Santa Maria,

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lunedì 27 luglio 2015

"Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo".

Lunedì della XVII settimana del Tempo Ordinario





L'ANNUNCIO
In quel tempo, Gesù espose alla folla un'altra parabola: «Il regno dei cieli si può paragonare a un granellino di senapa, che un uomo prende e semina nel suo campo.
Esso è il più piccolo di tutti i semi ma, una volta cresciuto, è più grande degli altri legumi e diventa un albero, tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami».
Un'altra parabola disse loro: «Il regno dei cieli si può paragonare al lievito, che una donna ha preso e impastato con tre misure di farina perché tutta si fermenti».
Tutte queste cose Gesù disse alla folla in parabole e non parlava ad essa se non in parabole,
perché si adempisse ciò che era stato detto dal profeta: "Aprirò la mia bocca in parabole, proclamerò cose nascoste fin dalla fondazione del mondo".
 
 (Dal Vangelo secondo Matteo 13, 31-35)


Si intravede Betlemme, e più in là anche il Golgota, e risplendono di Cielo nelle parabole che il Signore ci annuncia oggi. La grotta adattata a stalla dove Lui è nato, il monte dove l'hanno barbaramente crocifisso. C'è l'odore della piccolezza, dell'insignificanza e dell'irrilevanza secondo il mondo nelle parole di Gesù. E viene da chiedersi perché proprio Lui, Dio fatto carne, è dovuto entrare nel mondo dalla porta di servizio... In fondo, è la stessa domanda che risuona in noi con frequente regolarità quando le vicende della vita ci ricordano i momenti difficili e inaccettabili del passato. Quando un problema, un rifiuto, un'incomprensione ci gettano nello sconforto e, come un'onda possente, si abbatte su di noi la memoria delle umiliazioni e delle ingiustizie che siamo convinti di aver subito. Perché sono cresciuto in questo paese senza nulla di interessante? Perché sono nato in questa famiglia povera a causa della quale non ho potuto studiare? E mai una maglietta griffata, condannato a indossare sempre gli abiti dei fratelli maggiori... Perché non ho potuto studiare? Io, che sarei voluto diventare un medico e invece eccomi dietro un banco a fare il salumiere. O perché tanta ricchezza, a che mi è servita se i miei genitori si sono separati? Perché il carattere chiuso di mio padre, le depressioni continue di mia madre, l'intelligenza superiore di mio fratello? Perché sono stato adottato e mi sono sempre sentito così diverso dagli altri? Perché il diabete che mi ha impedito di mangiare come gli altri? Perché questa dannata malformazione? Se non l'avessi avuta avrei potuto nuotare, giocare a pallone, correre sui prati... Perché sono così basso, o così alto, perché la cellulite che non riesco a sconfiggere? Perché i professori e i compagni mi hanno preso di mira, facendomi passare anni di inferno in quella scuola? Perché la guerra mi ha scacciato dalla mia terra sfregiando la mia infanzia? Perché mio padre è morto quando ero piccolo, e ora tremo davanti a ogni pericolo? Perché mio marito mi ha lasciata per un'altra donna? Perché sono prete in mezzo a tutti questi fallimenti, o in missione in questa terra dura come la pietra, che sembra non esserci speranza alcuna? Perché la mia vita è stata una lurida stalla? Perché questa croce piantata al centro della mia storia? Ecco le domande alle quali nessuno psicologo, nessuna religione orientale, nessuna ideologia sa rispondere. Ecco le domande alle quali risponde oggi il Signore parlandoci del "Regno dei Cieli". Per illuminare quanto ci accade sulla terra ci parla del Cielo. Questa è la prima parola, quella decisiva, con la quale è come se ci prendesse il volto tra le mani per orientare il nostro sguardo verso le "cose di lassù". Nulla di quello