Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

lunedì 6 gennaio 2014

Epifania


Dinanzi al Re Bambino apriamo i nostri scrigni e deponiamo tutto, anche i peccati




Takamatsu,  (Zenit.orgDon Antonello Iapicca



Omelie 6 gennaio 2014 Epifania del Signore


  1. Angelo Casati    
  2. Antonio Savone    
  3. Claudio Doglio 
  4. Giovanni Nicolini 


Bianchi Bruni Manicardi Epifania del Signore


Riflessioni sul Vangelo
6 gennaio 2014



6 GENNAIO EPIFANIA DEL SIGNORE Solennità



Conosciamo tutti bene il significato di questa Festa dell’Epifania.

Epifania: manifestazione, apparizione, venuta, presenza divina. Conosciamo il senso del giungere dei Magi, i sapienti guidati, ma direi illuminati, dalla stella. Dei loro doni a Gesù: oro (omaggio alla Sua regalità), incenso (omaggio alla Sua divinità) e mirra (anticipazione della Sua futura sofferenza redentrice). E assieme ai doni, l’adorazione, l’adorazione per quel Bimbo Dio, l’ammirazione e lo stupore per la manifestazione di Dio …un dio che in fondo, a loro resta in parte, sconosciuto e misterioso.
Sono tante altre le “epifanie” che Dio concede. Perché, seppure come Epifania noi ricordiamo e festeggiamo principalmente questa, di epifania nella Scrittura si può parlare in tanti altri episodi: quello del Roveto ardente, quello del Mar Rosso (che pure e già simbolo della Pasqua), ma anche quello del Battesimo di Gesù al Giordano, come anche il Miracolo delle Nozze di Canaan.
L’insieme di queste Epifanie e il fatto che i Magi, venendo da lontano, incontrino un Bimbo e la Sua Famiglia, in circostanze che non disvelano loro completamente il Mistero del Dio Incarnato, mi fanno pensare alla nostre feriali epifanie… o per meglio dire, le epifanie che Dio concede alla nostra vita. Epifanie che ci vedono a volte “spettatori” o come i Magi, “adoratori”. Epifanie in cui Dio si rivela a noi come nel Roveto ardente, ci chiama, si mostra, ci interpella, o ci “trascina” oltre il Mar Rosso, con fatti seri e concreti. Epifanie in cui Cristo si mostra a noi, con il miracolo fisico o morale, con la Sua Misericordia, con la sua presenza… e potremmo pensare anche all’epifania dell’Eucaristia.
Poi, a Dio piacendo, ci sono le epifanie che ci vedono protagonisti, o meglio, strumenti e “servi inutili” evangelicamente parlando… quelle epifanie in cui Dio sceglie di mostrarsi agli altri, attraverso le nostre misere persone, che proprio perché misere e limitate, divengono Segno dell’Opera di Dio, perché chiunque comprende che “quell’opera” non può venire da noi.
Tutte le volte che Dio ci concede il Dono di testimoniarlo con atti concreti, non tanto a parole, nell’accettazione della malattia, della prova, della croce. Nella capacità del perdono, nell’accettazione della persecuzione, della calunnia, dell’ingiustizia, della precarietà. Tutte le volte che rendiamo bene al male, quando non ci facciamo giustizia da soli. Tutte le volte che il nostro agire testimonia che la Morte è stata sconfitta, che i nostri beni non sono qui su questa terra (dove ruggine e tignola li consumano), che VERAMENTE Dio è il nostro Dio e che per Lui siamo Figli.
In tutte queste occasioni è Epifania, epifania per questo mondo, per chi ci sta accanto, che forse non comprende del tutto la natura, il mistero, di questo Dio, di questo Dio fatto Uomo che ha scelto di mostrarsi nelle nostre piccole vite quotidiane. Eppure si rende visibile, perché si vede che non siamo noi, che ciò che avviene va oltre le nostre deboli forze, il nostro peccato, la nostra limitata intelligenza. E così i nostri feriali magi, i nostri cari, i nostri colleghi, i nostri vicini sconosciuti, seguono una luce, una stella, un richiamo del loro cuore, per arrivare alla grotta, ad un umile luogo, l’umile dimora delle nostre vite.
Personalmente ne ho visti feriali magi, portare doni… portare doni di gratitudine e di riconoscenza, portare ciò che avevano di più prezioso e tornare lodando Dio.
Perché lì, in quella Storia, in quella Persona, in quella Famiglia, si è fatta Epifania.
 Mario Barbieri
*

MESSALE
Antifona d'Ingresso  Cf Ml 3,1; 1 Cr 19,12
E' venuto il Signore nostro re:
nelle sue mani è il regno, la potenza e la gloria.
 


