Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

giovedì 11 settembre 2014

L'abolizione dell'uomo, di C.S. Lewis



"TRA VOI PERO' NON E' COSI'" 

(Mc 10,43): LA GIOIA DI SERVIRE IL POPOLO


da L'abolizione dell'uomo, di C.S. Lewis

In che senso l'Uo­mo detiene un potere sempre più esteso sulla Na­tura?
Prendiamo in considerazione tre esempi carat­teristici: l'aeroplano, la radio e i contraccettivi. In una società civile, e in tempo di pace, chiunque sia in grado di pagare può servirsi di queste tre cose. Non è possibile, però, affermare che nel farlo eserciti un potere particolare o individuale sulla Natura. Se io ti pago per portarmi in spalla, non per questo sono forte. Tutte o una sola delle tre cose che ho citato possono essere sottratte ad alcu­ni uomini da altri uomini: da coloro che vendono, o da coloro che permettono la vendita, o da coloro che dispongono delle fonti di produzione, o da co­loro che fabbricano le merci. Ciò che chiamiamo potere dell'Uomo è, in realtà, un potere che alcuni uomini hanno e di cui possono, o non possono, permettere ad altri uomini di servirsi. E ancora, per quanto concerne i poteri che si concretizzano nel­l'aeroplano o nella radio, l'Uomo ne è tanto dipen­dente o soggetto quanto detentore, visto che funge da bersaglio sia alle bombe sia alla propaganda. E, per quanto concerne i contraccettivi, esiste un pa­radosso negativo per cui tutte le possibili genera­zioni future sono dipendenti o soggetti di un po­tere detenuto da chi al presente è già vivo. Per mezzo della semplice contraccezione, viene loro ne­gata esistenza; per mezzo della contraccezione in­tesa come strumento di riproduzione selettiva, sono costrette ad essere, senza che vengano chia­mate a pronunciarsi, ciò che un'altra generazione, per ragioni sue proprie, può scegliere di essere. Da questo punto di vista, ciò che va sotto il nome di potere dell'Uomo sulla Natura risulta essere un potere esercitato da alcuni uomini sopra altri uomi­ni con la Natura a fungere da strumento.
È, naturalmente, un luogo comune lagnarsi che gli uomini abbiano finora usato male, e contro i propri simili, il potere che la scienza ha loro dato. Ma non è questo il punto che m'interessa. Non parlo di particolari corruzioni e di abusi cui un aumento di moralità potrebbe porre rimedio: con­sidero ciò che la cosa chiamata «potere dell'Uomo sulla Natura» dovrebbe sempre e fondamentalmen­te essere. Non c'è dubbio che la situazione potreb­be essere modificata dal pubblico possesso delle materie prime e delle fabbriche e dal pubblico con­trollo della ricerca scientifica. Ma, a meno che non si realizzi uno stato mondiale, ciò significherebbe ancora una volta il potere di una nazione sulle altre. E, anche all'interno dello stato mondiale o della nazione, significherebbe (in teoria) il potere delle maggioranze sulle minoranze, e (in pratica) di un governo sul popolo. E ogni esercizio di potere a lungo termine, soprattutto nel campo della ripro­duzione, significherebbe il potere delle generazioni precedenti sulle successive.
Quest'ultimo punto non sempre viene sufficientemente posto in rilievo, perché coloro che si occupano di argomenti sociali non hanno ancora imparato a imitare i fisici, i quali non mancano mai di includere il Tempo tra le dimensioni.Per capi­re pienamente che cosa veramente significhi potere dell'Uomo sulla Natura, e quindi il potere di alcuni uomini sopra altri uomini, dobbiamo rappresentar­ci la specie estesa nel tempo, dalla data della sua apparizione a quella della sua estinzione. Ogni ge­nerazione esercita potere sui propri successori: e ognuna, in quanto modifica l'ambiente trasmessole e si ribella contro la tradizione, resiste e pone li­miti al potere dei propri predecessori. Ciò altera il quadro che a volte ci si raffigura di una progres­siva emancipazione dalla tradizione e di un progres­sivo controllo dei processi naturali come corrispon­denti a un continuo aumento del potere umano. In realtà, naturalmente, se una qualsiasi genera­zione raggiungesse davvero, attraverso l'eugenetica e l'istruzione scientifica, il potere di fare dei propri discendenti ciò che vuole, tutti gli uomini nati dopo dipenderebbero da tale potere. E sarebbero più de­boli, non più forti: infatti, pur avendo messo nelle loro mani macchine straordinarie, avremmo anche prestabilito in che maniera dovrebbero usarle. E se, come è quasi certo, la generazione che avesse così raggiunto il massimo del potere sulla posterità fosse anche la più emancipata dalla tradizione, sa­rebbe impegnata a ridurre il potere dei suoi prede­cessori quasi altrettanto drasticamente di quello dei suoi successori. E dobbiamo inoltre tener presente che, indipendentemente da ciò, più tardi una generazione sarà sorta -più vicina si pone cioè alla data d'estinzione della specie-e meno potere avrà sul futuro, in quanto pochi saranno i suoi soggetti. Non si può quindi parlare di potere trasmesso alla specie come un tutto in continuo aumento fino all’e­stinzione della stessa. Gli uomini, lungi dall'ere­ditare potere, saranno più soggetti degli altri all’ipoteca dei grandi pianificatori e condizionatori, eserciteranno a loro volta sempre meno potere sul futuro.


