Leonardo da Vinci. San Giovanni Battista
Adamo è un uomo disorientato che ha perso il suo posto nella creazione
perché crede di diventare potente, di poter dominare tutto, di essere Dio.
E l’armonia si rompe, l’uomo sbaglia
e questo si ripete anche nella relazione con l’altro
che non è più il fratello da amare,
ma semplicemente l’altro che disturba la mia vita, il mio benessere.
Il sogno di essere potente, di essere grande come Dio,
anzi di essere Dio,
porta ad una catena di sbagli che è catena di morte,
porta a versare il sangue del fratello.
Papa Francesco
Dal Vangelo secondo Giovanni, 1,19-28
Questa è la testimonianza di Giovanni, quando i Giudei gli inviarono da Gerusalemme sacerdoti e levìti a interrogarlo: «Tu, chi sei?». Egli confessò e non negò. Confessò: «Io non sono il Cristo». Allora gli chiesero: «Chi sei, dunque? Sei tu Elìa?». «Non lo sono», disse. «Sei tu il profeta?». «No», rispose. Gli dissero allora: «Chi sei? Perché possiamo dare una risposta a coloro che ci hanno mandato. Che cosa dici di te stesso?». Rispose: «Io sono voce di uno che grida nel deserto: Rendete diritta la via del Signore, come disse il profeta Isaìa».
Quelli che erano stati inviati venivano dai farisei. Essi lo interrogarono e gli dissero: «Perché dunque tu battezzi, se non sei il Cristo, né Elìa, né il profeta?». Giovanni rispose loro: «Io battezzo nell’acqua. In mezzo a voi sta uno che voi non conoscete, colui che viene dopo di me: a lui io non sono degno di slegare il laccio del sandalo».
Questo avvenne in Betània, al di là del Giordano, dove Giovanni stava battezzando.
Il commento
«Tu, chi sei?». Questa stessa domanda è rivolta a noi oggi. Ci conosciamo? Non è poi così scontato. Proviamo a rispondere; forse neanche uno comincerebbe col dire innanzitutto chi non è. E invece è proprio da qui che occorre iniziare. Ci crediamo qualcuno che invece non siamo. Posterità di Adamo ed Eva anche nelle nostre orecchie è risuonato la stessa menzogna suadente che ha ingannato i progenitori: "Sarete come Dio, diventerete Dio...". E lo abbiamo creduto mille volte, forse già stamattina, di fronte alle parole di nostra moglie, alle richieste assurde di nostro figlio, al capoufficio o al barista, alla consorella o al viceparroco. "Tu sei Dio", e sarai realizzato solo nella misura in cui il mondo ti riconoscerà tale. Ma la realtà, le rughe della storia di ciascuno, si incaricano ogni giorno di contestarci queste false generalità. Gli eventi e le persone ci presentano il tampone per imprimerci le impronte digitali, e, fatalmente, non c'è una volta che coincidano con quelle di Dio. Siamo invece delle povere creature, siamo peccatori. E così dovremmo presentarci: "Piacere sono tal dei tali, peccatore". Davide lo aveva compreso bene, ne era cosciente, aveva adulterato e ucciso il marito della donna che aveva appena messo incinta; per questo nel famoso salmo 50 può affermare che "nel peccato mi ha concepito mia madre". Chi non ha questa consapevolezza è ingannato e sarà, come Adamo, "un uomo disorientato" (Papa Francesco). Non saprà dove sta andando, non potrà discernere tra bene e male, le sue relazioni saranno tutte macchiate da egoismo e concupiscenza. Sarà un narcisista inguaribile, come tu ed io, in quasi tutte le situazioni che viviamo.