 

Colletta

O Dio, che in questo giorno, con la guida della stella, hai rivelato alle genti il tuo unico Figlio, conduci benigno anche noi, che già ti abbiamo conosciuto per la fede, a contemplare la grandezza della tua gloria. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.

 

LITURGIA DELLA PAROLA


Prima Lettura
  Is 60,1-6
La gloria del Signore brilla sopra di te.
 

Dal libro del profeta Isaia
Àlzati, rivestiti di luce, perché viene la tua luce,
la gloria del Signore brilla sopra di te.
Poiché, ecco, la tenebra ricopre la terra,
nebbia fitta avvolge i popoli;
ma su di te risplende il Signore,
la sua gloria appare su di te.
Cammineranno le genti alla tua luce,
i re allo splendore del tuo sorgere.
Alza gli occhi intorno e guarda:
tutti costoro si sono radunati, vengono a te.
I tuoi figli vengono da lontano,
le tue figlie sono portate in braccio.
Allora guarderai e sarai raggiante,
palpiterà e si dilaterà il tuo cuore,
perché l’abbondanza del mare si riverserà su di te,
verrà a te la ricchezza delle genti.
Uno stuolo di cammelli ti invaderà,
dromedari di Màdian e di Efa,
tutti verranno da Saba, portando oro e incenso
e proclamando le glorie del Signore.


Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 71
Ti adoreranno, Signore, tutti i popoli della terra.

 
O Dio, affida al re il tuo diritto,
al figlio di re la tua giustizia;
egli giudichi il tuo popolo secondo giustizia
e i tuoi poveri secondo il diritto.

Nei suoi giorni fiorisca il giusto
e abbondi la pace,
finché non si spenga la luna.
E dòmini da mare a mare,
dal fiume sino ai confini della terra.

I re di Tarsis e delle isole portino tributi,
i re di Saba e di Seba offrano doni.
Tutti i re si prostrino a lui,
lo servano tutte le genti.

Perché egli libererà il misero che invoca
e il povero che non trova aiuto.
Abbia pietà del debole e del misero
e salvi la vita dei miseri.
 Seconda Lettura  Ef 3,2-3a.5-6
Ora è stato rivelato che tutte le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità. 
 

Dalla lettera di san Paolo apostolo agli Efesini
Fratelli, penso che abbiate sentito parlare del ministero della grazia di Dio, a me affidato a vostro favore: per rivelazione mi è stato fatto conoscere il mistero.
Esso non è stato manifestato agli uomini delle precedenti generazioni come ora è stato rivelato ai suoi santi apostoli e profeti per mezzo dello Spirito: che le genti sono chiamate, in Cristo Gesù, a condividere la stessa eredità, a formare lo stesso corpo e ad essere partecipi della stessa promessa per mezzo del Vangelo.

Canto al Vangelo  Cf Mt 2,2
Alleluia, alleluia.

Abbiamo visto la tua stella in oriente
e siamo venuti per adorare il Signore

Alleluia.

  
  
Vangelo
  Mt 2,1-12
Siamo venuti dall'oriente per adorare il re.
 

