Domenica delle Palme. Anno B
Venerdì della V settimana del Tempo di Quaresima
Commento audio
Precipitati nell’orgoglio possiamo risalire con Cristo nel Cielo dei figli di Dio
Siamo sconvolti, e se non lo siamo significa che l’adorazione del nostro ego ha raggiunto picchi davvero preoccupanti. Al netto di teorie complottiste che negano sempre la realtà che il potere e i media ci raccontano e spiegano, la tragedia dell’aereo schiantatosi contro una montagna è, comunque, un’ipotesi plausibile. Forse non ci avevamo mai pensato, o non avevamo voluto immaginarlo, ma è possibile che un uomo, di mestiere pilota, decida di farla finita trascinando con sé più di 150 persone. E che, probabilmente, lo abbia voluto fare proprio così, perché, chissà, agli occhi del suo cuore ferito e della sua mente malata nel mondo nessuno era innocente, come invece appaiono a noi le povere vittime dell’incidente. L’aereo come la sintesi del mondo fuori di me, finalmente in pugno; io ai comandi della vita mia e di quella degli altri, in un delirio di onnipotenza nel quale è fin troppo facile rintracciare la prima, originale menzogna: “diventerete come Dio”. Ora comando io, nessuno più a intralciare il mio cammino, a spegnere speranze e progetti. In quei terribili otto minuti quella piccola comunità ha assistito impotente all’eruzione improvvisa della solitudine che, scoppiando senza possibilità di arginarla, trascina tutti nella morte sotto i lapilli della disperazione. Il comandante lasciato fuori dalla cabina di pilotaggio, l’autorità finalmente incatenata, io al posto di Dio, per un momento, quello decisivo, non più co-pilota ma comandante unico, arbitro del destino mio e degli altri. Gli altri, appunto, i passeggeri e l’equipaggio, a pochi metri, come un’inconsapevole corpo diplomatico scelto in rappresentanza di quel pezzo di mondo che mi ha fatto soffrire gettandomi nella solitudine. E ora vi abbraccio nella stessa morte che mi avete dato. E’ andata proprio così? Forse non lo sapremo mai, ma sappiamo che così va con noi. Fermi, non scandalizzatevi. Con me almeno è andata così, molte, troppe volte; ingannato nel più profondo di me stesso dal demonio che, immancabilmente, mi ha presentato la mia vita come un colossale fallimento, perché gestita da un Dio che non mi ama. E, ormai certo di essere vittima di un’ingiustizia, ho rubato l’aereo della mia vita e ne ho preso i comandi. Accattivante l’ebrezza dei comandi, ma c’era sotto il trucco beffardo del demonio: guidavo inseguendo la libertà e la felicità, ma perdevo quota, e con me tutti quelli che mi erano accanto, in famiglia e tra gli amici, e la fidanzata, e le persone che mi erano affidate. Sempre più giù, sino a schiantarmi sulla montagna dell’orgoglio che non si scansa mai… Conseguenze? I rapporti stracciati come le povere carni dei passeggeri dell’Airbus. Irriconoscibili i genitori, i fratelli, le persone a cui avrei dovuto annunciare il Vangelo… E a te? Non è capitato? Certo che sì, forse sta accadendo proprio in questi giorni. Non ti vedi chiuso nella cabina della superbia? Hai appena chiuso fuori Dio a bussare inutilmente alla tua porta. Sei libero, siamo liberi, come quei “giudei” che portavano ancora una volta le pietre per lapidare Gesù. Lui non era Dio, Lui bestemmiava! Chiusi nel proprio orgoglio erano incapaci di riconoscere nelle opere di Gesù la mano di Dio. Per questo lo scambiavano per un bestemmiatore. Come facciamo noi, perché il demonio ci ha convinto che la nostra vita di oggi è una bestemmia: la sofferenza, il fallimento, la debolezza sono parole blasfeme. Dio non può volere e permettere quanto mi accade; e chi afferma e annuncia che proprio nella mia vita è Dio ad operare, che la mia storia è un segno dell'amore del Padre, è un bestemmiatore. Chi mi dice che sono figlio di Dio in questa storia che vivo, merita la morte. E così uccidiamo i profeti, quelli che viaggiano sul nostro aereo, per togliere di mezzo Cristo e qualunque sua memoria, soprattutto quella che appare nel fratello. Ma Dio, che ci parla attraverso gli eventi della storia, ci annuncia oggi un Vangelo capace di farci ritornare sulla rotta che Lui ha pensato per noi. Cristo