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Oggi, in occasione dell'Angelus recitato da Benedetto XVI nella Solennità dei Santi Pietro e Paolo, Piazza San Pietro accoglierà i partecipanti a "Noi per Benedetto", iniziativa nata spontaneamente su internet e promossa da un gruppo di giovani cattolici per stringersi intorno al Santo Padre dopo mesi, anni, di attacchi contro la sua persona. Domani in Piazza San Pietro ci sarà anche la diocesi di Roma, convocata dal cardinale vicario Agostino Vallini sempre per esprimere a Benedetto XVI affetto e gratitudine per il suo ministero. La Vigna del Signore da subito ha fatto propria e diffusa questa straordinaria iniziativa di affettuosa solidarietà al Papa. Alla vigilia dell'evento, abbiamo intervistato Domenico, uno dei giovani promotori e portavoce del comitato
"Noi Per Benedetto".
PIAZZA SAN PIETRO - ORE 11
Il Vangelo del giorno
Ubi ergo Petrus, ibi Ecclesia;
ubi Ecclesia, ibi nulla mors, sed vita aeterna»
«Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa;
dove c'è la Chiesa, lì non c'è affatto morte ma vita eterna».
Sant'Ambrogio, Enarrationes in XII Psalmos davidicos
«Ipse est Petrus cui dixit: “Tu es Petrus et super hanc petram aedificabo Ecclesiam meam”. Ubi ergo Petrus, ibi Ecclesia; ubi Ecclesia, ibi nulla mors, sed vita aeterna» (Enarrationes in XII Psalmos davidicos; PL 14, 1082). «Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa; dove c'è la Chiesa, lì non c'è affatto morte ma vita eterna». Pietro e la Chiesa. E la vita, e la fine della morte. E' questo il desiderio d'ogni uomo, il nostro desiderio d'oggi, il più profondo, il più intenso, l'anelito che freme insopprimibile in ogni parola, pensiero, azione. La vita e mai più nessuna morte. I peccati stessi gridano il nostro desiderio di felicità eterna, che si tramuta purtroppo in fuga da ogni sofferenza confondendo il piacere con l'eterno esistere a cui aspiriamo. Le guerre, i divorzi, financo gli aborti, e gli abomini genetici, e le nostre ore intrise di rabbia, malinconia, ribellioni e mormorazioni. Non ci arrendiamo all'ineluttabile scorrere, v'è dentro un grido più forte di tutto, l'accorato appello lanciato ad una vita che sembra sorda ad ogni richiamo, che sfugge malvagia senza risposta. Tutti drogati di qualcosa o di qualcuno, sperando il cristallizzarsi, seppur effimero, d'un secondo almeno, un istante di tregua e di pace dove cullare le deluse speranze vissute solo in un sogno. Leopardi descriveva magistralmente i sentimenti che s’affastellano in noi:
"Questo è quel mondo? questi
i diletti, l'amor, l'opre, gli eventi
onde cotanto ragionammo insieme?
questa la sorte dell'umane genti?
All'apparir del vero
tu, misera, cadesti: e con la mano
la fredda morte ed una tomba ignuda
mostravi di lontano" (G. Leopardi, A Silvia).
Il "vero" che ci travolge, e ci spalanca "ignude tombe", e dolori, e lacrime, e delusioni. La vita come il cammino dei due di Emmaus, che avevano sperato in Lui, Gesù di Nazaret, profeta potente in parole ed opere, che li avrebbe liberati e invece.... Anche Lui chiuso in una "tomba ignuda", anche Lui "all'apparir del vero" è caduto "misero" e solo. E son tre giorni ormai. E le lacrime di Pietro, il tradimento e un amore strozzato nella paura di morire, di fare la stessa fine atroce. Come noi, come tutti. Lacrime e delusioni, sconfitte e "ignude tombe". E nudo il Signore è sceso nella tomba, un sudario a venerarne le piaghe, e una pietra a sigillare le speranze. Nudo come tutti noi. Tre giorni. Un'eternità. Il silenzio e le lacrime. Tutto infranto e i desideri spezzati. E una sera, all'imbrunire d'un giorno di paura, i chiavistelli della vita ben serrati, nella stanza d’una pasqua appena volata via, ecco d’improvviso apparire un volto incandescente di luce, una voce, un saluto di Pace che trapassa i muri e i cuori. La Sua voce, il Suo volto, le Sue piaghe. E' Lui, è proprio Lui, I segni del Suo amore inchiodato ad un legno, e quella luce da quelle ferite. E la gioia, incontenibile, era morto ed ora è qui, è vivo, è tornato dall'ignuda tomba. Vittorioso. Sulla morte. Sul peccato. Lì, in quel cenacolo, la vita. E' scomparsa la morte, è apparsa la vita. La vita eterna. In mezzo a quel manipolo terrorizzato, che è scappato, che ha tradito, l'amore è esploso in una vita più forte della morte. Il perdono per ogni peccato.
