Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

domenica 14 settembre 2014

Beata Vergine Maria Addolorata

15 settembre. Beata Vergine Maria Addolorata






L'ANNUNCIO

Stavano presso la croce di Gesù sua madre, la sorella di sua madre, Maria di Clèofa e Maria di Màgdala. Gesù allora, vedendo la madre e lì accanto a lei il discepolo che egli amava, disse alla madre: «Donna, ecco il tuo figlio!». Poi disse al discepolo: «Ecco la tua madre!». E da quel momento il discepolo la prese nella sua casa. (Dal Vangelo secondo Giovanni 19,25-27)
 




Non esiste maternità senza dolore. Anche se in questa epoca, che rifugge il dolore come nessun'altra, tra il moltiplicarsi di parti cesarei e anestetizzati la sofferenza legata alla maternità sembra un tabù da cancellare. Ma il dolore del parto ha radice antica, nel peccato dei progenitori, al fondo dell'esistenza dell'uomo. Diceva San Giovanni Paolo II: "Dopo il peccato... Dio dice alla donna: “Moltiplicherò i tuoi dolori e le tue gravidanze, con dolore partorirai figli”. L’orizzonte della morte si apre dinanzi all’uomo. Queste parole hanno un carattere prospettico. L'incisiva formulazione sembra riguardare il complesso dei fatti, che in certo modo sono emersi già nell'originaria esperienza della vergogna, e che successivamente si manifesteranno in tutta l'esperienza interiore dell'uomo «storico». La storia delle coscienze e dei cuori umani avrà in sé la continua conferma delle parole contenute in questo versetto... Quelle parole, pronunciate quasi alla soglia della storia umana dopo il peccato originale, ci svelano non soltanto la situazione esteriore dell'uomo e della donna, ma ci consentono anche di penetrare all'interno dei profondi misteri del loro cuore".
Il dolore che accompagna il parto è un segno tangibile della condizione umana. E' il castigo, ma anche la cruda conseguenza della libertà tradita dalla superbia, il salario che ci consegna il peccato. E' un fatto, è lì, come lo sono la morte, la malattia, il sudore sulla fronte affaticata dal lavoro, le difficoltà e le tensioni nelle relazioni umane, specie in quelle delle coppie.
Eppure il dolore del parto segna anche quel legame carnale e profondo che lega il figlio a sua madre, il segno della ferita trasmessa che li unisce nella mendicanza di amore e redenzione. Una madre impara a conoscere intimamente le sofferenze del figlio custodendolo in grembo e partorendolo a prezzo di dolori lancinanti. E' l'amore crocifisso, che si purifica tra grida, lacrime e angosce, che impara la gratuità sulle orme della debolezza.
Quel grido è il dolore unito alla paura che definisce la grandezza e la debolezza di una donna come madre; racchiude l'essenza stessa della maternità, quell'unicum che la pone sulla soglia che separa carne e spirito, terra e Cielo. Come la Donna dell'Apocalisse (cfr. Ap. 12, 1 ss) che grida per i dolori del parto, stretta dal drago teso a rapirle il frutto del grembo, ed il Cielo dove è rapito il figlio appena partorito. Ogni donna grida dal versante della carne e del peccato, impaurita dalla morte, ma è un grido che è profezia d'un parto di speranza, di misericordia e vita eterna. Il parto è già segno del combattimento escatologico tra la vita e la morte, tra la menzogna e la verità, a cui, ogni madre, misteriosamente, è associata. Il grido di dolore che accompagna il parto è la porta sulla vita, la memoria d'una realtà che spera un di più. 
 
