VI^ DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO Anno A
Nella sesta Domenica del Tempo ordinario, la liturgia ci presenta il Vangelo in cui Gesù dice di non essere venuto ad abolire la Legge o i Profeti, ma per dare compimento. Poi aggiunge:
“Se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli”.
Il Vangelo di oggi è una “buona notizia” che viene a scuoterci dal nostro sonno, dal nostro quotidiano compromesso con il mondo. Il Signore non vuole un compimento formale della legge, che non coinvolga il cuore; sapendo bene che ciò che contamina l’uomo sono le violenze, i giudizi, gli adulteri che escono dal cuore dell’uomo, è venuto a “dare compimento” alla legge antica. Si è interamente donato, offerto alla volontà del Padre e, risuscitato dai morti, ci dona uno spirito nuovo. Non si entra nel Regno di Dio con l’osservanza meticolosa della legge, come facevano scribi e farisei: ora è possibile una “giustizia superiore”: “Siate santi, come io sono santo” (Lev 19,2). Ora il Signore può rileggere per noi tre comandamenti antichi: È stato detto: “Non ucciderai”; “ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio”, ed anche parole come i quotidiani: “Stupido”, “Sei pazzo!” ai fratelli ci assicurano il “fuoco della Geenna”. Gesù chiede una vera riconciliazione con il fratello prima di ogni gesto religioso, prima di presentare l’offerta all’altare. All’antico: “Non commetterai adulterio”, il Signore aggiunge: “Ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel proprio cuore”. E lo stesso vale per il ripudio. E questa parola del Signore non si svuota, non si banalizza solo perché oggi tutti lo fanno. E davanti al nostro moltiplicare parole vuote, il Signore dice: “Ma io vi dico: non giurate affatto…”, anzi “sia il vostro parlare: Sì, sì, No, no; il di più viene dal Maligno”. (don Ezechiele Pasotti, prefetto agli studi nel Collegio Diocesano missionario “Redemptoris Mater” di Roma)
Di seguito i testi della LIturgia e i commenti. Buona domenica!
MESSALE
Antifona d'Ingresso Sal 30,3-4
Sii per me difesa, o Dio, rocca e fortezza che mi salva,
perché tu sei mio baluardo e mio rifugio;
guidami per amore del tuo nome.
Sii per me difesa, o Dio, rocca e fortezza che mi salva,
perché tu sei mio baluardo e mio rifugio;
guidami per amore del tuo nome.
Colletta
O Dio, che hai promesso di essere presente in coloro che ti amano e con cuore retto e sincero custodiscono la tua parola, rendici degni di diventare tua stabile dimora. Per il nostro Signore ...
Oppure:
O Dio, che riveli la pienezza della legge nella giustizia nuova fondata sull'amore, fa' che il popolo cristiano, radunato per offrirti il sacrificio perfetto, sia coerente con le esigenze del Vangelo, e diventi per ogni uomo segno di riconciliazione e di pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo...
LITURGIA DELLA PAROLA
Prima Lettura Sir 15, 15-20A nessuno ha comandato di essere empio.
Dal libro del SiràcideSe vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno;
se hai fiducia in lui, anche tu vivrai.
Egli ti ha posto davanti fuoco e acqua:
là dove vuoi tendi la tua mano.
Davanti agli uomini stanno la vita e la morte, il bene e il male:
a ognuno sarà dato ciò che a lui piacerà.
Grande infatti è la sapienza del Signore;
forte e potente, egli vede ogni cosa.
I suoi occhi sono su coloro che lo temono,
egli conosce ogni opera degli uomini.
A nessuno ha comandato di essere empio
e a nessuno ha dato il permesso di peccare.
Salmo Responsoriale Dal Salmo 118
Beato chi cammina nella legge del Signore.Beato chi è integro nella sua via
e cammina nella legge del Signore.
Beato chi custodisce i suoi insegnamenti
e lo cerca con tutto il cuore.
Tu hai promulgato i tuoi precetti
perché siano osservati interamente.
Siano stabili le mie vie
nel custodire i tuoi decreti.