E Pietro, lui, la roccia, lui, il primo, il primo ad essere perdonato. Il primato del perdono e la roccia della Chiesa, della Sua Chiesa, è la misericordia. La beatitudine di Pietro, e di noi con lui, è tutta in questa esperienza: Pietro, il papa, perdonato da una Grazia celeste; un perdono che nè carne e nè sangue possono rivelare. Un perdono che viene dal sepolcro, che ha attraversato l'inferno, che s'è fatto dono gratuito e immeritato. Perdonato. Solo uno sguardo perdonato può riconoscere Dio. I puri di cuore vedono Dio; gli occhi purificati nella Sua misericordia riconoscono Dio in un povero rabbì di Nazaret. Il figlio di Giuseppe, un uomo, Lui è il Messia. Dio fatto uomo. Nella precarietà, nelle contraddizioni della carne, in un corpo corruttibile abita Dio, e vive la Sua Vita immmortale. La Vita nella morte. E' la fede della Chiesa, la risposta ad ogni speranza, sulla strada di Emmaus e sulle strade d'ogni uomo, all'apparir d'ogni vero e in tutte le ignude tombe, la vita che brilla nel perdono più forte della morte. L'amore di Dio che vince il sepolcro. Pietro, amato e perciò vivo. Pietro, perdonato e per questo roccia e fondamento della Chiesa. «Dove c'è Pietro, lì c'è la Chiesa; dove c'è la Chiesa, lì non c'è affatto morte ma vita eterna».
Con Pietro nella Chiesa si apprende l'amore. Ed in esso la Vita. Quella preparata per ogni uomo. La Chiesa porta del Cielo per ogni carne. Ed un Pastore a guidare il cammino. Un Pastore incarnato nel pastore che ci è donato. Pietro, ed ogni papa, schiude le porte del Cielo offrendo gratuitamente ad ogni uomo l'amore di Dio, la Sua misericordia. Un Pastore che prende il largo gettando le reti sulle parole di Gesù. "Anche oggi viene detto alla Chiesa e ai successori degli apostoli di prendere il largo nel mare della storia e di gettare le reti, per conquistare gli uomini al Vangelo - a Dio, a Cristo, alla vera vita. I Padri hanno dedicato un commento molto particolare anche a questo singolare compito. Essi dicono così: per il pesce, creato per l'acqua, è mortale essere tirato fuori dal mare. Esso viene sottratto al suo elemento vitale per servire di nutrimento all'uomo. Ma nella missione del pescatore di uomini avviene il contrario. Noi uomini viviamo alienati, nelle acque salate della sofferenza e della morte; in un mare di oscurità senza luce. La rete del Vangelo ci tira fuori dalle acque della morte e ci porta nello splendore della luce di Dio, nella vera vita. Nella missione di pescatore di uomini, al seguito di Cristo, occorre portare gli uomini fuori dal mare salato di tutte le alienazioni verso la terra della vita, verso la luce di Dio. È proprio così: noi esistiamo per mostrare Dio agli uomini. E solo laddove si vede Dio, comincia veramente la vita. Solo quando incontriamo in Cristo il Dio vivente, noi conosciamo che cosa è la vita. Non siamo il prodotto casuale e senza senso dell'evoluzione. Ciascuno di noi è il frutto di un pensiero di Dio. Ciascuno di noi è voluto, ciascuno è amato, ciascuno è necessario. Non vi è niente di più bello che essere raggiunti, sorpresi dal Vangelo, da Cristo. Non vi è niente di più bello che conoscere Lui e comunicare agli altri l'amicizia con lui. Il compito del pastore, del pescatore di uomini può spesso apparire faticoso. Ma è bello e grande, perchè in definitiva è un servizio alla gioia, alla gioia di Dio che vuol fare il suo ingresso nel mondo" (Benedetto XVI, omelia alla Santa Messa di inizio Pontificato). E sulla porta del mondo Pietro, garante e custode della Parola d'amore incarnata qui ed ora, in questa nostra storia che sembra accendersi solo alla vista del sangue. E dell'odio. E della vendetta. A questo mondo, che è fuori e dentro ciascuno di noi, Pietro dischiude le porte della sua casa, la Chiesa dov'è vivo Cristo. La casa di Pietro, le viscere di misericordia di Dio. Dialogo, tolleranza, rispetto. Tutto va bene per le umane, povere forze spese ad arginare il male. La casa di Pietro invece spalanca il Cielo, l'amore eterno, che è perdono e misericordia e dono, unico scoglio ad infrangere ogni male. E' la Chiesa, Madre e Maestra d'amore e di pace. E' Pietro, che presiede nella carità un manipolo di poveri uomini strappati all'inganno. La Chiesa e il suo gregge, uniti a Pietro, in ogni generazione segno dell'unica speranza, Cristo, lo sguardo di misericordia del Padre su ogni uomo. Oggi. E sempre.
