Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

venerdì 4 settembre 2015

...Il digiuno degli innamorati.

Il Vangelo del giorno.


Venerdì della XXII settimana del Tempo Ordinario





αποφθεγμα Apoftegma

Voglio che il mio Volto, 
il quale riflette le pene intime del mio animo, 
il dolore e l'amore del mio Cuore, 
sia più onorato. 
Chi mi contempla mi consola.

Il Signore alla Beata Pierina De Micheli
    


L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Luca 5,33-39


In quel tempo, i farisei e i loro scribi dissero a Gesù: «I discepoli di Giovanni digiunano spesso e fanno preghiere, così pure i discepoli dei farisei; i tuoi invece mangiano e bevono!». Gesù rispose loro: «Potete forse far digiunare gli invitati a nozze quando lo sposo è con loro? Ma verranno giorni quando lo sposo sarà loro tolto: allora in quei giorni digiuneranno». Diceva loro anche una parabola: «Nessuno strappa un pezzo da un vestito nuovo per metterlo su un vestito vecchio; altrimenti il nuovo lo strappa e al vecchio non si adatta il pezzo preso dal nuovo. E nessuno versa vino nuovo in otri vecchi; altrimenti il vino nuovo spaccherà gli otri, si spanderà e gli otri andranno perduti. Il vino nuovo bisogna versarlo in otri nuovi. Nessuno poi che beve il vino vecchio desidera il nuovo, perché dice: “Il vecchio è gradevole!”».

Il digiuno degli innamorati


Amore e libertà: i discepoli di Gesù digiunano per amore, in libertà. Il digiuno cristiano è memoria, non è solo una pratica religiosa per purificarsi. E' inginocchiarsi dinanzi al Crocifisso e implorare il suo ritorno. E' una condizione essenziale dell'esistenza, vivendo autenticamente la vita terrena, che è già e non ancora. Lo Sposo è con noi, ma, contemporaneamente, non lo è in pienezza, perché questa è riservata al Cielo. Le nostre nozze con il Signore sono certo indissolubili, eppure “vi sono giorni nei quali lo sposo ci è tolto”. E' il mistero della Chiesa, sposa e vedova allo stesso tempo, che esplode di gioia intorno alla mensa eucaristica, ma che digiuna nell'attesa della parusia. Essa vive del Memoriale del suo Signore, l'eucarestia, presenza viva del suo Sposo amatissimo. Per Lui getta ogni avere, gli spiccioli che ha per vivere, per Lui digiuna, perché Lui è la sua vita. Nel mezzo del banchetto pasquale rinnovato ogni settimana erompe in un grido di nostalgia e speranza: Maràn athà, che afferma la certezza che il Signore nostro viene, ma che si può leggere anche marana tha, Signore nostro, vieni! E' la parola che chiude la Scrittura: "Colui che attesta queste cose dice: «Sì, verrò presto!». Amen. Vieni, Signore Gesù" (Ap. 22,20). Il digiuno è il nostro Maràn athà, le lacrime appassionate della Maddalena presso la tomba del suo Signore; il digiuno è l'attesa fatta preghiera, perché lo Sposo torni presto per portarci con Lui. Il nostro digiuno partecipa così a quello di Gesù deposto nel sepolcro. Un digiuno che custodisce la promessa di bere con Lui il vino nuovo del Regno di Dio. Digiunare è spogliarci in attesa d'essere una sola carne redenta con il nostro Sposo. Il digiuno esprime la novità di un rapporto autentico con Dio, non più basato sul timore ma sull'amore, come un’abitudine nuova, l’abito nuovo con il quale entrare nella storia quotidiana; come alle nozze di Cana, il digiuno prepara e spera, l’avvento del “vino nuovo”, il segno di una festa e un'allegria sconosciute che scaturiscono dall'amore più forte della morte. La Chiesa, come Maria, sa che Gesù è con Lei, nella vita dei suoi figli, anche se non è giunta ancora l’ora della sua definitiva manifestazione riservata alla parusia. Prega e digiuna perché il demonio non abbia potere sulla Sposa che attende lo Sposo. I cristiani, paradossalmente, digiunano pregustando già il “vino nuovo” che non spacca gli otri della propria vita; proprio nella precarietà e nella debolezza di una vedova, la memoria dello Sposo che è il digiuno, costituisce la loro forza, con la quale entrano nei giorni senza dissipare e strappare nulla, donandosi con amore a tutti. 