è risorto, e ha il potere di passare attraverso la porta che abbiamo blindato per difendere la nostra superbia. Come fece quella sera entrando nel cenacolo, Cristo ci viene oggi a cercare, perché quest’anno sia davvero una Pasqua di libertà. Per questo il Vangelo oggi dice che, prima della sua Pasqua, Gesù si ritira “al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò”. Perché c'è un "luogo" dove "credere" in Gesù, dove lo si può incontrare e conoscere, quello del suo e del nostro battesimo. E nella notte di Pasqua noi tutti rinnoveremo le promesse battesimali, e sarà il momento in cui potremo finalmente lasciare i comandi a Lui. Andiamo allora anche noi alle rive del Giordano, il punto più basso della superficie terrestre, il luogo dove Gesù si è annientato fin dove abbiamo fatto precipitare il nostro aereo. Qui il Signore si è umiliato sino a discendere al luogo del nostro cuore più lontano dal Cielo e da Dio, per aprirlo all'ascolto dell’annuncio che la Chiesa ci fa attraverso le liturgie di questi giorni santi. Andiamo e ascoltiamo il Figlio nel quale il Padre si è compiaciuto, perché solo ascoltando potremo uscire dallo scandalo dell'orgoglio incapace di credere all'incarnazione di Dio nella nostra vita. Solo ascoltando crescerà in noi la fede che sposta le montagne dell’orgoglio per vedere, come in un cielo limpido, Dio all’opera nella nostra storia; e discernere la sua misericordia attraverso la luce che filtra, spesso impercettibilmente, dalle ferite dei peccati, delle debolezze, degli errori nostri e dei fratelli. "La Scrittura non può essere annullata": essa "ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio", ovvero ciascuno di noi raggiunti dalla stoltezza della predicazione, così potente da riportarci in quota, ovvero risuscitare per ritornare ad essere cittadini del Cielo. Sì, in Lui possiamo diventare figli di Dio che viaggiano in questo mondo guardando a ogni evento e a ogni fratello dalla destra del Padre dove Cristo ci vuole far ascendere, già oggi; con le primizie della vita eterna nel cuore e negli occhi per vedere i frammenti del compimento e della gioia anche nel dolore e nelle ingiustizie.
Siamo sconvolti, e se non lo siamo significa che l’adorazione del nostro ego ha raggiunto picchi davvero preoccupanti. Al netto di teorie complottiste che negano sempre la realtà che il potere e i media ci raccontano e spiegano, la tragedia dell’aereo schiantatosi contro una montagna è, comunque, un’ipotesi plausibile. Forse non ci avevamo mai pensato, o non avevamo voluto immaginarlo, ma è possibile che un uomo, di mestiere pilota, decida di farla finita trascinando con sé più di 150 persone. E che, probabilmente, lo abbia voluto fare proprio così, perché, chissà, agli occhi del suo cuore ferito e della sua mente malata nel mondo nessuno era innocente, come invece appaiono a noi le povere vittime dell’incidente. L’aereo come la sintesi del mondo fuori di me, finalmente in pugno; io ai comandi della vita mia e di quella degli altri, in un delirio di onnipotenza nel quale è fin troppo facile rintracciare la prima, originale menzogna: “diventerete come Dio”. Ora comando io, nessuno più a intralciare il mio cammino, a spegnere speranze e progetti. In quei terribili otto minuti quella piccola comunità ha assistito impotente all’eruzione improvvisa della solitudine che, scoppiando senza possibilità di arginarla, trascina tutti nella morte sotto i lapilli della disperazione. Il comandante lasciato fuori dalla cabina di pilotaggio, l’autorità finalmente incatenata, io al posto di Dio, per un momento, quello decisivo, non più co-pilota ma comandante unico, arbitro del destino mio e degli altri. Gli altri, appunto, i passeggeri e l’equipaggio, a pochi metri, come un’inconsapevole corpo diplomatico scelto in rappresentanza di quel pezzo di mondo che mi ha fatto soffrire gettandomi nella solitudine. E ora vi abbraccio nella stessa morte che mi avete dato. E’ andata proprio così? Forse non lo sapremo mai, ma sappiamo che così va con noi. Fermi, non scandalizzatevi. Con me almeno è andata così, molte, troppe volte; ingannato nel più profondo di me stesso dal demonio