che accade sulla terra è fine a se stesso; tutto è legato al destino eterno e celeste per il quale siamo nati. Ma se non sappiamo dove stiamo andando, non sapremo neanche come andarci; non solo, non capiremo neanche il perché dei passi che abbiamo deposto sulla terra, e non avrebbe senso il frammento di terra sul quale ci troviamo oggi. Il demonio ci ha chiuso il Cielo fratelli, e ci ha reso ciechi sulle orme che il Signore ha lasciato sul nostro cammino. Per questo, le parabole di oggi sono la chiave che può aprire le porte della prigione che ci tiene schiavi nella paura della morte; ci svelano, infatti, il segreto che rende rilevante e decisivo chi si sente anonimo, irrilevante e insignificante. Qual'è dunque questo segreto? E' l'essere noto, conosciuto sino in fondo da Gesù, e per Lui essere importante, con un senso e un valore infiniti. Lui è il segreto, il Figlio di Dio che è disceso dal Cielo per fare della nostra terra un frammento del Regno dei Cieli offerto a ogni uomo. Sì, le parabole non ci danno risposte come fanno il mondo, la scuola, internet, gli scienziati e i filosofi. Esse fotografano la realtà con un obiettivo che nessuno saprà mai inventare, capace di catturare in un solo fotogramma il passato e il presente, lasciando aperto il futuro in una profezia destinata a compiersi, al netto della libertà di ciascuno. E la fotografia che ci presenta Gesù è proprio il Regno dei Cieli che "è dentro di noi", perché è Gesù Cristo stesso, morto e risorto per noi, e che ci dona il suo Spirito nella sua Chiesa. Parlandoci del Regno dei Cieli Gesù parla, dunque, di se stesso unito a ciascuno di noi, e così ci svela il senso profondo della nostra storia. Ciò che, infatti, resuscita la nostra vita abbracciandone ogni istante passato, presente e futuro è il rapporto intimo con Gesù, per condividerne la missione e il destino. Il segreto della vita, del suo compimento e della sua pienezza, sta nello scendere con Lui all'ultimo posto. Perché è qui che si trova il Regno dei Cieli, l'opposto dei regni della terra; per questo Gesù ha ammonito così i suoi discepoli che litigavano ambendo ai primi posti: "fra di voi non sia così", cioè, nella comunità cristiana non sia come nel mondo, dove conta chi vince, il migliore, il più simpatico, il più brillante, il più ricco, il più furbo, il primo insomma, e dove chi comanda si fa servire e obbedire. Tra i cristiani, invece, si vive già nel Cielo, dove non esistono più barriere, perché Cristo risorto ha abbattuto ogni muro di divisione. Lassù è il contrario di quaggiù, perché il peccato non ha più potere su chi è stato perdonato e riscattato dal Signore; chi è cittadino del regno dei Cieli vive da risuscitato, libero di amare oltre l'orgoglio, la superbia e l'egoismo. In esso, infatti, vi sono relazioni diverse, dove il primo diventa l'ultimo e lo schiavo di tutti. Ma, confessiamolo, non possiamo comprenderlo. Non ce la facciamo, non ci viene "naturale", perché tutto questo ci appare un'ingiustizia, secondo la "natura" ferita che abbiamo ereditato da nostra madre. Guardiamo i bambini: avete mai visto uno che si precipita all'ultimo posto? Anche uno solo che, naturalmente, si mette a servizio degli altri bambini? Provate a mettere una vaschetta di gelato, o un piatto pieno di patatine fitte, al centro di una tavola attorno alla quale è seduta una dozzina di bambini... Un attimo, e scoppia la III guerra mondiale, altroché.... E' inutile gridare, perché "nel peccato mi ha concepito mia madre", e l'uomo vecchio appare senza maschere proprio nei bambini. Eppure, il Signore ci invita anche a diventare bambini e a tornare ad essere "piccoli" come loro. Sembra una contraddizione, invece la perla nascosta nelle parabole del Vangelo di oggi brilla proprio