Dal vangelo secondo Matteo

Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi vennero da oriente a Gerusalemme e dicevano: «Dov’è colui che è nato, il re dei Giudei? Abbiamo visto spuntare la sua stella e siamo venuti ad adorarlo». All’udire questo, il re Erode restò turbato e con lui tutta Gerusalemme. Riuniti tutti i capi dei sacerdoti e gli scribi del popolo, si informava da loro sul luogo in cui doveva nascere il Cristo. Gli risposero: «A Betlemme di Giudea, perché così è scritto per mezzo del profeta: “E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei davvero l’ultima delle città principali di Giuda: da te infatti uscirà un capo che sarà il pastore del mio popolo, Israele”».
Allora Erode, chiamati segretamente i Magi, si fece dire da loro con esattezza il tempo in cui era apparsa la stella e li inviò a Betlemme dicendo: «Andate e informatevi accuratamente sul bambino e, quando l’avrete trovato, fatemelo sapere, perché anch’io venga ad adorarlo».
Udito il re, essi partirono. Ed ecco, la stella, che avevano visto spuntare, li precedeva, finché giunse e si fermò sopra il luogo dove si trovava il bambino. Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Poi aprirono i loro scrigni e gli offrirono in dono oro, incenso e mirra. Avvertiti in sogno di non tornare da Erode, per un’altra strada fecero ritorno al loro paese.

  
Dopo la lettura del Vangelo, il diacono o il sacerdote, o anche un cantore, può dare l'annunzio del giorno della Pasqua.
  
Fratelli carissimi, la gloria del Signore si è manifestata e sempre si manifesterà in mezzo a noi fino al suo ritorno.
Nei ritmi e nelle vicende del tempo ricordiamo e viviamo i misteri della salvezza.
Centro di tutto l'anno liturgico è il Triduo del Signore crocifisso, sepolto e risorto, che culminerà nella domenica di Pasqua il 20 aprile 2014.
In ogni domenica, Pasqua della settimana, la santa Chiesa rende presente questo grande evento nel quale Cristo ha vinto il peccato e la morte.

Dalla Pasqua scaturiscono tutti i giorni santi:
Le Ceneri, inizio della Quaresima, il 5 marzo 2014.
L'Ascensione del Signore, il 1° giugno 2014.
La Pentecoste, l' 8 giugno 2014.
La prima domenica di Avvento, il 30 novembre 2014.

Anche nelle feste della santa Madre di Dio, degli Apostoli, dei Santi e nella commemorazione dei fedeli defunti, la Chiesa pellegrina sulla terra proclama la Pasqua del suo Signore.

A Cristo che era, che è e che viene, Signore del tempo e della storia, lode perenne nei secoli dei secoli. Amen.

*

Dinanzi al Re Bambino apriamo i nostri scrigni e deponiamo tutto, anche i peccati

I Magi hanno visto la sua stella. Molte stelle illuminano il Cielo, molti uomini lo hanno scrutato cercando cammini buoni e giusti. Molti ma solo questi Magi hanno visto la sua stella. L’inquietudine del cuore, l’insoddisfazione, il desiderio e la speranza animava i loro cuori; forse per questo hanno potuto scorgere lo “spuntare” della sua stella. L’oro e le ricchezze non bastavano a farli felici. L’incenso della gloria non li saziava. La mirra ne denunciava il destino ultimo comune ad ogni uomo. E si sono messi in cammino, alla luce della sua stella.
I Magi sono immagine di ciascuno di noi oggi, affannati, con le feste natalizie ormai alle spalle, e il lavoro da ricominciare, la scuola che aspetta, i giorni da inanellare alla ricerca della felicità. I Magi hanno ricevuto una Grazia unica. I loro occhi hanno potuto riconoscere la sua stella. Tra milioni, una. Quante stelle brillano e non illuminano. Quante stelle davanti ai nostri occhi, a segnare oroscopi e cammini illusori. Ma tra tante una brilla in modo diverso. E’ la Parola, la luce che nella tradizione rabbinica e dei targum ha presieduto alla creazione, e poi all’esodo, e infine segnerà l’avvento del Messia. La luce della Parola che si fa carne. L’unica stella, la sua, che opera ciò che annuncia.
L’opera di questa Parola, la luce fatta stella, è un bambino. Un Dio bambino, l’ultimo di questa terra, mite, indifeso, povero. Un bambino, il desiderio compiuto dei nostri cuorioggi. Un bambino che puoi fargli di tutto, un bambino tra le nostre braccia, e il brivido della libertà, e della Grazia che ci schiude gli occhi sul mistero che ci salva e ci dà gioia, quella vera che non si esaurisce. Un bambino, come tutto quanto appare insignificante, piccolo, senza particolare valore nella nostra vita.
È lì che si cela la Vita che non muore. È  proprio in quel che forse butteremmo via che si nasconde il volto di Dio. Per questo anche noi abbiamo bisogno di vedere la sua stella attraverso la Chiesa che ci predica la Parola, che ci dona i sacramenti, che ci accompagna nel cammino di fede. La Chiesa, Maria, dove oggi brilla la sua stella per noi, perché non possiamo fare da soli, perché solo dal Cielo ci viene l’aiuto; Maria che ci dona il suo Figlio, e la fede che ci apre gli occhi per riconoscere in quel Bimbo il Messia che attendiamo, il Re capace di guidarci alla vera Vita. E qui, dinanzi a questo Bambino, di fronte alla nostra vita dove oggi s’incarna Dio, aprire i nostri scrigni e deporre le nostre esistenze, senza escludere nulla, anche i nostri peccati. Perché tutto di noi, dinanzi a Gesù, diviene prezioso e capace di rendergli onore, perché la sua Gloria è la nostra felicità, la nostra libertà, il perdono di ogni peccato e una vita nuova alla sua sequela.

