Tu certo devi averlo sentito
con ferro e fuoco scavare la pietra,
perché mai più sulla terra qualcuno
solo scalfire potesse quei segni.
No, non poteva che essere lui,
che ti erompeva da dentro il cuore.
David M. Turoldo
Gv 8,1-11
In quel tempo, Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma all?alba si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui ed egli, sedutosi, li ammaestrava.
Allora gli scribi e i farisei gli conducono una donna sorpresa in adulterio e, postala nel mezzo, gli dicono: ?Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici??.
Questo dicevano per metterlo alla prova e per avere di che accusarlo. Ma Gesù, chinatosi, si mise a scrivere col dito per terra. E siccome insistevano nell?interrogarlo, alzò il capo e disse loro: ?Chi di voi è senza peccato, scagli per primo la pietra contro di lei?. E chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Ma quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani fino agli ultimi.
Rimase solo Gesù con la donna là in mezzo. Alzatosi allora Gesù le disse: ?Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata??. Ed essa rispose: ?Nessuno, Signore?. E Gesù le disse: ?Neanch?io ti condanno; va? e d?ora in poi non peccare più?.
Il commento
Una donna. Un peccato. L'umanità. I suoi peccati. Adulterio e idolatria. Una vita gettata nei letti degli amanti, e solitudine acre, tanta passione e niente amore. Solitudine. Come ora, lì nel mezzo, gli occhi e le mani puntati su di lei, le pietre pronte a colpire. E noi e i nostri giorni dissolti tra gli idoli muti incapaci d'amore, il prestigio, il denaro, l'affetto. E sempre più soli, un pugno di mosche tra le mani, sbattuti in mezzo alla strada, tremanti, aspettando solo la morte. La condanna già emessa, dev'essere solo eseguita.
Sì, così è la nostra vita, un battito di ciglia impaurito, rincorrere la gioia nella palude della solitudine. Siamo soli. Per quanto facciamo, pensiamo, desideriamo, siamo soli. Come questa donna. Nudi, come Adamo ed Eva. Il peccato appena consumato a piagare le spalle d'un peso insopportabile, ed una condanna sul capo, la morte in agguato. La fine di ogni residua speranza. Quanti giorni così, quante ore. Alienazioni vuote, peggiori d'una lapidazione. Illusioni, a ferirci più di una coltellata.
E appare il suo sguardo. Era lì. Ad aspettare. La storia che sembra stracciarci gli ultimi istanti, ci trascina da Lui. Dove tutto sembra perduto, dove le conseguenze dei nostri peccati sembrano gettarci a terra senza speranza, dove la polvere secca di una vita esanime sembra soffocare l'ultimo gemito, Gesù è lì ad insegnare. Il suo trono di misericordia, la sua cattedra d'amore. Il suo perdono, ad aspettare i nostri peccati. Il suo sguardo, a sanare le nostre paure. Il suo dito pigiato sulla terra, le Parole d'amore segnate con la potenza dello Spirito sui nostri poveri cuori. Di terra siamo fatti, dalla terra veniamo, i nostri giorni come erba del campo, svaniscono in un baleno. Terra incapace d'amare. La legge scritta dal dito di Dio sulle tavole di pietra, il cammino della vita tradito da cuori di pietra. E il Figlio, la Parola fatta carne perché la carne possa compiere la Parola, il dito del Padre nel dito del Figlio, e lo Spirito Santo a cacciare il demonio, a riscattare le nostre vite, a scrivere la Legge nella nostre debolezze, a fare di un cuore di pietra un cuore di carne. L'inno "Veni, Creator Spiritus" invoca lo Spirito Santo come digitus paternae dexterae - dito della destra del Padre. Dov'è abbondato il peccato ha sovrabbondato la Grazia.
Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei. "Queste parole sono piene della forza disarmante della verità, che abbatte il muro dell’ipocrisia e apre le coscienze a una giustizia più grande, quella dell’amore, in cui consiste il pieno compimento di ogni precetto. È la giustizia che ha salvato anche Saulo di Tarso, trasformandolo in san Paolo" (Benedetto XVI, Angelus del 21 marzo 2010). Dove sono i nostri accusatori? Dove sono i nostri giustizieri? Dov'è il documento della nostra condanna? Tutto è svanito, ogni giudice si è dileguato all'apparire della verità. Siamo soli, ma, finalmente, di una benedetta solitudine. Quella che ci svela il volto di Dio nello sguardo di Cristo. Soli, per Lui. Senza speranza, per sperare solo in Lui. Senza gioia, per gioire solo di Lui. Senza nulla, per avere solo Lui. Noi e Lui, Noi in mezzo e Lui con noi. Dove tutti ci abbandonano, dove tutto, giustamente e ragionevolmente, ci condanna, il Suo amore è l'ultima Parola. Gesù, il comandamento del Padre scritto sulla terra della nostra esistenza, il cielo inciso sul nostro cuore, la misericordia nella nostra debolezza.
Quando, ogni giorno, si erge il giudizio del marito verso la moglie, del figlio verso il padre, dell'amico verso l'amico, dell'impiegato verso il capoufficio; quando vibra nel cuore il giudizio inclemente verso se stessi; quando non abbiamo scampo perchè i peccati e le debolezze ci hanno consegnati al giudizio altrui, emerge il giudizio di Dio: la misericordia. E' Cristo crocifisso che, in questo momento come in ogni situazione della nostra vita, irrompe nella camera di consiglio affollata dei nostri accusatori e ferma tutto, annuncia la Grazia che ci riscatta e salva dalla morte. E' il suo giudizio di misericordia che, come uno scoglio, toglie vigore alle onde di giudizio e di vendetta che avvelena le nostre relazioni. Chi ha conosciuto la misericordia infinita di Dio vede infrangersi su di essa le parole, le accuse, i giudizi che ci piovono addosso. Chi ha incontrato l'amore gratuito di Cristo non pecca più, si sente perdonato e accetta anche i giudizi di condanna dell'altro lasciandosi ferire senza esserne sopraffatto. Così si spezza la catena maligna di sospetti e recriminazioni, gelsie ed invidie, giudizi e condanne; nella misericrdia di Dio ogni relazione è rigenerata, la certezza del perdono rende umili e disponibili ad accettare il giudizio altrui rendendo in cambio la misericordia paziente. Non ci stupisce il giudizio dell'altro perchè e solo figlio di un cuore che non ha conosciuto la misericordia. Una madre amata da Cristo, pur ferita dal giudizio della figlia, saprà accogliere il veleno e aspettare pazientemente che essa incontri, magari attraverso il suo amore, la misericordia di Dio.
Così il Vangelo di oggi è immagine di ogni rapporto nel quale siamo coinvolti. Quando vi appare Cristo svanisce la condanna, perchè il giudizio si è fatto misericordia. "Gesù, assolvendo la donna dal suo peccato, la introduce in una nuova vita, orientata al bene: «Neanch’io ti condanno; va’ e d’ora in poi non peccare più». È la stessa grazia che farà dire all’Apostolo: «So soltanto questo: dimenticando ciò che mi sta alle spalle e proteso verso ciò che mi sta di fronte, corro verso la mèta, al premio che Dio ci chiama a ricevere lassù, in Cristo Gesù». Dio desidera per noi soltanto il bene e la vita" (Benedetto XVI, Angelus del 21 marzo 2010).
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