Domenica, 20 settembre 2015
9.00 Santa Messa nella Plaza de la Revolución a La Habana
Alle ore 8 della mattina, il Santo Padre Francesco ha lasciato la Nunziatura Apostolica e ha raggiunto in auto Plaza de la Revolución a La Habana per la Celebrazione Eucaristica.Dopo un lungo giro con la papamobile attraverso i vari settori della piazza per salutare i fedeli, giunto davanti alla Sagrestia il Papa ha incontrato alcuni rappresentanti di altre confessioni cristiane presenti a Cuba.Quindi, alle ore 9, ha presieduto la Santa Messa nel corso della quale, dopo la proclamazione del Vangelo, ha pronunciato l’omelia che riportiamo di seguito:OMELIAGesù rivolge ai suoi discepoli una domanda apparentemente indiscreta:
Sala stampa della Santa Sede
Terminata la celebrazione dei Vespri, il Santo Padre è uscito dalla Cattedrale di La Habana e ha raggiunto l’antico edificio ad essa collegato che ospita il Centro Culturale Padre Félix Varela. Accolto dal Rettore - che gli ha presentato il Centro Culturale- e dal saluto di uno studente, il Papa ha rivolto alle migliaia di giovani riuniti nella piazza antistante il Centro un discorso a braccio, dando per letto quello preparato. Di seguito riportiamo la trascrizione del discorso pronunciato dal Papa e il testo di quello da lui scritto in precedenza:(...)
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Parole pronunciate a braccio
Il Cardinale Jaime [Ortega y Alamino] ci ha parlato di povertà, e la sorella Yaileny [Suor Yaileny Ponce Torres, Figlia della Carità] ci ha parlato dei più piccoli: “Sono tutti bambini”. Io avevo pronta un’omelia da dire ora, in base ai testi biblici, ma quando parlano i profeti – e ogni sacerdote è profeta, ogni battezzato è profeta, ogni consacrato è profeta – è bene ascoltare loro. E dunque consegno l’omelia al Cardinale Jaime perché la faccia arrivare a voi e sia pubblicata. Poi la mediterete. E adesso parliamo un po’ su quello che hanno detto questi due profeti.
Il Cardinale Jaime [Ortega y Alamino] ci ha parlato di povertà, e la sorella Yaileny [Suor Yaileny Ponce Torres, Figlia della Carità] ci ha parlato dei più piccoli: “Sono tutti bambini”. Io avevo pronta un’omelia da dire ora, in base ai testi biblici, ma quando parlano i profeti – e ogni sacerdote è profeta, ogni battezzato è profeta, ogni consacrato è profeta – è bene ascoltare loro. E dunque consegno l’omelia al Cardinale Jaime perché la faccia arrivare a voi e sia pubblicata. Poi la mediterete. E adesso parliamo un po’ su quello che hanno detto questi due profeti.
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Vespri con sacerdoti, consacrati e seminaristi. Cattedrale de La Habana. Omelia di Papa Francesco. (Testo consegnato ma non letto)
"E’ frequente confondere unità con uniformità, con un fare, sentire e dire tutti le stesse cose. Questo non è unità, ma omogeneità. Questo significa uccidere la vita dello Spirito, uccidere i carismi che Egli ha distribuito per il bene del suo Popolo"
Alle ore 17.15 di oggi, il Santo Padre Francesco è giunto alla Cattedrale dell’Immacolata Concezione e San Cristóbal a La Habana. Dopo aver salutato e benedetto dal sagrato i fedeli radunati sulla piazza, il Papa è stato accolto dal Rettore che lo accompagna alla Cappella del Santissimo. Quindi, dopo le parole di saluto dell’Arcivescovo Card. Jaime Lucas Ortega y Alamino e la testimonianza di una religiosa, il Papa ha guidato la recita dei Vespri con i sacerdoti, i religiosi e le religiose, e i seminaristi. Nel corso della celebrazione, Papa Francesco preferendo improvisare un'allocuzione ha consegnato il testo dell’omelia preparata ma non letta che riportiamo di seguito:
Omelia del Santo Padre
Omelia del Santo Padre
Ci siamo riuniti in questa storica Cattedrale di La Habana per cantare con i salmi la fedeltà di Dio verso il suo Popolo, e ringraziarlo per la sua presenza e la sua infinita misericordia. Fedeltà e misericordia fatte memoria non solo nelle mura di questa casa, ma anche in alcuni che hanno i “capelli bianchi”, un ricordo vivente, attualizzato, del fatto che “infinita è la sua misericordia e la sua fedeltà dura in eterno”. Fratelli, ringraziamo insieme il Signore!
Ringraziamo per la presenza dello Spirito con la ricchezza dei diversi carismi nei volti di tanti missionari che sono venuti in queste terre, diventando cubani tra i cubani, segno dell’eterna misericordia del Signore.
