Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 26 febbraio 2014

Chi non è contro di noi è per noi.


Il cuore di Cristo è il cuore di un Dio che, per amore, si è «svuotato». 
Ognuno di noi che segue Gesù dovrebbe essere disposto a svuotare se stesso. 
Siamo chiamati a questo abbassamento: essere degli «svuotati». 
Essere uomini che non devono vivere centrati su se stessi 
perché il centro è Cristo e la sua Chiesa. 
E Dio è il Deus semper maior, il Dio che ci sorprende sempre. 

Papa Francesco



Dal Vangelo secondo Marco 9,38-40

In quel tempo, Giovanni disse a Gesù: «Maestro, abbiamo visto uno che scacciava i demòni nel tuo nome e glielo abbiamo vietato, perché non era dei nostri».
Ma Gesù disse: «Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me.
Chi non è contro di noi è per noi». 


Il commento

Gesù aveva appena preso un bambino e, postolo in mezzo ai discepoli, lo aveva abbracciato, per insegnare l'unico modo con cui si accoglie Lui e Colui che lo ha mandato. Ma niente, non c'era verso; i suoi discepoli continuavano a non capire. Erano con Lui da tempo, ma non lo avevano ancora accolto. Come Pietro, anche Giovanni pensava ancora secondo gli uomini che scartano i piccoli. Camminavano con Gesù, come noi, ma i loro criteri erano ancora mondani. Cercavano la propria identità come al tempo di Babele, quando gli uomini smisero di camminare e si stabilirono in una città. Basta precarietà, bisognava installarsi per difendersi, e così darsi un "nome". La città di Babele è immagine del principio di ogni corruzione, la stessa che segnava ancora il cuore di Giovanni e degli altri discepoli intenti a discutere su chi fosse il più grande, su chi avesse un "nome" più prestigioso da garantire il primo posto. Per questo il "nome di Gesù" appariva loro come la torre che gli uomini tentarono di costruire proprio per darsi un nome, che significa un'identità, un senso nel mondo. Gesù, che, secondo la mentalità orientale era presente nel suo "nome", era per loro il "brand" che distingueva il gruppo, alla perfetta mentalità del mondo. Paradossalmente, Gesù era issato come una barriera per distinguersi e difendersi. Del resto i discepoli, invece di pregare, discutevano e litigavano proprio per scalare la "società", come si fa in qualunque impresa, per poi competer con le altre. E così, proprio loro che si indignavano per "uno che scacciava i demoni nel nome di Gesù", non riuscivano a scacciarli. Quel "nome", pronunciato da loro, non aveva "potere" perché attraverso di esso cercavano la propria gloria; non era "dynamis" perché si erano installati ed erano entrati in competizione tra loro e con gli altri raggiunti dalla Grazia. Avevano rotto la comunione in nome della carne. Così accade a chi, come noi, usa della Chiesa e della comunità per se stesso. Si può stare nella Chiesa con la mentalità del mondo, cercando di raggiungere i propri obbiettivi, schiavi dell'autoreferenzialità. Si può essere accanto a Cristo e ai fratelli ma seguire la volontà del demonio. L'uomo è stato creato per amare, per aprirsi all'altro e donarsi nella comunione; ci definisce l'appartenenza a Dio e ai fratelli, la comunione della Chiesa. Ma il demonio, principio di divisione, ha seminato nei cuori l'invidia e la superbia che spinge a "vedere" l'altro come un nemico. Esattamente come i discepoli hanno "visto" quello che scacciava i demoni in nome di Gesù. E così, proprio loro che non ci riuscivano, "impedivano" a chi "non era dei nostri" di lottare con il male e vincerlo in Cristo. 
Ecco il punto. Quell'uomo non seguiva loro! Per questo era da tagliare, escludere, disprezzare, scandalizzare, come dirà poi Gesù. I discepoli avevano fatto della comunità una cosa loro, mondana, nella quale vigevano le regole e gli usi di ogni gruppo umano, trasformandola in un luogo di schiavitù. Come accade spesso nelle nostre comunità e nelle nostre famiglie, nei rapporti tra moglie e marito, tra genitori e figli, tra fidanzati e amici. Essere "dei nostri" significa essere ammessi nel proprio cerchio magico, tutto carne e passioni. Implica seguirsi a vicenda, e per questo litigare e giudicarsi, invidiarsi ed essere gelosi. Perché chi segue un uomo va dietro ai