Il quadro più verosimile è quello di una qualsia­si epoca dominante -per esempio, il centesimo secolo dopo Cristo- che resistesse vittoriosamente a tutte le epoche precedenti e dominasse incondizio­natamente tutte le epoche successive, ponendosi così come la vera signora della specie umana. A questo punto, però, all'interno di una simile generaz­ione-padrona (a sua volta un’infinitesima minoranza della specie) il potere verrebbe esercitato da una minoranza ancora più esigua. La conquista del­la natura da parte dell'Uomo, se i sogni di alcuni pianificatori scientifici dovessero realizzarsi, corri­sponderebbe al dominio di poche centinaia di uo­mini su miliardi e miliardi di altri uomini. Non c'è, né potrà mai esserci semplice aumento di potere da parte dell'Uomo. Ogni nuovo potere raggiunto dall'uomo è anche un potere sull'uomo. Ogni pas­so in avanti ci lascia al tempo stesso più deboli e più forti. In ogni vittoria, oltre a essere il generale in trionfo, l'uomo è anche il prigioniero che segue il carro trionfale.
Non ho ancora preso in considerazione se il ri­sultato totale di simili ambivalenti vittorie sia un bene o un male. Sto solo cercando di chiarire che cosa realmente significhi conquista della Natura da parte dell'Uomo, e in particolare lo stadio finale della conquista, che non è forse molto lontano. Lo stadio finale giungerà quando l'Uomo, attraverso l'eugenetica, il condizionamento pre-natale, e una istruzione e una propaganda basate su una perfetta psicologia applicata, avrà raggiunto il pieno con­trollo su se stesso.
La natura umana sarà l'ultima parte della Na­tura ad arrendersi all'Uomo. Allora la battaglia sarà vinta. Avremo «preso il filo della vita dalle mani di Cloto» e saremo quindi liberi di fare della nostra specie qualsiasi cosa vogliamo. Indubbia­mente, la battaglia sarà vinta. Ma chi, precisamen­te, l'avrà vinta?Infatti, il potere dell'Uomo di fare di se stesso ciò che vuole significa, come abbiamo visto, il potere di alcuni uomini di fare di altri uomini ciò che vogliono.



Parte Seconda: L'abolizione dell'uomo

Autore: Leonardi, Enrico  Curatore: Leonardi, Enrico
Fonte: CulturaCattolica.it
giovedì 12 agosto 2004
Dall'opera di C. S. Lewis un grave ammonimento, ricordando ciò che disse De Lubac: "Non è vero che non si può costruire una società senza Dio; quello che è vero è che la si costruisce contro l'uomo"


La descrizione più allucinante di una società che si è impadronita in modo perfetto delle tecniche di manipolazione della vita umana risale al 1932; è il famosissimo Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley.
Uteri di vetro foderati di peritoneo di scrofa accolgono gli embrioni dei futuri schiavi del Potere: uomini-isola senza famiglia e senza storia, già predeterminati alla classe sociale (Alfa, Beta, Gamma, Delta, Epsilon), già condizionati al futuro lavoro.
E' tramontato l'uomo-dono ("mamma" nel mondo nuovo è una parola oscena) per lasciare il posto all'uomo-prodotto, al puro fattore biologico. Non a caso l'educazione di questa società è basata su riflessi condizionati e su automatismi appresi tramite ipnosi; del rapporto umano si è perso anche il concetto.
In una luciferina e rabbiosa sfida, l'uomo si autoproclama "Signore della Creazione".
Ed ecco così l'ultimo atto: la manipolazione genetica, la scorciatoia per giungere all'Uomo Nuovo senza passare dal cambiamento del cuore.
L'uomo diviene oggetto di esperimento per se stesso, tenta di gonfiarsi a Superman, di decidere il destino della stirpe. Ecco nascere il Mutante: un uomo-non-più-uomo. Ma l'antico tarlo (la sfida di Prometeo) rode nel fondo.

