Il regalo più grande: trasmettere la fede
Oggi 26 LUGLIO
abbiamo celebrato la memoria liturgica dei
SANTI GIOACCHINO E ANNA Genitori della Beata Vergine Maria |
Santi Gioacchino e Anna
"Facciamo l'elogio degli uomini illustri" dice il Siracide, ma sappiamo ben poco dei genitori di Maria: anche per loro si verifica la legge del segreto, del silenzio, del nascondimento che Dio ha applicato alla vita di Maria e alla maggior parte della vita storica di Gesù.
I Vangeli apocrifi parlano delle loro difficoltà ed è logico pensare che certamente Dio li ha chiamati a partecipare al mistero di Gesù, di cui hanno preparato l'avvento; però ora rimane loro solo la gioia e la gloria di essere stati genitori della Madonna. E un incoraggiamento alla nostra fiducia: Dio è buono e nella storia dell'umanità, storia di peccato e di misericordia, ciò che resta alla fine è la gioia, è il positivo che egli ha costruito in noi.
Gioacchino e Anna sono stati prescelti in un popolo eletto sì, ma di dura cervice, perché in questo popolo fiorisse Maria, meraviglioso fiore di santità, e da lei Gesù. E la più grande manifestazione dell'amore misericordioso di Dio.
Diciamo al Signore la nostra riconoscenza e la nostra gioia: noi siamo coloro che hanno la beatitudine di vedere "quello che molti profeti e giusti hanno desiderato vedere".
La parola definitiva di Dio è stata pronunciata in Cristo e noi possiamo contemplare il suo mistero, ancora nella fede, ma già compiuto in lui.
Giovedì della XVI settimana del Tempo Ordinario
La volontà propria ricopre gli occhi interiori
come una membrana o una pellicola può ricoprire l'occhio esteriore,
impedendogli di vedere...
Finché dimorerai nella tua volontà propria,
sarai privato della beatitudine di vedere con l'occhio interiore.
Infatti ogni vera felicità deriva dal vero abbandono,
dal distacco dalla volontà propria.
Questo nasce nel fondo dell'umiltà...
Quanto più siamo piccoli e umili,
tanto meno volontà propria abbiamo.
Giovanni Taulero
Dal Vangelo secondo Matteo 13,10-17.
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?».
Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.
Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.
Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.
E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani.
Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!
Gli si avvicinarono allora i discepoli e gli dissero: «Perché parli loro in parabole?».
Egli rispose: «Perché a voi è dato di conoscere i misteri del regno dei cieli, ma a loro non è dato.
Così a chi ha sarà dato e sarà nell'abbondanza; e a chi non ha sarà tolto anche quello che ha.
Per questo parlo loro in parabole: perché pur vedendo non vedono, e pur udendo non odono e non comprendono.
E così si adempie per loro la profezia di Isaia che dice: Voi udrete, ma non comprenderete, guarderete, ma non vedrete.
Perché il cuore di questo popolo si è indurito, son diventati duri di orecchi, e hanno chiuso gli occhi, per non vedere con gli occhi, non sentire con gli orecchi e non intendere con il cuore e convertirsi, e io li risani.
Ma beati i vostri occhi perché vedono e i vostri orecchi perché sentono. In verità vi dico: molti profeti e giusti hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, e non lo videro, e ascoltare ciò che voi ascoltate, e non l'udirono!
