da ilsismografo.blogspot.it
Da dove arriva la luce?
L'Osservatore Romano Nella vedova che getta le sue due monetine nel tesoro nel tempio possiamo vedere l’«immagine della Chiesa» che deve essere povera, umile e fedele. Parte dal vangelo del giorno, tratto dal capitolo 21 di Luca (1-4), la riflessione di Papa Francesco durante la messa a Santa Marta lunedì 24 novembre. Nell’omelia viene richiamato il passo in cui Gesù, «dopo lunghe discussioni» con i sadducei e con i discepoli riguardo ai farisei e agli scribi che «si compiacciono di avere i primi posti, i primi seggi nelle sinagoghe, nei banchetti, di essere salutati», alzato lo sguardo «vede la vedova». Il «contrasto» è immediato e «forte» rispetto ai «ricchi che gettavano le loro offerte nel tesoro del tempio». Ed è proprio la vedova «la persona più forte qui, in questo brano».******
Della vedova, ha spiegato il Pontefice, «si dice due volte che è povera: due volte. E che è nella miseria». È come se il Signore avesse voluto sottolineare ai dottori della legge: «Avete tante ricchezze di vanità, di apparenza o anche di superbia. Questa è povera. Voi, che mangiate le case delle vedove...». Ma «nella Bibbia l’orfano e la vedova sono le figure dei più emarginati» così come anche i lebbrosi, e «per questo ci sono tanti comandamenti per aiutare, per prendersi cura delle vedove, degli orfani». E Gesù «guarda questa donna sola, semplicemente vestita» e «che getta tutto quello che ha per vivere: due monetine». Il pensiero corre anche a un’altra vedova, quella di Sarepta, «che aveva ricevuto il profeta Elia e ha dato tutto quello che aveva prima di morire: un po’ di farina con l’olio...».
Il Pontefice ha ricomposto la scena narrata dal Vangelo: «Una povera donna in mezzo ai potenti, in mezzo ai dottori, ai sacerdoti, agli scribi... anche in mezzo a quei ricchi che gettavano le loro offerte, e anche alcuni per farsi vedere». A loro Gesù dice: «Questo è il cammino, questo è l’esempio. Questa è la strada per la quale voi dovete andare». Emerge forte il «gesto di questa donna che era tutta per Dio, come la vedova Anna che ha ricevuto Gesù nel Tempio: tutta per Dio. La sua speranza era solo nel Signore».
«Il Signore sottolinea la persona della vedova», ha detto Francesco, e ha continuato: «Mi piace vedere qui, in questa donna una immagine della Chiesa». Innanzitutto la «Chiesa povera, perché la Chiesa non deve avere altre ricchezze che il suo Sposo»; poi la «Chiesa umile, come lo erano le vedove di quel tempo, perché in quel tempo non c’era la pensione, non c’erano gli aiuti sociali, niente». In un certo senso la Chiesa «è un po’ vedova, perché aspetta il suo Sposo che tornerà». Certo, «ha il suo Sposo nell’Eucaristia, nella parola di Dio, nei poveri: ma aspetta che torni».
E cosa spinge il Papa a «vedere in questa donna la figura della Chiesa»? Il fatto che «non era importante: il nome di questa vedova non appariva nei giornali, nessuno la conosceva, non aveva lauree... niente. Niente. Non brillava di luce propria». E la «grande virtù della Chiesa» dev’essere appunto quella «di non brillare di luce propria», ma di riflettere «la luce che viene dal suo Sposo». Tanto più che «nei secoli, quando la Chiesa ha voluto avere luce propria, ha sbagliato». Lo dicevano anche «i primi Padri», la Chiesa è «un mistero come quello della luna. La chiamavano mysterium lunae: la luna non ha luce propria; sempre la riceve dal sole».
Certo, ha specificato il Papa, «è vero che alcune volte il Signore può chiedere alla sua Chiesa di avere, di prendersi un po’ di luce propria», come quando chiese «alla vedova Giuditta di deporre le vesti di vedova e indossare le vesti di festa per fare una missione». Ma, ha ribadito, «sempre rimane l’atteggiamento della Chiesa verso il suo Sposo, verso il Signore». La Chiesa «riceve la luce da là, dal Signore» e «tutti i servizi che noi facciamo» in essa servono a «ricevere quella luce». Quando un servizio manca di questa luce «non va bene», perché «fa che la Chiesa diventi o ricca, o potente, o che cerchi il potere, o che sbagli strada, come è accaduto tante volte, nella storia, e come accade nelle nostre vite quando noi vogliamo avere un’altra luce, che non è proprio quella del Signore: una luce propria».
