Mercoledì della XXVIII settimana del Tempo Ordinario
αποφθεγμα Apoftegma
Non è dunque una misura la moralità cristiana;
è l'adesione ad una Presenza,
all'Essere che è mistero personale
e origine costitutiva della creatura umana.
Mons. Luigi Giussani
L'ANNUNCIO |
Dal Vangelo secondo Luca 11,42-46.
Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l'amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre. Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo». Uno dei dottori della legge intervenne: «Maestro, dicendo questo, offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!
Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la giustizia e l'amore di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre. Guai a voi, farisei, che avete cari i primi posti nelle sinagoghe e i saluti sulle piazze. Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo». Uno dei dottori della legge intervenne: «Maestro, dicendo questo, offendi anche noi». Egli rispose: «Guai anche a voi, dottori della legge, che caricate gli uomini di pesi insopportabili, e quei pesi voi non li toccate nemmeno con un dito!
Oltre la siepe per amore
"Innalzate una siepe per la Torah" avevano insegnato i Padri al tempo dell'esilio. Essi credevano che sul Sinai, accanto alla Torah scritta, Dio avesse rivelato a Mosè anche la Torah orale; una serie di precetti che raggiungevano ogni aspetto della vita - le "altre cose" che Gesù stesso invita a "non trascurare" - perché in tutto fosse protetta la fedeltà all'Alleanza, pur vivendo nella Babilonia pagana. E' cura dei figli pagare la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio per ricordare che tutto è dono del Padre e di nulla ci si può appropriare. Per questo i "guai" severi di Gesù non si riferiscono all'osservanza dei precetti, ma sono fendenti che mirano al cuore. "Guai a voi!", guai al vostro cuore che trascura l'amore gratuito di Dio! Chi trascura infatti non ama, è un ipocrita infedele. Quante volte abbiamo tras-curato, siamo passati oltre la cura dovuta alla moglie, al marito, ai genitori, presi dai nostri inderogabili impegni? Quanti "no" sbrigativi sbattuti in faccia ai figli invece di curare con calma in loro il "si" a Cristo? Scandalizzati della nostra e dell'altrui debolezza e impauriti dalla precarietà, come i farisei ci separiamo dal male che ci circonda illudendoci di portare il peso insopportabile dei nostri moralismi che però carichiamo su chi ci è accanto come i dottori della legge, convinti che sia amore. Invece, non amiamo altri che noi stessi; corriamo per raggiungere i primi posti, affamati di autorità che significa potere, per sentirci amati: ma lasciamo indietro le persone che Dio ci ha messo accanto, tras-gredendo la misericordia e l'amore, andando al di là del loro passo, che ne è l'unica misura. Senza la cura attenta del Tu restiamo imprigionati nella solitudine superba dell'Io, sepolcro che ci chiude nella stessa trascuratezza e irrilevanza che abbiamo riservato agli altri. Ammettiamolo: siamo sempre alla ricerca di chi possa darci ragione, di chi, al nostro passare, si sbracci nei saluti. Desideriamo essere riconosciuti, stimati, apprezzati. Il sindacato del nostro Io lavora ventiquattro ore su ventiquattro. E quanti scioperi e manifestazioni se restiamo senza il "meritato" e "giusto" salario affettivo. Quante mogli la sera guardano in cagnesco i propri mariti appena rientrati in grave ritardo. E quanti mariti si chiudono in un abbraccio con il TG pur di non spiccicare una parola. Quanti pesi caricati sulle spalle di chi ci è vicino, moralismi e leggi che vorremmo poter compiere ma che, sperimentandone l'impossibilità, intristiti nella frustrazione, esigiamo veder compiuti dagli altri. "Guai a voi!" grida oggi il Signore a ciascuno di noi; guai, perché cerchiamo male il bene che ci spetta, cerchiamo nella carne e nel mondo, cisterne screpolate, quello che proprio non possono darci. Cerchiamo sicurezze che diano sostanza alla nostra esistenza, leggi e regole che garantiscano stabilità agli affetti, alla famiglia, all'amicizia, all'amore. Stendiamo una rete di ideali e di sogni, scriviamo e riscriviamo la Costituzione della nostra vita, elemosinando a quattro regolette il segreto della felicità e di una vita senza problemi. Cerchiamo di dare il paradiso alla nostra vita e lo riduciamo a qualcosa di grigio ed insapore intrappolato tra codici e regolamenti che la carne e la sua debolezza smentiscono in ogni istante. Fuggiamo la precarietà terrorizzati, e facciamo della nostra vita una caricatura, ed un sepolcro imbiancato. Come i farisei quei dottori della Legge che hanno fatto della Scrittura e della Tradizione una corazza opprimente e umiliante, che, invece di difendere dal peccato, ha finito per sbarrare la strada all'amore e alla misericordia. Per sfuggire alla debolezza, la Legge ha reso superfluo l'amore paziente di Dio pronto ad aiutare, a perdonare, a ricreare.
Così per le nostre vite. Per sfuggire la precarietà spirituale ancor prima di quella economica o fisica, stabiliamo una ragnatela di regole e di principi ideali con i quali crediamo di assicurarci giornate tranquille, famiglie più o meno normali. E non ci rendiamo conto che, rifiutando la debolezza e la precarietà che ci costituiscono, lasciamo fuori dalla nostra vita Colui che, solo, può riscattarci dai fallimenti che, inevitabili, feriscono le nostre storie. "Perché spendete per ciò che non è pane"? Venite a me dice il Signore, voi tutti che siete affaticati e oppressi, e io vi ristorerò. Perché il suo giogo d'amore, la sua croce che schiude le porte al Paradiso, è per noi sempre, anche e soprattutto quando di nulla siamo meritevoli. Il suo amore colora e dà sapore alle nostre vite, liberandole dal carcere grigio e frustrante di leggi incompiute, di desideri inappagati, di ideali spezzati. Il suo amore compie ogni legge, perché ogni Legge trova compimento nel suo amore. Accettare ogni giorno la precarietà nell'attesa, colma di speranza, del suo aiuto, della sua misericordia, del suo amore capace di fare del fallimento più cocente un successo strepitoso. Il Signore ci chiama oggi a conversione, a ritornare sui passi della nostra storia e ricordare i memoriali del suo amore, a tornare indietro laddove abbiamo trascurato il fratello per prendere insieme il giogo soave e leggero di Cristo. Solo "curando giustizia e misericordia", infatti, non "trascureremo" neanche il minimo dettaglio di una vita santa. Solo avendo cura del rapporto intimo con Cristo saremo un segno di speranza e non di condanna; solo crocifissi con Cristo perché sia Lui a vivere in noi ogni istante, saremo l'avanguardia di misericordia alla quale potranno bussare tutti quelli che vivono senza "giustizia".
QUI IL COMMENTO COMPLETO E GLI APPROFONDIMENTI
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