IL COMMENTO
La "esah" di Dio, quella volontà misteriosa alla quale Dio conduce Giobbe, qualcosa che è intraducibile nei nostri lessici occidentali, un progetto d'amore pensato e calibrato nei particolari (cfr. Gb. 12, 13; Is. 28, 29) che si incarna in una storia concreta ( cfr. Is. 5,9; Ger. 49, 20), la nostra. Quella passata, quella presente, quella futura. Prodigio di Dio, fedele, come ogni sua opera. Il "beth essentiae", "un modo semitico per esprimere l'essenza profonda su cui poggia una realtà: l'agire di Dio è radicato stabilmente nel Suo amore verso la creatura ( Sal. 19,9; 104), e nella sua rettitudine che non conosce deviazioni e inganni" ( cfr. G. Ravasi, Il Libro dei Salmi, Vol. 1). Il mistero del suo amore dunque, preparato per noi, per ciascun uomo. Il Mistero svelato sulla Croce, essenza profonda, pilastro dell'Universo. E della Vita. E' beato oggi chiunque, di noi, abbia in sè la Sapienza della Croce, la Chiave al mistero di Dio. Sì, la Croce. La nostra, nella Croce di Cristo. E' lì, e solo lì, che è preparata la beatitudine, l'amore infinito di Dio. Che il Signore, anche oggi, ci leghi come Isacco alla Croce preparata per noi, mistero di pace e di gioia.
Giovanni Taulero (circa 1300-1361), domenicano a Strasburgo Discorsi, 53
Dio ci ama, e ci rende beati. Felici. Di vedere e ascoltare. Con il cuore e la mente illuminati dallo Spirito Santo effuso nei nostri cuori. Le Parabole, immagini dipinte dalla Parola del Signore perchè siano svelati i pensieri di molti cuori, ci sono spiegate nell'intimità alla quale ci ha chiamati la sua imperscrutabile volontà. Strappati alla menzogna siamo oggi, per Grazia, nella cerchia dei Suoi amici. E questa è la vita, meravigliosa e beata, anticipo di quel che sarà il Cielo. Anche noi eravamo meritevoli d'ira, come tutti. Eppure la Sua misericordia ci ha aperto gli occhi, perchè l'opera che Lui compie ogni giorno in noi, sia essa stessa una parabola per il mondo. La Chiesa, la comunità degli eletti ad essere i compagni dell'Agnello, crocifissi con Lui per la salvezza d'ogni uomo. E' questa l'unica nostra beatitudine, seguirlo ovunque vada, stretti nella sua intimità.
Essere sacramento di salvezza per ogni uomo. Una parabola vivente che indica il Mistero del suo amore intrecciato alla nostra vita. "Il termine «mistero» (gr. mystérion , lat. mysterium ) può assumere accezioni assai diverse a seconda del contesto e dell'orizzonte culturale nel quale viene usato. In prima istanza, però, esso appartiene alla fenomenologia della religione perché è un termine legato al discorso sul “divino”. Il vocabolo mistero proviene assai probabilmente dal verbo greco myein (chiudere, fermare), al quale risultano ancora collegati, in alcune lingue moderne, termini come «miope» o «muto». Vi si esprime dunque l'idea di chiusura, ma secondariamente anche quella di limite e di confine. Allo stesso campo semantico appartiene l'aggettivo «mistico» ( mystikós ), che indicherebbe «ciò che appartiene al mistero». Il termine latino sacramentum traduce spesso il greco mystérion , ma indica preferibilmente l'aspetto rituale legato al rapporto con il sacro o anche l'impegno giuridico che ne deriva.... L'ebraismo, e successivamente il cristianesimo, parlano di un orizzonte a noi precluso e accessibile a Dio solo, di una sfera divina che trascende quella umana; nelle diverse religioni esistono sacerdoti, riti e sacramenti, ed esiste una sapienza che non si potrebbe acquistare senza ascesi e purificazione. Ma proprio nella tradizione religiosa giudaico-cristiana la nozione di mistero assume un carattere specifico: essa trova il suo principale luogo ermeneutico nel concetto di «Rivelazione». Edificata sui pilastri della creazione e dell'alleanza, si rende disponibile all'umanità una storia di salvezza nella quale il Dio di Israele è soggetto di una rivelazione gratuita del mistero. Egli non solo svela il mistero della sua volontà, ma comunica agli uomini anche il mistero della sua vita personale, vita trinitaria. Ancor più, è Dio in persona a comunicarsi all'uomo nell'incarnazione del Figlio, rivelatore perfetto del Padre, mistero dell'amore del Padre per il mondo, cui seguirà l'effusione ed il dono stabile dello Spirito Santo. Nella logica della rivelazione cristiana, l'uomo non ha più bisogno di congetturare o di carpire ciò che la divinità tiene nascosto, perché è proprio Dio a prendere l'iniziativa e a farsi avanti. Nella rivelazione biblica il mistero non rappresenta più l'orizzonte del nascondersi di Dio, ma piuttosto l'ambito ricchissimo della sua comunicazione e del suo rivolgersi all'uomo: il mistero cessa di essere qualcosa di sottratto alla conoscenza per divenire qualcosa di offerto. " (cfr.. Documentazione interdisciplinare di scienza e fede).
