Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

venerdì 20 marzo 2015

MADRI SOTTO LA CROCE: RIZPÀ E MARIA." LA FORZA DELL’AMORE ".

Ecco come Don Alberione ha raffigurato Maria e Giovanni
 vicino alla croce di Gesù
(Santagata, particolare degli affreschi

 della cupola del Santuario Regina degli Apostoli, Roma ).
               

1896-1900, Tissot James, Rizpà difende i corpi dei figli, acquarello,

                         immagine conmaria.it


MADRI SOTTO LA CROCE:

RIZPÀ E MARIA 


A CURA DI:

Antonella Anghinoni, foto SCALA
  ANTONELLA ANGHINONI (da credere)

E SILVIA FRANCESCHINI
MADRI SOTTO LA CROCE: RIZPÀ e MARIA
 a cura di: Antonella Anghinoni e Silvia Franceschini
 © Silvia Franceschini, 2013. 
 

Rizpà
• Rizpà, רצפה, significa: pavimento, suolo, lastra di suolo che ricopre la terra 
• In ebraico connota l’idea di «un pavimento lastricato di pietra»
• In Ct 3,10 è un «ricamo d’amore delle fanciulle di Gerusalemme»
• In Is 6,6 è il «carbone ardente» che uno dei serafini aveva preso con le molle dall’altare
• In 1Re 19,6 è ricordata la «focaccia cotta» che il profeta Elia vide accanto a sé, assieme ad un orcio d’acqua
• Rizpà, figlia di Aia, concubina di Saul, forza del gesto, denuncia in silenzio
• Rizpà madre di Armonì e Merib-Baàl 
• Rizpà, “una donna in nero”, icona di tutte quelle donne che non subiscono il conflitto, ma reagiscono e si pongono come profezia contro la violenza, dal momento che accelerano con la loro azione l’avvio di un mondo nuovo, in cui l’umano è sempre rispettato, riconosciuto, promosso
• Il regno che Dio aveva promesso a David gli viene consegnato in seguito a una questione di donne. Quanto alla donna che, inconsapevolmente ha fatto finire un regno e ne ha creato uno nuovo, ricomparirà alla fine. Una concubina ha involontariamente operato la frattura fra due vecchi alleati e tolto il trono ad un figlio di re
Rizpà: la concubina del re
… Mentre continuava la guerra tra la casa di Saul e la casa di David, Abner andava acquistando potere nella casa di Saul. Ora, Saul aveva avuto una concubina il cui nome era Rizpà figlia di Aià. E (Ish-Boshet) disse ad Abner: «Perché ti sei unito alla concubina di mio padre? … (2Sam 3,6-7)
• Questo figlio di Saul è chiamato Ishba‛al (uomo del padrone, con riferimento al nome del dio cananeo) in 1Cr 8,33;9,39; Ish-Bosheth (uomo della vergogna) in 2Sam 2,8; 4,12; Yishwi (uomo di YHWH) in 1Sam 14,49
• Abner viene accusato dal re di aver avuto rapporti sessuali con Rizpà, la concubina di Saul. Di solito, alla morte del re, l’harem passava al successore; entrarvi e prendere le donne poteva perciò essere interpretato come un atto di usurpazione e di pretesa al trono
• La domanda inizia con un perché, tipico dell’accusa. Dietro a quell’interrogativo non c’è tanto una ricerca di spiegazione, quanto la volontà di mettere l’altro di fronte al suo torto
• L’offesa è grave, con un giuramento che non lascia dubbi sull’irrevocabilità della sua decisione, Abner rompe definitivamente con il suo re e annuncia che consegnerà il regno a David. Quella del capo dell’esercito di Saul è una reazione fortissima, Ish-Boshet non reagisce e tace perché ha paura
Dalle braccia di Saul a quelle di David
• Dio si era servito delle donne del re precedente, Saul, proprio per legittimare David come nuovo re
… Allora Natan disse a David: «Tu sei quell’uomo! Così dice il Signore, Dio d’Israele: Io ti ho unto/consacrato re d’Israele e ti ho liberato dalle mani/attacchi di Saul, ti ho dato la casa del tuo padrone (anzi ho sottomesso a te la sua famiglia) e ho messo nelle tue braccia le donne del tuo padrone. Ti ho dato la casa di Israele e di Giuda (ti ho fatto diventare capo del popolo d’Israele e di Giuda) e, se questo fosse troppo poco, io vi avrei aggiunto anche altro … (2Sam 12,7-8) 