"Se fossi un credente" disse d'un tratto il pilota "chiamerei tutto questo un caso di vendetta divina."
"Eh?" fece Chatvieux.
"Pare che siamo stati abbattuti a causa di... si dice hubris? Orgoglio? Arroganza?"
"Hybris" corresse Chatvieux.
"Ci vuole una buone dose di presunzione per pensare di seminare uomini, o qualcosa che somigli agli uomini per lo meno, in su e in giù per le Galassie."
"Non è vero che noi fabbrichiamo uomini. Noi li adattiamo, li condizioniamo in modo che possano vivere sui pianeti simili alla nostra Terra, senza averne a soffrire."

Questo dialogo tra due scienziati precipitati su un pianeta alieno col loro carico di embrioni condizionati, è tratto da Il seme tra le stelle di J. Blish.
La lingua batte dove il dente duole: hybris, orgoglio, arroganza: l'uomo capisce di arrogarsi un potere non suo, di farsi demiurgo di una parodia della Creazione. E' l'esperimento chiamato "Pantropia", ossia "Cambiamento totale": un progetto rischiato sulla pelle degli altri, per creare l'uomo-protozoo, l'uomo-scimmia, l'uomo-foca...
Le motivazioni apparentemente umanitarie della "Pantropia" (permettere alla specie umana di sopravvivere tra le stelle) nascondono una concezione sottilmente totalitaria: i "Condizionati" infatti non possono esprimere il proprio parere; sono strumenti di altri, manipolati in nome della Causa. 
E non a caso la "Pantropia" si conclude con l'emarginazione dei "Condizionati", dei Diversi: un nuovo razzismo è in agguato verso i Mutanti.
Il vero problema però di questi "cambiamenti totali" basati sulla manipolazione genetica dell'uomo è un altro: coloro che decidono la forma della nuova umanità, quale immagine di uomo instilleranno nei loro prodotti? Sarà ancora un uomo, questo "uomo nuovo"?

C. S. Lewis, nel finale del suo libro L'abolizione dell'uomo, risponde senza esitazioni: la Razza-Padrona dei Condizionatori, che si accingesse a produrre lo stadio finale dell'Umanità, liberandosi dal passato e quindi dalla Tradizione, non creerebbe affatto uomini: abolirebbe gli uomini, poiché strapperebbe loro i desideri e le istanze che fanno di un uomo una sete di infinito. Un essere puramente biologico sarebbe l'esito finale di questo tipo di storia umana.

Non resta così che l'uomo-insetto, schiavo del collettivo, privo di misericordia e docile strumento di invasione del mondo. In tal modo il desiderio di diventare Superuomini finisce miseramente nell'imbestiamento più totale.
Solo un'apertura al senso religioso, al senso della nascita potrebbe consentire all'umanità di fermarsi sull'orlo dell'abisso e di gettare, come Frodo ne Il Signore degli Anelli, l'anello malefico del Potere nella bocca del vulcano. "Fare una scoperta scientifica è una cosa grande, ma non farla è una scoperta grande al quadrato" diceva il vecchio genetista de La formula dell'immortalità diDneprov, ritraendosi con orrore di fronte alle sue stesse invenzioni. Ma l'umanità del Duemila è già molto al di là di questa soglia fatale.

 approfondimenti ... 

 Philip K. Dick e "The Pre-persons"



Autore: Benvenuti, Antonio; Leonardi, Enrico
Fonte: Future Shock; CulturaCattolica.it


sabato 4 agosto 2012
Scrive Antonio Benvenuti nel suo blog "Berlicche":
“Chi l'ha detto che la fantascienza non ha nulla da dire sul presente? 
Che questo sia falso mi si è palesato in modo chiaro un giorno di alcuni anni fa, venerdì 4 marzo 2005.
Avevo, da qualche mese, creato un blog (www.berlicche.splinder.it). Si era, allora, nel pieno della campagna referendaria sulla Legge 40, quella sugli embrioni, tanto per ricordarlo.
Mi venne in mente un racconto di Philip K. Dick intitolato "Le pre-persone", (The Pre-persons, 1974) che avevo letto anni prima su "Urania" e pubblicai un pezzo...
"Philip K. Dick (1928-1982) era uno scrittore di fantascienza, ma la sua grandezza è stata riconosciuta appieno solo dopo la morte. Visionario e innovativo, nonostante la loro complessità numerosi suoi romanzi e racconti sono stati tramutati in film più o meno fedeli (o riusciti) come “Blade Runner” o “Minority Report”. 
Nel 1974 ha scritto un racconto, intitolato “Le Pre-persone”. Si immagina che, in una America del futuro ma non tanto si dia logica conseguenza alla legge sull’aborto: se si può distruggere un embrione o un feto perché non è una persona, quand’è che una persona diventa tale? 