*

Epifania: manifestazione ai Pellegrini del Cielo


Monsignor Francesco Follo, osservatore permanente della Santa Sede presso l'UNESCO a Parigi, offre oggi la seguente riflessione sulle letture liturgiche per la festa dell'Epifania.
***

1) Epifania [1] ai Magi, saggi Pellegrini del Cielo
Quando si dice “epifania” pensiamo soprattutto alla manifestazione di Gesù Cristo a tutte le genti, rappresentate dai Re Magi [2], che si prostrarono davanti al Re Bambino e lo adorarono. Tuttavia e di per sé, l’Epifania celebra tre manifestazioni: quella ai Re-Magi, che esprimono l’adorazione del mondo al vero Re dei Re; quella sulle rive del Giordano, dove il Salvatore viene battezzato ed indicato come figlio prediletto dal Padre e come agnello che togli i peccati del mondo, e quella delle nozze di Cana, che –penso- possiamo considerare un simbolo delle nozze di Cristo con la Chiesa. Scrivo questo perché mi è suggerito dall’antifona al “Benedictus” della Liturgia della Lodi di questa solennità dell’Epifania: “Oggi la Chiesa,
lavata dalla colpa nel fiume Giordano,
si unisce a Cristo, suo Sposo,
accorrono i magi con doni alle nozze regali
e l'acqua cambiata in vino rallegra la mensa, alleluia”.
Procediamo per gradi e contempliamo la manifestazione di Gesù ai tre saggi venuti da lontano, che lo adorano riconoscendo Dio in un povero bambino.
Grazie agli occhi del cuore brucianti di desiderio di luce poterono andare oltre a quello che gli occhi del corpo vedevano. Grazie al cuore dilatato dall’incontro con il Re dei Re poterono inginocchiarsi in una stalla e farGli regali importanti, sono dei doni regali (da re). Questo “povero” bambino è Re e i tre Re Saggi gli rendono l’omaggio degno di un Re: s'inginocchiarono dinanzi a colui, che sottometterà la Scienza delle parole e dei  numeri alla nuova Sapienza dell'Amore: la loro scienza si umiliò davanti all’Innocenza.
Inginocchiati, dentro ai lussuosi mantelli reali, sulla paglia sparsa sul pavimento della stalle, loro, i potenti, i dotti, offrirono anche sé stessi come pegno dell'obbedienza del mondo. Facciamo altrettanto, celebrando la festa dell’Epifania, nella liturgia e quindi nella vita, come impegno non solamente a donare qualcosa di prezioso a Dio, ma a donarci al Verbo di Dio perché Egli assuma noi e attraverso di noi tutte le cose. Doniamoci a Lui. È la festa dei Magi: anche noi dobbiamo portare i nostri doni a Lui. Tutto quello che siamo, tutto quello che abbiamo. Ciò che noi tratteniamo per noi e non doniamo a Lui, tutto questo imputridisce e non ha vita. Si salva soltanto quello che Egli assume. Doniamoci e rinnoviamo oggi la nostra consacrazione al Signore, la nostra donazione a Lui.
2) Epifania: Natale della Chiesa
La manifestazione che Gesù fa di Sé ai magi, ai pagani venuti da lontano, diventa la nascita della Chiesa, la quale è chiamata “universale” alla salvezza. Più nessuno oramai doveva stare fuori dal cuore di Dio e quindi del suo Regno. Ecco perché gli Ortodossi considerano l'Epifania il Natale della Chiesa e lo celebrano con grande solennità. Ed è il nostro Natale. 
Dovremmo ascoltare oggi, come dette a noi le parole di Isaia profeta: “Alzati rivestiti di luce, perché viene la luce, la gloria del Signore brilla su di te. Poiché ecco le tenebre ricoprono la terra, nebbia fitta avvolge le nazioni: ma su di te risplende il Signore, la sua gloria appare su di te. Cammineranno i popoli alla tua luce, i re allo splendore del tuo sorgere” (Is 60, 1-3).