Sabato 16 febbraio 2013, si è svolta, presso le Suore Sacramentine di Bergamo, la lectio biblica “Madri sotto la croce: Ripzà e Maria”, proposta da Antonella Anghinoni, biblista ben preparata e grintosa.
La relatrice, attraverso la Parola, ha dato la possibilità di conoscere Ripzà e sostare con Maria sul Calvario, vivere, sentire, accogliere quanto lei stessa ha vissuto ai piedi della croce del Figlio di Dio.
Maria, madre di Gesù e del Risorto, madre di tutti noi, sostenga il nostro cammino di fede e di discepoli.




In allegato si può trovare la presentazione e il testo.




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da MADRI SOTTO LA CROCE: RIZPÀ e MARIA
 a cura di: Antonella Anghinoni e Silvia Franceschini
 © Silvia Franceschini, 2013.

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Approfondimento

altra immagine 

da www.tp24.it



rizpa
1865, Gustave Doré, Rizpà scaccia gli uccelli, coll. priv.
Nel ventunesimo capitolo del secondo libro di Samuele vi è una storia atroce e rappacificante. Si narra che al tempo di re Davide ci fu una carestia lunga tre anni. Il sovrano ne chiese il motivo al Signore. Si sentì rispondere che ciò avveniva perché il suo predecessore, Saul, aveva violato un giuramento fatto da Giosuè con i Gabaoniti al tempo dell’ingresso del popolo d’Israele nella terra di Canaan. Questa popolazione, con uno stratagemma, era riuscita a farsi garantire la vita, sia pure a prezzo di una costante umiliazione (Cfr. Gs 9, 3-27). Saul, violando la promessa, aveva però cercato di sterminarli. Davide chiede ai Gabaoniti cosa deve fare per riparare il torto. Essi rispondono che non è questione né di oro, né di argento. La colpa va ripagata con il sangue; domandano perciò che fossero loro consegnati sette discendenti di Saul da impiccare sul monte Gabaon. Il re accetta. A motivo del giuramento da lui fatto al suo compianto amico Gionata (cfr. 1Sam 18, 1-4), esclude però il figlio di quest’ultimo, lo storpio Merib-Baal (cfr. 2Sam 9,3). Davide prese due figli partoriti a Saul dalla concubina Rizpà e cinque nipoti del suo predecessore e li consegnò ai Gabaoniti. Essi li impiccarono tutti e sette «davanti al Signore», al tempo della mietitura dell’orzo. Dopo averli uccisi li lasciarono esposti.
Rizpà andò in quel luogo. Prese un luttuoso mantello di sacco, lo tese fissandolo a una roccia davanti agli impiccati. Stette là dalla primavera fino a quando le prime piogge non caddero copiose a dissetare la terra riarsa (2Sam 21,10). Ella protesse i cadaveri non permettendo agli uccelli del cielo di accostarsi di giorno e alle bestie selvatiche di avvicinarsi di notte. Davide fu informato del comportamento di Rizpà. A suo tempo i cadaveri di Saul e di suo figlio Gionata erano stati esposti dai vincitori Filistei sul Gelboe. In seguito erano stati trasportati a Galaad (cfr. 1Sam 31,10-13). Il re li andò a prendere e fece riunire le loro ossa a quelle dei sette impiccati di Gabaon. Tutti furono seppelliti nel sepolcro di Kis, padre di Saul:«dopo di che Dio divenne propizio nei confronti della terra». (2Sam 21,1-14).
Penso siano in molti, anche tra coloro che stringono la Bibbia ogni giorno tra le mani, a ignorare la vicenda di Rizpà. E’ un peccato che sia considerata un personaggio molto secondario della Sacra Scrittura. Avrebbe meritato ben altra sorte. La Bibbia, quasi di passaggio, le riserva poche righe, ma la scena che la vede protagonista, tutta racchiusa in un versetto, è di una così tragica suggestione, che difficilmente può essere dimenticata. In essa, il comportamento di Rizpà evoca l’infinito dolore di tutte le creature povere e indifese della terra, vittime delle logiche spietate dei potenti e di cui, dopo, nessuno parla.