Sii benevolo con il tuo servo e avrò vita,
osserverò la tua parola.
Aprimi gli occhi perché io consideri
le meraviglie della tua legge.
Insegnami, Signore, la via dei tuoi decreti
e la custodirò sino alla fine.
Dammi intelligenza, perché io custodisca la tua legge
e la osservi con tutto il cuore.
Seconda Lettura 1 Cor 2, 6-10
Dio ha stabilito una sapienza prima dei secoli per la nostra gloria.
Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai CorinziFratelli, tra coloro che sono perfetti parliamo, sì, di sapienza, ma di una sapienza che non è di questo mondo, né dei dominatori di questo mondo, che vengono ridotti al nulla. Parliamo invece della sapienza di Dio, che è nel mistero, che è rimasta nascosta e che Dio ha stabilito prima dei secoli per la nostra gloria.
Nessuno dei dominatori di questo mondo l’ha conosciuta; se l’avessero conosciuta, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria.
Ma, come sta scritto:
«Quelle cose che occhio non vide, né orecchio udì,
né mai entrarono in cuore di uomo,
Dio le ha preparate per coloro che lo amano».
Ma a noi Dio le ha rivelate per mezzo dello Spirito; lo Spirito infatti conosce bene ogni cosa, anche le profondità di Dio.
Canto al Vangelo Cf Mt 11,25
Alleluia, alleluia.
Benedetto sei tu, Padre, Signore del cielo e della terra,
perché ai piccoli hai rivelato i misteri del regno dei cieli.
Alleluia.
Vangelo Mt 5, 17-37Così fu detto agli antichi: ma io dico a voi ...
Dal vangelo secondo Matteo[In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:] «Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non son venuto per abolire, ma per dare compimento. In verità vi dico: finché non siano passati il cielo e la terra, non passerà dalla legge neppure un iota o un segno, senza che tutto sia compiuto.
Chi dunque trasgredirà uno solo di questi precetti, anche minimi, e insegnerà agli uomini a fare altrettanto, sarà considerato minimo nel regno dei cieli.
Chi invece li osserverà e li insegnerà agli uomini, sarà considerato grande nel regno dei cieli. Poiché [io vi dico: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
Avete inteso che fu detto agli antichi: "Non uccidere"; chi avrà ucciso sarà sottoposto a giudizio. Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello, sarà sottoposto a giudizio.] Chi poi dice al fratello: stupido, sarà sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: pazzo, sarà sottoposto al fuoco della Geenna.
Se dunque presenti la tua offerta sull'altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all'altare e và prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna ad offrire il tuo dono.
Mettiti presto d'accordo con il tuo avversario mentre sei per via con lui, perché l'avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia e tu venga gettato in prigione. In verità ti dico: non uscirai di là finché tu non abbia pagato fino all'ultimo spicciolo! [Avete inteso che fu detto: "Non commettere adulterio"; ma io vi dico: chiunque guarda una donna per desiderarla, ha già commesso adulterio con lei nel suo cuore.]
Se il tuo occhio destro ti è occasione di scandalo, càvalo e gettalo via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo venga gettato nella Geenna. E se la tua mano destra ti è occasione di scandalo, tàgliala e gettala via da te: conviene che perisca uno dei tuoi membri, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geenna.
Fu pure detto: "Chi ripudia la propria moglie, le dia l'atto di ripudio"; ma io vi dico: chiunque ripudia sua moglie, eccetto il caso di concubinato, la espone all'adulterio e chiunque sposa una ripudiata, commette adulterio.[Avete anche inteso che fu detto agli antichi: "Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto]: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. [Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno».]
*
"Ma il cuore dov'è?"
Commento al Vangelo di Domenica della VI settimana del Tempo Ordinario. Anno A
Chi è un cristiano? E’ colui nel quale è vivo Cristo, che, nel celebre Discorso della Montagna, ha voluto lasciarci il suo ritratto, preciso in ogni dettaglio. Per questo, nulla di noi è marginale. Tutto ci è donato per essere "compiuto", colmato, “riempito trabocchevolmente” di Lui, perché si realizzino le sue parole pronunciate durante l’ultima cena: “Tu in me e io in loro, perché siano perfetti nell’unità e il mondo creda che tu mi hai mandato”.
