Lunedì della VII settimana del Tempo di Pasqua
L'ANNUNCIO |
Gli dicono i suoi discepoli: «Ecco, adesso parli chiaramente e non fai più uso di similitudini.
Ora conosciamo che sai tutto e non hai bisogno che alcuno t'interroghi. Per questo crediamo che sei uscito da Dio».
Rispose loro Gesù: «Adesso credete? Ecco, verrà l'ora, anzi è già venuta, in cui vi disperderete ciascuno per conto proprio e mi lascerete solo; ma io non sono solo, perché il Padre è con me.
Vi ho detto queste cose perché abbiate pace in me. Voi avrete tribolazione nel mondo, ma abbiate fiducia; io ho vinto il mondo!».
Commento audio
Con Cristo pigiati nel torchio del mondo
αποφθεγμα Apoftegma
O mors, ero mors tua,
morsus tuus ero, inferne.
O morte, io sarò la tua morte,
O inferno, io sarò il tuo morso.
Antifona delle lodi del Giovedì Santo
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Nelle parole di Gesù che chiudono il discorso pronunciato durante l'ultima cena si ode l'eco dello Shemà: "Ascolta Israele, il Signore è il nostro Dio, il Signore è uno. Amerai il Signore tuo Dio con tutto il tuo cuore, con tutta la tua mente, con tutte le tue forze". Un solo Dio, e un Popolo scelto ed eletto per manifestarlo. La santità di Dio, ovvero il suo essere totalmente altro, separato (significato della parola "santo") riverbera nella santità del Popolo, di ogni suo membro: "Siate santi, perché io sono santo (Lv 11,45): "La santità esigeva la separazione dal mondo e da tutti coloro che rifiutavano la legge. Essa era garantita dall'osservanza meticolosa delle regole di purità, come una scala da percorrere per raggiungere la santità" (F. Manns). Gesù è "il Santo di Dio" unto di Spirito Santo per rendere testimonianza alla Verità compiendo sino alla fine lo Shemà che rivela la santità di Dio nell'uomo. Per questo i discepoli, figli di Israele, credono d'aver capito che Gesù è davvero l'inviato, il Messia atteso, "uscito da Dio". Le sue parole toccano il loro cuore perché in esse rivive la storia del loro Popolo, e sperano da Lui il miracolo di "ristabilire Israele" nella sua missione, perché la domanda emersa anche un istante prima dell'Ascensione era proprio "come vivere la santità in un paese in cui comandano i pagani?". Come essere fedeli alla missione nel "mondo" nemico di Dio? "Un gruppo di farisei proporrà una soluzione radicale: se si crede nel regno di Dio occorre opporsi fortemente al «regno dell'impertinenza». E la resistenza si organizzerà proprio in Galilea" (F. Manns), dove Dio, non a caso, si era fatto carne, e nella quale erano stati scelti gli Apostoli. Per questo, nel Cenacolo, le parole di Gesù planavano nei loro cuori confusi ma affascinati intercettando la loro speranza. Ma non si conoscono, e non conoscono Gesù. Intuiscono, ma devono scontrarsi con la Verità nello scandalo della Croce. Infatti, solo riconoscendo la "dispersione" e la dissipazione del proprio cuore, della propria mente e delle proprie forze - l'antitesi dello Shemà - si può conoscere e accogliere nella fede il compimento dello Shemà in Gesù.