Il Vangelo ci presenta Gesù in dialogo con il Padre, ci pone nel centro dell’intimità tra il Padre e il Figlio divenuta preghiera. Quando si avvicinava la sua ora, Gesù pregò il Padre per i suoi discepoli, per quelli che stavano con Lui e per quelli che sarebbero venuti (cfr Gv 17,20). Ci fa pensare il fatto che, nella sua ora cruciale, Gesù ponga nella sua preghiera la vita dei suoi, la nostra vita. E chiede al Padre che li mantenga nell’unità e nella gioia. Gesù conosceva bene il cuore dei suoi, conosce bene il nostro cuore. Perciò prega, chiede al Padre che non li prenda una coscienza che tende ad isolarsi, a rifugiarsi nelle proprie certezze, sicurezze, nei propri spazi, a disinteressarsi della vita degli altri, chiudendosi in piccole “aziende domestiche”, che rompono il volto multiforme della Chiesa. Situazioni che sfociano nella tristezza individualista, in una tristezza che a poco a poco lascia spazio al risentimento, alla continua lamentela, alla monotonia; «questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 2) alla quale Lui vi ha chiamato, alla quale ci ha chiamato. Per questo Gesù prega, chiede che la tristezza e l’isolamento non prevalgano nel nostro cuore. E noi vogliamo fare lo stesso, vogliamo unirci alla preghiera di Gesù, alle sue parole per dire insieme: «Padre, custodiscili nel tuo nome … perché siano una sola cosa, come noi» (Gv 17,11) «e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).
Gesù prega e ci invita a pregare perché sa che ci sono cose che possiamo ricevere solamente come dono, cose che possiamo vivere solo come un regalo. L’unità è una grazia che può darci solo lo Spirito Santo, a noi spetta chiederla e mettere a disposizione il meglio di noi stessi per essere trasformati da questo dono.
E’ frequente confondere unità con uniformità, con un fare, sentire e dire tutti le stesse cose. Questo non è unità, ma omogeneità. Questo significa uccidere la vita dello Spirito, uccidere i carismi che Egli ha distribuito per il bene del suo Popolo. L’unità si vede minacciata ogni volta che vogliamo rendere gli altri a nostra immagine e somiglianza. Per questo l’unità è un dono, non è qualcosa che si possa imporre a forza o per decreto. Sono lieto di vedervi qui, uomini e donne di diverse generazioni, contesti, esperienze di vita differenti, uniti per la preghiera in comune. Chiediamo a Dio che faccia crescere in noi il desiderio di prossimità. Che possiamo essere prossimi, stare vicini, con le nostre differenze, propensioni, stili, però vicini. Con le nostre discussioni, le nostre “litigate”, parlando di fronte e non alle spalle. Che siamo pastori vicini al nostro popolo, che ci lasciamo mettere in discussione, interrogare dalla nostra gente. I conflitti, le discussioni nella Chiesa sono auspicabili e, oserei dire, addirittura necessarie. Segno che la Chiesa è viva e lo Spirito continua ad agire e continua a renderla dinamica. Guai a quelle comunità dove non c’è un sì o un no! Sono come quegli sposi che non discutono più perché hanno perso l’interesse, hanno perso l’amore.
In secondo luogo, il Signore prega perché noi siamo riempiti della stessa “gioia perfetta” che Egli possiede (cfr Gv 17,13). La gioia dei cristiani, e specialmente dei consacrati è un segno molto chiaro della presenza di Cristo nella loro vita. Quando ci sono volti tristi è un segnale di allarme, di qualcosa che non va bene. E Gesù fa questa richiesta al Padre nientemeno che prima di recarsi all’orto degli ulivi, quando deve rinnovare il suo “fiat”. Non dubito che tutti voi dobbiate portare il peso di non pochi sacrifici e che per alcuni, da decenni, i sacrifici siano stati duri. Gesù prega, anch’Egli a partire dal suo sacrificio, perché noi non perdiamo la gioia di sapere che Egli vince il mondo. Questa è la certezza che ci spinge giorno dopo giorno a riaffermare la nostra fede. «Egli - con la sua preghiera, sul volto del nostro Popolo - ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 3).
Quanto è importante, che preziosa testimonianza per la vita del popolo cubano è quella di irradiare sempre e dappertutto questa gioia, nonostante le stanchezze, gli scetticismi, a volte anche la disperazione, che è una tentazione molto pericolosa che atrofizza l’anima!
Fratelli, Gesù prega perché siamo una cosa sola e la sua gioia rimanga in noi. Facciamo la stessa cosa: uniamoci gli uni agli alti in preghiera.
Ringraziamo per la presenza dello Spirito con la ricchezza dei diversi carismi nei volti di tanti missionari che sono venuti in queste terre, diventando cubani tra i cubani, segno dell’eterna misericordia del Signore.
