Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 21 maggio 2015

Fondata sul perdono.



Venerdì della VII settimana del Tempo di Pasqua






AUDIO



L'ANNUNCIO
Dal Vangelo secondo Giovanni 21,15-19.

Quand'ebbero mangiato, Gesù disse a Simon Pietro: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene tu più di costoro?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci i miei agnelli». Gli disse di nuovo: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Gli rispose: «Certo, Signore, tu lo sai che ti voglio bene». Gli disse: «Pasci le mie pecorelle». Gli disse per la terza volta: «Simone di Giovanni, mi vuoi bene?». Pietro rimase addolorato che per la terza volta gli dicesse: Mi vuoi bene?, e gli disse: «Signore, tu sai tutto; tu sai che ti voglio bene». Gli rispose Gesù: «Pasci le mie pecorelle. In verità, in verità ti dico: quando eri più giovane ti cingevi la veste da solo, e andavi dove volevi; ma quando sarai vecchio tenderai le tue mani, e un altro ti cingerà la veste e ti porterà dove tu non vuoi». Questo gli disse per indicare con quale morte egli avrebbe glorificato Dio. E detto questo aggiunse: «Seguimi».


Fondati sulla Roccia del perdono per dire a Cristo
 "sì, ti amo"





αποφθεγμα Apoftegma



Con il brano che chiude il Vangelo di Giovanni la Chiesa ci accompagna alle soglie del Cenacolo, dove scenderà di nuovo su di noi lo Spirito Santo. Anche sulle rive del lago di Tiberiade, infatti, Gesù aveva preparato un banchetto per gli apostoli. In quell’alba che sapeva di risurrezione, dopo una notte in cui “non presero nulla”, avevano pescato di nuovo una grande quantità di pesci, come quel giorno in cui, non a caso, proprio in quel luogo aveva moltiplicato i pani e i pesci. La Parola di Gesù aveva di nuovo reso feconda la loro incapacità. Scendendo dalla barca avevano visto “un fuoco di brace con del pesce sopra, e del pane”, e Gesù che, dopo averli invitati di nuovo “a mangiare” alla sua mensa, si “avvicinava” e “prendeva il pane per darglielo, e così pure il pesce”. Ora tutto appariva chiaro, e “nessuno dei discepoli osava domandargli: «Chi sei?», poiché sapevano bene che era il Signore”. Tra la notte del Cenacolo e quell’alba in Galilea tutto si era infatti compiuto. Davvero il pane ricevuto nel Cenacolo era il corpo di Gesù consegnato alla morte per loro; realmente il vino che avevano bevuto era il suo sangue versato per loro e per tutti in remissione dei peccati, il sigillo delle nuova ed eterna Alleanza. Quel cibo donato da Gesù sulla riva del lago dove un giorno li aveva chiamati, era la sua stessa vita tratta dal mare della morte; ma ora gli Apostoli sapevano che non era solo la sua ma anche la loro morte, quella che avevano appena sperimentato inoltrandosi nella notte senza pescare nulla. Per questo quel pesce ardeva sul fuoco della misericordia che cancellava i loro tradimenti e i loro peccati. Non a caso Giovanni registra che “questa era la terza volta che Gesù si manifestava ai discepoli, dopo essere risuscitato dai morti”. La “terza volta”, come le “tre volte” che Pietro ha tradito Gesù, come i “tre giorni” passati da Gesù nel sepolcro. Come “tre volte” Gesù chiede a Pietro se lo “ama più” degli altri. Pietro lo aveva riconosciuto come “il Signore” vittorioso sulla morte, il Kyrios della vita. Aveva “mangiato”, cioè sperimentato, l’amore “sino alla fine” del suo Maestro. Ora poteva inoltrarsi con Lui nella verità. E’ sempre così: mentre nel mondo si cercano i traditori per fucilarli, Gesù prende per mano Pietro che lo aveva tradito, per accompagnarlo sino al fondo dei propri peccati per consegnargli, invece della condanna, il perdono.