Ogni istante è come uno yod (iota in ebraico), la più piccola lettera dell’alfabeto ebraico, eppure importantissima; decisivo per definire il significato di molte parole simili, lo yod è fondamentale per illuminare il compimento delle frasi, schiudendo il passato verso il futuro.
Il Signore "desidera ardentemente" accogliere ogni momento e aspetto della nostra vita per dargli compimento; ha sete del nostro aceto fatto di amarezze e peccati;ricevendolo sulla croce come l'ultimo “yod” necessario perché tutto sia colmato, ha reclinato il capo e spirando ci ha inondato del suo Spirito.
Da quel momento non vi è più nulla da mettere tra parentesi, rifiutare e buttar via. Gesù ci ha amati sino alla fine - sino all'ultimo “iota” - per farci felici e vivere tutto senza paura,perché "tutto è compiuto" nell'amore.
Pulire la casa, studiare quella materia insopportabile, cambiare l’ennesimo pannolino, l’odore acre dell’autobus pullulante di zombi mattutini, il capoufficio, il traffico alienante, la precarietà economica, il dolore di denti, la cellulite, l’altezza, i nostri occhi, i difetti, il carattere, tutto: ogni “iota” della nostra vita è decisivo per amare.
La misericordia di Dio trasforma il momento più routinario in una sorgente di salvezza e di letizia. Vivere pienamente la vita è accogliere il senso profondo che Lui consegna ad ogni nostra ora, anche la più dolorosa, l’ultima che ci viene donata, senza trascurare nulla.
I suoi comandamenti, infatti, sono il suo stesso amore declinato nella vita dell'uomo. Esso è attento a ogni dettaglio, non lascia nulla al caso; i suoi precetti, parole di vita e di libertà, abbracciano in uno sguardo amorevole ogni millimetro della nostra esistenza.
Osservarli, nella pura Grazia di una vita abbandonata al soffio dello Spirito Santo, significa essere fedeli nelle piccole cose per esserlo nelle grandi, quando sarà preparato l'altare dove sacrificare la vita. Chi, al contrario, trascura il "precetto minimo", si ritroverà con un "amore minimo", incapace di far fronte al bisogno dell'altro, inciamperà quando urterà contro l'eccezionale di una crisi del coniuge, del figlio, dell'amico o del fidanzato.
Chi vive disattento e insegna ad esserlo è condannato ad essere "considerato minimo nel Regno dei Cieli", dove è grande l'insignificante, il povero, il peccatore. E' paradossale, ma un peccatore che si converte ha “superato la giustizia dei farisei”; è "più grande" - capace di una gioia e una pace e un amore "più grandi" - di chi, subdolamente, sovverte la volontà di bene del Signore per affermare i propri criteri.
La "giustizia di scribi e farisei" aveva, come la nostra, i limiti della propria carne, perché fondata su opere che avevano perduto il sapore della gratuità, lettera morta, senza Spirito.
Lo dimostrano le parole di Gesù, nelle quali sembra affiorare l’assurdo: un pensiero che sfiora appena la mente, ed è come uccidere un uomo.
E’ un paradosso per rivelare il veleno che scorre nel cuore di tutti: se non siamo capaci di "pensare bene" come illudersi di poter "compiere il bene"? Quante messe, preghiere, parole, consigli, sguardi umili, ma il cuore dov’è? Che ne è stato di quel vicino di casa, della suocera, del collega? Uccisi nel cuore, sepolti e dimenticati.
E non solo questo. Il Signore ci parla di "qualcuno che ha qualcosa contro di noi", non necessariamente perché noi si abbia fatto qualcosa di male: parole chiarissime, che mostrano, in filigrana, il cuore di Cristo. Noi tutti ce l'avevamo con Lui, e lo abbiamo inchiodato a una Croce. E non ci aveva fatto nulla, anzi, ci aveva semplicemente amati. Ma Lui ha "lasciato l'offerta all'altare del Tempio", e si è fatto offerta Lui stesso, il suo corpo come il nuovo Tempio, la sua Croce come il nuovo altare.
