Venerdì della XV settimana del Tempo Ordinario
La libertà che nasce dal sabato del Messia
αποφθεγμα Apoftegma
Venuto tra noi,
il Signore portò il riposo all'anima affaticata e oppressa dal fardello del peccato,
che era costretta a compiere le opere dell'ingiustizia,
essendo assoggettata a padroni crudeli.
Egli la alleggerì del peso insopportabile dei pensieri vani e immondi,
la affrancò dal giogo amaro delle opere dell'ingiustizia
e le diede il riposo.
San Macario
Il Figlio dell'Uomo è Signore del Sabato, Lui è il Signore delle nozze. E noi con Lui, siamo chiamati a vivere nella libertà dei figli delle nozze. La Scrittura, infatti, disegna il rapporto tra Dio e l'uomo con i tratti gioiosi di un banchetto di nozze. La tradizione di Israele paragona proprio il "sabato" a una sposa: "'Venite e andiamo avanti per accogliere la regina del sabato; R. Jannai, indossate le sue vesti, la vigilia di shabbat esclamò: "Vieni o sposa, vieni o sposa" (Shabbat, 119). Per questo, la gioia e il riposo ne costituiscono l'essenza; è un giorno dove esplode il piacere, sia fisico che spirituale: il Talmud, infatti, spiega che il venerdì sera (quando inzia lo shabbat) è il momento più appropriato per chi studia la Torah, per unirsi con la sua sposa. In giorno di sabato è perfino interrotto il lutto, perché esiste qualcosa di più grande del dolore, ed è la gioia della presenza amorevole di Dio con il suo popolo. Nulla di più lontano da una religione fatta di precetti e divieti, di regole da applicare, di un tedioso dare e avere tra la divinità e l'uomo. Spesso, invece, viviamo così i nostri rapporti matrimoniali, le nostre amicizie, le relazioni sul lavoro, anche quelle tra genitori e figli. Contratti che contemplino il rispetto e la giustizia. Quella della carne, stretta nell'angusto perimetro di leggi e codicilli, nel vano tentativo di fissare il tutto ad un precario equilibrio di coesistenze protette dallo scudo dei diritti e dei doveri. Buoni in sé, nella maggior parte dei casi, ma inevitabilmente confinati al di fuori del cuore. E il cuore, quando è coinvolto, lo è emotivamente, stretto nelle passioni, a volte travolgenti, che scambiamo per amore. Il Vangelo di oggi sconvolge questo malfermo sistema che dovrebbe garantire il buon esito della nostra vita. Le parole del Signore vanno diritte al centro del problema, puntano il cuore, l'intimo dell'uomo, le sue stesse viscere. E' da lì che sgorgano i pensieri, le decisioni, gli atteggiamenti, i peccati. E nessuna legge può nulla nei confronti del cuore. Essa è un pedagogo, un tentativo di arginare gli esiti del cuore malato. Ma nulla più. I sacrifici, la fitta rete di prescrizioni che, superando la stessa Scrittura, i Farisei avevano teso a protezione della religione e della sua purezza, la giustizia umana basata sull'adempimento della Legge attraverso le proprie forze, il tentativo di accaparrarsi la giustificazione per mezzo delle opere, tutta questa trama di precetti che teleguidavano la vita, non ha condotto ad altro che a una smisurata superbia gravida di giudizi e disprezzo. Come capita a noi quando recintiamo le nostre vite e quelle altrui di leggi figlie dei nostri criteri, che si tramutano ben presto in aguzzine violentatrici della libertà e dell'amore. Avete presente lo sketch del comico Enrico Brignano su sua madre? (lo potete vedere più sotto, aiuterà molto per comprendere il Vangelo di oggi) Sì, quello nel quale la madre, per ogni circostanza, pone una legge perché "caso mai viene qualcuno...". Ecco, molto del nostro agire è in funzione dell'arrivo di qualcuno: "caso mai venisse..." dobbiamo farci trovare in tiro. Sempre aspettando uno Shabbat nel quale riposare, una sposa con la quale godere dell'amore, un compimento per la vita. Ma, ingannati dal demonio, ci perdiamo nella pura ipocrisia vestita di moralismo, figlia del terrore della verità. Quanti genitori educano così i propri figli... Quanti pastori trasmettono il Vangelo in questo modo... Ma si dimentica di curare il cuore, con il risultato di innescare un meccanismo perverso che idolatra la trasgressione e la menzogna. Perché quando non è in gioco il cuore, ovvero l'amore e il dono di se stessi, le regole servono solo a circondare di fascino e attrattiva il peccato. Mentre il no ad esso si impone naturalmente quando un cuore è stato risanato e colmato dell'amore di Dio. E' come per uno smartphone bloccato da un codice di sicurezza: ce n'è uno solo che permette di accedere alle sue funzioni. Altri numeri non lo possono sbloccare. Sarebbe stolto adirarsi per questo, no? Chi si impunterebbe nel voler accedere al telefono inserendo la combinazione che gli piace in quel momento, o che gli hanno suggerito e consigliato gli amici, o la televisione, la rete o chiunque altro? Ebbene, per "sbloccare" la nostra vita, come quella dei nostri figli, c'è un solo codice, valido solo per quella persona. Ed è l'amore, l'unico che ci fa accedere a tutte le infinite possibilità che Dio ci ha dato quando ci pensato e creato. Ciascuno è unico e irripetibile, e per