Nella storia di San Paolo possiamo leggere la nostra vita. Era deciso, sicuro, religioso, zelante. Era tutto per Dio, per Lui era disposto ad incarcerare, e a uccidere. Come noi, al lavoro, in famiglia, con amici e vicini. Abbiamo la Parola di Dio dalla nostra, ne siamo certi, dobbiamo estirpare l'errore. I principi e le loro questioni muovono le nostre menti e le nostre azioni cento volte al giorno. Discussioni senza fine, polemiche, al bar, nella pausa pranzo, tra una lezione e l'altra, a cena la sera con consorte e figli. Indossata la corazza della nostra giustizia corriamo anche noi ogni giorno verso Damasco, recando lettere che ci autorizzano a gettare in prigione chi pretende di uscire dai nostri schemi. Anche in Chiesa, nelle comunità dove camminiamo per convertirci, nelle riunioni, nelle assemblee. Preti, laici, non v'è differenza, portiamo tutti la stessa armatura di certezze che abbigliava San Paolo. Ma accade l'imprevisto. Qualcosa acui Saulo non era preparato. Qualcuno appare sul suo cammino e smonta le sue certezze. Qualcuno lo cerca, lo chiama, lo ama. Ed è una luce improvvisa e una voce capace di stravolgere la sua vita. Un fatto, un avvenimento, un incontro. Ed inizia la conversione, la Teshuvà, il ritorno al vero, al bello, al buono, al santo. San Paolo incontra Cristo, ne è raggiunto, conquistato, avvinto. E' una passione più forte d'ogni suo peccato, d'ogni sua ignoranza, d'ogni suo passato. Una scintilla d'amore e nasce una cosa nuova, una creatura nuova. E possiamo leggere ogni sua lettera ed incontrarvi, in filigrana, la sua esperienza, indelebile, viva, vera, il suo incontro decisivo con Chi aveva perseguitato. Criteri, pensieri, cuore, atteggiamenti, modo di vivere, cambia tutto. Per pura Grazia. E, per San Paolo, questo ha significato ascoltare una chiamata, profilarsi chiara una missione, compiersi un'elezione. E comprende che tutto nella sua vita era orientato a quell'istante. Dio lo aveva preparato, misteriosamente, senza moralismi, salvaguardando ogni millimetro della sua libertà, accompagnando i suoi passi, permettendo che si impantanassero nell'ingiustizia, che combinassero guai e si lasciassero dietro una linea di sangue e di dolore. Dio ha avuto pazienza, e lo ha atteso nel momento più virile della sua esistenza, laddove era lanciato verso il compimento d'una menzogna. E lì, sul selciato del suo cammino, laddove Paolo era precipitato, esattamente come Paolo era, lo ha amato. Lo ha accolto, lo ha ricreato. In una parola di misericordia che gli svelava la verità. Un perchè che gli si è conficcato nel cuore, una risposta mancante, e una chiamata. E' incredibile, come già era accaduto a Pietro sulle sponde del Lago di Galilea, nessun rimprovero, solo una luce ad illuminare il proprio nulla e subito un invio, una missione, una vita nuova, la vera, la santa, la piena che Dio, da sempre, aveva in mente per lui. La vita fantastica dell'apostolo delle genti sorgeva da lì, dal suo nulla, da quello che era stata sino ad allora la sua vita. Dio aveva tratto dalla morte la vita, e quando Paolo dirà che ha visto Cristo nella carne, che gli è apparso risuscitato è all'esperienza sulla via di Damasco che dobbiamo tornare. E' lì che Paolo ha conosciuto la risurrezione di Cristo, capace di risuscitare anche la sua vita, di fare di un persecutore un perseguitato, di un determinato accusatore uno zelante annunciatore. I segni che accompagnano gli apostoli nella missione universale, per San Paolo hanno cominciato a compiersi in quel