Carissimi, anche noi in questo Tempo Pasquale abbiamo “mangiato” con Gesù sperimentando la forza della sua risurrezione. Come i “neofiti” (“nuove piante”) della Chiesa primitiva, abbiamo ci siamo nutriti al “banchetto degli insegnamenti più perfetti” (Cirillo di Gerusalemme), alla “mistagogia”, per cogliere “sempre meglio la profondità del mistero pasquale e traducendolo sempre più nella pratica della vita” (“Rica”, Rito dell’iniziazione cristiana degli adulti). Per questo, prima di entrare nel Cenacolo della Pentecoste, Gesù ci chiede: "Mi ami tu? Mi ami più di costoro?". Lasciati trafiggere da questa domanda, oggi, ora. Dopo che nella Chiesa si è manifestato “tre volte” anche a te per annunciarti che è risuscitato con te dal sepolcro dove è stato “tre giorni” per te, Gesù ti chiede oggi per “tre volte” se lo ami.  Con questa domanda, infatti, il Signore ti chiede innanzitutto: “hai “mangiato” il mio amore fatto pane per te? Hai sperimentato nella tua famiglia, nella tua comunità, nella tua vita “quanto è buono il Signore”? Ricordando i tanti memoriali dell’amore con il quale Gesù ti ha chiamato e plasmato risponderai certamente di “sì”. Allora potrai scendere sino al fondo di te stesso e così, passando attraverso gli “strati” corrotti del tuo cuore, giungerai allo spazio più intimo e non compromesso dal peccato, quello della tua libertà dove anche il figlio prodigo è potuto “rientrare”. Scendi con Pietro, e con lui toccherai la Roccia, quella cosiddetta "del Primato" che ancora possiamo contemplare sulle rive del Lago di Galilea. Toccherai Cristo come lui, che in quel luogo ha potuto rinascere e fondare su quella Roccia la propria vita e il proprio ministero di pastore. Allora, non temere di scoprire chi sei; non restare chiuso nell’orgoglio ferito dai tuoi tradimenti. Rispondi “sì” al Signore. “Sì, tu sai che ti voglio bene, perché tu sai tutto di me” e non ho nulla più da nascondere. Coraggio allora, nonostante i tuoi tanti “no” oggi puoi dire a Gesù che “lo ami più di coloro” che non hanno avuto ancora la tua esperienza. Libero puoi dire un “sì” che desidera e spera di amare totalmente Colui che ha già detto il suo “sì” a te, quando eri un malvagio e un peccatore. Come Pietro ora lo puoi fare, perché il “sì” di Gesù, certificato dalla sua resurrezione che garantisce il tuo perdono, giunge a te come un dono da accogliere umilmente per crescere sino alla fede adulta. Quando “eravamo giovani” nel cammino di fede, infatti, “ci cingevamo la veste sa soli e andavamo dove volevamo”. Ci illudevamo cioè di essere liberi, e seguivamo le nostre concupiscenze, che magari scambiavamo per amore o per ispirazioni divine, come Pietro che non si conosceva. Ma quando “saremo vecchi”, quando cioè risuonerà nel nostro cuore umiliato e contrito il canto del gallo come in lui e le lacrime di pentimento ci apriranno per accogliere il suo perdono; quando avremo radicata in noi l’esperienza dell’amore di Dio e la vita di Cristo, "tenderemo" come agnellini “le nostre mani” allo Spirito Santo che, discendendo su di noi, ci “cingerà la veste” immagine dei pensieri e dei nostri gesti dei quali appunto ci “vestiamo”, per farci discernere in ogni “altro” il “tu” di Cristo al quale donarci.  Tuo marito o tua moglie per cominciare, e i tuoi figli, i fratelli della comunità, i colleghi e chiunque, ogni giorno, ci attende per farci "andare dove tu ed io non vogliamo". Lo Spirito Santo, infatti, vince le resistenze di quella parte di noi che ancora appartiene alla terra, spingendoci a mortificarla sulla Croce dove il Signore ci chiama a “seguirlo” perché, “pascendo i suoi agnellini e le sue pecorelle” sui pascoli del perdono che il mondo non conosce,  anche in questa generazione sia “glorificato Dio”. 


αποφθεγμα Apoftegma

«Simone, mi ami tu?». 
Non hai detto: «Non peccare, non tradire, non essere incoerente». 
Non hai toccato nulla di questo. 
Hai detto: «Simone, mi ami tu?». 
Questa è la voce che echeggia dalla capanna di Betlemme: 
«Mi ami tu?». 
Ognuno di noi non riesce a sfuggire completamente 
al fatto che Cristo è amabile da noi esattamente così come siamo, 
più di qualsiasi altro essere di cui ci si innamori. 
Anzi, splendore diventa la preferenza 
solo se investita dallo sguardo che uno porta a Cristo: 
Cristo coincide con la preferenza più grande che possiamo avere nella vita. 
«O quam amabilis, dulcis Jesu». 