E Maria era lì, su quella porta. Maria guardava, fissava quel suo Figlio crocifisso, sulla soglia di quella morte che dischiudeva la vita. Era lì, e la spada a trapassarle l'anima. Il dolore nella carne da cui era stata preservata durante il parto nella notte di Betlemme si destava in quell'ora, l'ora del suo Figlio, la sua stessa ora. Ed era un dolore acuto, dolore di parto, quel dare alla luce misterioso che la univa al Figlio nella stessa opera di salvezza. Ogni dolore, di ogni uomo, di ogni tempo, s'era addensato nel corpo e nell'anima del suo Figlio. Non poteva non raggiungere Lei, la Madre. Era coinvolta nello stesso travaglio, e così diventava, lì presso la Croce, Madre della Chiesa nascente. La riceveva dal suo Figlio, dal suo sguardo, dalle sue parole, dal fianco che di lì a poco sarebbe stato ferito per dare alla luce, nel sangue e nell'acqua, la Sposa senza macchia e senza ruga.
La Chiesa nasce così nel dolore per poter lenire ogni dolore. Maria lo sentiva quel dolore, le trapassava l'anima, e il suo sguardo addolorato del dolore stesso del Figlio si è posato sul discepolo amato. Lo sguardo di compassione del Figlio, che da Lei aveva preso le sembianze terrene, si trasfigurava ora nel suo volto di Madre, ed era lo sguardo compassionevole di Dio che varcava, con dolore, la soglia della morte per dischiudere al mondo la Vita che non muore. 
E in quello sguardo il discepolo diviene figlio nel suo Figlio, partorito, accolto e amato nell'amore del Figlio. Madre e Figlio uniti in un unico parto d'amore, nel dare Vita che non muore ad un popolo innumerevole. In quello sguardo fecondo s'immerge così lo sguardo del discepolo, generato nel dolore di Gesù e di Maria. La Madre conosce quel discepolo come conosce suo Figlio, e conoscendolo nel dolore lo può amare ed accompagnare come una madre. Colei che non aveva conosciuto il peccato originale ne provava il dolore che ne deriva per poter compatire, e aver misericordia e accogliere, istante dopo istante ogni suo figlio. E' l'amore di Maria, l'amore celeste che costituisce la Chiesa e la fa un segno vivo ed autentico dell'amore di Dio.
Al discepolo, a ciascuno di noi non resta che accogliere Maria nella nostra casa, nella nostra intimità, laddove siamo, così come siamo. Lei ci ha partoriti, e continua ogni giorno ad amarci come per partorirci di nuovo alla Vita nuova. Lei conosce tutto di noi, ci è Madre nel dolore, esattamente in quello che ci impedisce la pienezza e la felicità. Maria ci è madre nelle ferite della vita, nella solitudine, nell'amarezza, nelle angosce, perché di nessuna è indifferente, tutte la riguardano, ciascuna ha ferito il suo stesso cuore.
Maria è immagine della Chiesa. Essa ci accoglie di nuovo ogni istante, perché anche noi di nuovo a ogni caduta, presso ogni croce, possiamo incontrare lo sguardo misericordioso di Dio impresso in quello di nostra Madre; ad ogni Golgota il suo sguardo ci cerca con amore, per poterla accogliere, e farne la nostra intimità, come ciascuno di noi è già, nel suo cuore di Madre, la sua intimità più preziosa. Quella di suo Figlio, nel quale siamo suoi figli.




 αποφθεγμα Apoftegma





Con la beata Maria dobbiamo sorridere e godere della nascita del Figlio suo; ma dobbiamo partecipare anche al suo dolore: nella passione del Figlio la sua anima fu trapassata da una spada, e quello fu il secondo parto, doloroso e ricolmo di ogni amarezza. E questo non deve far meraviglia, perché quel Figlio di Dio che lei, per opera dello Spirito Santo, vergine aveva concepito e vergine aveva dato alla luce, lo vedeva appeso alla croce con i chiodi, sospeso tra due ladroni. C'è forse da meravigliarsi, se una spada le trapassò l'anima? «Considerate e vedete se c'è un dolore simile al suo dolore!» (Lam 1,12). Prima dunque di partorirlo nella passione, lo partorì nel giorno della natività. prima di partorirlo nel dolore, lo partorì nella gioia.
Sant' Antonio da Padova

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