Leggiamo insieme la Scrittura giorno per giorno:il vincolo di unità e di pace per tutti noi!
commento don Giovanni Nicolini da Lectio Quotidiana
27 luglio 2012 – Lc 7,1-10
cap.7 1Quando ebbe terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto, Gesù entrò in Cafàrnao. 2Il servo di un centurione era ammalato e stava per morire. Il centurione l’aveva molto caro. 3Perciò, avendo udito parlare di Gesù, gli mandò alcuni anziani dei Giudei a pregarlo di venire e di salvare il suo servo. 4Costoro, giunti da Gesù, lo supplicavano con insistenza: «Egli merita che tu gli conceda quello che chiede – dicevano –, 5perché ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga». 6Gesù si incamminò con loro. Non era ormai molto distante dalla casa, quando il centurione mandò alcuni amici a dirgli: «Signore, non disturbarti! Io non sono degno che tu entri sotto il mio tetto; 7per questo io stesso non mi sono ritenuto degno di venire da te; ma di’ una parola e il mio servo sarà guarito. 8Anch’io infatti sono nella condizione di subalterno e ho dei soldati sotto di me e dico a uno: “Va’!”, ed egli va; e a un altro: “Vieni!”, ed egli viene; e al mio servo: “Fa’ questo!”, ed egli lo fa». 9All’udire questo, Gesù lo ammirò e, volgendosi alla folla che lo seguiva, disse: «Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande!». 10E gli inviati, quando tornarono a casa, trovarono il servo guarito.
COMMENTO DI GIOVANNI
Osserviamo la singolarità del ver.1 del nostro brano dove si dice che Gesù ha “terminato di rivolgere tutte le sue parole al popolo che stava in ascolto”. Forse l’intenzione dell’evangelista è quello di ricordare per Israele un privilegio di precedenza nel ricevere il dono del Messia, e peraltro ora vuole affermare la destinazione universale del Vangelo di Gesù. Nel suo insieme il testo ci comunica un clima particolarmente positivo della città di Cafarnao. Dal rapporto profondo che unisce il centurione al suo servo, all’elogio che del centurione fanno gli anziani dei Giudei, che mostrano un rapporto di stima e di affetto per quest’ufficiale straniero dell’esercito invasore che, dicono, “ama il nostro popolo ed è stato lui a costruirci la sinagoga”(ver.5). Ora questa situazione così positiva ha il suo coronamento nel miracolo della guarigione del servo. Gesù accoglie l’invito degli anziani e si incammina con loro verso la casa del centurione. E a questo punto la fede del centurione compie un passo straordinario, come fede nella Parola. E mi sembra di grande interesse il fatto che questa fede nella Parola sia collegata da questo straniero alla struttura della sua vita di soldato. L’infinita sapienza del Signore fa sì che una realtà di per sé così lontana dalla luce evangelica diventi qui una conferma del dono divino. Dunque, anche situazioni e vicende lontanissime possono rivelarsi come “strade” lungo le quali il Signore viene a cercare i suoi eletti. E’ un grande invito a considerare con sapiente prudenza quello che istintivamente bolleremmo a priori con un giudizio negativo. Gesù, invece, “all’udire questo, lo ammirò”(ver.9)! E dichiara tale ammirazione con quel meraviglioso “Io vi dico che neanche in Israele ho trovato una fede così grande”. Così viene chiaramente esplicitato il cammino universale del Vangelo di Gesù che deve essere portato sino ai confini della terra, perché per tutti Egli offre la sua vita.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
28 luglio 2012 – Lc 7,11-17
11In seguito Gesù si recò in una città chiamata Nain, e con lui camminavano i suoi discepoli e una grande folla. 12Quando fu vicino alla porta della città, ecco, veniva portato alla tomba un morto, unico figlio di una madre rimasta vedova; e molta gente della città era con lei. 13Vedendola, il Signore fu preso da grande compassione per lei e le disse: «Non piangere!».14Si avvicinò e toccò la bara, mentre i portatori si fermarono. Poi disse: «Ragazzo, dico a te, àlzati!». 15Il morto si mise seduto e cominciò a parlare. Ed egli lo restituì a sua madre. 16Tutti furono presi da timore e glorificavano Dio, dicendo: «Un grande profeta è sorto tra noi», e: «Dio ha visitato il suo popolo». 17Questa fama di lui si diffuse per tutta quanta la Giudea e in tutta la regione circostante.
