LA LITURGIA DELLA DOMENICA:
QUI IL COMMENTO ALLA PAROLA DELLA XIX SETTIMANA DEL TEMPO ORDINARIO. ANNO B (9 AGOSTO 2015)
Sabato della XVIII settimana del Tempo Ordinario
La nuova "generazione" di Cristo
αποφθεγμα Apoftegma
Quando è illuminata dalla fede,
l'anima immagina Dio e lo contempla per quanto le è possibile.
Abbraccia i limiti dell'universo e, prima della fine del tempo,
vede già il giudizio ed il compimento delle promesse.
Tu dunque, fa' in modo di possedere questa fede
che dipende da Dio e ti porta verso di lui;
allora riceverai da lui la fede che agisce al di là delle forze umane.
San Cirillo di Gerusalemme
Per comprendere e accogliere il brano evangelico di oggi occorre soffermarci sulla risposta di Gesù al padre del ragazzo "epilettico che soffre molto": "O generazione incredula e perversa!". Si tratta di un'espressione che troviamo nel cosiddetto Cantico di Mosè posto al termine del Deuteronomio (Dt 32). Vi invito a leggerlo tutto con calma (per esempio qui) perché vi aiuterà ad entrare nella profondità dell'episodio del Vangelo odierno; in sintesi vi leggiamo: "Egli è la Roccia: perfette le sue opere, giustizia tutte le sue vie; è un Dio fedele e senza malizia, egli è giusto e retto. Prevaricano contro di lui: figli degeneri, per Lui sono solo corruzione, per la loro tara non sono più suoi figli, generazione tortuosa e perversa. Così tu ripaghi il Signore, popolo stolto e privo di saggezza? Non è lui il padre che ti ha creato, che ti ha fatto e ti ha costituito? Il Signore, lui solo lo ha guidato, non c'era con lui alcun dio straniero. Lo hanno fatto ingelosire con dèi stranieri e provocato all'ira con abomini. Hanno sacrificato a dèmoni che non sono Dio, a dèi che non conoscevano, nuovi, venuti da poco, che i vostri padri non avevano temuto. La Roccia, che ti ha generato, tu hai trascurato; hai dimenticato il Dio che ti ha procreato! Ma il Signore ha visto e ha disdegnato con ira i suoi figli e le sue figlie. Ha detto: «Io nasconderò loro il mio volto; vedrò quale sarà la loro fine. Sono una generazione perfida, sono figli infedeli. Un fuoco si è acceso nella mia collera e brucerà fino alla profondità degl'inferi. Sono un popolo insensato e in essi non c'è intelligenza: se fossero saggi, capirebbero, rifletterebbero sulla loro fine. Mia sarà la vendetta e il castigo, quando vacillerà il loro piede! Perché il Signore farà giustizia al suo popolo e dei suoi servi avrà compassione; quando vedrà che ogni forza è svanita e non è rimasto né schiavo né libero. Ora vedete che io, io lo sono e nessun altro è dio accanto a me. Sono io che do la morte e faccio vivere; io percuoto e io guarisco, e nessuno può liberare dalla mia mano". Alla luce di queste parole si comprende l'indignazione di Gesù: "O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi". Quale "generazione"? Quella che sorge dai "geni" dell'incredulità, i figli de-generi, che hanno cioè perduto la primo-genitura, l'elezione e la salvezza di Dio, e per questo non sono più suoi figli. La generazione insensata e senza intelligenza che ha creduto all'inganno del demonio e per questo è colpita "dal fuoco" della gelosia di Dio. L'uomo che si prostra dinanzi a Gesù è dunque il portavoce di questa generazione infedele, senza fede, che ha generato un "figlio" unendosi in adulterio con il demonio. Il "figlio" di quell'uomo è proprio il figlio dell'incredulità che appartiene al demonio; è "lunatico", secondo l'originale greco, e non "epilettico" come vorrebbe una traduzione che è già un'interpretazione moderna e positivistica del Vangelo. Segue cioè le fasi lunari, come dire che è in balia degli eventi, sballottato qua e là da qualsiasi vento di dottrina, seguendo i desideri e i criteri della carne. Quel "figlio" è per questo immagine di tutti coloro che incontrano Gesù appena disceso dal monte Tabor: di quel padre, della folla e dei discepoli incapaci di curarlo. E' dunque figlio tuo e mio, oggi. E' il figlio dell'idolatria che segue sempre l'incredulità: "chi non crede in Dio non è vero che non crede in niente, perché comincia a credere a tutto" (Chesterton). Proprio come il Popolo di Israele che era rimasto alla pendici del Sinai mentre Mosè vi era salito per ricevere da Dio le Dieci Parole dell'Alleanza, la "Ketubà", ovvero il contratto matrimoniale con il quale avrebbe accolto Israele come sua sposa. Essendo passati molti giorni, il Popolo ha cominciato a dubitare in Mosè e nel Dio a cui diceva di obbedire. Il Popolo era stanco di seguire Mosè nel deserto, voleva un dio fatto dalle sue mani, il compimento dei propri ideali, dei propri desideri e dei propri criteri. E così si fabbrica un vitello d'oro, simbolo di forza e divinità dei popoli pagani a lui vicini. Prima ancora di ricevere da Mosè il contratto matrimoniale, il Popolo promessa sposa aveva già adulterato! Per questo Dio e il suo servo