I Magi, primizie dei pagani, furono introdotti presso il gran Re che cercavano, e noi tutti oggi li seguiamo. Il Bambino come ha sorriso a loro, sorride a noi oggi e così tutte le fatiche del lungo viaggio che porta a Dio sono dimenticate: l’Emmanuele rimane con noi, e noi con lui. Betlemme, che ci ha ricevuti, ci custodisce per sempre, perché a Betlemme riceviamo in dono il Bambino, eMaria la Madre sua. Nel momento in cui ci avviciniamo all'altare verso il quale la Stella della fede ci conduce, preghiamo questa Madre incomparabile di presentarci il Figlio che è la nostra luce, il nostro amore, il nostro Pane di vita. Offriamo al Neonato il nostro oro, il nostro incenso e la nostra mirra. Lui gradisce questi doni di bontà, segno del dono di noi stessi. Dopo la Messa usciremo dalla Chiesa come i Magi lasciarono la grotta, come loro lasceremo i nostri cuori sotto il dominio d’amore del divino Re bambino, e anche noi per un’altra strada, per una via del tutto nuova, rientreremo a casa nostra, patria temporanea, mortale dove siamo chiamati a vivere fino al giorno in cui la vita e la luce eterna verranno a far sparire in noi tutto ciò che vi è di ombra e di caducità.
Fratelli e sorelle, amici miei carissimi, seguiamo i magi, lasciamo le nostre abitudini “pagane”. Andiamo! Facciamo un lungo viaggio per vedere Cristo. Se i Magi non fossero partiti lontano dal loro Paese, non avrebbero visto Cristo. Finché restavano nel loro Paese, non vedevano nulla se non la stella; quando invece hanno lasciato la loro patria, hanno visto il Sole di giustizia (Mt 3,20). Diciamo meglio: se non avessero intrapreso generosamente il loro viaggio, non avrebbero nemmeno visto la stella (cfr San Giovanni Crisostomo (circa 345-407), Omelie su Matteo, 7-8). Anche noi alziamoci dunque, e anche se a Gerusalemme tutti restano turbati, corriamo là dove si trova il Bambino e vedremo Dio in terra e l’Uomo in cielo e noi con Lui, che è il Dio con noi: l’Emmanuele.
Non importante che cosa possiamo regalarGli, Gesù Cristo non ha bisogno dell’oro, della mirra, dell’incenso che noi possiamo portargli. Ma anche qui è il Cristo che dona alla nostra attività il suo valore perché, se non si riporta a Cristo, ogni attività umana diviene di per sé tale da compromettere la vita, tale da compromettere l’unità della persona umana, tale da compromettere il risultato ultimo e finale della storia del mondo.
I Re Magi se ne andarono a mani vuote? No. Avevano trovato la perla preziosa: Cristo. Facciamo altrettanto! Secondo me capirono e credettero che quel Bambino era il primogenito di tanti fratelli, che Dio ama tutti i popoli e ama ognuno di noi di un amore infinito. Dio è il Padre di ciascuno di noi. Davanti a Lui non siamo più stranieri o schiavi: siamo suoi figli nel Figlio che “oggi” ci ha donato per sempre.
Chiediamo la grazie di comprendere e di vivere questa verità, come ci insegna un breve racconto del 17° secolo che narra di una pastorella francese e di una sua coetanea, nobile e ben educata. Questa povera, giovane pastorella sembrava così stupida che una nobildonna, giovane come lei ma pia e istruita, le si offrì di insegnarle il catechismo. Allora la pastorella le rispose umilmente: “Grazie. Dunque, per favore insegnami a terminare il ‘Padre Nostro’. Infatti, ogni volta che comincio questa preghiera, quando penso che una povera creatura come me può chiamare Padre il Dio di ogni potenza e santità, il mio cuore scoppia di riconoscenza e io non posso andare oltre queste due parole: Padre Nostro, e così passo tutto il giorno a piangere di gioia guardando le mie pecorelle”. Allora, la nobildonna capì che la sua povera coetanea non aveva bisogno del suo insegnamento. Approfittiamo anche noi di questa lezione e invocando il Padre del Cielo che è Nostro Padre comprenderemo che il corteo dei Magi ci conduce al Dio vivente, che è presente nelle nostre anime: luce splendida dell’Amore in cui ciascuno e ciascuna di noi alla sua culla.
