Santa umiltà di Cristo, chi ti potrà trovare?
L'ANNUNCIO |
Venite a me, voi tutti, che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò.
Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, e troverete ristoro per le vostre anime.
Il mio giogo infatti è dolce e il mio carico leggero».
Simei tira le pietre al Re Davide |
αποφθεγμα Apoftegma
Mediante l'umiltà viviamo con Dio,
e Dio vive con noi in una vera pace;
in essa si trova il fondamento vivo di ogni santità.
L'uomo umile rinuncia alla propria volontà
e si abbandona spontaneamente nelle mani di Dio.
Così diviene una sola volontà e una sola libertà con la volontà divina.
E questo è proprio il fondo dell'umiltà.
La volontà di Dio, che è la libertà,
ci toglie ogni spirito di timore
e ci rende liberi e vuoti da noi stessi.
Allora Dio ci dà lo Spirito degli eletti,
che ci fa gridare con il Figlio : «Abba, Padre».
Beato Jan Ruysbroeck
Gesù ci chiama anche oggi, per imparare la mitezza e l'umiltà, le qualità del suo cuore. Basta ascoltare e andare.
E' questa la volontà di Dio per noi. Andare e fermarsi presso di Lui.
Vedere dove Lui abita, stare con Lui, imparare con l'orecchio aperto
come un discepolo. Ai suoi piedi, cercando e desiderando l'unica cosa
buona, la sua Parola, la sua vita, il suo amore. In questo atteggiamento
del cuore, e solo in esso, troveremo ristoro, riposo per il nostro
intimo, per le nostre anime. Perché così entreremo nel suo riposo,
nello shabbat preparato per noi; unica condizione, un cuore docile. Se
oggi ascoltiamo la sua voce non induriamoci, lasciamoci sedurre dalla
sua misericordia. E riposa solo chi ha presente sempre la verità: "Sappi
[tre cose,] da dove vieni: da una goccia putrefatta; dove vai: verso un
luogo di polvere, di larve e di vermi; e davanti a chi dovrai rendere
conto: davanti al Re, il Re dei re, il Santo, benedetto Egli sia"
(Avot 3,1). Sapere queste tre cose è la verità che libera dall'orgoglio
e dall'arroganza di dover condurre la propria vita con lo sforzo e
l'angoscia di chi presume di sé ed esige dagli altri. Sapere che, senza
di Lui, non siamo nulla, schiavi del giogo del mondo, esigente e senza
misericordia. Il
suo Giogo invece, ovvero la Croce d'ogni giorno, è il vero cammino al
riposo. Allora, prendere la Croce che la storia ci presenta, è il modo
per andare al Signore: e questo cammino è già imparare ad essere miti e umili di cuore. Il mite infatti, come recita il salmo 37, possiede già la
terra perché la croce pota l'orgoglio, riduce la menzogna a polvere e
fa brillare la verità. Nella storia di oggi possiamo conoscere la nostra
debolezza senza scandalizzarci, e lasciarci condurre, vivendo
dell'autentico alimento: "Ricordati di tutto il cammino che il Signore,
il tuo Dio, ti ha fatto fare in questi quarant'anni nel deserto per
umiliarti e metterti alla prova, per sapere quello che avevi nel cuore e
se tu avresti osservato o no i suoi comandamenti. Egli dunque ti ha
umiliato, ti ha fatto provar la fame, poi ti ha nutrito di manna, che tu
non conoscevi e che i tuoi padri non avevano mai conosciuto, per
insegnarti che l'uomo non vive soltanto di pane, ma che vive di tutto
quello che procede dalla bocca del Signore"(Deut. 8,2-3). Così, l'umiltà
figlia della verità, conduce all'abbandono totale alla Parola.
In
un manoscritto ebraico scoperto nel 1898 nel cosiddetto Cairo Genizah,
il luogo dove in una sinagoga del Cairo venivano “sepolti” i manoscritti
logori contenenti le Sacre Scritture, è stato trovato questo
frammento: "Venite a me, voi che siete senza istruzione, prendete dimora
nella mia casa di studio [beit midrash]. Quanto tempo volete
rimare privi di queste cose, mentre la vostra anima ne è tanto assetata?
Ho aperto la bocca e ho parlato della sapienza: Acquistatela senza
denaro. Sottoponete il collo al suo giogo, e permettete alla vostra
anima di portare il suo carico. Essa è vicina a quelli che la cercano e
la persona che dà la sua anima la trova. Vedete con gli occhi che poco
mi faticai, ma ho perseverato fino a quando non l’ho trovata". Dunque il
"giogo" di Gesù è la "casa di studio" dove Lui insegna e dove possiamo
imparare: nel greco originale, infatti, "imparate" (màthete) significa proprio "studiate". L'umiltà e la mitezza si studiano, e il libro è Cristo, la sua stessa vita incarnata nella nostra esistenza.