Mosè si indignano, e quasi rinnegano quella fidanzata infedele. Sappiamo che il Monte Tabor e la Trasfigurazione sono anche il compimento del Sinai e dell'Alleanza. E' Cristo la Torah fatta carne; nel suo cuore il Padre ha scritto le Dieci Parole nella certezza che le avrebbe compiute. In Cristo, infatti, la carne incapace di ascoltare e obbedire, è stata "trasfigurata", ha "cambiato forma" sino a diventare il tabernacolo della vita divina, dell'obbedienza perfetta, dell'amore e della fedeltà. Ma, proprio come avvenne alle pendici del Sinai, i discepoli non hanno confidato nel loro Maestro; la loro incredulità li ha resi impotenti di fronte al potere del demonio. Loro, che erano la primizia del Nuovo Israele, l'immagine della Chiesa che si stava gestando per divenire la Sposa dell'Agnello, avevano perduto la primo-genitura. Lo dice chiaramente Gesù: "per la vostra mancanza di fede..." e non come recita la traduzione che tradisce il testo: "per la vostra poca fede". Ma come, se avessero avuto "poca fede", simile al "granello di senapa" nulla gli sarebbe stato impossibile"... No, i discepoli non avevano fede! Nell'attesa di Gesù si erano industriati con le loro forze, con i loro criteri, con la loro religiosità. E non avevano potuto nulla contro il demonio... Per questo Gesù si adira con loro e con il padre di quel ragazzo, come oggi si adira seriamente con ciascuno di noi. C'è nella tua vita un figlio indemoniato? Ci sono, cioè, nella tua vita opere figlie dell'incredulità? Senza dubbio... In famiglia, al lavoro, nella comunità cristiana, ovunque... Guarda bene se non hai dei rancori, se sei impotente di fronte a quell'offesa e a quell'ingiustizia... Guarda se per caso non riesci ad accettare quella malattia... Ebbene, se è così, è perché ti sei costruito un vitello d'oro, nell'incapacità di seguire il Signore nel compimento del volontà del Padre. Sei un per-verso, hai cioè cambiato strada, e stai camminando quella che segue la tua "luna", i tuoi sentimenti, gli ormoni, le concupiscenze o le illusioni pseudoreligiose. Hai generato figli con il demonio, accettalo! Accetta allora il "fuoco" con cui Mosè ha bruciato il vitello, e l' "acqua" nella quale ne ha disperso la polvere, gli stessi elementi nei quali si gettava il fanciullo indemoniato. Accetta che quello che ti accade è a causa della tua incredulità, figlia della menzogna del demonio a cui hai dato ascolto. Accetta che Cristo si sia stancato di te. Sì, accetta che ti mostri la tua realtà, e accetta le conseguenze dei tuoi peccati. Allora potrai ascoltare la Buona Notizia celata nel Vangelo di oggi: "portatelo qui da me". Al colmo dell'indignazione esplode in Cristo la sua misericordia! Allora fatti "portare" dalla Chiesa ai piedi di Gesù, ascolta la sua Parola che scaccia dal tuo cuore il demonio dell'incredulità, e accostati ai sacramenti che depongono in te il piccolissimo "granello di senapa" della fede. Convertiti, e potrai dire a "questo" monte di "spostarsi da qui a là"; dirai cioè non a un monte qualsiasi, ma proprio al Tabor alle cui pendici si trovava in quel momento Gesù, di spostarsi e venire da te, perché anche tu possa essere avvolto dalla stessa luce pasquale che ri-genera in te la natura divina, la primo-genitura. La luce di misericordia che ricrea in te il figlio di Dio. Il brano odierno, infatti si conclude con un versetto inspiegabilmente tagliato nella versione liturgica: "Questa generazione di demoni" (Gesù usa lo stesso termine con cui ha indicato gli increduli) si scaccia solo con il digiuno e la preghiera", esattamente come fece Mosè sul Sinai durante i quaranta giorni che precedettero la teofania. Quaranta come il cammino nel deserto, come la quaresima, vestigia del catecumenato primitivo. Ecco, il Signore ci chiama oggi a camminare nella Chiesa dove, accogliendo la fede, essa diventi adulta e ci prepari alle nozze con il Signore, quando Egli ci donerà, compiuta, la Parola perché si faccia carne in noi.
L'ANNUNCIO |
In quel tempo, si avvicinò a Gesù un uomo che gli si gettò in ginocchio e disse: «Signore, abbi pietà di mio figlio! È epilettico e soffre molto; cade spesso nel fuoco e sovente nell’acqua. L’ho portato dai tuoi discepoli, ma non sono riusciti a guarirlo».
E Gesù rispose: «O generazione incredula e perversa! Fino a quando sarò con voi? Fino a quando dovrò sopportarvi? Portatelo qui da me». Gesù lo minacciò e il demonio uscì da lui, e da quel momento il ragazzo fu guarito.
Allora i discepoli si avvicinarono a Gesù, in disparte, e gli chiesero: «Perché noi non siamo riusciti a scacciarlo?». Ed egli rispose loro: «Per la vostra poca fede. In verità io vi dico: se avrete fede pari a un granello di senape, direte a questo monte: “Spòstati da qui a là”, ed esso si sposterà, e nulla vi sarà impossibile».
Il Vangelo del giorno.
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