Anche le Vergini consacrate [3] hanno trovato questo Tesoro, al quale hanno donato tutto mediante il dono della verginità. Dio le ha sedotte come ha detto di sé il profeta Geremia: “Tu mi hai sedotto o mio signore mio Dio ed io mi sono lasciato sedurre da te” (Ger 20, 7). Per aver la Perla preziosa hanno offerto a Cristo tutte se stesse e la loro persona, che ha accolto Cristo totalmente, si consuma come un’ostia, perché tutto il popolo di Dio viva in Cristo e Cristo viva, ora e per l’eternità, in questo popolo di peccatori redenti. Vive chi cammina verso ciò che ama e cammina con chi lo ama nella misericordia e fedeltà.
***
NOTE
[1] Il termine “epifania” deriva dal greco antico, dal verbo ἐπιφαίνω, epifàino (che significa “mi rendo manifesto”) e dal discendente sostantivo femminile ἐπιφάνεια, epifàneia (che può significare manifestazioneapparizionevenutapresenza divina). In San Giovanni CrisostomoΈπιφάνια assume la valenza ulteriore di “Natività di Cristo”.
[2] La parola ‘mago’ che si usa per indicare questi personaggi non va identificata con il significato che oggi noi diamo. Il vocabolo deriva dal greco ‘magoi’ e sta ad indicare in primo luogo i membri di una casta sacerdotale persiana (in seguito anche babilonese) che si interessava di astronomia e astrologia. Potremo meglio nominarli: studiosi dei fenomeni celesti.
I Magi sono stati interpretati come Re Magi per l'influsso di Isaia 60,3, e sono stati attribuiti loro i loro nomi di Melchiorre, Gaspare e Baldassarre. Secondo il Vangelo di Matteo (2,2) i Magi (non precisati nel numero), guidati in Giudea da una stella (ἀστέρα, da ἀστήρ, stella od astro), portano in dono a Gesù bambino, riconosciuto come “re dei Giudei”, oro (omaggio alla sua regalità),incenso (omaggio alla sua divinità) e mirra (anticipazione della sua futura sofferenza e morte redentrici) e lo adorano.
[3] Nella Chiesa, con il permanere delle vocazioni verginali - attraverso il segno della rinuncia al matrimonio edella conseguente solitudine eapparente infecondità - sitrasmette vitalmente e sperimentalmente la certezza che:
- il cuore dell’essere umano può essere riempito soltanto da Dio, e la sua ultima solitudine può essere colmata solo dalla sua “compagnia”;
- Gesù Cristo, vivo e vero, qui e ora, è Dio incarnato che ha offerto e offre il suo vero amore;
- in quest’amore è contenuto e richiesto ogni altro amore: si ama, infatti, indissolubilmente “Cristo e ciò che è suo”;
 e si tratta di un amore la cui particolare fecondità è destinata ad essere visibile anche in questa vita.
Nella comunità cristiana, le due vocazioni – quella alla verginità consacrata e quella al matrimonio - vanno comprese ed educate non in alternativa, ma in complementarietà, ricordando tuttavia che ognuna di essa è una vocazione totale e totalizzante, e affermando chiaramente che la verginità meglio testimonia lo splendore della sollecitudine e della definitività dell’amore dovuto a Cristo.