COMMENTO DI GIOVANNI
E’ bella l’immagine di questa chiesa, descritta al ver.11 come il cammino di Gesù e dei suoi discepoli, con una “grande folla” con loro. E’ Gesù che entra nella storia dell’umanità. Un’umanità dolente, di cui questa madre sembra essere un’immagine molto efficace: una donna senza lo sposo e privata del figlio. Come Gesù e i suoi discepoli sono accompagnati da una grande folla, così “molta gente della città”(ver.12) è intorno a lei. Direttamente o no, sembra che tutta l’umanità sia presente, sia a rappresentare l’attesa di un evento di salvezza, sia ad essere il segno di un’ombra di morte e di dolore.
Ecco allora il rilievo che viene ad assumere la compassione divina per la condizione dell’umanità. Questo sembra portare al centro della nostra attenzione, meno la realtà evidente della morte, quanto il dolore dell’umanità che, in Gesù, Dio assume in pienezza. Sembra dunque che il miracolo della risurrezione sia determinato e come generato dal tema del dolore umano e della compassione di Dio. Questo ha la sua più evidente conferma al ver.15 dove si dice che “Egli lo restituì a sua madre”. La morte viene quindi presentata meno per il suo volto drammatico, quanto per il dolore che genera. Per la solitudine che porta con sé, ben reso presente da questa donna piangente e sola. Sento il desiderio di suggerire una rapida lettura del testo di Giovanni 19,25-27, che mi sembra fortemente evocato dal nostro testo, e proiettato in una dimensione universale per la relazione tra Gesù, la madre e il discepolo-figlio.
La reazione di tutti sottolinea l’esperienza di un’umanità che si vede visitata dalla bontà di Dio. E la fede di quella folla si dilata nella fede di tutti.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
30 luglio 2012 – Lc 7,18-23
18Giovanni fu informato dai suoi discepoli di tutte queste cose. Chiamati quindi due di loro, Giovanni 19li mandò a dire al Signore: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». 20Venuti da lui, quegli uomini dissero: «Giovanni il Battista ci ha mandati da te per domandarti: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”». 21In quello stesso momento Gesù guarì molti da malattie, da infermità, da spiriti cattivi e donò la vista a molti ciechi. 22Poi diede loro questa risposta: «Andate e riferite a Giovanni ciò che avete visto e udito: i ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciata la buona notizia. 23E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!».
COMMENTO DI GIOVANNI
La concreta situazione di prigionia del Battista acquista qui anche una valenza simbolica. L’antica economia della Legge, pur illuminata e preparata da tutta la profezia di cui Giovanni è l’ultimo protagonista, è ancora “prigioniera” di un regime della Legge che rivela la santità di Dio e il peccato dell’uomo, ma non lo libera da tale condizione. Proprio per questo il Battista è venuto per annunciare la visita ormai prossima del Messia del Signore. Ma la sua domanda è cruciale, perché pone il tema della persona e dell’opera del Cristo. Una domanda che non cessa di porsi ad ogni generazione credente, anche quando non è manifesta, e soprattutto quando la comunità ecclesiale può sembrare più sicura di aver riconosciuto e accolto il suo Signore. Per questo, osserviamo in anticipo l’ultima affermazione di Gesù nel nostro testo: “E beato è colui che non trova in me motivo di scandalo”(ver.23). Il grande rischio cui siamo sempre esposti è quello di identificare “un altro” Messia, che non è Gesù! E questo può avvenire sul piano teorico, ma anche nella prassi quotidiana sia personale sia collettiva. Quindi è sempre presente il pericolo dello scandalo nei suoi confronti. Gesù “risponde” alla domanda del Battista