in questo paradosso: ciascuno di noi non è altro che "un granello di senapa", "un pugno di lievito". Scoprirlo e accettarlo è la nostra felicità. Perché il Signore ci dice che nella nostra realtà, così com'è, c'è già il compimento della nostra vita. E non è una contraddizione. È scandalo e stoltezza solo per chi non ha conosciuto Cristo. Per questo, nelle parabole, c'è sempre una chiamata a conversione, a smettere cioè di essere ipocriti, a svestirci dell'uomo vecchio, perché il vestito dell'orgoglio è sempre l'ipocrisia, cucito nell'atelier del sarto della menzogna. Solo chi, follemente perché ingannato dal demonio, si crede come Dio non potrà accettare i fallimenti. Solo tu ed io presi al laccio della menzogna ci lasciamo investire dal rimpianto, dalla malinconia e dal rancore che le onde del ricordo di un passato non illuminato portano con sé. Ma Dio si è fatto "granello di senapa", polvere di "lievito", si è fatto più piccolo della nostra piccolezza per farsi accogliere ed entrare in te e in me e distruggere la menzogna. Si è fatto peccato per distruggere il peccato. Le umiliazioni, le frustrazioni, tutti gli eventi e le persone della nostra vita che non abbiamo mai accettato ci rivelano la nostra piccolezza come quella di un "granello di senapa", e polverizzano le nostre illusioni come un "po' di lievito". E guai se così non fosse! Non ci sarebbe il Regno dei Cieli in noi, perché proprio nella piccolezza, nell'insignificanza e irrilevanza, nella Croce che ha marcato la nostra vita, si cela il mistero di Gesù che scende nella nostra realtà. E, in virtù del suo Mistero Pasquale, della sua vittoria sulla morte, proprio la nostra piccolezza è trasformata in un seme gravido di vita e potenza. "La traduzione "è simile" non è esatta; si deve tradurre:"Avviene con il Regno di Dio come con un granello di senape" oppure "con un po' di lievito" (J. Jeremias). Per questo possiamo dire che accade con il Regno dei Cieli come quello che è successo e succede in te e in me quando incontriamo e accogliamo il Signore. Esso, infatti, si radica nel profondo della terra e ha origine da un seme piccolissimo. Inizia da te e da me, da tuo figlio, da mia moglie, dalla nostra storia, perché ha avuto origine dal "seme" che si è fatto "il più piccolo di ogni altro seme", per morire nella terra, risorgere e fare così della sua Croce gloriosa "l'albero" di salvezza, "tanto che vengono gli uccelli del cielo e si annidano fra i suoi rami". Non ci sei anche tu a riposare nel suo amore, al fresco delle sue foglie di misericordia? Il Signore, dunque, ci sta dicendo: "Guardate me e capirete il Regno dei Cieli, ed esso in voi e voi in esso. Ascoltate le parabole e vi contemplerete la mia vita colma d'amore, e voi in me e io in noi, e insieme nel cuore del Padre". Allora, guarda la Chiesa, povera, fragile, debole, con tanti peccatori e incoerenti; guarda che discutono i cristiani, tutto sembrano meno che dei santi.... Stolto, se pensi così! Sono duemila anni che la Chiesa è un seme piccolissimo che diventa, ogni giorno, un albero frondoso dove i poveri e i peccatori trovano riparo. Proprio per essere così piccola, spesso fallimentare in tante terre d'Asia, o minoranza irrilevante come in Europa, sta compiendo la sua missione: muore, annega i peccati dei suoi figli nella misericordia, e, come accadde a Pietro, da questa esperienza di resurrezione, trae zelo, audacia e credibilità per parlare ai piccoli e accogliere tra le sue braccia i peccatori senza speranza. Guai se la Chiesa trionfasse! Guai se fosse una comunità di puri! Chi l'ha pensata così è caduto nell'eresia... Guai se fosse solo belle liturgie, e folle imbambolate, e numeri e successi. Sarebbe uno dei tanti movimenti di massa accecati dall'ideologia... No, essa