IL Vangelo del Giorno
I credenti, attesta sant’Agostino, “si fortificano credendo”...
Solo credendo, quindi, la fede cresce e si rafforza;
non c’è altra possibilità per possedere certezza sulla propria vita
se non abbandonarsi, in un crescendo continuo,
nelle mani di un amore che si sperimenta sempre più grande
perché ha la sua origine in Dio.
Benedetto XVI, Porta fidei
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Il Commento
Una fede oltre la carne. Come quella di San Pietro, come quella imparata da San Paolo. E' questa la parola del vangelo di oggi. Gesù oltrepassa la porta sprangata delle paure e dei dubbi, il velo ostinato che copre occhi e mente e cuore ed impedisce di riconoscere, oltre le apparenze, nelle pieghe della carne e della storia, la presenza certa e amorevole del Signore.
Dio è. Dio è oltre la morte, oltre il peccato, oltre la contingenza che ci atterrisce.
Occorre un supplemento d'anima, uno sguardo diverso, una testimonianza piantata nel cuore. Occorre una rivelazione celeste, lo Spirito Santo. Ecco quel che è mancato a Tommaso, ciò di cui, la sua povera carne piena di esigenza, ha bisogno: la fede.
Ma la fede si impara. Per questo Gesù non rimprovera Tommaso, ma lo invita a porsi in cammino, a diventare un "credente", ad imparare la fede, quella che oltrepassa la carne.
I segni che Gesù stesso ha mostrato agli altri apostoli una settimana prima, i sacramenti della sua risurrezione, sono ora davanti a Tommaso. Ma, soli, non bastano. E' necessario, come lo è stato per i suoi fratelli, ricevere lo Spirito Santo, la Rivelazione del Padre che ha fatto beato Pietro, quel supplemento d'anima che libera lo sguardo oltre le ferite nella carne e induce ad oltrepassare le porte della sola ragione, della propria carne esigente di prove e conferme.
E' l'amore di Dio, l'amore di Cristo sigillato dallo Spirito Santo, lo stesso che ha fatto conoscere a San Paolo Cristo non più secondo la carne. E' lo Spirito Santo che, nel cammino della storia, condurrà san Tommaso, e ciascuno di noi, a riconoscere il nostro Signore e il nostro Dio, nelle nostre stesse piaghe, nelle ferite della nostra vita. La Croce gloriosa, la vita oltre la morte.
E' questo il senso più profondo del Vangelo di oggi, della stessa figura di Tommaso, gemello del Signore (questo significa Didimo), stava cercando, come tutti i gemelli, la parte di sé che gli era venuta meno! Cercava un segno nelle piaghe di Gesù, perchè cercava un senso alle sue ferite, al dolore della sua vita: infatti, "colui che santifica e coloro che sono santificati provengono tutti da una stessa origine; per questo non si vergogna di chiamarli fratelli, dicendo: Annunzierò il tuo nome ai miei fratelli, in mezzo all'assemblea canterò le tue lodi... Poiché dunque i figli hanno in comune il sangue e la carne, anch'egli ne è divenuto partecipe, per ridurre all'impotenza mediante la morte colui che dalla morte ha il potere, cioè il diavolo, e liberare così quelli che per timore della morte erano soggetti a schiavitù per tutta la vita" (cfr. Eb. 2, 11-14). Tommaso, mosso dalla carne, dal bisogno di toccare e vedere, era andato a cercare il suo gemello, l'unica parte di sé che poteva dare compimento e completezza alla sua vita, ma lo era andato a cercare lontano dalla verità, dallo stesso corpo di Cristo che è la comunione, la comunità dei suoi fratelli. Forse voleva un rapporto diverso ed esclusivo, forse vleva seguire il suo istinto, gli schemi mondani, forse, semplicemente, era andato alla tomba, ancora incredulo. Di certo, come ciascuno di noi, Tommaso era andato a cercare il Signore, l'unico che poteva dare Pace alla sua vita, laddove la carne lo aveva guidato. E, come noi, aveva dimenticato che l'unico luogo dove ricevere la virtù soprannaturale della fede, dove toccare e vedere Cristo risorto, dove sperimentare il suo amore più forte della morte, è la Chiesa, la comunità. Perchè un cristiano è un gemello nel cui cuore risuona sempre l'eco della presenza del proprio fratello, gemello di Cristo, come ciascuno di noi. Per questo le sue ferite sono le nostre, e la fede non si ferma ad un evento registrato dai sensi, ma va al di là, alla presenza misteriosa eppure concreta e reale, della sua vittoria, della sua vita dentro la nostra vita.