Lui si è ricordato di tutti noi, che avevamo qualcosa contro di Lui, per quella malattia, per quel dolore, per quel fallimento, ed è venuto a cercarci per riconciliarci con Lui. Ma come è possibile? Noi, peccatori e per questo debitori, nel cuore di Cristo diveniamo suoi creditori! Ladri, ma i suoi occhi ci vedono come dei derubati. Ingannatori, ma la sua misericordia ci considera ingannati.
In Lui è apparsa la Giustizia di Dio, che supera la casuistica farisaica, le regolette da rispettare con cui difendersi e sentirsi a posto; supera la religione naturale fatta di prescrizioni, doveri, paura e schiavitù, per donarci la Vita nuova che non si esaurisce e che possiamo offrire anche al nemico.
Certo, le parole di Gesù sono follia pura agli occhi e alle menti carnali. Come inginocchiarsi dinanzi a chi ci tradisce, ci calunnia, ci "cita in giudizio"? Come chiedere perdono per quello che non si è commesso? Dove si va a finire? Infatti, non è sapienza mondana, e non c'entra nulla con le leggi di uno Stato. E' lo Spirito della famiglia di Dio, la vita dei figli di Dio: la carità di Cristo in noi, l'agape che abbraccia, dalla Croce, ogni uomo.
Abbiamo sperimentato questa giustizia nella nostra vita? Gesù ci chiama ad accogliere oggi il suo amore che ci giustifica, in un cammino da percorrere nella Chiesa, l’iniziazione cristiana attraverso la quale Dio strappa il peccato dal cuore e vi depone il seme del suo amore.
Per questo, nel Discorso della montagna non vi è spazio per il sentimentalismo e il buonismo d'accatto. I cristiani assumono ogni giorno un combattimento spirituale contro le insidie della superbia e del demonio, e quando c'è da tagliare si "taglia", per amore.
Sulla soglia del peccato originale, infatti, troviamo la "concupiscenza", che nel Vangelo è tradotta con "desiderio", quello ferito dal demonio. Tutti ne facciamo esperienza… Basta uno sguardo… Chi guarda una donna con concupiscenza, infatti, "ha già commesso adulterio nel suo cuore": non si può desiderare con concupiscenza e nello stesso tempo offrirsi con amore nella gratuità, pena l'adulterio.
Quanti adulteri nei nostri cuori… Quanti desideri che cancellano l’amore in favore dell’avidità con cui offriamo a noi stessi persone e cose… Abbiamo bisogno di una purificazione dello sguardo che si compie solo in un cammino di conversione: in esso, attraverso la Parola, la liturgia e la vita nella comunità, la Grazia converte il cuore perché gli occhi, che svelano le intenzioni, contemplino Cristo nel prossimo.
Nella Chiesa possiamo imparare a fondare la nostra vita su di Lui. A "Gerusalemme", sulla Croce, "trono" che giunge al "Cielo" e "sgabello" ben radicato sulla "terra", Gesù ha già giurato al Padre per tutti noi amore infinito ed eterno. Non si torna indietro, pena l'infelicità eterna; il Signore ci ha crocifissi con Lui negli eventi della nostra storia, facendo di essa una primizia della nuova "Gerusalemme", cittadini della "città del gran Re" che ha dato la sua vita per noi.
Chi è di Cristo non ha bisogno e non può giurare, perché la sua vita è già legata, per l'eternità, in un'alleanza d'amore. Il “sì” di Gesù, infatti, è il "giuramento" che fonda tutta l’esistenza. Da esso nascono i nostri “sì” e “no”. Il sì alla storia che Dio prepara ogni giorno, il no a chi e a quanto vorrebbe opporvisi. Il sì di parole che rifuggono ipocrisia e adulazione per annunciare sempre e ovunque il Vangelo.