*


 Lettura patristica sulle letture liturgiche per la festa dell'Epifania.
***

Sant’Agostino d’Ippona
Discorso 200 sull’Epifania del Signore
Epifania: manifestazione di Cristo.
1. 1. I magi vennero dall'Oriente per adorare il bambino nato dalla Vergine. Oggi celebriamo questa ricorrenza, alla quale diamo la dovuta solennità e paghiamo il debito di un discorso. Questo giorno rifulse per primo ai magi, a noi ritorna con festosa ricorrenza annuale. I magi erano le primizie dei pagani, noi siamo il popolo dei pagani. A noi questo giorno è stato annunciato dalla parola degli Apostoli, ai magi dalla stella, come fosse parola dei cieli; e anche a noi gli Apostoli, come fossero cieli, hanno narrato la gloria di Dio. Come infatti non riconosceremo in essi quei cieli, essi che son diventati sede di Dio? Come sta scritto: L'anima del giusto è la sede della sapienza. Per opera di questi cieli il creatore e abitatore dei cieli fece sentire la sua voce; il mondo tremò al tuono della sua voce ed ora è divenuto credente. Grande sacramento! Giaceva in una mangiatoia e guidava i magi dall'Oriente. Era nascosto in una stalla e veniva riconosciuto in un segno celeste perché, riconosciuto nel segno celeste, venisse ritrovato nella stalla. E così questo giorno si chiamò "Epifania" che in latino si può tradurre con manifestazione. Ci si manifestano insieme la sua grandezza e la sua umiltà: mentre si manifestava nell'immensità del cielo con i segni degli astri, si faceva trovare, dopo essere stato cercato, in un angusto rifugio; debole nelle carni di un bambino, avvolto in panni da bambino veniva adorato dai magi e temuto dai malvagi.
La paura di Erode
1. 2. Ebbe infatti paura di lui il re Erode, quando i magi glielo annunziarono, mentre stavano ancora cercando il bambino che tramite il segno celeste che avevano ricevuto, sapevano già nato. Che cosa sarà il tribunale di Dio giudice se la culla di Dio bambino ha incusso terrore a superbi re? Molto più assennatamente ora i re non cercano di ucciderlo, come ha tentato Erode, ma piuttosto volentieri lo adorano, come i magi; ora soprattutto che ha sostenuto dai nemici, anche per gli stessi nemici, quella morte che il nemico Erode desiderava dargli e che, ucciso, ha ucciso la morte nel suo corpo. Ora sì, abbiano i re più timore di colui che siede alla destra del Padre e del quale l'empio re Erode ebbe paura quando ancora succhiava dal seno della madre. Ascoltino quanto è scritto: E ora, o re, abbiate senno; rinsavite voi che siete gli arbitri della terra: servite il Signore con timore; con tremore esultate davanti a lui. Quel sommo re, che punisce i re empi e sostiene i pii, non è nato come nascono i re del mondo; anch'egli è nato, ma il suo regno non è di questo mondo. La nobiltà del figlio fu la verginità della madre, la nobiltà della madre fu la divinità del figlio. Mentre erano stati tanti i re dei Giudei già nati e defunti, i magi non cercarono nessuno di essi per adorarlo, perché di nessuno di essi il cielo aveva loro parlato.
L'incredulità dei Giudei
2. 3. Non bisogna neanche tralasciare di dire che questa illuminazione dei magi costituì una prova irrefutabile della cecità dei Giudei. I magi cercavano nel paese dei Giudei colui che i Giudei non riuscirono a riconoscere pur essendo in mezzo a loro. In mezzo ai Giudei i magi trovarono il bambino che essi poi non accettarono quando insegnava in mezzo a loro. I magi, pellegrini in queste terre da paesi lontani, adorarono il Cristo bambino che ancora non parlava; i suoi concittadini lo crocifissero, in età ancora giovane, mentre operava prodigi. I magi riconobbero Dio in quel corpicino; questi, pur davanti ai prodigi, non lo risparmiarono neanche come uomo. Come se fosse stato più strepitoso vedere una nuova