Il Mistero, la volontà di Dio nascosta persino agli angeli, a poco a poco rivelata lungo il cammino della Storia della Salvezza, è finalmente svelato dal Signore ai più piccoli della terra, ai "pitocchi" secondo la giusta traduzione dell'originale greco. Il Mistero confidato ai suoi intimi, agli ultimi della terra, ai poveri in Spirito, gli anawin che nulla hanno se non il Signore. “Proprio questi sono i figli, i signori, gli dei: gli schiavi, i prigionieri, i disprezzati, i crocifissi… Questi, unti con l’unguento estratto dal legno della vita, Gesù Cristo, e dalla pianta celeste, sono resi idonei a raggiungere il culmine della perfezione, del Regno e dell’adozione; infatti quelli che sono intimi del Re del Cielo, e ancorati alla fiducia dell’Onnipotente, entrano fin da questo mondo nel suo palazzo… e neppure si meravigliano come di cosa insolita e nuova di essere chiamati a regnare con Cristo, grazie allo Spirito che li colma di fiducia. E in che modo? Perché, mentre ancora vivono sulla terra, sono posseduti da quella soavità e dolcezza, da quella forza che è propria dello Spirito. Poiché già prima hanno potuto conoscere i misteri della Grazia… Noi infatti, pur vivendo ancora sulla terra, abbiamo in Cielo la nostra cittadinanza, vivendo secondo il nostro uomo interiore come se già fossimo nell’eternità” (Da un’antica Omelia del IV secolo). La rivelazione dei misteri del Regno dischiude già ora, qui, nella nostra vita concreta, le porte del Cielo: Conoscere i segreti di Dio significa dimorare in essi come in una fortezza inespugnabile, tra le onde avverse della carne e del mondo.
Per questo le Parabole si fanno carne negli “intimi” di Gesù, sono decodificate nel segreto delle stanze più remote, per essere annunciate dai tetti, dal posto di lavoro, nella scuola, al mercato, ovunque. Non vi è nulla di nascosto che non sarà rivelato, dice il Signore. Ma lo sarà attraverso la vita concreta e reale dei suoi piccoli, suo corpo benedetto gestato e dato alla luce in ogni generazione. Gli istanti più banali sono allora un riflesso del Cielo, una parabola fatta vita, lavoro, stress e dolore, matrimonio e figli, vecchiaia e malattia. Vita che vince la morte nella morte dei piccoli di Gesù. Come la Maddalena ad esempio. E, nel corso della Storia, i tanti poveri innalzati come Maria sino al trono della Maestà divina. San Francesco, Santa Teresina di Lisieux e tanti altri. Il Mistero, la Croce. L'albero che spalanca il Cielo e giunge sino al cuore di Dio, al pensiero di Cristo. I crocifissi con Lui sono i suoi amici ai quali non nasconde nulla. Anche quando non spiega nulla.
Stretti tra le Sue braccia, inchiodati allo stesso legno, nella conoscenza vera e profonda del suo amore. Tanto basta. Il suo progetto scolpito in noi, la salvezza incarnata nelle nostre vite vissute in Cristo, per Lui, con Lui. I piani di pace e di gioia eterne concepiti nel cuore di Dio, i misteri del Regno dei cieli, che sussistono per ogni generazione (cfr. Sal. 33, 11). I Suoi piani che non sono i nostri, la Sua volontà che ci conduce alla Vita vera ed eterna.
