Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

venerdì 21 febbraio 2014

"Se qualcuno vuole venire dietro a me" - 2014


QUI il Commento al Vangelo della VII Domenica del Tempo Ordinario. Anno A

Takamatsu,  (Zenit.org) Don Antonello Iapicca



Con il brano di questa domenica entriamo nel cuore del Discorso della Montagna, il cuore di Dio. Qui il Padre ci ha pensato con struggente tenerezza, chiamandoci all'esistenza in un battito d'amore. Ogni fibra del nostro spirito e ciascun millimetro della nostra carne è stato creato in questa Parola: l’amore è in ogni nostra cellula, nelle pupille come nei polpastrelli, nei muscoli come nel cervelloLEGGI TUTTO



L'ANNUNCIO

"Se qualcuno vuole venire dietro a me":


 Gesù oggi ci invita a guardarci dentro per decidere "se" davvero lo vogliamo seguire; quel "se" scuote la nostra libertà, si impone alle nostre abitudini, si incunea nelle nostre acquisizioni fatte di riti quotidiani ripetuti stancamente, illumina le alienazioni. Lavoro, casa, svaghi, studio, la nostra esistenza segue un ritmo e un incedere che seguono qualcosa, qualcuno; ma chi o che cosa stiamo seguendo? Per aiutarci a scoprirlo Gesù ci parla della "vergogna", un sentimento che spesso ci domina: "In Principio l’uomo e sua moglie erano nudi, ma non ne provavano vergogna. La «nudità» significa il bene originario della visione divina... corrisponde a quella semplicità e pienezza di visione... La chiameremo «sponsale»" (Giovanni Paolo II). E' l'esperienza primordiale, il frutto amaro del peccato originale che ci ha separato da Dio, che conduce alla conseguente rottura con l'altro. La vergogna innalza le barriere che erigiamo a difesa del nostro "io"; esprime la paura che ci assale quando gli eventi ci chiamano a donarci. Al contrario, "non vergognarsi" significa vivere l'origine della propria vocazione, che è, per ogni uomo,essenzialmente sponsale. Non si vergogna chi non ha nulla da nascondere, chi è "nudo" di fronte all'altro, ovvero limpido e autentico. Non si vergogna chi ama donandosi liberamente senza possedere l'altro. Chi, invece ha, per così dire, divorziato è perché ha cominciato a vergognarsi, di se stesso e dell'altro, e per questo smette di seguirlo. Non si può andare dietro al marito o alla moglie nascondendo la propria identità All'inizio forse, quando ci si innamora e si vuole far colpo e conquistare l'altro si cerca di mettere in risalto i propri lati positivi, cercando di coprire quelli più imbarazzanti. Ma è solo l'inizio... Per questo Gesù ci chiede "se" oggi vogliamo davvero andare dietro di Lui. Se, passato il sentimento iniziale, è cresciuta in noi la fede che ci consegna a Lui senza riserve, oppure se ci stiamo ancora nascondendo sperando di conquistare il Signore ai nostri desideri e capricci perché li compia. Nelle sue parole vi è, in filigrana, la trama di un consenso matrimoniale: "seguire" Gesù significa, innanzi tutto essere con Lui come in un matrimonio spirituale, nel quale gli abbiamo donato tutto, la carne e i pensieri, i desideri e le speranze, il tempo e lo spazio, e ogni peccato... Nel rito del matrimonio gli sposi si accolgono "rinunciando" a se stessi per consegnarsi completamente l'uno all'altro; promettono di "seguirsi" qualunque cosa accada, nella buona e nella cattiva sorte, nella salute e nella malattia, promettendo fedeltà, amore e rispetto per tutti i giorni della vita. Anche quando l'altro farà cose di cui ci sarebbe da "vergognarsi", che diventeranno, al contrario, i momenti più veri e fecondi del matrimonio, nei quali il dono è davvero senza sperare ricompensa. Due sposi cristiani si "seguono" dunque senza "vergogna", perché sono immersi nell'amore di Dio che li ha scelti e chiamati, e per questo sono fecondi in ogni parola, gesto, attitudine. Si "seguono" sino al talamo nuziale dove, come Tobia e Sara, lottando con la concupiscenza e la paura che attanaglia la carne, come accadde a Gesù nel Getsemani, si donano al punto di unirsi senza barriere anticoncezionali. Vivono così ogni rapporto in pienezza, assaporandone tutta la bellezza e il piacere che Dio ha pensato benedicendo la sessualità matrimoniale; essa ne è il vertice dove, come una liturgia, si "consuma" il matrimonio sempre aperto alla vita che potrebbe apparire. E questo significa spesso "perderla" la "propria vita", con i progetti di vacanze e riposo, gli acquisti di scarpe nuove e tablet appena prodotti, e poi notti insonni e sacrifici. E' l'amore che distende le braccia sulla "croce" di ogni giorno, che non fugge dinanzi alle difficoltà ma resta inchiodato al dolore e alla fatica, perché è questo e solo questo l'amore autentico e fecondo, che "salva" la vita dal peccato, dall'orgoglio e dalla morte del matrimonio. E semina figli per il Cielo, quelli che Dio ha pensato quando ha sospinto i due nella storia fino a farli incontrare e decidere di "seguirsi" per tutta la vita. Così è con Gesù, nel rapporto che fonda ogni altra vocazione, matrimoniale, sacerdotale o religiosa che sia. Per questo, "se" davvero abbiamo deciso di seguirlo ciò significa innanzi tutto lasciarci amare da Lui al punto di non essere più noi a vivere ma Lui in noi. Come in un matrimonio, "seguendolo" dovunque Egli vada, sempre aperti alla Vita Eterna fecondata dall'intima unione con Lui. E' questa la missione dei suoi discepoli: essere uniti a Lui, crocifissi con Lui perché da questo amore nasca la Vita che non muore, la primizia del Cielo da offrire al mondo che crede solo alla terra. Il Cielo sulla terra, infatti, non sono parole, ma uomini che "prendono ogni giorno la propria croce", lasciando che il mondo e le sue concupiscenze siano crocifisse nella storia quotidiana, nei progetti infranti, nelle incomprensioni, nelle delusioni, nelle malattie, nelle sofferenze. Uomini che sanno dire no a noi stessi, uniti a Cristo Nuovo Adamo che ha saputo dire no al demonio. Uomini nuovi che, in famiglia, a scuola non provano vergogna di amare e perdonare, mostrando le proprie debolezze perché in essi risplenda Cristo.

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