Il Vangelo, ha notato il Papa, presenta l’immagine della vedova proprio nel momento in cui «Gesù incomincia a sentire le resistenze della classe dirigente del suo popolo: i sadducei, i farisei, gli scribi, i dottori della legge». Ed è come se egli dicesse: «Succede tutto questo, ma guardate lì!», verso quella vedova. Il confronto è fondamentale per riconoscere la vera realtà della Chiesa che «quando è fedele alla speranza e al suo Sposo, è gioiosa di ricevere la luce da lui, di essere — in questo senso — vedova: aspettando quel sole che verrà».
Del resto, «non a caso il primo confronto forte, dopo quello che ha avuto con Satana, che Gesù ha avuto a Nazareth, è stato per aver nominato una vedova e per aver nominato un lebbroso: due emarginati». C’erano «tante vedove, in Israele, a quel tempo, ma soltanto Elia è stato inviato da quella vedova di Sarepta. E loro si arrabbiarono e volevano ucciderlo».
Quando la Chiesa, ha concluso Francesco, è «umile» e «povera», e anche quando «confessa le sue miserie — poi tutti ne abbiamo — la Chiesa è fedele». È come se essa dicesse: «Io sono oscura, ma la luce mi viene da lì!». E questo, ha aggiunto il Pontefice, «ci fa tanto bene». Allora «preghiamo questa vedova che è in cielo, sicuro», affinché «ci insegni a essere Chiesa così», rinunciando a «tutto quello che abbiamo» e non tenendo «niente per noi» ma «tutto per il Signore e per il prossimo». Sempre «umili» e «senza vantarci di avere luce propria», ma «cercando sempre la luce che viene dal Signore».
L'Osservatore Romano, 25 novembre 2014
DA VATICANINSIDER.LASTAMPA.IT
«La Chiesa non sia tentata di brillare di luce propria»
Il Papa a Santa Marta: per essere fedele a Cristo deve essere umile e povera
ANDREA TORNIELLICITTÀ DEL VATICANO
La Chiesa per essere fedele a Cristo deve essere umile e povera. E non deve lasciarsi tentare dal brillare di «luce propria» anziché donare al mondo la luce di Dio. Lo ha detto questa mattina Papa Francesco nell'omelia della messa di Santa Marta, come riferisce Radio Vaticana.
Commentando l'episodio della vedova che sotto lo sguardo di Gesù dona al tesoro del Tempio i suoi due unici spiccioli, mentre i ricchi avevano dato grosse cifre per loro superflue, Francesco ha parlato di questi due atteggiamenti: dare tanto e pubblicamente, perché c’è una ricchezza che si nutre di ostentazione e gode della vanità. E dare il poco che si ha, senza attirare l’attenzione se non di Dio, perché è Lui il tutto in cui si confida. In questi due atteggiamenti sono raffigurate anche due immagini di Chiesa: quella tentata dalla vanità e la «Chiesa povera, che non deve avere altre ricchezze che il suo Sposo», come la vedova del Tempio.
«A me piace vedere in questa figura la Chiesa - ha detto il Papa - che è in certo senso un po’ vedova, perché aspetta il suo Sposo che tornerà… Ma ha il suo Sposo nell’eucaristia, nella parola di Dio, nei poveri, sì: ma aspetta che torni, no? Questo atteggiamento della Chiesa… Questa vedova non era importante, il nome di questa vedova non appariva nei giornali. Nessuno la conosceva. Non aveva lauree… niente. Niente. Non brillava di luce propria. È quello che a me dice di vedere in questa donna la figura della Chiesa. La grande virtù della Chiesa dev’essere di non brillare di luce propria, ma di brillare della luce che viene dal suo Sposo. Che viene proprio dal suo Sposo. E nei secoli, quando la Chiesa ha voluto avere luce propria, ha sbagliato».