Stai con me, e io inizierò a risplendere come tu risplendi,
a risplendere fino ad essere luce per gli altri.
La luce, o Gesù, verrà tutta da te:
nulla sarà merito mio.
Sarai tu a risplendere, attraverso di me, sugli altri.
Fa' che io ti lodi così nel modo che tu più gradisci,
risplendendo sopra tutti coloro
che sono intorno a me.
Dà luce a loro e dà luce a me;
illumina loro insieme a me, attraverso di me.
Insegnami a diffondere la tua lode,la tua verità, la tua volontà.
John Henry Newman
Giovanni Taulero (circa 1300-1361), domenicano a Strasburgo Discorsi, 53
« Beati i vostri occhi perché vedono »
Il nostro Signore disse : « Molti profeti e re hanno desiderato vedere ciò che voi vedete, ma non lo videro » (Lc 10,24). Con la parola profeta, si devono intendere i grandi animi sottili e ragionatori, che si fermano alla finezza della loro ragione naturale e ne traggono vanto. Tali occhi non sono beati. Con la parola re, si devono intendere gli uomini che hanno un'indole da padrone, una forte e potente energia, che sono padroni di sè, delle loro parole e opere, della loro lingua, e possono fare quanto vogliono in fatto di digiuni, veglie e preghiere. Poiché però danno molta importanza a queste cose, come se fossero cose straordinarie, e disprezzano gli altri, neanche questi sono occhi che vedono ciò che li rende beati...
Tutti costoro hanno desiderato vedere e non videro. Hanno desiderato vedere e si sono fermati alla loro volontà propria. Nella volontà risiede il male... La volontà propria ricopre gli occhi interiori come una membrana o una pellicola può ricoprire l'occhio esteriore, impedendogli di vedere... Finché dimorerai nella tua volontà propria, sarai privato della beatitudine di vedere con l'occhio interiore. Infatti ogni vera felicità deriva dal vero abbandono, dal distacco dalla volontà propria. Questo nasce nel fondo dell'umiltà... Quanto più siamo piccoli e umili, tanto meno volontà propria abbiamo.
Quando è tutta pacificata, l'anima vede la propria essenza e tutte le sua facoltà ; riconosce se stessa in quanto immagine ragionevole di Colui da cui è nata. Gli occhi... che fissano così profondamente lo sguardo possono a ragione essere chiamati beati, a motivo di ciò che vedono. Infatti si scopre allora la meraviglia delle meraviglie, quanto c'è di più puro, di più sicuro... Potessimo seguire questa via e vedere in tal modo che i nostri occhi siano beati. A questo Dio ci aiuti !
Tutti costoro hanno desiderato vedere e non videro. Hanno desiderato vedere e si sono fermati alla loro volontà propria. Nella volontà risiede il male... La volontà propria ricopre gli occhi interiori come una membrana o una pellicola può ricoprire l'occhio esteriore, impedendogli di vedere... Finché dimorerai nella tua volontà propria, sarai privato della beatitudine di vedere con l'occhio interiore. Infatti ogni vera felicità deriva dal vero abbandono, dal distacco dalla volontà propria. Questo nasce nel fondo dell'umiltà... Quanto più siamo piccoli e umili, tanto meno volontà propria abbiamo.
Quando è tutta pacificata, l'anima vede la propria essenza e tutte le sua facoltà ; riconosce se stessa in quanto immagine ragionevole di Colui da cui è nata. Gli occhi... che fissano così profondamente lo sguardo possono a ragione essere chiamati beati, a motivo di ciò che vedono. Infatti si scopre allora la meraviglia delle meraviglie, quanto c'è di più puro, di più sicuro... Potessimo seguire questa via e vedere in tal modo che i nostri occhi siano beati. A questo Dio ci aiuti !
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