Gli Apostoli, e noi con loro, abbiamo "lasciato solo" il Signore. "E' arrivata l'ora" del Calvario e siamo scappati: la malattia di nostro figlio, il lato sconosciuto e oscuro del carattere del nostro coniuge, il licenziamento, il tradimento dell'amico, la nostra debolezza che ci fa cadere sempre negli stessi peccati. E il male nel mondo, la sofferenza degli innocenti, le guerre, i terremoti, i disastri, le ingiustizie, il cancro. Sì, la Croce ci ha "dispersi" ognuno per conto proprio, a ribellarci lontani da essa. Sì fratelli, come Pietro e gli Apostoli, non siamo migliori né diversi dai figli del "regno dell'impertinenza". Come "il mondo" abbiamo bisogno di essere salvati, che cioè sia "vinta" in noi la radice del male che ci "scandalizza" e "disperde" perché è una parte di noi e del mondo che non riusciamo a debellare. Ma proprio l'abisso della nostra solitudine ha incontrato la solitudine di Cristo, e in essa, la sua intimità con il Padre. Lui non era solo! Proprio sulla Croce era inchiodato alla volontà del Padre; nell'amore che compiva lo Shemà gli era più intimo che mai e ci ha accolti nella loro intimità. Ti senti solo e sconfitto? Ascolta questo Vangelo e convertiti! Apri il tuo cuore a Cristo perché vi scenda Cristo per "vincere" il demonio che ti sta ingannando. La sua "vittoria sul mondo", infatti, è Lo Shemà compiuto, la santità di Dio incarnata nella tua "dispersione". Così, la Galilea dei Gentili, immagine della tua vita immersa in questo "mondo" disperso e rancoroso, non sarà più il luogo dove sperare che Dio compia la rivoluzione che abbia ragione dell'ingiustizia dei nemici, ma quello dove tu possa ritornare ad essere se stesso, ovvero "santo" a sua immagine e somiglianza: "Io ho vinto il mondo! significa forse che Cristo è contro il mondo? No, piuttosto il contrario: questo mondo, che scaccia Dio dai cuori, viene restituito da Cristo a Dio e all’uomo come spazio dell’alleanza originaria, che deve essere anche l’alleanza definitiva quando Dio sarà tutto in tutti". (Giovanni Paolo II). Non esiste un cristianesimo elitario che disprezza il mondo! Non siamo migliori di nessuno, anzi. Non del capoufficio, non del vicino di casa, neanche di chi abortisce, adultera, ruba, uccide. Non ti scandalizzare per favore, accetta che hai bisogno, come tutti, che, attraverso la Chiesa, Cristo ti "restituisca" il mondo come un luogo dove poter amare e donarti.
Per questo "avrai tribolazioni nel mondo". Non si scappa: l'amore autentico è soprattutto solitudine, perché ci fa partecipi della solitudine di Cristo. Senza di essa non può apparire e compiersi la sua vittoria: "nella donazione di sé sulla croce, Gesù depone, per così dire, tutto il peccato del mondo nell'amore di Dio e lo scioglie in esso" (Benedetto XVI). Fratelli, è necessaria "la tribolazione", l'essere "schiacciati, pestati", secondo il significato del termine greco. Anche oggi, infatti, il male e il peccato saranno deposti, attraverso di Cristo vivo in noi, nel tino della nostra storia, dove saremo schiacciati dall'amore di Dio: “Ma ben fecondo è questo essere spremuti nel torchio. Finché è sulla vite, l'uva non subisce pressioni: appare intera, ma niente da essa scaturisce. La si mette nel torchio, la si calpesta e schiaccia; sembra subire un danno, invece questo danno la rende feconda, mentre al contrario, se le si volesse risparmiare ogni danno rimarrebbe sterile” (S. Agostino). Il trofeo della vittoria di Cristo, infatti, è proprio la solitudine che potremo assumere per chi non può: "Allora Balaam pronunziò il suo poema e disse: ecco un popolo che dimora solo e tra le nazioni non si annovera. Possa io morire della morte dei giusti e sia la mia fine come la loro. Come sono belle le tue tende, Giacobbe, le tue dimore, Israele!" (cfr. Nm. 23-24). Un popolo che dimora solo, e proprio per questo testimone e vessillo di salvezza. Israele prima, e il Messia che ha compiuto questa profezia, e la Chiesa poi, sino a ciascuno di noi: soli con il Solo, per strappare il mondo alla sua solitudine. Soli nel rifiuto del figlio, per salvarlo. Soli nella gelosia della moglie, per amarla. Soli ovunque, nell'intimità piena con Gesù, e in Lui con il Padre, per mostrare a tutti la "bellezza" della vita divina nella debole "tenda" della carne. Perché ogni uomo possa desiderare la stessa "fine dei giustificati", ovvero il compimento in Cristo della vita dei cristiani, il frutto della sua "vittoria" sulla morte e il peccato.
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