Don Giussani
L'episodio del Vangelo di oggi è per tutti noi una Parola di grande speranza. Ci avvicina al cuore vero e vivo della Chiesa. Essa nasce dal perdono perché nel cristianesimo tutto è fondato sulla misericordia. L'esperienza di Pietro quel giorno sulle rive del Mare di Galilea è il tesoro più grande della Chiesa. Il perdono, l'amore che vince ogni peccato, che abbraccia e ricrea quello che sembrava morto e perduto. La Chiesa è questo perdono di Dio offerto ad ogni uomoEsso non elude la verità, anzi. L'amore di Gesù penetra sempre più nel cuore di Pietro proprio conducendolo sino al fondo della propria realtà. Tre volte aveva tradito, e tre volte Gesù chiede a Pietro se lo ama, riportandolo con dolcezza e misericordia a quel tradimento, alla verità del suo cuore, senza sconti, senza lasciare ombre a pretesto per giustificazioni o compromessi. No, Gesù prende per mano Pietro e lo accompagna sino al buio della morte che covava dentro, ma nel contesto di una relazione affettiva che il mondo non conosce. L'amore di Dio non è eros passionale, non è paternalismo o sentimentalismo. E' un amore vero, crudo, reale, paterno, proprio solo di Colui che sa riconoscere nel peccatore il suo stesso seme e lotta, gelosamente, per riportarlo all'originario splendore. Ma è anche un amore materno, perché misericordioso, un amore che è viscere di misericordia, un seno nel quale poter rinascere, rivivere, tornare ad essere figli. Gesù, dunque, accompagna Pietro, con amore. Ogni gradino sceso nella verità si fa, con Gesù, con la sua Parola, esperienza di un'altra verità, tanto più grande da abbracciare, spegnere, e cancellare il peccato. "Mi ami tu?" Al sì di Pietro, che è un desiderio macchiato dall'impotenza e dal peccato, corrisponde, sempre più forte, sempre più intenso, il sì di Gesù, il sì dell'amore a quell'amore povero, debole, incapace di fedeltà che era il sentimento di Pietro. Lui, il primo Papa, immagine di tutti i suoi successori, immagine d'ogni figlio della Chiesa, ha sperimentato che laddove è abbondato il peccato ha sovrabbondato la misericordia. Scendendo i gradini del fonte battesimale, proprio sulle rive di quel mare di misericordia dove tutto ebbe inizio, Pietro è giunto alla Roccia, quella che ancora possiamo contemplare sulle rive del Lago di Galilea, quella cosiddetta "del Primato". La Roccia di un amore infinito, invincibile. La Roccia, cioè Cristo. E' sceso Pietro al fondo di se stesso, spogliandosi a poco a poco dell'uomo vecchio, delle difese, della superbia, della carne e dei suoi desideri. E' sceso e ha incontrato la Roccia. Nudo ha potuto rinascere e fondare su quella Roccia la propria vita, il proprio ministero di pastore. Ne sarà, da allora il testimone e il garante. Quella Roccia è indistruttibile, l'amore di Dio che non verrà mai meno, mai. E Pietro confermerà nei secoli ai suoi fratelli proprio la fede fondata su di essa, ovvero l'esperienza vivissima nella sua carne di questo amore perché per lui tutto è nato dall'amore misericordioso di Dio. Così per noi, tutto nasce dall'incontro con lo stesso amore, fatto carne in Cristo Gesù. Ogni giorno, nella storia che viviamo, negli errori e nei peccati che ci restano tra le mani, nei fallimenti, nella debolezza, Cristo è lì, ad accompagnarci nella verità. Ci prende in disparte nella comunità cristiana, e attraverso le liturgie e i sacramenti, la preghiera e la vita con i fratelli, ci dice quello che siamo, ma per farci toccare, al fondo della verità, il suo amore infinito. Comprendiamo allora quanto sia importante per tutti noi camminare nella Chiesa, scendere, accompagnati dalla sua sapienza materna, i gradini che ci conducono alle acque del nostro battesimo che è una fonte di vita eterna che sgorga ogni giorno dal grembo della Chiesa, sino a quello del battesimo che ci aprirà le porte del Cielo. Nell'incontro quotidiano con la misericordia di Dio siamo chiamati ad imparare a non scandalizzarci di noi stessi, ad avere pazienza con la nostra debolezza, e a non dubitare dell'amore di Dio. Insomma, ad aver fede, che è possedere lo stesso sguardo di Dio su noi stessi, sugli altri e sulla storia. La fede adulta che Pietro ci conferma, pascendoci con pazienza e fedeltà per divenire vasi preziosissimi di misericordia per ogni uomo. Per essere carne e voce, gesti e sguardi nei quali chiunque possa toccare la Roccia dell'unico amore nel quale e per il quale tutti sono stati creati. In ogni istante si cela la voce di Gesù, ogni situazione e ogni persona ci consegnano le sue parole: "Mi ami tu?". Si, per amare chi ci è accanto, anche quando si fa nostro nemico, occorre vivere nell'amore a Cristo che nasce come risposta debole e balbettata alla sua risposta d'amore ai nostri peccati. Più si ama Cristo, più si amerà il prossimo, "tendendo" come agnellini le nostre mani, per "andare laddove la carne non vorrebbe", alla Croce che ci fa salvezza offerta gratuitamente anche a chi ci fa del male e ci "cinge", lega e incatena, per aprire il Cielo e la speranza a quanti, perduti l'uno e l'altra, cercano la felicità nel peccato. Più si è abbandonati al suo amore, più ci si potrà consegnare, indifesi, a chi Dio ci pone al fianco. Tutto è Grazia diceva Santa Teresina di Lisieux, perché in tutto è seminato per noi l'amore di Cristo. La fede è uno sguardo capace di intercettarlo e accoglierlo, per "seguirlo" sul cammino dell'evangelizzazione e della carità. Uniti a Pietro, vivendo ogni momento nello stesso dialogo con cui il Signore lo ha cercato, amato e inviato a pascere il suo gregge, camminando con la Chiesa, desiderando lo Spirito Santo che sigilli in noi l'amore che esso riversa nei nostri cuori, prepariamoci alla Pentecoste di quest'anno, che rinnoverà il miracolo del perdono e della Vita divina in noi, per pascere, condurre a Cristo e sfamare con il suo amore questa generazione.






QUI UN ALTRO COMMENTO E GLI APPROFONDIMENTI

Il Vangelo del giorno.

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