Varie letture sono possibili di questa storia. Tra esse, quella che sottolinea, nellosvolgimento della vicenda, l’importanza del ruolo affidato allapietas,vedendo in questa figura di donna l’immagine di una “madre coraggio,” e conferendo al suo agire un forte spessore simbolico.Ella diventa così icona di tutte le madri del mondo che, ferite negli affetti più sacrosanti, non cedono alla rassegnazione, ma reagiscono, attraverso gesti dalla forza trasformatrice e profetica. Rizpà prende il segno del lutto, il mantello di sacco, ma non lo indossa, come era consuetudine e come tutti si aspetterebbero; fa del suo mantello una tenda e inizia una lunghissima “veglia”. Ella oltrepassa il ruolo codificato che spetta a una donna davanti alla morte (assumere i segni del dolore e rassegnarsi all’inevitabile) ed è così che lancia il suo messaggio. Diventa con il suo stesso essere e agire segno vivente di sfida, protesta, denuncia delle logiche imperanti. E’ segno di sfida alla crudeltà dei Gabaoniti; è protesta contro la “ragion di stato” che si piega a sopprimere degli innocenti; è denuncia contro David, il re potente che non ha esitato a sacrificare la discendenza del suo predecessore, per difendere il suo trono.
L’intero episodio, quando le ossa di tutti i morti trovano riposo nel sepolcro del comune antenato, termina dicendo che Dio divenne propizio nei confronti della terra. A chi spetta il merito di far cessare la punizione? In quel placarsi c’è l’esaudimento di una richiesta. Se fossimo nell’ambito della cultura arcaica la risposta sarebbe: il prezzo è stato pagato; l’uccisione dei sette discendenti di Saul ha compensato la violazione del giuramento. Sarebbe il trionfo di un’antica giustizia retributiva. È quindi decisivo affermare che quanto pone termine alla carestia è tutt’altro, vale a dire l’atto di Rizpà. Esso ispira la stessa azione del re Davide che onora e riunisce in morte le ossa di tutti i discendenti di Saul. La muta preghiera di Rizpà fa dell’episodio il racconto di una riconciliazione con la terra, che avviene in virtù non già delle vittime, ma dell’onore e della memoria loro riservate. Rizpà compie solo gesti, nessuna parola esce dalla sua bocca. E Davide non la osteggia, al contrario, la imita. L’azione più grande della concubina di Saul è quella di stendere il sacco come sudario sui propri figli (due) e su quelli che non sono nati dalle sue viscere (cinque). Rizpà va oltre gli stessi legami materni. Non compie alcuna distinzione: onora tutte le sette vittime come fossero figli suoi. Non eleva neppure una protesta, divenendo così l’archetipo delle madri di tutti i tempi, per le quali, di fronte alla ideologia della guerra, non c’è altra maniera di protestare che quella di piantarsi coraggiosamente sotto il patibolo dei loro figli come supremo richiamo alle ragioni del cuore. Il suo gesto è quieto come un lamento, eppure è sovversivo come una rivolta, è provocatore, come un rimorso perenne inchiodato sulla coscienza degli oppressori, è un gesto denso di attese di giustizia e punteggiato di incoercibili speranze per il futuro. Il suo agire confuta di per sé la spietatezza legata al peso attribuito alla violazione di un giuramento, il vincolo che, una volta infranto, va pagato con il sangue. Di fronte agli impiccati si erge il macigno di un Dio chiamato in causa per garantire l’osservanza delle clausole e per punire la violazione. Rizpà non riesce a impedire che le vittime siano uccise. La sua pietas però trasforma i morti in motivi di riconciliazione. Ella arriva tardi, per più versi irrimediabilmente troppo tardi, eppure non è solo così: il suo agire è un esempio che placa e un modo per non concedere alla violenza l’ultima parola.
Violairis - 8 marzo 2012 - www.chiesavaldesetrapani.com 

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