Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

venerdì 15 marzo 2013

Sabato 16/03/2013 «Questi è il Cristo!» & «Se non confessiamo Gesù Cristo, diventeremo una Ong assistenziale ma non la Chiesa, sposa del Signore»








La verità cristiana è attraente e persuasiva 
perché risponde al bisogno profondo dell’esistenza umana, 
annunciando in maniera convincente 
che Cristo è l’unico Salvatore di tutto l’uomo e di tutti gli uomini. 
Questo annuncio resta valido oggi 
come lo fu all’inizio del cristianesimo, 
quando si operò la prima grande espansione missionaria del Vangelo.


Papa Francesco, Discorso ai Cardinali, 15 Marzo 2013


Dal Vangelo secondo Giovanni 7, 40-53 

In quel tempo, all'udire le parole di Gesù, alcuni fra la gente dicevano: «Questi è davvero il profeta!». Altri dicevano: «Questi è il Cristo!». Altri invece dicevano: «Il Cristo viene forse dalla Galilea? Non dice forse la Scrittura che il Cristo verrà dalla stirpe di Davide e da Betlemme, il villaggio di Davide?». E nacque dissenso tra la gente riguardo a lui. Alcuni di loro volevano arrestarlo, ma nessuno gli mise le mani addosso. Le guardie tornarono quindi dai sommi sacerdoti e dai farisei e questi dissero loro: «Perché non lo avete condotto?». Risposero le guardie: «Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!». Ma i farisei replicarono loro: «Forse vi siete lasciati ingannare anche voi? Forse gli ha creduto qualcuno fra i capi, o fra i farisei? Ma questa gente, che non conosce la Legge, è maledetta!».
Disse allora Nicodèmo, uno di loro, che era venuto precedentemente da Gesù: «La nostra Legge giudica forse un uomo prima di averlo ascoltato e di sapere ciò che fa?». Gli risposero: «Sei forse anche tu della Galilea? Studia e vedrai che non sorge profeta dalla Galilea». E tornarono ciascuno a casa sua.

Il commento

"Mai un uomo ha parlato come parla quest'uomo!": nessun filosofo, nessun politico, nessuna madre e nessun padre, nessun fidanzato, nessun figlio, nessun prete. Nessuno, parlandoci, ha sfiorando con tanta dolcezza e misericordia le nostre più aspre sofferenze. Solo Dio poteva scendere sino al punto più profondo e nascosto del nostro cuore, perché solo Lui lo conosce interamente. Le parole di cui avevamo bisogno non potevano cadere da un Cielo troppo lontano. Così come non potevano essere così umane come quelle di cui saremmo capaci anche noi. Dovevano essere parole celesti dette da una bocca umana; le parole di un Uomo che usa le parole degli uomini ma non parla come ogni altro uomo. Gesù, la cui divinità è celata nella debolezza di una carne come la nostra, proprio