Quel selfie davanti al crocifisso.
Stamattina sono passato a Milano in Duomo. Ero fermo un attimo a pregare davanti al crocifisso quando una ragazza si fa largo tra le persone, tira fuori il suo smartphone e si fa un bel selfie con il crocifisso.
Al momento la cosa mi ha un po’ infastidito e ha suscitato in me alcune scontate reazioni: che senso ha un selfie col crocifisso? Ok il turismo, ma serve un po’ di rispetto! Ma lo sa quella ragazza il significato della croce? Un po’ quelle stesse domande che mi pongo quando incontro uno di quei tamarretti, tutto fumo, motorino e bestemmie, che però immancabilmente hanno al collo il catenozzo col crocifisso.
Arrivato a questo punto del mio fastidio mi sono però bloccato. Ho alzato lo sguardo per un istante e ho smascherato in me uno spirito decisamente lontano dal vangelo: quella innata tendenza cioè a giudicare, a incasellare una persona dentro i miei schemi, a fermarmi alle apparenze senza considerare che Dio si serve di ogni strada per arrivare alle persone.
E mi sono detto: guarda un po’, questa ragazza si è portata a casa una foto di lei col crocifisso! Non so nulla di questa persona. Non lo so se va tutte le domeniche a Messa, se invece è decisamente lontana dalla fede. So di certo però che, come ogni uomo, sarà presa tra gli affanni della vita, sarà sballottata di qua e di là, tra una spesa da fare, un autobus da prendere, un modulo da compilare. Sarà felice per quel successo, sarà turbata da quella delusione, piangerà lacrime di gioia e griderà aiuto nel momento del dolore.
E chi lo sa se un giorno, in mezzo a tutto questo, dall’archivio del suo smartphone salterà fuori una foto di tanti anni prima, una foto in cui c’è lei con un sorriso e dietro a lei un crocifisso che l’abbraccia. Chi lo sa se proprio davanti a quella foto, in mezzo alla sua vita, questa donna comprenderà una verità immensa: che la sua vita, da sempre, da prima che se ne rendesse conto, è amata in modo sublime, è amata a tal punto che qualcuno è arrivato a morire per lei.
Chi lo sa se davanti a quella foto, troverà il coraggio di girarsi e guardare in faccia quel crocifisso, perché a penetrare i suoi occhi non sia più la camera narcisista del suo smartphone, ma quello sguardo eterno che dona vita.
Mi alzo per tornarmene verso casa e di certo per strada incontrerò i tamarretti di cui sopra. Chissà che anche il loro crocifisso al collo non sia un seme gettato da un Dio che, lontano dai nostri schemi, agisce e arriva dove lui solo sa.
Gabriele Cossovich
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