I commenti di Kiko, di Bruno Forte e di Carlo Caffarra
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Di seguito l'editoriale di monsignor Bruno Forte, arcivescovo di Chieti-Vasto, pubblicato venerdì 1° marzo sul quotidiano Il Sole 24 Ore (pp. 1 e 14).
La Chiesa cattolica ha un Papa emerito. Da ieri sera la Sede di Pietro è vacante e Benedetto XVI ha iniziato la sua nuova vita di operaio della vigna del Signore nel silenzio della preghiera e del nascondimento al mondo. Sul significato della sua rinuncia molto è stato scritto. Quello che mi sembra meriti di essere ora approfondito è il senso di questa nuova, diversa missione, che Egli stesso reputa tale, come si evince dalle parole pronunciate ancora nell’ultima udienza generale: “Non abbandono la croce, ma resto in modo nuovo presso il Signore Crocifisso. Non porto più la potestà dell’officio per il governo della Chiesa, ma nel servizio della preghiera resto, per così dire, nel recinto di san Pietro”. Per comprendere la forza di queste parole, ricorro a un’analogia che mi pare particolarmente illuminante: quella fra la scelta di Papa Benedetto e la decisione che il grande pensatore cattolico Jacques Maritain prese dopo la morte dell’amatissima moglie Raissa, con cui aveva vissuto il cammino della conversione a Cristo e un’esperienza spirituale per molti aspetti mistica. Egli volle ritirarsi da ogni impegno pubblico per vivere fino alla morte presso la comunità contemplativa dei Piccoli Fratelli di Gesù di Toulouse, spinto da un desiderio così confessato: “Ho un grande bisogno di silenzio”. Di quale silenzio si trattasse, lo avrebbe spiegato lo stesso Maritain con queste parole: “Non si accetta la Croce, la si prende, si adora la Croce”. Il silenzio del vecchio filosofo francese non era diverso da quello scelto dal Papa tedesco: si tratta del silenzio dell’ascolto e dell’adorazione, del restare soli con Cristo solo, non per fuggire il mondo, ma per trasfigurarsi e trasfigurarlo in Lui sulle vie misteriose che solo la Grazia conosce. La sposa di Maritain, Raïssa, il cui Journal testimonia di una purissima vita mistica, fa intuire qualcosa di questo silenzio, abitato da Dio e vissuto in Dio, in una delle sue poesie più belle, Transfiguration: “Quando… avrò conquistato la mia libertà celeste / …e avrò scelto il cammino più duro / come il cielo notturno sconfinato e puro… / come un vascello fortunato / che rientra nel porto col suo carico intatto / approderò in cielo col cuore trasfigurato / recando offerte umane e senza macchia”.
Accanto a questa ricerca del silenzio mistico, c’è nella nuova vita di Benedetto un’evidente volontà di servizio, un’intenzione profonda di amore alla Chiesa e al mondo. Anche di questo aspetto ci aiuta a capire le ragioni l’analogia con Jacques Maritain, il quale così descrive il compito dei contemplativi, testimoni dell’Assoluto di Dio in questo mondo: “Nell’età nuova nella quale siamo entrati vediamo rivelarsi - sia nella materia e grazie alle scoperte della microfisica, sia nelle attività umane e grazie all’esplorazione dell’inconscio - un certo primato dell’invisibile sul visibile e del non manifestato sul manifestato. Qui appare, a mio avviso, il ruolo profetico… di affermare nell’esistenza il valore primario della testimonianza resa all’amore di Gesù per gli uomini, non dai grandi mezzi visibili, ma dal modo invisibile o quasi invisibile della semplice presenza d’amore fraterno… Di che cosa hanno bisogno gli uomini prima di tutto? Hanno bisogno di essere amati; di essere riconosciuti; di essere trattati come degli esseri umani; di sentire rispettati tutti i valori che ciascuno porta in sé. Per questo non basta dire loro ‘vi amo’. Non basta neanche far loro del bene. Bisogna esistere con loro, nel senso più profondo di questa espressione”. Ecco il significato della nuova missione dell’uomo di Dio Benedetto XVI, Papa emerito: condividere la condizione di tante, innumerevoli vite nascoste agli occhi del mondo, ma non a quelli di Dio, per dire a ogni esistenza umana quanto è amata dal Signore e quanto vale ai suoi occhi. E proprio così, aiutare la causa dell’uomo in questo mondo, affermando la dignità di ogni persona umana nell’orizzonte dell’eterno e riconoscendone - con le immancabili fragilità - l’immortale grandezza. Questa è anche la causa di Dio, a immagine del quale l’uomo è creato. È la causa per cui esiste la Chiesa e al cui servizio continua a operare fiduciosa e serena fra i marosi del tempo, sostenuta dalle radici nascoste e profonde di tanti umili e silenziosi operai della vigna del Signore. Fra costoro va annoverato oramai il Pontefice emerito.