«È vero – ha aggiunto Francesco – che alcune volte il Signore può chiedere alla sua Chiesa di avere, di prendersi un po’ di luce propria», ma ciò si intende, ha spiegato il Pontefice, che se la missione della Chiesa è di illuminare l’umanità, la luce che viene donata deve essere unicamente quella ricevuta da Cristo in atteggiamento di umiltà.
«Tutti i servizi che noi facciamo nella Chiesa sono per aiutarci in questo, a ricevere quella luce. E un servizio senza questa luce non va bene: fa che la Chiesa diventi o ricca, o potente, o che cerchi il potere, o che sbagli strada, come è accaduto tante volte nella storia e come accade nelle nostre vite, quando noi vogliamo avere un’altra luce, che non è proprio quella del Signore: una luce propria». Quando la Chiesa «è fedele alla speranza e al suo Sposo – ha ripetuto Francesco – è gioiosa di ricevere la luce da Lui, di essere in questo senso "vedova"», in attesa, come la luna, del «sole che verrà».
«Quando la Chiesa è umile, quando la Chiesa è povera, anche quando la Chiesa confessa le sue miserie – poi tutti ne abbiamo – la Chiesa è fedele. La Chiesa dice: "Ma, io sono oscura, ma la luce mi viene da lì!" e questo ci fa tanto bene. Ma preghiamo questa vedova che è in cielo, sicuro, preghiamo questa vedova che ci insegni a essere Chiesa così, gettando dalla vita tutto quello che abbiamo: niente per noi. Tutto per il Signore e per il prossimo. Umili. Senza vantarci di avere luce propria, cercando sempre la luce che viene dal Signore».
L'allora cardinale Bergoglio, il 7 marzo 2013, prendendo la parola durante le congregazioni dei cardinali prima del conclave, nel suo intervento aveva fatto cenno proprio a quello che i padri della Chiesa definivano il «misteryum lunae», il mistero della luna, paragonando la Chiesa stessa alla luna, che non ha luce da dare ma può soltanto riflettere quella del sole, così come la Chiesa quella che gli viene da Cristo.
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La Chiesa per essere fedele a Cristo deve essere umile e povera. E non deve lasciarsi tentare dal brillare di «luce propria» anziché donare al mondo la luce di Dio. Lo ha detto questa mattina Papa Francesco nell'omelia della messa di Santa Marta, come riferisce Radio Vaticana.
Commentando l'episodio della vedova che sotto lo sguardo di Gesù dona al tesoro del Tempio i suoi due unici spiccioli, mentre i ricchi avevano dato grosse cifre per loro superflue, Francesco ha parlato di questi due atteggiamenti: dare tanto e pubblicamente, perché c’è una ricchezza che si nutre di ostentazione e gode della vanità. E dare il poco che si ha, senza attirare l’attenzione se non di Dio, perché è Lui il tutto in cui si confida. In questi due atteggiamenti sono raffigurate anche due immagini di Chiesa: quella tentata dalla vanità e la «Chiesa povera, che non deve avere altre ricchezze che il suo Sposo», come la vedova del Tempio.
«A me piace vedere in questa figura la Chiesa - ha detto il Papa - che è in certo senso un po’ vedova, perché aspetta il suo Sposo che tornerà… Ma ha il suo Sposo nell’eucaristia, nella parola di Dio, nei poveri, sì: ma aspetta che torni, no? Questo atteggiamento della Chiesa… Questa vedova non era importante, il nome di questa vedova non appariva nei giornali. Nessuno la conosceva. Non aveva lauree… niente. Niente. Non brillava di luce propria. È quello che a me dice di vedere in questa donna la figura della Chiesa. La grande virtù della Chiesa dev’essere di non brillare di luce propria, ma di brillare della luce che viene dal suo Sposo. Che viene proprio dal suo Sposo. E nei secoli, quando la Chiesa ha voluto avere luce propria, ha sbagliato».
«È vero – ha aggiunto Francesco – che alcune volte il Signore può chiedere alla sua Chiesa di avere, di prendersi un po’ di luce propria», ma ciò si intende, ha spiegato il Pontefice, che se la missione della Chiesa è di illuminare l’umanità, la luce che viene donata deve essere unicamente quella ricevuta da Cristo in atteggiamento di umiltà.
