L'ANNUNCIO
Betsaida, al confine tra la Galilea e la Decapoli. Betsaida, a un tiro di sasso dal paganesimo. La nostra città... E Gesù ci viene incontro, in questo lembo di terra in cui viviamo, un po' con Dio e un po' con mammona, un po' fedeli e un po' idolatri. Betsaida, la nostra vita che non è carne né pesce, sorgente di sofferenza per la frustrazione di non riuscire a spenderla per l'amore nel quale siamo stati creati. Ma la Chiesa giunge proprio a Betsaida e ci chiama per condurci a Gesù, Proprio qui inizia per il cieco del Vangelo, e per tutti noi, un'avventura d'amore, il cammino di conversione, la teshuvà, il ritorno a casa, quella dei figli. Esso inizia con "la mano tesa" di Gesù, nel gesto d'un fratello maggiore che prende con sé il più piccolo, per condurlo fuori dalla stanza buia popolata di incubi. Abbiamo avuto incubi stanotte? Forse ne abbiamo anche in pieno giorno, di fronte ai doveri che incombono e sembrano soffocarci; la casa, il lavoro, lo studio, le bollette e gli impegni di una società che viaggia alla velocità della luce. L'angoscia dinanzi a quella relazione che proprio non ce la facciamo a sostenere: non abbiamo parole, niente, neanche un saluto riusciamo a sussurrare, è più forte di noi. Il buio ci assale e cresce la paura della morte che intuiamo attenderci di qui a poco; e così camminiamo a tastoni, "ciechi" su quello che realmente siamo e su chi ci è accanto. Ciechi perché gli affanni della vita, le preoccupazione e, soprattutto i peccati figli della menzogna, stanno soffocando il seme dell'amore che Dio ha deposto in noi. La cecità è il segno di un disordine, mostra la natura in tutti i suoi limiti. Siamo ciechi e sbattiamo ogni giorno sulle barriere architettoniche erette dal nostro cuore indurito, dai pregiudizi, dalle concupiscenze, dai moralismi, dalla carne gravida di corruzione. Ma nulla di tutto ciò è estraneo all'amore della Chiesa. Lo possiamo vivere in essa, nella comunità, perché ci consegni a Cristo pregandolo di toccare il nostro dolore, con la Parola e i sacramenti. E' il mistero che attraversa il cammino di iniziazione cristiana preparato per tutti i chiamati ad essere cristiani, la gestazione che conduce alle acque del battesimo e alla nuova vita in Cristo, la vita degli illuminati, i fotomenozoi, come venivano chiamati i neofiti nella Chiesa primitiva. Tutto parte dalla scomodità dell'essere cieco, che rilancia nel cuore dell'uomo la chiamata di Dio. Il contatto prolungato con Gesù simboleggiato dall'essere ripetutamente toccato da Lui, a poco a poco svela l'uomo a se stesso, ne schiude gli occhi per una vista che si farà sempre più chiara. Nella misura che s'accresce l'intimità con Gesù la vista diviene più precisa, riuscendo a discernere la verità oltre le apparenze. Il Signore ci prende oggi per mano e ci conduce nel deserto per parlare al nostro cuore. In questi passi balbettati accanto a Gesù è tutta la nostra vita. Non possiamo pretendere di passare immediatamente dalla cecità alla vista. Ci farebbe male, come accade quando irrompe improvvisamente la luce in una stanza chiusa in un buio prolungato. Non è così nella natura, nella quale Dio ha previsto prima l'aurora e poi, a poco a poco, l'intensificarsi della luce sino al mezzogiorno. Nella notte è sceso Cristo, ci ha "visto" affogati nel buio, ci ha preso per mano per accompagnarci fuori dalla tomba. E' la Pasqua che celebriamo vegliando nell'attesa della luce, attorno al cero che viene acceso nelle tenebre. Così comincia ogni giorno il nostro cammino di conversione. Una Luce profetica ci annuncia che con essa giungeremo alla stella del mattino, e poi sino al giorno pieno. Grazie alla predicazione e all'annuncio della Parola simboleggiata dalla "saliva" di Gesù spalmata sugli occhi del cieco, anche noi cominceremo a renderci conto di avere una moglie accanto, un figlio che ha bisogno di noi, un collega che è sull'orlo del divorzio. All'inizio il prossimo ci apparirà come un albero, ma sarà già molto: prima del Vangelo eravamo soli, in preda alla nostra superbia. Poi, a poco a poco, il Signore ci donerà uno sguardo nuovo, un "vedere dentro", come dice il verbo greco, "vedere perfettamente attraverso'", ovvero il discernimento capace di riconoscere in chi ci è accanto lo stesso suo volto. Un vedere che è amore, perché scende laddove i peccati hanno nascosto la bellezza di ogni uomo, per contemplarla e benedire Dio. L'intimità con Gesù ci fa uno con Lui, al punto di poter "guardare a distanza ogni cosa", senza trascurare nessun dettaglio offertoci per stendere le braccia e donarci. Per questo, una volta guariti, non si torna più al "villaggio" di prima, ai rapporti infestati dalla paura e dal peccato. Occhi nuovi suppongono una vita nuova alla sequela di Gesù, guardando la storia e le persone con i suoi occhi colmi di misericordia.
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