Studiare le sue parole, il suo pensiero, i suoi sentimenti, sino ad
assumerli e a farli nostri. Nulla di sentimentale o moralistico,
piuttosto il com-prendere, il prendere-con noi, su di noi, il
giogo della Torah, il carico leggerissimo dello straordinario compiuto
in Cristo. Prendere con noi una vita inchiodata a letto, o stretta nella
precarietà; prendere con noi una relazione difficile, dalla quale è
sparito l'incanto della passione; prendere con noi un lavoro senza
gratificazioni umane, con colleghi che ti fanno la guerra; prendere con
noi anche una depressione, come gli altri un giogo pesantissimo per chi
non conosce Cristo. Un giogo che, senza la Grazia, schiaccia e uccide: e
questo spesso accade anche nelle nostre parrocchie, invase dallo
spirito mondano, dove tutto è esigenza: esigenza di legalità, esigenza
di coerenza, esigenza di impegno, solidarietà. Ce lo vorrebbero imporre
da fuori, dalle cattedre e dai giornali dei maestri del pensiero unico
che determina la cultura della società civile; ce lo vorrebbero imporre
anche da dentro, quando i parroci si sentono frustrati e cominciano ad
esigere dai parrocchiani che facciano, facciano, partecipino, si tirino
su le maniche. E riducono la Chiesa un luogo di leggi, di obblighi, di
volontariati asfissianti: "Gli scribi e i Farisei seggono sulla cattedra
di Mosè. Fate dunque ed osservate tutte le cose che vi diranno, ma non
fate secondo le opere loro; perché dicono e non fanno. Difatti, legano
dei pesi gravi e li mettono sulle spalle della gente; ma loro non li
vogliono muovere neppure con un dito" (Mat. 23:2-4). Ciò significa che,
proprio mentre si esige impegno si scappa dalla storia. E' l'esatto
contrario del cristianesimo. Non così "Mosè", che "era un uomo molto umile, più di ogni
altro uomo sulla faccia della terra.” (Numeri 12,3). E perché? Perché
aveva conosciuto se stesso, fragile, incoerente, mascalzone, ma eletto,
chiamato a prendere il "giogo" di Cristo, e aprire al Popolo il cammino
nel deserto. E' mite, infatti, chi ha imparato che la lotta d'ogni
giorno non è contro le creature di carne, contro suocere o mariti o
mogli o figli o colleghi di lavoro o coinquilini di condominio. Il
combattimento, invece, è contro il demonio, il padre della menzogna e
dell'orgoglio. In questa lotta occorre imbracciare le armi della fede,
la Parola, lo zelo per il Vangelo, il suo amore infinito. La fede, la
speranza e la carità, i doni del Cielo riservati a chi reclina il
proprio capo sul petto di Gesù, assumendo lo stesso "giogo", l'unico che
darà senso e compiutezza alla vita. Esattamente come il "giogo" serve
agli animali per compiere il loro lavoro. Il Signore ci chiama a
immergere la nostra mente nel suo cuore, la fonte della mitezza e
dell'umiltà, la porta al riposo e alla pace. Ci aiuta la figura di Davide, un
peccatore che non ha mai dubitato dell'amore di Dio; e ha preso il
"giogo" su di sé, che significa anche accettare le conseguenze dei
propri peccati senza esigere un perdono che cancelli la realtà. Dio
perdona, e i peccati non esistono più. Certo, ma le conseguenze restano.
Per questo Davide, di fronte a Simei che lo insultava mentre scappava
da Gerusalemme braccato da suo figlio Assalonne, accetta l'umiliazione,
il "giogo" legato al perdono (leggi 2 Sam 16). E non si ribella,
sperando che proprio l'umiliazione lo possa condurre alla conversione e
alla misericordia. Ecco, nella trama della storia, vi sono disseminate
le occasioni per convertirci. Abbiamo tanto peccato, ed è una Grazia
che, sul cammino, ci si accostino tanti Simei a lanciarci pietre e a
inveire contro di noi: a casa, a scuola, al lavoro, ogni occasione di
umiliarci è un dono di Dio. Attraverso di esse potremo imparare l'umiltà
e la mitezza di fronte alla storia.
Impariamo allora la mitezza caricandoci del giogo di Cristo, che ci
dona l'audacia di ritornare a Dio: è questa l'umiltà, la mitezza
autentica, il cuore secondo Dio che Lo conosce e non dubita di Lui, mai.
Neanche davanti alla caduta più atroce, mai. Neanche dinanzi alla
contraddizione più umiliante, mai. Nella certezza che, crocifissi con
Cristo, nulla e nessuno potrà mai separarci dal suo amore.
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