che, immancabilmente, mi ha presentato la mia vita come un colossale fallimento, perché gestita da un Dio che non mi ama. E, ormai certo di essere vittima di un’ingiustizia, ho rubato l’aereo della mia vita e ne ho preso i comandi. Accattivante l’ebrezza dei comandi, ma c’era sotto il trucco beffardo del demonio: guidavo inseguendo la libertà e la felicità, ma perdevo quota, e con me tutti quelli che mi erano accanto, in famiglia e tra gli amici, e la fidanzata, e le persone che mi erano affidate. Sempre più giù, sino a schiantarmi sulla montagna dell’orgoglio che non si scansa mai… Conseguenze? I rapporti stracciati come le povere carni dei passeggeri dell’Airbus. Irriconoscibili i genitori, i fratelli, le persone a cui avrei dovuto annunciare il Vangelo… E a te? Non è capitato? Certo che sì, forse sta accadendo proprio in questi giorni. Non ti vedi chiuso nella cabina della superbia? Hai appena chiuso fuori Dio a bussare inutilmente alla tua porta. Sei libero, siamo liberi, come quei “giudei” che portavano ancora una volta le pietre per lapidare Gesù. Lui non era Dio, Lui bestemmiava! Chiusi nel proprio orgoglio erano incapaci di riconoscere nelle opere di Gesù la mano di Dio. Per questo lo scambiavano per un bestemmiatore. Come facciamo noi, perché il demonio ci ha convinto che la nostra vita di oggi è una bestemmia: la sofferenza, il fallimento, la debolezza sono parole blasfeme. Dio non può volere e permettere quanto mi accade; e chi afferma e annuncia che proprio nella mia vita è Dio ad operare, che la mia storia è un segno dell'amore del Padre, è un bestemmiatore. Chi mi dice che sono figlio di Dio in questa storia che vivo, merita la morte. E così uccidiamo i profeti, quelli che viaggiano sul nostro aereo, per togliere di mezzo Cristo e qualunque sua memoria, soprattutto quella che appare nel fratello. Ma Dio, che ci parla attraverso gli eventi della storia, ci annuncia oggi un Vangelo capace di farci ritornare sulla rotta che Lui ha pensato per noi. Cristo è risorto, e ha il potere di passare attraverso la porta che abbiamo blindato per difendere la nostra superbia. Come fece quella sera entrando nel cenacolo, Cristo ci viene oggi a cercare, perché quest’anno sia davvero una Pasqua di libertà. Per questo il Vangelo oggi dice che, prima della sua Pasqua, Gesù si ritira “al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò”. Perché c'è un "luogo" dove "credere" in Gesù, dove lo si può incontrare e conoscere, quello del suo e del nostro battesimo. E nella notte di Pasqua noi tutti rinnoveremo le promesse battesimali, e sarà il momento in cui potremo finalmente lasciare i comandi a Lui. Andiamo allora anche noi alle rive del Giordano, il punto più basso della superficie terrestre, il luogo dove Gesù si è annientato fin dove abbiamo fatto precipitare il nostro aereo. Qui il Signore si è umiliato sino a discendere al luogo del nostro cuore più lontano dal Cielo e da Dio, per aprirlo all'ascolto dell’annuncio che la Chiesa ci fa attraverso le liturgie di questi giorni santi. Andiamo e ascoltiamo il Figlio nel quale il Padre si è compiaciuto, perché solo ascoltando potremo uscire dallo scandalo dell'orgoglio incapace di credere all'incarnazione di Dio nella nostra vita. Solo ascoltando crescerà in noi la fede che sposta le montagne dell’orgoglio per vedere, come in un cielo limpido, Dio all’opera nella nostra storia; e discernere la sua misericordia attraverso la luce che filtra, spesso impercettibilmente, dalle ferite dei peccati, delle debolezze, degli errori nostri e dei fratelli. "La Scrittura non può essere annullata": essa "ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio", ovvero ciascuno di noi raggiunti dalla stoltezza della predicazione, così potente da riportarci in quota, ovvero risuscitare per ritornare ad essere cittadini del Cielo. Sì, in Lui possiamo diventare figli di Dio che viaggiano in questo mondo guardando a ogni evento e a ogni fratello dalla destra del Padre dove Cristo ci vuole far ascendere, già oggi; con le primizie della vita eterna nel cuore e negli occhi per vedere i frammenti del compimento e della gioia anche nel dolore e nelle ingiustizie.