non fallire - ovvero per non peccare secondo il significato originale del termine "peccare" in ebraico (fallire il bersaglio) - occorre inserire il codice giusto. E' necessario aprire il cuore all'amore con l'amore di Dio. Altri codici non funzioneranno, per questo, i "no" ad essi si impongono da soli: la passione, la lussuria, il denaro, il prestigio, la violenza, la vendetta, l'invidia, la maldicenza, l'egoismo non accendono il cuore. Di conseguenza, i "no" alla discoteca, alle canne, a certe amicizie, alla vacanza con il fidanzato si impongono naturalmente, e sarebbe stolto impuntarsi nel cercare in tutto questo il compimento della vita. I "no" sono, dunque, figli naturali di un "sì" infinitamente più grande. Il "sì" a Cristo e al suo amore, che rigenera il cuore, facendolo riposare. Solo un cuore che ha trovato in Lui il ristoro smette di affaticarsi con altri inutili codici. Solo chi è con Lui e cammina nella vita seguendo il senso originario, quello che conduce al dono di se stesso, è libero davvero, nella libertà e nella gioia di essere figli di Dio. E i figli gustano sempre le delizie del banchetto di nozze che il Padre prepara. Le nozze della misericordia, l'amore che ha sempre la meglio nel giudizio. E' questa la vita colma di amore! Tutto quello che l'uomo cerca con la violenza, il sopruso, gli inganni, la concupiscenza e il moralismo è solo poter vivere libero, senza pesi e sensi di colpa, sganciato dal peso opprimente della superbia. Ebbene, questa libertà è preparata per noi, anche oggi. Essa è il frutto squisito della Croce, sulla quale il Signore ha mostrato l'autentica libertà: amare, senza riserve, senza aspettarsi il contraccambio; donarsi, anche ai nemici. In questo amore libero davvero c'è la felicità che dà senso e compiutezza alla vita. Il suo amore, infatti, ci strappa dalla maledizione che pesa su chi, aspettando dalla Legge la salvezza, non la compie diventandone trasgressore colpevole.
Cristo viene oggi con i suoi discepoli, con la Chiesa, e ci prende per mano per introdurci nel suo Regno; sì, nella nostra comunità impariamo ad essere con Lui sacerdoti, re, profeti, e per questo liberi di mangiare dei pani di vita preparati per l'offerta rituale. Ciò significa che per un cristiano, per te e per me, non c'è più separazione tra la vita di tutti i giorni e i momenti riservati al culto. Non ci sono parentesi, ma la nostra vita impregnata del suo amore diviene una liturgia, dove ogni rapporto sgorga da un cuore sanato, capace di amore e misericordia. L'amore, infatti, è la cifra del Sabato, del Riposo, del Cielo. Chi ama è cittadino del Sabato, le nozze sono compiute, è passato all'altra riva, vive sulla sponda dove la Legge e i suoi sacrifici sono compiuti nell'amore dai sacerdoti della Nuova Alleanza, i cristiani che si offrono in cibo per ogni uomo. Quelle spighe strappate dai discepoli di Gesù, come i pani che hanno mangiato Davide e i suoi compagni, sono il cibo riservato proprio a loro, perché per loro è il sabato della misericordia. Chi, cieco su se stesso, "non comprende la misericordia, condanna individui senza colpa", perché dove c'è Cristo il peccato è perdonato e inizia una vita nuova, nella libertà e nell'amore. I "pani dell'offerta" erano profezia del corpo di Cristo, come le spighe strappate in giorno di sabato erano immagine del chicco di grano caduto in terra, nel sepolcro, proprio in giorno di sabato. Allora? Non erano proprio per sfamare chi cerca misericordia? Cristo è la novità, e la Chiesa ne è il segno! Egli è molto più del Tempio, e la comunità cristiana è infinitamente più grande di ogni legge. In Lui, Signore del Sabato, ogni cristiano è signore della storia, che diviene un unico altare dove offrirsi in una liturgia d'amore. Tutto ciò che Shabbat celebra è compiuto in Cristo, e chi vive in Cristo è già entrato nello Shabbat eterno, pur camminando nella storia. Il mondo non ha bisogno di religioni, ma di uomini che, nella propria vita, annuncino lo Shabbat che tutti attendono, e rivelino il Regno preparato per ogni uomo, nel quale si vive liberi da ogni schiavitù. Dove non ci si preoccupa perché "caso mai viene qualcuno", ma si vive intensamente il presente nel quale, l'unico Qualcuno che ogni uomo attende sin dalla nascita, è già arrivato. E' Cristo, è il perdono, è la Grazia, è la libertà! E' la Chiesa suo corpo che cammina nella storia lasciando dietro di sé le tracce del Cielo. In essa si compie ogni legge, perché chi ama ha la legge impressa nel cuore! Il Padre, infatti, non vuole sacrificio ed olocausto, ma, come al Figlio, anche a noi ha preparato un corpo nel quale compiere la sua volontà. La nostra vita, le ore che ci attendono, gli eventi che ci vengono incontro; i luoghi e i tempi della misericordia nei quali vivere e sfamarsi delle spighe mature fatte pane di vita nel corpo del Signore donato per noi. Misericordia per misericordia, perché, trasformati in spighe mature, possiamo sfamare questa generazione.
Il Vangelo del giorno.
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