Giovanni Battista, invece, era "il più grande tra i nati di donna". Il più grande tra quelli generati nella carne, i figli di Eva. Il più grande perché il più umile, il più sincero, il più realista. Figlio di un miracolo che aveva cambiato la sterilità della madre in fecondità, aveva esultato di gioia alla presenza di Dio fatto carne. Giovanni era lì, sulla soglia della novità impensabile che avrebbe rigenerato ogni uomo. Carne debole come tutte, nata nel peccato eppure generata da un miracolo, è il più grande tra i figli di Eva perché il più vicino al Figlio di Maria. Sapeva che era nato per aprire il cammino alla Verità che avrebbe svelato e distrutto la menzogna. Non poteva ingannarsi e ingannare nessuno: sapeva bene chi era perché, così vicino a Dio fatto uomo, amico intimo dello Sposo unico e vero, sapeva ancor meglio chi non era. Per questo il Vangelo dice che Giovanni "confessò e non negò": per ogni carne debole e peccatrice confessò e non negò di non essere quello che il serpente aveva affermato di ciascuno di noi. Per questo è la "voce" di ogni uomo nato da donna, secondo la carne e quindi figlio del peccato; "voce di uno che grida nel deserto", immagine della vita nostra, arida e senza la vita che sgorga dall'amore gratuito e autentico. Giovanni è "voce" nostra, lo è oggi mentre sbattiamo ancora una volta contro le montagne di orgoglio che ci impediscono la gioia e la pace della verità. E' "voce" di ciascuno di noi che non ha voce per confessare di non essere Dio, pere raddrizzare le vie storte della superbia che ci hanno condotto al rancore, all'invidia, alla gelosia, all'avarizia e alla concupiscenza; alle relazioni sull'orlo del fallimento, a questo cuore logoro e stanco, polvere e spine invece di erba e frutti squisiti. Giovanni ci battezza oggi con l'acqua che irriga con la verità una terra secca di troppe menzogne.
Giovanni è qui a Betania, che è il nostro ufficio, la nostra scuola, la nostra casa: ci immerge nella misericordia che desta in noi l'umiltà, la consapevolezza della realtà che svela la verità: Giovanni ci indica Colui che il nostro cuore, da sempre, attende: l'amore capace di colmare ogni vuoto che ci portiamo dentro. Non lo conosciamo, ma lo potremo riconoscere perché Giovanni, immagine anche dell'apostolo che annuncia Cristo, ce lo indicherà. E' in mezzo a noi, ora, mentre viviamo questa giornata, nelle storie ordinarie che siamo chiamati a vivere. Niente di straordinario, Gesù il Messia è vivo nelle nostre ore, nelle stanze e negli uffici, al mercato e in cucina, in classe e all'ufficio postale; Gesù è l'amore straordinario che riempie l'ordinario. Solo chi ha compreso di non essere lui l'unico Sposo destinato alla sposa, può annunciarne l'avvento senza ipocrisia e gelosia. Giovanni afferma di sé di "non essere degno di slacciare il legaccio del sandalo", riferendosi alla pratica del levirato, per cui colui che aveva diritto di sposare una donna gettava un sandalo per affermarlo davanti alla comunità. Così ogni profeta e testimone, sia padre o madre, sia prete o religioso, è autentico solo se distoglie l'attenzione da se stesso per orientarla verso Cristo, l'unico Sposo a cui moglie e marito, figli e colleghi, parrocchiani e lontani, tutti sono promessi sin da prima dalla creazione del mondo.
Così anche ciascuno di noi è chiamato ad essere "voce" di ogni uomo che "grida nel deserto" di questa generazione. "Voce" di tua moglie, di tuo figlio, della suocera e del collega, anche del nemico. "Voce" che grida il dolore e il desiderio di Cristo, attraverso la storia che ci crocifigge nella verità. Sì, proprio quello che ci umilia e disintegra il nostro orgoglio ci mette in comunione con chi ci è accanto, al punto di condividire davvero le loro angosce, anche i loro peccati, nell'amaro delle loro conseguenze. Come Giovanni Battista siamo inviati a loro per dare voce alla stessa verità che ci fa poveri, deboli e peccatori dinanzi a Dio. E così, nella verità di chi conosce se stesso e dall'esperienza di chi conosciuto ed esultato per l'amore di Cristo, possiamo annunciarlo a tutti, svelandolo nascosto nella vita di ogni persona, anche in quella più compromessa con il peccato. La nostra stessa vita, infatti, anche le nostre debolezze, perfino i nostri peccati saranno il segno che indicherà Gesù il Salvatore presente nella storia di ciascuno. Basta un po' di umiltà, la Grazia donata a Giovanni di essere quello che era, e nulla di più.
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