suoi limiti, e che fallimento diventa allora la vita. Che stoltezza quando un prete vuole farsi seguire e lega a sé le persone, rubandole a Cristo di cui dovrebbe essere l'amico che gioisce nel diminuire perché chi possiede la sposa è lo Sposo. O quando un padre e una madre spingono i figli ad essere come loro, a ricalcarne le orme frustrando le loro personalità e disprezzando le debolezze; non si accorgono che li scandalizzano allontanandoli da Cristo, che li ama e li ha scelti peccatori e liberi, unici e irripetibili. O un fidanzato quando cerca di assorbire la fidanzata nel proprio tempo, nei gusti e nei desideri, obbligandola a servire le proprie concupiscenze, dando inizio così alla rovina certa del matrimonio. La corruzione non può che generare corruzione. E disprezzo per i piccoli; chi si illude di dover essere seguito, chi scrive leggi ispirate dagli slogan, chi partorisce ideologie non si accorgerà dei piccoli che muovono i primi passi. Sarà geloso del proprio posto e guarderà tutti come a dei potenziali usurpatori. Per questo Gesù aveva preso un bambino e lo aveva abbracciato: per mostrare profeticamente che cosa è la Chiesa. Essa è una comunità abbracciata da Cristo, dove ciascuno è amato così come è, nella sua piccolezza, nelle sue miserie. Nella Chiesa è preservata la libertà di ciascuno, anche di sbagliare, perché tutti seguono Cristo che sale alla Croce, per entrare con Lui nel Cielo, in un'appartenenza nuova che trascende la carne. Nella Chiesa non si è "dei nostri", ma tutti sono suoi, riscattati dal sangue di Cristo. Non c'è omologazione ma comunione nella diversità. Per questo Giovanni, pur con le sue turbolenze di "figlio del tuono", con la sua irruenza, dà voce a una questione sempre viva nella Chiesa: la diversità che impaurisce. Giovanni è immagine del carisma, dei tuoni dello Spirito che irrompono e fanno tremare l'istituzione quando essa si è troppo installata e mondanizzata. E' vero che anche lui lo ha impedito, ma è soprattutto vero che lui e non altri, Pietro ad esempio, sottopone la questione a Gesù; quasi si identifica con quell'uomo che non è con loro, come sarebbe capitato a lui quando, correndo più veloce di Pietro verso il sepolcro, vi giungerà per primo; ma aspetterà Pietro, l'istituzione, come ora si rivolge a Gesù e sembra chiedergli: "Maestro" - e così gli riconosce l'autorità per insegnare - "glielo abbiamo vietato", ma è giusto o no? In fondo non sta con noi, è un irregolare. Forse è un bambino che sta balbettando la sua fede, ma ha creduto, e nel Tuo nome ha vinto il male. Nella sua vita si vedono opere di vita eterna... Proprio in virtù di questo segno Gesù risponde a Giovanni e ai discepoli, alla Chiesa di ogni generazione e a ciascuno di noi: "Non glielo proibite, perché non c'è nessuno che faccia un miracolo nel mio nome e subito dopo possa parlare male di me. Chi non è contro di noi è per noi". Si mette con loro, al centro della comunità, con autorità. E ci detta la linea, il criterio per discernere, la luce per camminare. Quell'uomo è immagine dei figli che non seguono le nostre regole, come di chiunque cammina al nostro lato senza seguire le nostre idee, come dei carismi che visitano la Chiesa. C'è un criterio per discernere: il "nome" di Gesù ha potere in lui? Perché se i fatti testimoniano dell'opera soprannaturale di Dio, allora è di Cristo, "non potrà rinnegarlo". La Chiesa non segue un ideale o una moda; non difende la maglia di una squadra; non si identifica in un inno nazionale e una bandiera. La Chiesa è il tempio della libertà, dove ciascuno segue Cristo che si è fatto il più piccolo perché nessuno fosse escluso. Se si esclude il debole si esclude Cristo, e quindi il Padre, e quindi anche se stessi. Per questo, nelle parole successive, Gesù metterà in guardia i discepoli dallo scandalizzare i piccoli che credono in Lui. E' meglio "tagliare" qualcosa di se stessi, circoncidere la propria carne, che ferire la comunione; "chi non è contro Cristo e la sua Chiesa è per noi", è a nostro favore, ci aiuta a uscire da noi stessi, a convertirci, ad amare Cristo e "scacciare il demonio, l'unico autentico avversario. 


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