, e il suo sguardo torna nella parte limpida e incontaminata della nostra anima. E ci attira a Lui, a consegnare noi stessi al suo amore. Scopriremo che nessuno ci ha mai amato come Lui; "andando" verso di Lui, "vedremo" noi stessi come da Lui siamo guardati, e nulla potrà mai più essere come prima. Come è accaduto per Natanaele, sperimenteremo che, amati da sempre, è del tutto irrilevante stare a guardarci dentro cercando perché abbiamo peccato, da dove viene la nostra sofferenze o qual'è l'origine del nostro fallimento. Prima di tutto c'era il suo amore. Tornando ad esso, anche i peccati, i macelli, i fallimenti che gli sono successivi, acquistano una fisionomia diversa. Non sono altro che l'esperienza della vanità di tutto quello che non è figlio del suo amore. Vedremo, come Natanaele, "i cieli aperti" e "li angeli scendere e salire su Gesù". Ciò significa che i "cieli si aprono" per noi laddove incontriamo il Signore e sperimentiamo il suo amore infinito e "prima" di tutto; la terra dove abitiamo diviene allora, come fu per Giacobbe, un luogo santo e tutto - matrimonio, lavoro, malattie - acquista una luce nuova. In tutto possiamo vedere scendere il Cielo e tutto salire nel Regno eterno. Tutta la nostra vita è una chiamata ad andare a vedere. Ci chiama la moglie quando è stanca e nervosa; ci chiama il marito depresso; ci chiama il figlio che va male a scuola; tutto ci chiama per farci uscire da noi stessi e andare per vedere l'amore di Dio che ci ha dato la vita. Questa è l'unica forma di vita senza malizia e falsità: rischiare ogni giorno il proprio "io" per vedere un Tu capace di colmare la propria vita.
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