Credente, ovvero in cammino nella notte oscura dei santi, senza consolazioni, senza prove carnali, con la sola certezza sigillata istante dopo istante, quella della fede, di un amore che mai ci abbandona, mai.
Il Signore ama Tomaso, e ama noi. E ci attende con pazienza, e viene a cercarci ancora. Tommaso torna nella comunità, ascolta l'annuncio, non crede, ma è lì, con i suoi fratelli. E tanto basta, e questo è tutto. Perchè Gesù torna dai suoi, e si fa presente, come il giorno di Pasqua, in questo giorno che, per il suo apparire, diviene un unico giorno, il grande giorno della vittoria sul peccato e la morte!
Lo incontriamo tra gli Apostoli, senza nulla sapere della sua storia precedente. Il suo nome, in aramaico, significa “gemello”. Ci sono ignoti luogo di nascita e mestiere. Il Vangelo di Giovanni, al capitolo 11, ci fa sentire subito la sua voce, non proprio entusiasta. Gesù ha lasciato la Giudea, diventata pericolosa: ma all’improvviso decide di ritornarci, andando a Betania, dove è morto il suo amico Lazzaro. I discepoli trovano che è rischioso, ma Gesù ha deciso: si va. E qui si fa sentire la voce di Tommaso, obbediente e pessimistica: "Andiamo anche noi a morire con lui". E’ sicuro che la cosa finirà male; tuttavia non abbandona Gesù: preferisce condividere la sua disgrazia, anche brontolando.
Facciamo torto a Tommaso ricordando solo il suo momento famoso di incredulità dopo la risurrezione. Lui è ben altro che un seguace tiepido. Ma credere non gli è facile, e non vuol fingere che lo sia. Dice le sue difficoltà, si mostra com’è, ci somiglia, ci aiuta. Eccolo all’ultima Cena (Giovanni 14), stavolta come interrogante un po’ disorientato. Gesù sta per andare al Getsemani e dice che va a preparare per tutti un posto nella casa del Padre, soggiungendo: "E del luogo dove io vado voi conoscete la via". Obietta subito Tommaso, candido e confuso: "Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?". Scolaro un po’ duro di testa, ma sempre schietto, quando non capisce una cosa lo dice. E Gesù riassume per lui tutto l’insegnamento: "Io sono la via, la verità e la vita". Ora arriviamo alla sua uscita più clamorosa, che gli resterà appiccicata per sempre, e troppo severamente. Giovanni, capitolo 20: Gesù è risorto; è apparso ai discepoli, tra i quali non c’era Tommaso. E lui, sentendo parlare di risurrezione “solo da loro”, esige di toccare con mano. E’ a loro che parla, non a Gesù. E Gesù viene, otto giorni dopo, lo invita a “controllare”... Ed ecco che Tommaso, il pignolo, vola fulmineo ed entusiasta alla conclusione, chiamando Gesù: “Mio Signore e mio Dio!”, come nessuno finora aveva mai fatto. E quasi gli suggerisce quella promessa per tutti, in tutti i tempi: "Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno".