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Di seguito l’omelia pronunciata questa mattina alle ore 09.00 nella Basilica della Beata Vergine di San Luca dal cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, nella Messa “Pro eligendo Pontifice”.
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Di seguito l’omelia pronunciata questa mattina alle ore 09.00 nella Basilica della Beata Vergine di San Luca dal cardinale arcivescovo di Bologna, Carlo Caffarra, nella Messa “Pro eligendo Pontifice”.
1. «Pasci il tuo popolo, Signore... il gregge della tua eredità». E’ il profeta stesso che mette sulle nostre labbra la preghiera con cui mendichiamo da «Colui che getta in fondo al mare i nostri peccati», di essere da lui guidati e pascolati.
Egli guida e pasce la sua Chiesa attraverso uomini che sceglie come sacramenti viventi della sua operante presenza. Cristo è visibilmente presente attraverso il successore di Pietro. A Pietro - ed in lui ad ogni suo successore - il Signore risorto ha detto: «pasci i miei agnelli; pasci le mie pecore».
Cristo già conosce colui che «pascerà il suo popolo...il gregge della sua eredità»; lo ha già scelto. Noi stiamo celebrando questa Eucarestia con Maria, perché ognuno di noi Cardinali sia pura trasparenza alla luce dello Spirito; sia pura obbedienza alla sua mozione; sia liberato da ogni torbido motivo nell’indicare il nome dell’eletto.
2. Ma c’è una seconda non meno importante ragione che ci ha spinto in questo luogo, a questa celebrazione eucaristica. Desideriamo ringraziare il Signore per averci donato Benedetto XVI. Camminando con Lui in questi otto anni, non abbiamo forse rivissuto l’esperienza dei due discepoli di Emmaus? Il nostro cuore ardeva quando lui parlava del mistero di Gesù e della Chiesa: per la profondità, la semplice umanità delle sue parole. La luce semplicemente illumina; basta non chiudere gli occhi. Ed i semplici lo hanno capito e vissuto.
Ma la nostra gratitudine al Signore non sarebbe sincera se non ci impegnassimo a fare nostro, sempre più profondamente, il Magistero di Benedetto XVI.
Cari fratelli e sorelle, non è questo il momento di fare una sintesi seppure succinta del Magistero di Benedetto XVI. Mi limito solo ad una riflessione.
Ogni sorgente luminosa, se accesa in un grande spazio, al contempo illumina e mostra lo spazio tenebroso.
Benedetto XVI ha continuamente reso testimonianza alla luce di una Presenza: la presenza di Cristo, Signore risorto, nella sua Chiesa. Dio non è estraneo a questo mondo; non siamo “senza speranza e senza Dio in questo mondo”. Tutto il Magistero di Benedetto XVI, tutta la sua vita – sin dentro al suo ultimo gesto radicale - ha splendidamente mostrato che la Chiesa è la Chiesa del Signore Gesù e che è lo Spirito del Signore Risorto, vivo ed operante, che la guida.
Ma nel momento in cui la luce si accende, si mostra la zona d’ombra: “la luce splende nelle tenebre, ma le tenebre non l’hanno accolta” [Gv. 1,5]. Benedetto ha visto questo scontro: dentro la Chiesa e nel mondo. E ha chiamato le tenebre col loro nome.
Nella Chiesa: l’immoralità e l’ambizione dei chierici; nel mondo: il rifiuto di Dio, l’aver deciso di vivere “come se Dio non ci fosse”, che alla fine sta portando a vivere “come se l’uomo non ci fosse”.
Cari fratelli e sorelle, ho trovato una pagina di un grande maestro medievale, Guglielmo di S. Thierry, che mi sembra il ritratto spirituale di Benedetto XVI.
“L’anima sapiente reca in sé una sorta di riflesso della luce eterna… Così, quando essa si manifesta dinanzi alla creazione, esprime e presenta l’immagine della bontà e della giustizia di Dio, e, come all’interno profuma della virtù di Dio, così esteriormente essa espande la fragranza della luce e della carità di Dio”. [Natura e valore dell’amore, 50].
Ora il S. Padre Benedetto XVI si è chiuso nel silenzio; si è nascosto al mondo. Noi sentiamo, in una fede più pura, che in questo scendere nel silenzio, diventa ancor più radice che nutre l’albero. Gesù è la vita del mondo, ed è invisibile, come non fosse.
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