|
L'ANNUNCIO |
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Siate misericordiosi, come è misericordioso il Padre vostro. Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato; una buona misura, pigiata, scossa e traboccante vi sarà versata nel grembo, perché con la misura con cui misurate, sarà misurato a voi in cambio». (Dal Vangelo secondo Luca 6, 36-38)
Imparare a misurare senza misura
Il cammino quaresimale è il ritorno a casa, alla nostra origine. In noi sono impresse sin dall'eternità l'immagine e la somiglianza di Dio, che risplendono nell'attitudine descritta nel Discorso della Montagna: "siate misericordiosi, non giudicate, perdonate, non condannate, date". Non sono ordini e neanche consigli; non tratteggiano il codice etico dei cristiani. Sono, invece, una rivelazione: ci dicono chi siamo, da dove veniamo, e dove andiamo. A "casa nostra" si vive così perché il Padre è amore infinito e i figli assomigliano a Lui. Ma il demonio ci ha ingannato dicendoci che i frutti dei vari alberi del Giardino, ovvero le diverse coniugazioni dell'amore, non valgono per farci felici, anzi. Mentendoci, il serpente ci ha insinuato che, non potendo mangiare del frutto della conoscenza del bene e del male, anche tutto il resto sarebbe diventato impossibile. Il demonio ha sovvertito l'ordine e la qualità della vita, trasformando la Grazia e la gioia dell'amore nello sforzo dell'egoismo. Il perdono e la misericordia sono divenuti un'altra cosa, e devono essere mitigati dal giudizio e dalla condanna. Così, ci siamo convinti che sia impossibile "perdonare", se prima non diventiamo come Dio, ovvero i sovrani assoluti, secondo la sua caricatura offertaci dal demonio; solo allora potremo stabilire noi i casi in cui sia un bene perdonare. Pensiamo che sia assurdo "non giudicare", se prima non diventiamo i giudici supremi della famiglia e del parentado, così da poter discernere quando e chi è bene non condannare. Siamo ormai fuori di casa, nel Paese lontano dove è andato a perdersi il figlio prodigo. Uscendone abbiamo obbligato il Padre a "misurare" ciò che non ha "misura", la nostra parte di eredità. Come Adamo ed Eva siamo caduti nel tranello del demonio di "misurare" l'amore che, invece, è infinito; si può ricevere solo restando uniti al Padre che ci rende capaci di accoglierlo. Tagliando con Lui abbiamo cominciato a misurare anche il suo amore, e ne abbiamo fatto una cosa povera, piccola, invidiabile, oggetto di gelosie e concupiscenze. Guardiamoci bene dentro, e scopriremo che l'amore è scaduto in qualcosa di carnale, sentimenti e passioni a cui chiediamo la vita che non può darci. Un amore così non si può coniugare in perdono e misericordia. Sconfitti e delusi, ci siamo chiusi senza più poter "dare" nulla: prestiamo, non doniamo. Puoi perdere un pomeriggio per tua moglie? Puoi "dare" qualcosa di te stessa lasciando che sia tuo marito a dare l'ultima parola ai tuoi figli? No, perché in fondo non lo hai perdonato quando ti ha umiliata davanti a loro, lo hai giudicato come un egoista e vigliacco, e condannato a due mesi di astinenza; non ti concedi a lui neanche sotto tortura. Non puoi perché, come ciascuno di noi, non sei più a casa tua, non vivi più immersa nella misericordia, hai solo la "misura" meschina e limitata della tua povera carne incapace di soffrire. Impauriti di morire per l'altro misuriamo tutto con avarizia. Ma coraggio, questa Quaresima ci aiuta a scendere sin dentro le viscere materne della Chiesa nostra madre, per immergerci nella "misericordia" di Dio, in ebraico rahamin, ovvero le viscere materne, l'utero dove essere rigenerati. Allora, andiamo a confessarci di giudicare tutti. Anneghiamo nel perdono le condanne, la superbia, l'avarizia, la lussuria, le menzogne, tutti i peccati con cui abbiamo provato inutilmente a sopravvivere lontano da casa. Lasciamoci abbracciare da nostro Padre per sperimentare il suo perdono; allora ritroveremo la gioia di vivere ogni relazione come un banchetto di riconciliazione: "Non giudicate e non sarete giudicati; non condannate e non sarete condannati; perdonate e vi sarà perdonato; date e vi sarà dato" significa, infatti, che il frutto squisito della misericordia che ci ricrea ci sazia moltiplicandosi in noi e negli altri. Ogni situazione che siamo chiamati a vivere è eccezionale e necessita un amore "smisurato", che, come il Nilo, tracimi dal letto abituale, dalle "misure" ragionevoli dell'affetto in attesa di contraccambio, per fecondare e donare la vita. Una folla di persone ci cerca per essere sfamata: di fronte alla loro storia ferita dal peccato, possiamo davvero "misurare" quello che abbiamo tra le mani? Impossibile, ma proprio quello che siamo, accolto dall'amore del Padre è trasformato e moltiplicato in "una buona misura, pigiata, scossa e traboccante" che, attraverso i sacramenti e la Parola predicata, ci "sarà versata nel grembo". Coraggio, "in cambio" della generosità con la quale avremo consegnato tutto noi stessi a Gesù, compresi tutti i peccati, ci sarà data la sua pienezza, con cui amare chi ci è accanto. Per questo il Signore usa i verbi all'imperativo: è nascosto in essi tutto il suo potere di compiere quello che annunciano: mentre ci ri-crea nella misericordia ci dice: "non condannate", e non condanneremo; "non giudicate", e non giudicheremo; "date" e daremo; "perdonate", e perdoneremo. Basta solo ascoltare e accogliere la sua Parola perché dal nostro "grembo" possa nascere solo la misericordia in misura "traboccante", incalcolabile, la stessa nella quale rinasciamo ogni istante, gratuitamente.
Continua a leggere...»
Nessun commento:
Posta un commento