stella che ha brillato alla sua nascita, anziché il sole che ha pianto nella sua morte. La stella, che condusse i magi al luogo dove si trovava con la vergine madre il Dio bambino, certamente poteva condurli direttamente a quella città; tuttavia si nascose e non apparve loro di nuovo se non quando ebbero interrogato i Giudei sulla città in cui doveva nascere il Cristo - perché fossero essi ad indicarla seguendo la profezia della divina Scrittura - ed essi risposero: In Betlemme di Giuda. Così infatti è stato scritto dal profeta: E tu, Betlemme, terra di Giuda, non sei certo la minore fra le città di Giuda, perché da te uscirà un capo che guiderà Israele, mio popolo. Tutto questo che cosa ha significato nei disegni della divina Provvidenza se non che presso i Giudei sarebbero rimaste soltanto le divine Scritture, con le quali i pagani si sarebbero istruiti e i Giudei accecati? Che le avrebbero conservate non come aiuto alla propria salvezza, ma come testimonianza della nostra salvezza? Infatti oggi, quando riferiamo queste antiche profezie riguardanti il Cristo, rese chiare ed evidenti alla luce degli eventi già avvenuti, se per caso dei pagani, che noi vogliamo convertire, dicessero che sono state inventate da noi, che non sono state pronunciate prima ma posteriormente agli eventi accaduti, così da credere che siano state profetizzate cose già avvenute; noi, per fugare il dubbio di questi pagani, presentiamo i codici dei Giudei. I pagani erano rappresentati già da quei magi, ai quali i Giudei, tramite le parole divine, indicavano la città in cui è nato Cristo. I Giudei però né lo cercavano né lo riconoscevano.
L'unico nuovo popolo
3.4. Ora dunque, carissimi, figli ed eredi della grazia, considerate la vostra chiamata e aderite con tenacissimo amore al Cristo che si è manifestato ai Giudei e ai pagani come pietra angolare. Si è manifestato già fin dalla culla della sua infanzia a quelli che erano vicini e a quelli che erano lontani: ai Giudei nei vicini pastori ai pagani nei lontani magi. Si pensa che i pastori siano venuti a lui nello stesso giorno in cui è nato, i magi invece in questo giorno. Si è manifestato ai primi, benché non fossero dotti e agli altri benché non fossero giusti. La caratteristica infatti della rozzezza dei pastori è l'ignoranza, e delle pratiche sacrileghe dei magi è l'empietà. Quella pietra angolare congiunse ambedue a sé: infatti è venuto a scegliere ciò che è stolto per il mondo per confondere i sapienti  e a chiamare non i giusti ma i peccatori, affinché nessuno, per quanto importante, s'insuperbisca e nessuno per quanto miserabile, si disperi. Per questo gli scribi e i farisei, stimandosi troppo dotti e troppo giusti, scartarono dalla loro costruzione questa pietra di cui avevano indicato la città natale leggendo le parole dei profeti. Ma egli è divenuto testata d'angolo e quanto indicò nella nascita lo completò nella passione. Congiungiamoci a lui insieme all'altra parete comprendente il resto d'Israele, che si è salvato per gratuita elezione. Quei pastori prefiguravano questo resto che si sarebbe congiunto a lui da vicino, affinché anche noi - la cui chiamata da lontano era significata dalla venuta dei magi - fossimo non più pellegrini e ospiti ma diventassimo concittadini dei santi e membri della famiglia di Dio, costruiti insieme sopra il fondamento degli Apostoli e dei profeti, avendo per pietra angolare lo stesso Cristo Gesù. Egli ha fatto dei due un popolo solo, affinché in quest'uno amassimo l'unità e avessimo una infaticabile premura di raccogliere i rami che, pur innestati da un olivo selvatico, spezzati dalla superbia, sono diventati eretici. Dio infatti ha il potere di innestarli di nuovo.

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