*
VI Domenica del Tempo Ordinario – Anno A
Commento della Congregazione per il Clero
L’invito a seguire Gesù, a diventare Suoi discepoli, è una chiamata che coinvolge la vita concreta. La legge, i comportamenti che essa prescrive, rispondono a questa necessità, togliere l’essere cristiani dalla sfera delle intenzioni e dei pii pensieri, per portarlo dentro la vita di tutti i giorni. Però, Gesù non ha certo il gusto delle regole fini a sé stesse ed evidentemente vede in esse uno “strumento” per conquistare ed educare il cuore dei suoi discepoli.
La legge di Dio infatti per sua natura mira a coinvolgere la persona intera, sin nel profondo, non si accontenta di un “buon senso” puramente umano e serve ad aiutare l’uomo a scoprire e vivere appieno la sua dignità di figlio di Dio. Perciò, ci sono esigenze basilari del vivere umano – il rispetto per la vita, il rispetto per la sacralità delle relazioni, il parlare schiettamente – che alla luce di Cristo trovano un significato più profondo, senza perdere quello iniziale. Così, c’è un uccidere fisico, dal quale istintivamente rifuggiamo, con orrore, ma c’è anche un uccidere coi giudizi, con le parole o con i silenzi, con le nostre scelte quotidiane, che, direttamente o indirettamente, hanno conseguenze anche per gli altri.
Papa Francesco ha chiaramente ricordato quella forma di omicidio sottile e “facile”, che sono le maldicenze ed i rancori: «quello che nel suo cuore odia suo fratello é un omicida. Noi siamo abituati alle chiacchiere, ai pettegolezzi. Ma quante volte le nostre comunità, anche la nostra famiglia, sono un inferno dove si gestisce questa criminalità di uccidere il fratello e la sorella con la lingua» (omelia del 2 settembre 2013). È un ambito delicato, perché quotidiano, che sempre può costituire un ottimo spunto per un serio esame di coscienza e per un cammino di conversione.
E così, allo stesso modo, esistono un adulterio in senso stretto, che tante volte si finisce per giustificare ed ammantare di pretese buone ragioni, ed un parlare doppio, mellifluo, spacciato per prudenza o per un linguaggio “politicamente corretto”. Non è così, anzi, il Signore ci invita alla limpidezza nel parlare ed alla castità dei del cuore e dei pensieri. Alla scuola di Gesù, i peccatori non vengono “guariti” negando il peccato, o smettendo di considerarlo tale, ma amando la persona che lo ha commesso, come ha insegnato S. Agostino: «Il Signore, quindi, condanna il peccato, ma non l’uomo. Poiché se egli fosse fautore del peccato, direbbe: neppure io ti condanno; va’, vivi come ti pare, sulla mia assoluzione potrai sempre contare; qualunque sia il tuo peccato, io ti libererò da ogni pena della geenna e dalle torture dell’inferno. Ma non disse così» (Io. Ev. tract. 33,6). O, con le efficaci parole di un noto aforisma, possiamo dire che «la Chiesa è intransigente sui principi, perché crede, è tollerante nella pratica, perché ama».
Perché dunque è tanto grande l’importanza della legge, da indurre Gesù a volerla conservare e portare a compimento? Perché, «se vuoi osservare i suoi comandamenti, essi ti custodiranno». I precetti che derivano dalla legge di Dio non sono strumenti morti, “idoli” da onorare solo perché sono la legge. La forza della legge che viene da Dio, anche quando prende la forma di piccole prescrizioni umane, risiede invece nella sua efficacia, nella sua capacità di aiutare l’uomo a far germogliare i semi di beni che sono nel suo cuore e nelle sue possibilità, liberandolo dalle “tentazioni” delle buone intenzioni mai messe in pratica o del diventare legge a sé stesso.
Ciò a cui Gesù chiama, la sapienza di Dio, di cui parla la seconda lettura, è una sapienza per la vita, una sapienza che aiuta a dare forma alla vita di ogni giorno. Gesù non si è limitato ad annunciare regole, più o meno utili o condivisibili, ma ci ha donato la Sua vita, una vita che anche noi possiamo vivere e che anche a noi può donare gioia e serenità ora, la vita eterna poi.