Il grosso errore che i pro-abortisti commisero fin dal principio, si disse, fu la linea arbitraria che tracciarono. Un embrione non ha diritti costituzionali e può essere ucciso, legalmente, da un dottore. Ma un feto era una “persona”, con diritti, almeno per un po’; e quindi i pro-abortisti decisero che anche un feto di sette mesi non era “umano” e poteva essere ucciso, legalmente, da un medico autorizzato. E quindi, un giorno, un bambino appena nato – è un vegetale; non può metter a fuoco lo sguardo, non capisce niente, non parla nemmeno…la lobby pro-aborto combatté nei tribunali, e vinse, con la loro pretesa che un bimbo appena nato fosse solo un feto espulso per caso o processo organico dal ventre materno. Ma, anche in tal caso, dove doveva essere tracciata alla fine la linea? Quando il bambino avesse fatto il primo sorriso? Quando avesse pronunciato la prima parola o afferrato per la prima volta un giocattolo che gli fosse piaciuto? La linea legale fu spinta senza sosta indietro e ancora indietro. E ora la più selvaggia ed arbitraria definizione di tutte: quando fosse stato in grado di utilizzare la “matematica superiore”. 

Lo Stato, nel racconto, fissa quel momento a dodici anni. I ragazzi vivono nel terrore che i loro genitori, in un momento di ira, chiamino il “furgone dell’aborto” e li facciano portare via per essere gassati. La storia è quella di un ragazzino di undici anni con genitori severi e di un suo professore.

Io so che non sono differente, pensò, da due anni fa quando ero solo un bambino; se io adesso ho un’anima come dice la legge, allora avevo un’anima anche allora, oppure non ne ho una – l’unica cosa reale è solo un orribile furgone metallizzato con le sbarre ai finestrini che porta via i ragazzi che i loro genitori non vogliono più, genitori che usano un’estensione della vecchia legge sull’aborto che lasciava uccidere un bambino non voluto prima che venisse fuori: poiché non aveva “anima” o “identità”, poteva essere risucchiato da una pompa in meno di due minuti. Un dottore poteva farlo centinaia di volte al giorno, ed era legale perché il bambino non nato non era “umano”. Era una pre-persona. Proprio come con questo furgone, adesso: avevano semplicemente spostato la data in avanti per quanto riguardava l’ingresso dell’anima. (…) 
Io credo di essere umano, pensò Walter, e guardò nella grigia, severa faccia di sua madre, con i suoi occhi duri e la razionale cupezza. Io credo di essere come te, pensò. Hey, è bello essere un essere umano, pensò; non devi avere paura che arrivi il furgone.

Questo sconvolgente racconto è stato fondamentale, per me, tanti anni fa, per capire cosa realmente fosse l’aborto. Quando tracci una linea che vuol dire vita e vuol dire morte, devi essere realmente sicuro di te, altrimenti di quelle vite e quelle morti porterai il peso. Ma suppongo che, se non si crede in una Giustizia più alta o nell’esistenza del Vero, questo non importi molto. 
Se la Verità non esiste, se Dio non esiste, tutto è permesso. "
Questo il pezzo. Avevo ritradotto dall'originale inglese i brani del racconto, dato che il volume più recente in cui compariva (Le Presenze Invisibili. Vol. 4 - Mondadori) era praticamente introvabile. Mentre lo facevo - nottetempo - mi domandavo a cosa potesse mai servire tutta quella fatica.
Grande fu il mio stupore quando il post venne recensito sul sito di Stranocristiano, uno dei siti all'epoca più letti (“ una scoperta strepitosa di un giovanissimo blog, Berlicche”), ripreso il 13/03/2005 in un articolo su "Libero" ("Anche San Tommaso qualche volta sbaglia", a firma Renato Farina) e, quando infine, il racconto stesso venne pubblicato su "Il Foglio" del 26 marzo 2005.
Quell'episodio servì a farmi conoscere in rete ed è, se vogliamo, la ragione per cui ho conosciuto la rivista "Future Shock", tramite amici trovati in quell'occasione. 
La fantascienza è uno sguardo su come potremmo essere. Il racconto di Dick ne è la prova. E questo sguardo ci può aiutare a capire cosa vorremmo essere, e cosa saremo.
Antonio Benvenuti”
Ora "Le Pre-persone" sta diventando un film a cura di Gabriele Lodi Pasini e Antonio Losa: questi i primi passi su Facebook

La vera storia de "Le Pre-persone" 1- Philip K. Dick e "The Pre-persons"

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