è santa perché Cristo che è seminato in essa è santo! Essa ha successo perché fallisce secondo i parametri umani, a volte sparendo dai radar della storia, perché triturata nelle profondità della terra, a caricare i peccati di ogni uomo... Lo testimonia la sua storia di persecuzione e martirio, anche ora, e di zelo per le anime, di silenzioso e umile servizio, lontano dai riflettori, una storia splendente intessuta con il povero filo dei suoi membri deboli e peccatori. Allo stesso modo guarda tuo figlio: contempla i suoi difetti, le sue contraddizioni, l'incostanza e l'incoerenza; non temere e non ti fermare, fissa anche i suoi peccati. Ma guardalo oggi con gli occhi di Gesù, attraverso la luce delle sue parabole; guarda il "seme" piccolissimo marcire nella terra, contemplerai contemporaneamente l'albero sul quale molti cercheranno riparo; vedrai i suoi peccati, ma anche la misericordia che lo sta già rigenerando; lo vedrai perfino riposare tra i rami della Croce, offrendo se stesso con Cristo, lui che ora è così egoista e scapestrato. Vedrai quello che il mondo non vede, ciò che nessun padre o madre secondo la carne può distinguere. Nel frantumarsi delle tue aspettative di genitore, come di marito e di moglie, di amica o fidanzato, cade il velo dell'ipocrisia e appare Cristo, il suo amore infinito che lo ha spinto dentro a quel fallimento umano che hai davanti agli occhi. Proprio questo è l'inizio del Regno dei Cieli. In quella terra che è il fratello, ma che siamo anche tu ed io, è deposto il seme del Regno, come Gesù nella mangiatoia di una povera e sudicia stalla, apparentemente e ragionevolmente indegna di Lui, come il sepolcro che lo ho ha accolto, l'unico luogo di riposo che ha trovato nel mondo. Il Signore ci chiama ad entrare in questa dinamica, imparando a guardare così anche la missione della Chiesa; essa è sconosciuta alla sapienza secondo la carne, ma annunciata dal Talmud e dal Nuovo Testamento, per i quali il "seme" è immagine della risurrezione. Il seme che muore è già segno del frutto che porterà! Questa sapienza che la Chiesa ci annuncia e ci dona, ci è offerta anche attraverso la nostra esperienza. Come siamo stati perdonati, salvati, riscattati, liberati, giustificati? Ebbene facciamone memoria attraverso la liturgia, la preghiera, l'ascolto della predicazione, la meditazione assidua della Parola di Dio: "guardati e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno viste: non ti sfuggano dal cuore, per tutto il tempo della tua vita. Le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli" (Dt. 4,9). Come disse Paolo Vl nell'omelia delle beatificazione di Clelia Barbieri: "occorre finezza manzoniana per apprezzare simile scena, gusto francescano, e, diciamo pure, senso evangelico". "Finezza, gusto, senso" ovvero le qualità della fede per avere questo sguardo celeste su ciò che appare terra e fango. Occorre il discernimento che scaturisce dalla "gioia" dell'incontro con Cristo che ha ribaltato ogni prospettiva nell'amore che riscatta il peccatore e lo fa sedere tra i principi della terra. Ma, attenzione, c'è ancora molto da comprendere; ci attende qualcosa di impressionante. Tutto quanto abbiamo visto va ben oltre la nostra salvezza. In quel "seme di senapa" che è la tua e la mia vita, vi sono scritti i nomi di tutti i pagani che Dio ha legato a noi fin dall'eternità. Con noi sono stati deposti nel seno di nostra madre un'infinità di persone. Nell'acqua del battesimo poi, è stata sigillata la nostra missione: con noi sono profeticamente scesi nel fonte tantissimi peccatori, anche il collega che non sopporti, anche il verduraro, anche il vicino che non ti saluta mai. Hai mai pensato a questo mentre ti guardi allo specchio e magari ti disprezzi? Hai