L'ANNUNCIO I Giudei portarono di nuovo delle pietre per lapidarlo. Gesù rispose loro: «Vi ho fatto vedere molte opere buone da parte del Padre mio; per quale di esse mi volete lapidare?». Gli risposero i Giudei: «Non ti lapidiamo per un'opera buona, ma per la bestemmia e perché tu, che sei uomo, ti fai Dio». Rispose loro Gesù: «Non è forse scritto nella vostra Legge: Io ho detto: voi siete dei? Ora, se essa ha chiamato dei coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio (e la Scrittura non può essere annullata), a colui che il Padre ha consacrato e mandato nel mondo, voi dite: Tu bestemmi, perché ho detto: Sono Figlio di Dio? Se non compio le opere del Padre mio, non credetemi; ma se le compio, anche se non volete credere a me, credete almeno alle opere, perché sappiate e conosciate che il Padre è in me e io nel Padre». Cercavano allora di prenderlo di nuovo, ma egli sfuggì dalle loro mani. Ritornò quindi al di là del Giordano, nel luogo dove prima Giovanni battezzava, e qui si fermò. Molti andarono da lui e dicevano: «Giovanni non ha fatto nessun segno, ma tutto quello che Giovanni ha detto di costui era vero». E in quel luogo molti credettero in lui.
(Dal Vangelo secondo Giovanni 10, 31-42)
C'è un "luogo" dove "credere" in Gesù, perché in esso vi "si ferma", e lo si può incontrare e conoscere: l'annuncio, la predicazione, l'evangelizzazione. E' il "luogo dove prima Giovanni battezzava", dove il fiume Giordano sta per gettarsi nel Mar Morto, il punto più basso della superficie terrestre, il luogo dell'annientamento di Gesù. Qui il Signore si è umiliato sino a discendere al luogo del nostro cuore più lontano dal Cielo e da Dio, per aprirlo all'ascolto, annunciare la Parola di Vita e far risplendere la compiacenza del Padre in ciascun uomo. Il contrario assoluto dei luoghi dove prospera il clericalismo, dove pontificano ipocritamente gli pseudo-religiosi, i legalisti, i moralisti, quelli che, in nome della "vostra Legge", lasciano fuori Cristo nei piccoli, nei poveri, nei peccatori: "coloro si fanno lontani dal nostro Dio che si avvicina alla nostra carne... quelli che hanno preso la vicinanza di Dio e l'hanno distillata nelle loro tradizioni, ne hanno fatto un'idea, un puro precetto e hanno allontano Dio dalla gente. Sono loro che hanno clericalizzato – per usare una parola che si capisca – la Chiesa del Signore. La riempiono di precetti, con dolore lo dico, e se sembra una denuncia o un’offesa, mi perdonino... Questi sono gli ipocriti di oggi. Quelli che allontanano il popolo di Dio dalla salvezza. E quella povera ragazza che, potendo rimandare suo figlio al mittente, ha avuto il coraggio di farlo venire al mondo, se ne va girando di parrocchia in parrocchia perché lo battezzino" (Card. Jorge M. Bergoglio). Nel nostro cuore, dove vi sono questi sentimenti, non vi è posto per Gesù. Dove c'è lo scandalo per il suo amore crocifisso, l'incapacità demoniaca di ascoltare le sue parole, il rifiuto della sua misericordia inerme capace di farsi peccato, lì ci sono mani che stringono pietre per colpire e cancellare il grido d'amore che squarcia le nostre false certezze che "possono diventare un muro, un carcere che imprigiona lo Spirito Santo. Colui che isola la sua coscienza dal cammino del popolo di Dio non conosce l’allegria dello Spirito Santo che sostiene la speranza. È il rischio che corre la coscienza isolata. Di coloro che dal loro mondo chiuso si lamentano di tutto o, sentendo la propria identità minacciata, si gettano in battaglie per essere alla fine ancor più autoccupati e autoreferenziali" (Card. Jorge M. Bergoglio). Il nostro mondo dove ci facciamo dio e seppelliamo Dio che si fa come noi. Dio ha voluto farsi carne proprio perché la carne potesse divenire capace di accogliere la vita nuova in Lui. Dio si è fatto come me e come te per annullare la distanza che ci separava da Lui: il demonio vuol rovesciare la volontà di Dio e spingere perversamente l'uomo a recitare il ruolo di protagonista riservato a Dio. La frustrazione che sperimenta chi crede all'inganno del demonio, arma i cuori e le mani per uccidere la falsa immagine di Dio che esso ha presentato; ma così, finisce per distruggere se stesso nell'inferno dell'alienazione, e diventa incapace di vivere la storia con pace e gratitudine. Il luogo