parlandoci rivela il suo potere, il suo essere Dio. Lui è la "Parola fatta carne" che "è venuta ad abitare in mezzo a noi" per condividere la nostra stessa vita: "Dio, il vero Dio, Creatore di tutto, ha percorso come uomo le nostre strade, entrando nel tempo dell’uomo, per comunicarci la sua stessa vita" (Benedetto XVI). Nel seno di Maria ha udito le prime parole umane, nella Santa Famiglia di Nazaret ha appreso a ripeterle, nel cuore del suo popolo le ha sentite risuonare colme di angosce, speranze, gioie e dolori. Il Figlio di Dio "ha imparato dalle cose che ha patito" a coniugare la Parola del Padre in una parola umana: come ha assunto la nostra carne, così ha assunto il nostro linguaggio, per colmarlo del senso autentico, l'unico capace di risuonare nel cuore di ogni uomo come la Verità tanto attesa. Per questo, le parole di Gesù generano la Pace che abbiamo smarrito, la gioia a cui tendiamo, l'amore che mendichiamo. Le sue Parole creano la novità della vita nel caos dell'esistenza. All'ascoltarle ne percepiamo la forza dirompente che ci spinge all'Amen che le accolga, per sperimentare, gratuitamente, il loro compimento. Ma il pericolo è sempre dietro l'angolo, dove si nasconde, instancabile, il nemico della Verità. Quello di cui non si avvedono le "menti" dei giudei, sempre d'una spanna più in alto, sapienti secondo la carne e incapaci d'essere semplici. Anche in noi, gli inganni carnali del demonio possono indurci a tirare il freno sulle apparenze, a scrutare perversamente le Scritture in cerca di ragioni alla nostra ragione, e cedere allo scandalo di fronte alle parole di un povero figlio di falegname, in bottega sino ad ieri e oggi a insegnare. Parole troppo semplici, proprio quelle che dovrebbero schiudere allo stupore e alla felicità; troppo umane per chi ha ormai il cuore
diviso. La divisione, opera del diavolo che significa appunto il divisore, sorge dall'incapacità di penetrare il mistero di Gesù, la stessa incapacità di stupore di chi non ha mai sperimentato un amore che sorprende nella sua gratuità. Il mistero di Gesù è la sua intimità con il Padre, un amore abbandonato alla sua volontà al punto che ogni gesto, ogni parola, ogni sguardo non è altro che l'incarnazione visibile, percepibile e sperimentabile di quel Dio che nessuno ha mai visto. Solo chi ha dimestichezza con lo stringente bisogno di amore, può cogliere questo mistero. Solo la semplicità, la povertà di spirito, l'umiliazione dei giorni, la nudità e l'indigenza dell'anima possono intuire, e desiderare, l'amore capace di rispondere, curare, consolare, perdonare, saziare. 