Il Vangelo ci presenta Gesù in dialogo con il Padre, ci pone nel centro dell’intimità tra il Padre e il Figlio divenuta preghiera. Quando si avvicinava la sua ora, Gesù pregò il Padre per i suoi discepoli, per quelli che stavano con Lui e per quelli che sarebbero venuti (cfr Gv 17,20). Ci fa pensare il fatto che, nella sua ora cruciale, Gesù ponga nella sua preghiera la vita dei suoi, la nostra vita. E chiede al Padre che li mantenga nell’unità e nella gioia. Gesù conosceva bene il cuore dei suoi, conosce bene il nostro cuore. Perciò prega, chiede al Padre che non li prenda una coscienza che tende ad isolarsi, a rifugiarsi nelle proprie certezze, sicurezze, nei propri spazi, a disinteressarsi della vita degli altri, chiudendosi in piccole “aziende domestiche”, che rompono il volto multiforme della Chiesa. Situazioni che sfociano nella tristezza individualista, in una tristezza che a poco a poco lascia spazio al risentimento, alla continua lamentela, alla monotonia; «questo non è il desiderio di Dio per noi, questa non è la vita nello Spirito» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 2) alla quale Lui vi ha chiamato, alla quale ci ha chiamato. Per questo Gesù prega, chiede che la tristezza e l’isolamento non prevalgano nel nostro cuore. E noi vogliamo fare lo stesso, vogliamo unirci alla preghiera di Gesù, alle sue parole per dire insieme: «Padre, custodiscili nel tuo nome … perché siano una sola cosa, come noi» (Gv 17,11) «e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).
Gesù prega e ci invita a pregare perché sa che ci sono cose che possiamo ricevere solamente come dono, cose che possiamo vivere solo come un regalo. L’unità è una grazia che può darci solo lo Spirito Santo, a noi spetta chiederla e mettere a disposizione il meglio di noi stessi per essere trasformati da questo dono.
E’ frequente confondere unità con uniformità, con un fare, sentire e dire tutti le stesse cose. Questo non è unità, ma omogeneità. Questo significa uccidere la vita dello Spirito, uccidere i carismi che Egli ha distribuito per il bene del suo Popolo. L’unità si vede minacciata ogni volta che vogliamo rendere gli altri a nostra immagine e somiglianza. Per questo l’unità è un dono, non è qualcosa che si possa imporre a forza o per decreto. Sono lieto di vedervi qui, uomini e donne di diverse generazioni, contesti, esperienze di vita differenti, uniti per la preghiera in comune. Chiediamo a Dio che faccia crescere in noi il desiderio di prossimità. Che possiamo essere prossimi, stare vicini, con le nostre differenze, propensioni, stili, però vicini. Con le nostre discussioni, le nostre “litigate”, parlando di fronte e non alle spalle. Che siamo pastori vicini al nostro popolo, che ci lasciamo mettere in discussione, interrogare dalla nostra gente. I conflitti, le discussioni nella Chiesa sono auspicabili e, oserei dire, addirittura necessarie. Segno che la Chiesa è viva e lo Spirito continua ad agire e continua a renderla dinamica. Guai a quelle comunità dove non c’è un sì o un no! Sono come quegli sposi che non discutono più perché hanno perso l’interesse, hanno perso l’amore.
In secondo luogo, il Signore prega perché noi siamo riempiti della stessa “gioia perfetta” che Egli possiede (cfr Gv 17,13). La gioia dei cristiani, e specialmente dei consacrati è un segno molto chiaro della presenza di Cristo nella loro vita. Quando ci sono volti tristi è un segnale di allarme, di qualcosa che non va bene. E Gesù fa questa richiesta al Padre nientemeno che prima di recarsi all’orto degli ulivi, quando deve rinnovare il suo “fiat”. Non dubito che tutti voi dobbiate portare il peso di non pochi sacrifici e che per alcuni, da decenni, i sacrifici siano stati duri. Gesù prega, anch’Egli a partire dal suo sacrificio, perché noi non perdiamo la gioia di sapere che Egli vince il mondo. Questa è la certezza che ci spinge giorno dopo giorno a riaffermare la nostra fede. «Egli - con la sua preghiera, sul volto del nostro Popolo - ci permette di alzare la testa e ricominciare, con una tenerezza che mai ci delude e che sempre può restituirci la gioia» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 3).
Quanto è importante, che preziosa testimonianza per la vita del popolo cubano è quella di irradiare sempre e dappertutto questa gioia, nonostante le stanchezze, gli scetticismi, a volte anche la disperazione, che è una tentazione molto pericolosa che atrofizza l’anima!
Fratelli, Gesù prega perché siamo una cosa sola e la sua gioia rimanga in noi. Facciamo la stessa cosa: uniamoci gli uni agli alti in preghiera.
Cuba
Visitó el Papa Francisco a Fidel (+Fotos y Video)
Granma
Visitó el Papa Francisco a Fidel (+Fotos y Video)
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El Papa Francisco, Sumo Pontífice de la Iglesia Católica y Jefe del Estado de la Ciudad del Vaticano, realizó una visita de cortesía en horas del mediodía de hoy al líder histórico de la Revolución cubana, Fidel Castro Ruz. Su Santidad, quién inició una visita apostólica e histórica a nuestro país que se extenderá hasta el próximo día 22, sostuvo un amplio intercambio con Fidel y coincidieron en importantes temas de interés vinculados a la causa de los pobres, la preservación de la paz y la supervivencia humana. (...)
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