mai pensato a questo quando guardi tua figlia, e la giudichi perché é così diversa da te che ti dà ai nervi, disordinata, sbadata, ancora tanto irresponsabile... Quale madre ha pensato a questo appena ha scoperto d'essere incinta? O le è venuta in mente la missione per la quale aveva appena dato alla luce suo figlio? Quale mamma ha sentito un fremito per la grandezza dell'opera che Dio aveva cominciato nel suo bambino piccolo come un "granello di senapa", mentre lo allattava, lo imboccava e lo vedeva crescere come un "albero" e "distendere i suoi rami"? Forse ha sognato per lui un futuro di medico, di marito e padre, forse anche di prete, magari ha sperato che diventasse santo... Ma che in quel bozzolo d'uomo ci fossero impressi il destino e la salvezza di innumerevoli giapponesi, o australiani o kenyoti, con ogni loro nome scritto nel nome di suo figlio, e il giorno dell'appuntamento con lui già fissato dall'eternità, credo che poche madri ci abbiano pensato. Che l'identità di quel bambino era ed è di essere "lievito che una donna", proprio lei, la madre, avrebbe dovuto iniziare a "impastare con tre misure di farina perché tutta si fermenti"... E noi, abbiamo mai pensato che siamo "lievito", e che non c'è altra missione che compia la nostra vita, se non quella di essere "impastati" nel mondo dalla Chiesa nostra Madre? C'è un cammino che ci attende anche oggi, ed è quello che ci nasconde nel mondo pur non essendo del mondo. Ogni giorno Cristo ci condurrà uniti a Lui nelle umiliazioni, nell'irrilevanza, nell'anonimato, nei fallimenti, nelle frustrazioni, nella debolezza, nella solitudine, nell'incomprensione, nelle angosce, nelle sofferenze, nelle contraddizioni e nell'aridità, ovvero nella terra che accoglierà il seme destinato a salvare il pezzo di mondo che ti è affidato, e la farina dove sarà impastato il lievito per "fermentare" il lavoro, la scuola, le relazioni, il mondo intero. Lo aveva compreso bene Santa Veronica Giuliani, fiore e frutto di senapa meraviglioso seminato e triturato nel monastero e sbocciato sul legno della Croce; nella sua esperienza c'è la profezia della nostra: "Mi sento così piena di disgusto, così arida e senza alcun sentimento da sembrar mi impossibile il sopportare più a lungo un tal modo di vivere e in questo stato mi sembra persino un perditempo l'andare dal mio confessore. Ma appena percepisco nel cuore anche il minimo moto di quella misteriosa azione mi sento così trasformata e ripiena di una tale energia che pure nella più grande aridità. Nell'insensibilità e nelle contraddizioni ogni opera mi riesce agevole anche le più difficili". A questo siamo chiamati, e per questo, nostra cura sarà quella di difendere la proprietà del "lievito" e del "seme", ovvero la docilità alla volontà di Dio frutto dell'intimità con Cristo, attraverso l'aiuto amorevole della Chiesa. Proprio l'esegesi delle parabole ci svela tutto questo: la parola tradotta con "annidarsi", infatti, è "un termine tecnico escatologico per indicare l'incorporazione dei pagani nel Popolo di Dio" (J. Jeremias). Ecco, il cerchio delle parabole si chiude: dal Cielo al Cielo attraverso la terra. La missione della Chiesa, la tua e la mia, come quella del "granello di senape": non a caso tutte le varietà di senapa appartengono alle "crocifere", che hanno fiori con quattro sepali e quattro petali disposti a croce! Salvati da Cristo e seduti alla destra del Padre con Lui, siamo chiamati a vivere ogni istante su questa terra regnando sulla Croce con Lui, per offrire a tutti gli uomini uno spicchio del Cielo che illumina ogni storia, perché tra le braccia di Cristo distese sulla nostra vita possano essere accolti nella misericordia.  

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