del battesimo - il luogo del nostro inferno - è stato per Gesù la profezia della sua missione, quando ha sperimentato l'apice del rifiuto, il segno che la sua missione era andata in porto: una sua Parola ha svelato il cuore dei giudei, come il cuore di ogni uomo. Lui è il Figlio di Dio, Lui è Dio, proprio lì, a mensa con i peccatori, dove tocca gli impuri, dove perdona una prostituta, sulla Croce dove si è fatto peccato. Non sono le opere, i miracoli a decretare, in ultima istanza, la sua morte. Le pietre sono preparate per la sua parola blasfema: "Chi bestemmia il nome del Signore dovrà essere messo a morte: tutta la comunità lo dovrà lapidare" (Lv. 24,16). I giudei, come ciascuno di noi, guardando e sperimentando le opere non sanno riconoscerne l'autore, e lo scambiano per un bestemmiatore, perché la nostra vita di oggi, in fondo, è una bestemmia: la sofferenza, il fallimento, queste ore qui rinchiuse nello sconforto, sono una parola blasfema: Dio non può volere e permettere tutto quanto mi accade; e chi afferma e annuncia che proprio nella mia vita è Dio ad operare, che la mia storia è un segno dell'amore del Padre, è un bestemmiatore. Chi mi dice che sono figlio di Dio in questa storia che vivo, merita la morte. E uccidiamo i profeti, e togliamo di mezzo Cristo, qualunque sua memoria, il prossimo nel quale è presente. Per questo occorre rinnegare se stessi, uscire dall'accampamento, scendere dai troni dell'orgoglio e arrendersi all'amore. Gesù, di fronte all'incredulità, al rifiuto "intelligente" dei giudei, "si ritira" al di là del Giordano, al luogo dove è sceso su di Lui lo Spirito Santo, dove il Padre lo ha rivelato quale suo Figlio diletto. Gesù ha assunto su di sé il dolore del rifiuto, la durezza dei cuori di fronte alle opere belle del suo amore. Al punto di ridiscendere alla fonte della sua missione per ritrovare in essa vigore e forza per l'opera decisiva, la Passione di amore che lo condurrà sulla Croce. E' il cammino che indica a ciascuno di noi per combattere la falsa illusione delle apparenze, l'atrofia dell'intelligenza che non vuole andare oltre e rischiare per abbandonarsi a un amore più grande di quello di cui noi siamo capaci. Gesù oggi ci indica il percorso dell'umiltà, discendere ancora una volta i gradini del battesimo, immergere ancora una volta nell'acqua che ci ha rigenerato l'uomo vecchio per annegarlo con le sue passioni. Passare dalla memoria al memoriale, dal ricordo che schiaccia il presente sui nostri criteri avvelenando il futuro, alla libertà che accoglie la storia d'amore di Dio con ciascuno di noi, perché le sue "opere" si facciano contemporanee del momento che siamo chiamati a vivere e si compiano ancora. Sono esse a mostrarci il volto del Padre; la loro dimenticanza, il filtro della nostra povera ragione ad interpretarle come pura casualità, chiude le porte al potere di Dio. Per essere liberati da questo "carcere", occorre imparare ad ascoltare, come il Padre ha invitato tutti a fare quando Gesù è riemerso dalle acque del battesimo: "Questi è il mio Figlio nel quale mi sono compiaciuto: Ascoltatelo!". L'ascolto ci apre alla Parola che ha il potere di ricrearci, qualunque sia la nostra situazione; l'ascolto è la nostra salvezza perché ci dona la fede capace di plasmarci sino a renderci figli di Dio. Solo ascoltando potremo uscire dallo scandalo dell'orgoglio incapace di credere all'incarnazione di Dio nella nostra vita. Solo gli occhi della fede sanno discernere le sembianze divine attraverso la luce che filtra, spesso impercettibilmente, dalle ferite dei peccati, delle debolezze, degli errori nostri e dei fratelli. "La Scrittura non può essere annullata": essa "ha chiamato dèi coloro ai quali fu rivolta la parola di Dio", ovvero ciascuno di noi raggiunti dalla stoltezza della predicazione. Solo attraverso il suo ascolto potremo camminare sui sentieri della conversione autentica, che non è macerarsi e sforzarsi di compiere opere impossibili alla carne per "divenire come Dio", ma accogliere la Parola di Dio. Solo alla sua luce potremo entrare, con fiducia e speranza, nella storia che quotidianamente si presenta dinanzi, discernendo in essa "il luogo" dove Gesù è, e dove anche ciascuno di noi può essere.APPROFONDIMENTI
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