mezzogiorno. Il demonio era vinto, il veleno della menzogna aveva smesso di recargli danno, il serpente che aveva tra le mani e che lo aveva sedotto con la propria pretesa giustizia era ridotto all'inoffensività. Lui, malato senza Cristo, era guarito dall'incontro con Cristo. La sua vita capovolta, lanciata, con lo stesso ardore, con più zelo, sulle strade che aveva detestato, quelle dell'annuncio infaticabile del Vangelo. Appare anche a noi, oggi, Cristo. Il perchè che ha fermato Saulo ci viene incontro oggi, nella situazione concreta che stiamo vivendo. Perchèperseguitiamo il Signore, incarnato in nostra moglie, nei nostri figli, nei colleghi, nella suocera, nel condomino. E forse anche in noi stessi. Già,perchè? Perchè ci manca Lui, ci manca il suo amore, la sua parola di misericordia, la sua chiamata. E Lui ci viene incontro, e fa di noi i suoi apostoli, e ci lancia in tutto il mondo, lavoro, scuola, casa, supermercato, parrocchia, o dove sia. Ci manda oggi laddove abbiamo combinato macelli con i nostri peccati, sui sentieri che abbiamo sporcato con le maldicenze, con i giudizi, con i compromessi, con le bugie, con le concupiscienze, con l'arroganza e la superbia. Ci invia accompagnandoci con i segni della sua vittoria che compie la nostra conversione. Ci invia come agnelli, noi, che, senza di Lui, non siamo altro che dei lupi. Ci invia con i segni della sua misericordia che trasforma, istante dopo istante, la nostra vita, perchè anche gli altri possano vedere, credere, e conoscere il Signore.
Nella storia di San Paolo possiamo leggere la nostra vita. Era deciso, sicuro, religioso, zelante. Era tutto per Dio, per Lui era disposto ad incarcerare, e a uccidere. Come noi, al lavoro, in famiglia, con amici e vicini. Abbiamo la Parola di Dio dalla nostra, ne siamo certi, dobbiamo estirpare l'errore. I principi e le loro questioni muovono le nostre menti e le nostre azioni cento volte al giorno. Discussioni senza fine, polemiche, al bar, nella pausa pranzo, tra una lezione e l'altra, a cena la sera con consorte e figli. Indossata la corazza della nostra giustizia corriamo anche noi ogni giorno verso Damasco, recando lettere che ci autorizzano a gettare in prigione chi pretende di uscire dai nostri schemi. Anche in Chiesa, nelle comunità dove camminiamo per convertirci, nelle riunioni, nelle assemblee. Preti, laici, non v'è differenza, portiamo tutti la stessa armatura di certezze che abbigliava San Paolo. Ma accade l'imprevisto. Qualcosa acui Saulo non era preparato. Qualcuno appare sul suo cammino e smonta le sue certezze. Qualcuno lo cerca, lo chiama, lo ama. Ed è una luce improvvisa e una voce capace di stravolgere la sua vita. Un fatto, un avvenimento, un incontro. Ed inizia la conversione, la Teshuvà, il ritorno al vero, al bello, al buono, al santo. San Paolo incontra Cristo, ne è raggiunto, conquistato, avvinto. E' una passione più forte d'ogni suo peccato, d'ogni sua ignoranza, d'ogni suo passato. Una scintilla d'amore e nasce una cosa nuova, una creatura nuova. E possiamo leggere ogni sua lettera ed incontrarvi, in filigrana, la sua esperienza, indelebile, viva, vera, il suo incontro decisivo con Chi aveva perseguitato. Criteri, pensieri, cuore, atteggiamenti, modo di vivere, cambia tutto. Per pura Grazia. E, per San Paolo, questo ha significato ascoltare una chiamata, profilarsi chiara una missione, compiersi un'elezione. E comprende che tutto nella sua vita era orientato a quell'istante. 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