«Tutti i servizi che noi facciamo nella Chiesa sono per aiutarci in questo, a ricevere quella luce. E un servizio senza questa luce non va bene: fa che la Chiesa diventi o ricca, o potente, o che cerchi il potere, o che sbagli strada, come è accaduto tante volte nella storia e come accade nelle nostre vite, quando noi vogliamo avere un’altra luce, che non è proprio quella del Signore: una luce propria». Quando la Chiesa «è fedele alla speranza e al suo Sposo – ha ripetuto Francesco – è gioiosa di ricevere la luce da Lui, di essere in questo senso "vedova"», in attesa, come la luna, del «sole che verrà».
«Quando la Chiesa è umile, quando la Chiesa è povera, anche quando la Chiesa confessa le sue miserie – poi tutti ne abbiamo – la Chiesa è fedele. La Chiesa dice: "Ma, io sono oscura, ma la luce mi viene da lì!" e questo ci fa tanto bene. Ma preghiamo questa vedova che è in cielo, sicuro, preghiamo questa vedova che ci insegni a essere Chiesa così, gettando dalla vita tutto quello che abbiamo: niente per noi. Tutto per il Signore e per il prossimo. Umili. Senza vantarci di avere luce propria, cercando sempre la luce che viene dal Signore».
L'allora cardinale Bergoglio, il 7 marzo 2013, prendendo la parola durante le congregazioni dei cardinali prima del conclave, nel suo intervento aveva fatto cenno proprio a quello che i padri della Chiesa definivano il «misteryum lunae», il mistero della luna, paragonando la Chiesa stessa alla luna, che non ha luce da dare ma può soltanto riflettere quella del sole, così come la Chiesa quella che gli viene da Cristo.
Da cosarestadelgiorno.wordpress.com
“La Chiesa fedele è povera e non insegue la vanità”
Omelia di Papa Francesco del 24/11/2014
Papa Francesco nell’omelia della Messa celebrata oggi, 24 novembre 2014 a Casa Santa Marta, ha preso spunto dalla Lettura del Vangelo (Lc 21, 1-4) per sottolineare due aspetti caratterizzanti della Chiesa presenti lungo tutto il corso della storia: la vanità e la povertà. Nella figura della vedova che getta nel tesoro del tempio tutto quello che possiede, Papa Francesco ama riconoscere la figura della Chiesa, che brilla della luce del Signore e non della propria, fedele nell’attesa dello sposo. E questo deve essere il nostro atteggiamento: di Chiesa fedele, povera, capaci di dare quello che abbiamo per il Signore e per il prossimo, senza cedere alla vanità di crederci portatori di luce propria.
Questa è la trascrizione:
“A me piace vedere in questa figura la Chiesa che è in certo senso un po’ vedova, perché aspetta il suo Sposo che tornerà… Ma ha il suo Sposo nell’Eucaristia, nella Parola di Dio, nei poveri, sì: ma aspetta che torni, no? Questo atteggiamento della Chiesa… Questa vedova non era importante, il nome di questa vedova non appariva nei giornali. Nessuno la conosceva. Non aveva lauree… niente. Niente. Non brillava di luce propria. E’ quello che a me dice di vedere in questa donna la figura della Chiesa. La grande virtù della Chiesa dev’essere di non brillare di luce propria, ma di brillare della luce che viene dal suo Sposo. Che viene proprio dal suo Sposo. E nei secoli, quando la Chiesa ha voluto avere luce propria, ha sbagliato”.“Tutti i servizi che noi facciamo nella Chiesa sono per aiutarci in questo, a ricevere quella luce. E un servizio senza questa luce non va bene: fa che la Chiesa diventi o ricca, o potente, o che cerchi il potere, o che sbagli strada, come è accaduto tante volte nella storia e come accade nelle nostre vite, quando noi vogliamo avere un’altra luce, che non è proprio quella del Signore: una luce propria”.“Quando la Chiesa è umile, quando la Chiesa è povera, anche quando la Chiesa confessa le sue miserie – poi tutti ne abbiamo – la Chiesa è fedele. La Chiesa dice: ‘Ma, io sono oscura, ma la luce mi viene da lì!’ e questo ci fa tanto bene. Ma preghiamo questa vedova che è in Cielo, sicuro, preghiamo questa vedova che ci insegni a essere Chiesa così, gettando dalla vita tutto quello che abbiamo: niente per noi. Tutto per il Signore e per il prossimo. Umili. Senza vantarci di avere luce propria, cercando sempre la luce che viene dal Signore”.
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