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Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la VI domenica del Tempo Ordinario (Anno A).
Come di consueto, il presule offre anche una lettura patristica.
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LECTIO DIVINA
La Legge della libertà
1) La legge[1] e il suo compimento[2].
Nel Vangelo di questa domenica, Gesù afferma di voler portare a “compimento la Legge e i Profeti”[3] (Mt 5, 17). In effetti il Cristo, il Verbo fatto nostra carne per nostro amore non è solamente la Parola della legge, cioè la Via per la quale dobbiamo andare, ma è anche la Verità che adempie la legge, e la Vita che ne premia il compimento.
Qual dunque è il “compimento” della legge? Pieno compimento della legge è l’obbedienza al comandamento dell’amore (cfr. Rm 13, 9-10). L’obbedienza diventa così il segno che si vive sotto la grazia dell’amore. “Se mi amate, osservate i miei comandamenti” (Gv 14,15), perché l’amore non sostituisce la legge, ma la osserva, la “compie”.
Anzi l’amore è l’unica forza che può osservare veramente la legge. Si può dire ancora di più: “E’ Gesù stesso il compimento della legge, in quanto egli ne realizza il significato autentico con il dono totale di sé: diventa Lui stesso legge vivente, personale” [4] e luminosa.
Già il salmo 18 paragona la legge di Dio alla luce del sole, quando afferma che i “comandi del Signore sono limpidi, danno luce agli occhi” (18/19,9).
Il Libro dei Proverbi poi afferma che “il comando è una lampada e l’insegnamento è una luce” (6, 23). Infine non va dimenticato che Gesù stesso presenta la sua persona come rivelazione definitiva usando la medesima immagine: “Io sono la luce del mondo; chi segue me non cammina nelle tenebre, ma avrà la luce della vita” (Gv 8, 12), la luce dell’amore. Cristo è Luce senza la quale non possiamo camminare che a tentoni. Lui è Luce che ci fa conoscere noi stessi, comprendere il mondo e sapere dove andiamo.
Camminare alla luce di Cristo vuol dire accettare la croce quotidiana, e ricevere la pace. La pace del cuore è la forza del credente: se siamo perseveranti nell’obbedire ai comandi di Dio, la nostra costanza sarà sorgente di felicità.
Preghiamo il nostro Padre nei cieli perché Cristo, nostra Legge[5], illumini i nostri cuori, rinfranchi le nostre anime e ci doni la saggezza dei semplici, perché sappiamo sempre camminare nella sua luce anche quando ci sono difficoltà, affanni e pericoli.
Gesù non cominciò a predicare dicendo: “Convertitevi e credete al vangelo affinché il Regno venga a voi”; cominciò dicendo: “Il Regno di Dio è venuto tra voi: convertitevi e credete al vangelo”. Non prima la conversione, poi la salvezza, ma prima il dono della salvezza e poi la conversione.
Nel cristianesimo esistono i doveri e i comandamenti, ma il piano dei comandamenti, compreso il più grande di tutti che è amare Dio e il prossimo, non è il primo passo, ma il secondo; prima di esso, c’è il passo del dono, della grazia. “Noi amiamo perché egli ci ha amati per primo” (1 Gv 4,19). È dal dono che scaturisce il dovere, non viceversa.
2) La legge è un dono.
Cristo non ci dice solo “cosa fare”, ma “chi dobbiamo essere” e, quindi, ci insegna anche come dobbiamo vivere per realizzare la comunione nell’amore a Dio ed ai fratelli. Con l’osservanza dei comandamenti, noi obbediamo con amore alla legge, che è radicata nell’amore di Dio e che indica la volontà di Dio di reggere la nostra vita con i suoi comandi di carità. Con questa osservanza alla sua legge di libertà noi diventiamo più “umani”, facendo risplendere in noi l’immagine e somiglianza di Dio che ci ha creati per la vita con Lui.