Il paradosso del rifiuto dei giudei si riassume nella maledizione che, secondo loro, pesa sul popolo che non conosce la Legge. Il Popolo che non sa leggere, che soffre, piange, pecca. La maledizione degli impuri, dei pubblicani, delle prostitute, dei ladri, dei pastori, di quanti vivono nell'ombra di morte. Tutti questi non conoscono la Legge, non hanno la forza per osservare i precetti della tradizione, per loro è già troppo il peso di ogni giorno. La storia li ha umiliati, e questo, agli occhi dei capi e degli intelligenti, dei religiosi e dei moralisti, è il segno inequivocabile della maledizione divina. Ma proprio per loro Dio si è fatto maledizione. Per loro Dio ha preso una carne perchè fosse appesa ad un legno, la croce da cui ciascuno di loro, disprezzato e rifiutato, potesse ricevere gratuitamente la benedizione.Per questo è solo la semplicità del bisogno che può accogliere la luce dell'amore che illumina la Verità e fa semplici le cose. Pane al pane e vino al vino. Amore al peccatore e vita ad un morto. Libertà ad uno schiavo, felicità ad un infelice. La Buona Notizia predicata ai poveri. Il figlio di Giuseppe, il falegname venuto da Nazaret ha carne e sangue, occhi, orecchie e bocca, mani e piedi; attraverso di essi ha ascoltato, guardato, parlato, camminato e toccato e guarito. In Lui Dio ha amato di un amore concreto, quell'amore di Padre visibile nel Figlio è giunto ai poveri, ai maledetti. Sino all'estremo, al dono di quella carne e di quel sangue perchè ogni carne ed ogni sangue fossero attirati nello stesso amore che vince la morte. Gli orfani hanno incontrato il Padre, quel Figlio così umano, così prossimo e buono, misericordioso e compassionevole, ha aperto loro le porte della sua intimità; Gesù ha accolto ogni figlio senza padre, e nel suo amore concreto, che si fa pane da mangiare, in quell'esperienza unica, rivela, presenta, gli fa conoscere suo Padre, l'origine della sua vita. Rivelando se stesso, Gesù accompagna ogni uomo a scoprire anche la fonte della sua esistenza, la stessa del Figlio di Dio. In Lui ogni uomo può scoprire la sua origine, l'unica che coincida con l'aspirazione del suo cuore, con ogni fibra del suo essere, come due pezzi di un puzzle finalmente combacianti, trovati tra i mille provati e riprovati. Ecco, deve essere stata proprio questa l'ineffabile esperienza di Pietro a Cesarea; condotto da Gesù sino a quel momento della solenne professione di fede, attraverso la sua presenza, le parole annunciate, i miracoli compiuti, e la stessa ordinarietà della sua vita quotidiana, Pietro scopre in quel rabbì e amico, come in un lampo di luce tra la nebbia, la natura soprannaturale, la sua origine celeste. "Voi, chi dite che io sia?": la domanda su di Lui, in fondo, è anche il quesito circa la stessa identità degli apostoli, ed è un parlare come nessuno ha mai parlato, la domanda sfuggita mille volte e, in quell'istante, giunta finalmente come libertà e verità. Come nella trasfigurazione, Pietro riconosce il Padre nel volto del Figlio, ed è l'approdo, la pace, la rivelazione che illumina la sua vita. Proprio perchè ha conosciuto Gesù come uomo lo può riconoscere come Dio! Proprio perchè lo ha visto tante volte, ha mangiato con lui, ha conosciuto sua madre, sa di dove viene, proprio perchè è un galileo come lui, suo amico, una carne del tutto identica alla sua, Pietro comprende, per una Grazia del Cielo, che tutto ciò che riguarda Gesù riguarda anche lui. Il destino che attendeva il Maestro era lo stesso del discepolo, perchè provenienti dalla stessa origine, figli dello stesso Padre. Da questa esperienza, da questa professione, sorgerà poi in Pietro il combattimento, apparirà lo "scisma" nei suoi pensieri: aveva riconosciuto Dio nella carne, ma il suo pensiero non era ancora quello di Dio, lo contrastava e rifiutava la croce. Avrebbe dovuto camminare ancora dietro a Gesù, sino alle rive del Mare di Galilea, sino all'amore figlio del perdono, l'unico capace di accordare la rivelazione celeste con la vita nella carne. Sarà infatti il Figlio risorto dalla morte ad accogliere Pietro nel perdono del Padre, nelle viscere di misericordia che lo libereranno dalla paura e dai limiti carnali per inviarlo sul suo stesso cammino con destino la croce, la vita del figlio nel Figlio diletto nel quale il Padre si compiace. Così anche il Vangelo di oggi è per noi la Buona Notizia di cui abbiamo bisogno. Se sperimentiamo oggi la stessa maledizione del Popolo, la stessa fatica di vivere che si fa ignoranza della Legge, se i comandamenti sono divenuti per noi un abito che non possiamo indossare, se siamo precipitati a terra e non riusciamo a risolvere nulla, se, come per Pietro, il cammino della croce ci appare assurdo, il Figlio di Giuseppe, Gesù che viene da Nazaret ci viene incontro, ci guarda, ci ama. In Lui possiamo oggi ritrovare ogni centimetro della nostra vita, ogni fallimento della nostra storia; in Lui è aperta per noi, gratuitamente, la porta alla sua intimità con il Padre, la nostra origine che ci illumina il destino identico a quello di Gesù, il mistero pasquale che trasfigura in un fascio di luce la nostra storia; in Lui oggi possiamo trovare pace, nella misericordia e nell'amore.