Tommaso è ancora citato da Giovanni al capitolo 21 durante l’apparizione di Gesù al lago di Tiberiade. Gli Atti (capitolo 1) lo nominano dopo l’Ascensione. Poi più nulla: ignoriamo quando e dove sia morto. Alcuni testi attribuiti a lui (anche un “Vangelo”) non sono ritenuti attendibili. A metà del VI secolo, il mercante egiziano Cosma Indicopleuste scrive di aver trovato nell’India meridionale gruppi inaspettati di cristiani; e di aver saputo che il Vangelo fu portato ai loro avi da Tommaso apostolo. Sono i “Tommaso-cristiani”, comunità sempre vive nel XX secolo, ma di differenti appartenenze: al cattolicesimo, a Chiese protestanti e a riti cristiano-orientali.
Facciamo torto a Tommaso ricordando solo il suo momento famoso di incredulità dopo la risurrezione. Lui è ben altro che un seguace tiepido. Ma credere non gli è facile, e non vuol fingere che lo sia. Dice le sue difficoltà, si mostra com’è, ci somiglia, ci aiuta. Eccolo all’ultima Cena (Giovanni 14), stavolta come interrogante un po’ disorientato. Gesù sta per andare al Getsemani e dice che va a preparare per tutti un posto nella casa del Padre, soggiungendo: "E del luogo dove io vado voi conoscete la via". Obietta subito Tommaso, candido e confuso: "Signore, non sappiamo dove vai, e come possiamo conoscere la via?". Scolaro un po’ duro di testa, ma sempre schietto, quando non capisce una cosa lo dice. E Gesù riassume per lui tutto l’insegnamento: "Io sono la via, la verità e la vita". Ora arriviamo alla sua uscita più clamorosa, che gli resterà appiccicata per sempre, e troppo severamente. Giovanni, capitolo 20: Gesù è risorto; è apparso ai discepoli, tra i quali non c’era Tommaso. E lui, sentendo parlare di risurrezione “solo da loro”, esige di toccare con mano. E’ a loro che parla, non a Gesù. E Gesù viene, otto giorni dopo, lo invita a “controllare”... Ed ecco che Tommaso, il pignolo, vola fulmineo ed entusiasta alla conclusione, chiamando Gesù: “Mio Signore e mio Dio!”, come nessuno finora aveva mai fatto. E quasi gli suggerisce quella promessa per tutti, in tutti i tempi: "Beati quelli che, pur non avendo visto, crederanno".
Tommaso è ancora citato da Giovanni al capitolo 21 durante l’apparizione di Gesù al lago di Tiberiade. Gli Atti (capitolo 1) lo nominano dopo l’Ascensione. Poi più nulla: ignoriamo quando e dove sia morto. Alcuni testi attribuiti a lui (anche un “Vangelo”) non sono ritenuti attendibili. A metà del VI secolo, il mercante egiziano Cosma Indicopleuste scrive di aver trovato nell’India meridionale gruppi inaspettati di cristiani; e di aver saputo che il Vangelo fu portato ai loro avi da Tommaso apostolo. Sono i “Tommaso-cristiani”, comunità sempre vive nel XX secolo, ma di differenti appartenenze: al cattolicesimo, a Chiese protestanti e a riti cristiano-orientali.
RATZINGER - BENEDETTO XVI. San Tommaso
RATZINGER - BENEDETTO XVI. Domenica in Albis:
Gesù è un Dio ferito dall’amore verso di noi
RATZINGER - BENEDETTO XVI. Domenica in Albis:
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Ravasi. Tommaso: l'incredulo che diventò credente
S. Fausti. Commento esegetico al Vangelo dell'apparizione a San Tommaso
IGNACE DE LA POTTERIE Gesù e Tommaso
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Vangelo della II domenica di Pasqua anno A. Piste esegetiche
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TOMMASO FEDERICI COMMENTO AL VANGELO DELLA II DOMENICA DI PASQUA ANNO A
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Dai Discorsi di san Pietro Crisologo
Basilio di Seleucia. Sii credente, e sii mio apostolo
Dal trattato "Sulla Trinità" di sant'Ilario di Poitiers
Da "La vita in Cristo" di Nicola CabàsilasII Domenica di Pasqua (o in Albis). Dai «Discorsi» di sant'Agostino
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