La legge è la parola di Dio, che indica la sua volontà per la vita. Gesù è il primo che ha compiuto questa volontà, che è un dono che Dio ci dà per vivere da uomini nuovi nell’amore. Chi ama compie tutta la legge che è cammino della vita, osservandola sempre.
Dicendo che Lui non è venuto ad abolire la legge ma a compierla, Gesù intende toglierci dalla paura della punizione e radicarci nell’amore fiducioso. Lui è l’Uomo e conosce l’uomo, comprendendone le debolezza. Sa che una legge imposta con la paura della punizione è rispettata, possiamo dire, tre volte su dieci. Sa pure che una legge che garantisce un premio è osservata sette volte su dieci. Lui vuole aiutarci ad osservarla dieci volte su dieci. Allora da buon fratello maggiore ci ricorda che non solamente la legge fu data da Dio a Mosè sul Monte Sinai, tra tuoni e fulmini, ma che essa è uscita dal Pensiero di Dio, che ce l’ha donata grazie al suo Amore e l’ha detta con la sua Parola. Gesù, Uomo che ha Dio come Padre, ci insegna che la santità non è un “mestiere” per pochi, ma la vocazione di tutti i battezzati.
Santità non è separazione dalla vita quotidiana, dalla quotidiana fatica di vivere, ma vivere nella fiducia e nella confidenza come bambini nelle braccia della loro mamma.
Un esempio significativo è quello di Santa Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo. Che cosa ha fatto questa che noi non possiamo fare? Questa piccola, grande Santa rispose all’amore come una giovane donna di 24 anni può fare. Non fece grandi cose[6].
La grandezza delle nostre azioni dipende dalla fede che abbiamo nel Suo amore. Imitiamo la piccola Teresa, che credeva con certezza di essere amata da Dio, e così ha sconvolto il Cielo con i suoi “semplici, piccoli” atti di amore, con un sorriso, con un passo in più in giardino, un’offerta del suo dolore dovuto ad un tumore osseo, perché un missionario avesse la forza di riprendere il cammino di evangelizzatore.
Anche i suoi genitori, i coniugi Martin, vissero come la piccola Teresa Martin del Bambin Gesù e, penso, furono loro ad insegnare quello stile di vita che la Santa carmelitana percorse come “piccola via”. La piccola via dell’infanzia spirituale di Teresa di Lisieux chiede un cuore puro e povero di una semplice persona come la piccola Teresa che seppe stare a mani vuote davanti a Dio, senz’altro appiglio che “la fiducia e nient’altro che la fiducia”. Quindi la santità e la felicità sono anche per noi una meta possibile, “basta” vivere ogni momento della nostra vita quotidiana offrendolo a Dio.
Questo stile di vita è praticato in particolare dalle Vergini consacrate, le quali sono donne semplici, che esprimono i loro talenti nella dedizione a Dio e nel servizio agli altri nella normalità del quotidiano. Proprio nella donazione feriale queste donne scorgono la loro vocazione più profonda a farsi carico della vita anche là dove nessun sguardo umano giunge, ma solo lo sguardo di Dio.
L’Ordo Virginum è un dono per la Chiesa di oggi, per rendere visibile il Regno di Dio in mezzo a noi. Queste donne sono chiamate a “fare straordinariamente bene l’ordinario”, in quanto la verginità consacrata nel mondo non ha compiti operativi definiti se non la testimonianza chiara e coraggiosa del Vangelo in ogni ambiente. Loro si donano completamente a Dio rimanendo nel mondo. Esse hanno come segno distintivo quello di mostrare la compassione di Dio che si manifesta con la loro discreta presenza. Questa presenza che si dona, permette agli altri di incontrare la Presenza, che è dono.
La loro vita testimonia che non solamente è possibile fare agli altri quello che si vuole sia fatto a noi, ma fare agli altri quello che Dio fa a noi, amando con amore pulito e vigoroso. La legge dell’amore non è dare tanto o poco, ma dare con tanto amore. Con la bocca parliamo, con gli occhi guardiamo, con la mani facciamo, con la vita consacrata la bocca dice parole di lode a Dio, gli occhi contemplano l’amore di Dio e le mani si uniscono per pregare Dio e si aprono per donare.