Papa Francesco: perchè ho scelto questo nome

<br>
 
La Sala Paolo VI è quasi piena. Il Papa entra nella Sala , per la prima volta nel suo Pontificato, alle ore  10.57 accolto da un affettuoso applauso da parte dei presenti, migliaia di giornalsti di tutto il mondo.
Mons. Celli, Presidente del Pontificio Consiglio per le Comunicazioni Sociali saluta il Santo Padre. "Ci sono rappresentanti dei giornalisti di 91 Paesi", dice e dopo l'introduzione in italiano prosegue in inglese spiegando l'importanza delle comunicazioni sociali per la Chiesa. Ringrazia  il Papa per l'udienza che ha voluto dare ai giornalisti.
Parole del Papa:
- Sono lieto per questo incontro e vi ringrazio per il lavoro svolto dall'11 febberaio.
- Il ruolo dei mass-media è in crescita, è indispensabile.
- Ringrazio tutti voi per il vostro qualificato lavoro nei giorni scorsi.
- Avete parlato della Santa Sede, del ruolo del Papa e del suo ministero.
- Ringrazio chi ha saputo osservare e presentare questi eventi tenendo presente l'ottica della fede.
- Gli  eventi ecclesiali hanno una caratteristica: rispondono ad una logica che non è quella mondana e perciò non è facile interpretare questi fatti.
- La Chiesa ha una natura essenzialmente spirituale e non politica.
- La Chiesa è il popolo di Dio che cammina verso Gesù.
- Cristo è il Pastore della Chiesa, Cristo è il centro, e non il Successore di Pietro.
 - E' importante tenere conto di quest'ermeneutica per mettere bene a fuoco gli eventi della Chiesa.
- E' un invito a conoscere la vera natura della Chiesa.
- La Chiesa riserva una grande attenzione alla vostra opera.
 - Dovete tenere conto sempre della Verita, la Bontà e la Bellezza. La Chiesa esiste per annunciare questa triade.
- perché il vescovo di Roma ha volutoo chiamarsi Francesco?
- Vi racconto una storia.
- Nell'elezione avevo accanto a me il cardinale Claudio Hummes, un grande amico. Quando cresceva il "pericolo" lui mi confortava. Quando abbiamo raggiunto i due terzi, il cardinale Hummes mi abbracciò  e baciò dicendomi: non dimenticare i poveri ... e dunque mi è venuto in mente subito Francesco d'Assisi.
 - Poi ho pensato alla guerra e alla pace, dunque ... era tutto chiaro per me.
- Come vorrei una Chiesa povera e per i poveri!
- Poi alcuni mi hanno detto, dopo l'elezione - era una battuta naturalmente- ti devi chiamare Adriano, il riformatore, o Clemente XV (per vendicarti di Clemente XIV che soppresse la Compagnia di Gesù ...)
- Vi ringrazio per tutto ciò che avete fatto.
- Vi auguro di lavorare con serenità e di conoscere sempre il vangelo.
- Vi affido alla Madonna, stella dell'Evangelizzazione.
Termina alle 11.12.
Poi il Papa saluta numerosi giornalisti di tutto il mondo.

La vera riforma della Chiesa



fede
«Se non confessiamo Gesù Cristo, diventeremo una Ong assistenziale ma non la Chiesa, sposa del Signore». Papa Francesco, nella sua prima omelia da Sommo Pontefice, ha chiarito subito che la vera riforma nella Chiesa è la fede, e la testimonianza della fede. E in questo si è messo nel solco già tracciato da Benedetto XVI che, non per niente, aveva indetto l’Anno della Fede rilevando proprio nella mancanza di questa virtù teologale la vera radice della crisi, sia della Chiesa sia del mondo.


Ciò non toglie che anche papa Bergoglio darà una sua impronta particolare a questo cammino, ma allo stesso tempo è chiaro che condivide con chi l’ha preceduto il giudizio più profondo sulla realtà attuale.

E’ giusto metterlo in evidenza perché in queste poche ore dalla sua elezione c’è stato un diluvio di commenti e analisi da parte soprattutto dei soliti noti, che hanno tentato di arruolare Jorge Mario Bergoglio nel partito del progressismo estremo, alimentando l’attesa di riforme radicali soprattutto nel campo della morale (per alcuni sembra proprio che questa sia l’unica preoccupazione). 


In realtà è bene chiarire che il curriculum di papa Bergoglio al proposito parla ben chiaro: sulla ferma opposizione a qualsiasi riconoscimento delle coppie gay, abbiamo pubblicato ieri un suo eloquente intervento, ma Bergoglio – da arcivescovo di Buenos Aires e primate della Chiesa argentina - si è anche distinto per le sue nette prese di posizione contro l’aborto e l’eutanasia. 