Per questo Santa Teresa d'Avila diceva "Muoio perché non muoio", e San Paolo affermava che “il morire è meglio del vivere”. Non era disprezzo della vita, anzi: più si vive intensamente la vita terrena più si desidera di addormentarsi per risvegliarsi in Cielo. Più la vita è perduta per amore, più forte è l'ansia d'un amore perfetto e definitivo. Quando sperimentiamo la lontananza da una persona cara che vorremmo vicino; quando dobbiamo vedere le persone amate dileguarsi e scomparire dall'orizzonte della nostra vita; quando forte è l'esperienza della frustrazione, e sforzi, progetti, speranze sembrano andare in fumo; quando le sofferenze, la precarietà, le malattie, la solitudine, i fallimenti, ghermiscono l'esistenza e non le lasciano proprio nulla cui appoggiarsi, nulla a dare consistenza alle giornate, al lavoro, agli affetti; quando le debolezze ci rivelano incapaci di donare la vita e amore; quando la storia ci accoglie, spogli di ogni certezza, nell'esperienza dura di trovarci lontani dal paradiso, nudi e indifesi come Adamo ed Eva prostrati dalla fatica e dal dolore; quando, come a Cana, “non abbiamo più vino”, e questo definisce senza sconti la nostra vita; quando la guerra e la violenza incombono, e i demoni affilano le armi per ucciderci, il digiuno emerge quale condizione esistenziale autentica e ineludibile. Quando siamo inchiodati sulla Croce è "naturale" avere sete come Gesù: è il digiuno autentico e necessario, il segno con il quale affermare di voler accogliere la storia così come Dio ce la dona, perché proprio in essa si avvicina il nostro Sposo. Cristo crocifisso, infatti, appare come uno davanti al quale coprirsi il volto per non guardare, non di certo come lo Sposo più bello; eppure, celato in quel "digiuno d'uomo" c'è DioNon mangiare, non fumare, non parlare, digiunare da qualcosa, non è allora solo una pratica ascetica, ma un'esigenza, un grido dalla Croce, l'eco stesso delle parole del Signore Crocifisso: "Dio mio, Dio mio, Sposo mio perché mi hai abbandonato?". Il digiuno sono le lacrime che sperano il suo amore. E' questa l'ascesi, l'ascesa orante al trono della misericordia dove sperimentare le primizie delle nozze eterne. La fame che il digiuno suscita rivela la nostra realtà, quella dei nostri figli, dei giovani ai quali, troppo spesso, indichiamo percorsi diametralmente opposti e che non potranno mai realizzare le loro vite, consegnandoli così alla menzogna della vanità. E' dovere ineludibile di ogni educatore e apostolo illuminare profeticamente la vita e indicare nel digiuno, nel sacrificio, nel combattimento quotidiano, l'unico cammino che svela la verità celata nelle apparenze, la sola via autentica per vivere e non sopravvivere. Digiunare è come dipingere un'icona che dipinge in noi il volto dello Sposo crocifisso dal quale filtra, misteriosamente, la luce serena della sua vittoria. Digiunare entrando nella volontà di Dio, giorno dopo giorno, sino a quello della nostra nascita al Cielo, quando la bellezza di Cristo risorto brillerà in noi in tutto il suo splendore. Un digiuno missionario dunque, per annunciare al mondo che questi luoghi e quest'ora non sono il destino definitivo, ma solo il passaggio che introduce al Paradiso per il quale è nato ogni uomo. Il nostro digiuno ne è un segno, per tutti. 



QUI IL COMMENTO COMPLETO E MOLTI APPROFONDIMENTI

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