*
LETTURA PATRISTICA
« Non sono venuto per abolire, ma per dare compimento »
San Bernardo di Chiaravalle
(1091-1153)Monaco cistercense e Dottore della Chiesa
In Discorsi vari, n° 22, 5-6
“La grazia, un tempo nascosta e velata nell’Antico Testamento è stata rivelata nel Vangelo del Cristo secondo un'ordinatissima distribuzione dei tempi fatta da Dio, che sa disporre bene tutti gli eventi...
In tale mirabile coincidenza c'è questa grande differenza tra due epoche: nel Sinai, il popolo non osava accostarsi al luogo dove il Signore donava la sua legge; nel Cenacolo invece lo Spirito Santo discende su coloro ai quali era stato promesso e che per aspettarlo si erano riuniti insieme in un sol luogo (Es 19,23; At 2,1).
Prima il Dito di Dio operò in tavole di pietra; ora scrive nei cuori degli uomini (2 Cor 3,3).
Un tempo, la legge fu proposta esternamente e spaventava gli ingiusti, ora è data interiormente perché gli ingiusti fossero da essa giustificati. Infatti tutto ciò che fu scritto su quelle tavole: “Non commettere adulterio, non uccidere, non desiderare”, e qualsiasi altro comandamento, si riassume in queste parole: “Amerai il prossimo tuo come te stesso”. L'amore non fa nessun male al prossimo:pieno compimento della legge è l'amore (Rm 13,9-10).
L'amore “è stato riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo che ci è stato dato” (Rm 5,5).”
*
NOTE
[1] E' importante ricordare che la Legge (in ebraico la Torah) per Israele non è un insieme di norme, come la intendiamo noi. E’ prima di tutto un dono che Dio ha fatto al suo popolo con lo scopo di far conoscere la sua volontà salvifica. In ebraico Torah deriva dal verbo istruire (yrh) con un particolare riferimento all'istruzione trasmessa dal Pentateuco (i primi 5 libri dell’Antico Testamento) e per estensione è attribuita poi a tutta la Scrittura.
Naturalmente tale dono è di ordine pratico, comporta azioni concrete da compiere, e quindi la traduzione in greco con nomoslegge è corretta.
[2] Il compimento portato da Gesù a tale Legge può essere inteso con riferimento a) al suo comportamento personale (ha osservato i precetti della Legge); b) al suo ruolo di adempimento delle Scritture, sottolineato da San Matteo (cfr. capitoli 1-2 e altri passi); c) alla portata del suo insegnamento come espresso nel comandamento dell'amore (cfr. Mt 22,40) dal quale tutti gli altri prendono forza e significato.
[3] Legge e Profeti erano le prime due grandi parti della Bibbia ebraica (la terza parte è costituita dai Salmi; per estensione, indicano tutto l'Antico Testamento ed è in questo senso San Matteo la usa (cfr. 7,12; 11,13; 22,40).
[4] B. Giovanni Paolo II, Veritatis Splendor, 15.
[5] La Torah del Messia è il Messia stesso, è Gesù. In essa, ciò che delle tavole di pietra del Sinai è davvero essenziale e permanente appare ora iscritto nella carne vivente: il duplice comandamento dell’amore, che trova espressione nei “sentimenti” che furono in Gesù (Fil 2,5). (J. Ratzinger, La Chiesa, Israele e le religioni del mondo, Roma 1967, p 74)
[6] Ma poi quali cose sono grandi davvero davanti a Dio? Quale differenza c’è fra le imprese di Francesco Saverio e ciò che fece la piccola Teresa? Ogni differenza viene meno davanti alla grandezza infinita di Dio. La vita e la grandezza di una persona sono nulla davanti a Dio. Quello che invece fa grande l’atto dell’uomo è che ogni atto raggiunge un Dio che lo ama.
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