In un discorso rivolto a preti e laici argentini, il 2 ottobre 2007, l’allora cardinale Bergoglio si espresse a difesa della vita nascente anche in caso di violenza sessuale: «Noi non siamo d’accordo con la pena di morte – disse -; ma in Argentina abbiamo la pena di morte. Un bambino concepito a causa dello stupro di una donna con problemi mentali può essere condannato a morte». Nello stesso tempo ha avuto grande attenzione nella promozione della dignità della donna, e soprattutto delle donne in attesa di un figlio, per le quali ha istituito una speciale benedizione. 



Inoltre, sempre nel 2007, è stato proprio il cardinale Bergoglio a presentare – a nome dei vescovi dell’America Latina – l’«Aparecida Document» sulla situazione della Chiesa in quei paesi. Ebbene, in quel documento – approvato poi da papa Benedetto XVI – si prevede che sia proibito accostarsi all’Eucarestia per tutti coloro che istigano all’aborto, politici in testa. Dice infatti il paragrafo 436 della necessità di una «coerenza eucaristica»: «Non si può ricevere la Santa Comunione e nello stesso tempo agire o parlare contro i comandamenti, in particolare quando sono facilitati l’aborto, l’eutanasia e altri seri crimini contro la vita e la famiglia. Questa responsabilità si applica in modo particolare a legislatori, governanti e personale sanitario».  



Allo stesso modo ha denunciato l’abbandono al loro destino degli anziani, che invece di essere considerati un «deposito di saggezza» per la società vengono trattati come un fardello che porta i servizi sociali a praticare una sorta di «eutanasia clandestina» garantendo servizi soltanto fino a un certo punto.



Ha anche negato la possibilità di mettere in discussione il celibato dei preti quale rimedio alla piaga dei preti pedofili. In un libro-intervista uscito di recente in Argentina, El Jesuita, afferma chiaramente che «Se c'è un prete pedofilo è perché porta in sé la perversione prima di essere ordinato. E sopprimere il celibato non curerebbe tale perversione. O la si ha o non la si ha».



Insomma, chi identifica la riforma della Chiesa con queste false aperture alla modernità – che peraltro hanno già costituito una disgrazia per le altre denominazioni cristiane – sarà ben presto disilluso.

La riforma che intende papa Francesco è ben più ardua, è la strada della Croce (lo ha detto ieri chiaramente ai cardinali), è la conversione: e qui non servono sterili rivendicazioni di presunti diritti, ma il riconoscersi anzitutto bisognosi di essere salvati. (R. Cascioli)


* * * 



Altri commenti alla elezione di Papa Francesco....



Un editoriale di don Luigi Ciotti,  presidente del Gruppo Abele, sull'elezione di Papa Bergoglio: "L'invito del Papa ad annunciare il Vangelo nelle periferie è un'esortazione profetica. Nelle sue parole la 'periferia' è un luogo al tempo stesso geografico e spirituale. Così come ci sono le periferie urbane, luoghi di esclusione e povertà, c'è una periferia dell'anima che va abitata con la prossimità, l'accoglienza e la solidarietà e che abbia come fine la giustizia sociale, il riconoscimento della centralità e della dignità di ogni persona"
* * * 

La Repubblica


(Eugenio Scalfari) Papa Wojtyla fu ricordato e venerato dai fedeli per aver detto, a conclusione del suo primo discorso pronunciato dal balcone del palazzo apostolico pochi minuti dopo la sua elezione: "Se sbaglio, mi corrigerete". Il nuovo pontefice Jorge Mario (...) 

* * *



  «Sarà la primavera dopo il duro inverno» intervista a Leonardo Boff a cura di Eleonora Martini in il manifesto 



* * *






* * *



 "Nella Sistina una condanna ferma di peccati e indegnità della Chiesa" intervista a Agostino Vallini a cura di Paolo Rodari in la Repubblica



* * *



Ravasi: «La Chiesa ha dato il segnale Riscopriamo l'orgoglio del credere»intervista a Gianfranco Ravasi a cura di Marco Garzonio  in Corriere della Sera


Nessun commento:

Posta un commento