con i miracoli che compie su malati e su posseduti da spiriti cattivi. Mi sembra che noi dobbiamo cogliere il significato profondo di tali segni. Se quindi è chiaro che anch’io, oggi, ho bisogno che il Signore mi guarisca da spiriti cattivi che mi tengono prigioniero nella cattiveria, ho altrettanto bisogno di poter vedere alla sua luce, di poter camminare verso la Casa del Padre, di essere purificato… Questa è l’opera di Gesù per tutte le generazioni credenti e non credenti. In modo particolare mi piace sottolineare il grande prodigio dell’annuncio del Vangelo, della Buona Notizia donata ai poveri. E mi sembra bello che noi ci collochiamo anche oggi tra questi poveri, per tutte le miserie della nostra persona e della nostra storia. Anche noi, poveri peccatori. In questo modo Gesù chiarisce che il Vangelo non è una dottrina o una teoria o un semplice codice morale, ma è prima di tutto un’esperienza. Ed è un’esperienza che non nasce da una nostra iniziativa, o capacità, o volontà. Ma è tutta opera sua! Pur essendo la sua opera in perfetta continuità e adempimento di tutta la profezia di Israele, sappiamo bene quanto siamo esposti a interpretare, e a proporre – e talvolta a imporre! – un regime del giudizio che è ben lontano dalla volontà di salvezza che Gesù anche oggi ci rivela con la sua opera, dove incessantemente riafferma che Egli è venuto non per giudicare ma per salvare il mondo. Per questo, il tema dello “scandalo” è estremamente importante e delicato. Possiamo infatti “scandalizzarci” di Lui, anche senza dirlo. E anche senza che ce ne accorgiamo! Molti miei amici “atei”, lo sono di un Dio che non esiste, e ben meritano che Lui venga e si riveli a loro. So che in ogni modo Lui li salverà, come anche oggi, nella sua infinita e paziente bontà, salva me e noi.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
31 luglio 2012 – Lc 7,24-35
24Quando gli inviati di Giovanni furono partiti, Gesù si mise a parlare di Giovanni alle folle: «Che cosa siete andati a vedere nel deserto? Una canna sbattuta dal vento? 25Allora, che cosa siete andati a vedere? Un uomo vestito con abiti di lusso? Ecco, quelli che portano vesti sontuose e vivono nel lusso stanno nei palazzi dei re. 26Ebbene, che cosa siete andati a vedere? Un profeta? Sì, io vi dico, anzi, più che un profeta. 27Egli è colui del quale sta scritto: Ecco, dinanzi a te mando il mio messaggero,davanti a te egli preparerà la tua via. 28Io vi dico: fra i nati da donna non vi è alcuno più grande di Giovanni, ma il più piccolo nel regno di Dio è più grande di lui. 29Tutto il popolo che lo ascoltava, e anche i pubblicani, ricevendo il battesimo di Giovanni, hanno riconosciuto che Dio è giusto. 30Ma i farisei e i dottori della Legge, non facendosi battezzare da lui, hanno reso vano il disegno di Dio su di loro.31A chi dunque posso paragonare la gente di questa generazione? A chi è simile? 32È simile a bambini che, seduti in piazza, gridano gli uni agli altri così: “Vi abbiamo suonato il flauto e non avete ballato,abbiamo cantato un lamento e non avete pianto!”. 33È venuto infatti Giovanni il Battista, che non mangia pane e non beve vino, e voi dite: “È indemoniato”. 34È venuto il Figlio dell’uomo, che mangia e beve, e voi dite: “Ecco un mangione e un beone, un amico di pubblicani e di peccatori!”. 35Ma la Sapienza è stata riconosciuta giusta da tutti i suoi figli».
COMMENTO DI GIOVANNI
Il grande rilievo che Gesù dà alla persona, alla testimonianza e alla profezia di Giovanni non ha solo uno scopo laudativo. Sembra di capire che Gesù ritiene la relazione tra Lui e Giovanni come essenziale proprio per intendere e accogliere il dono del Messia del Signore e la possibilità di entrare nella nuova comunità messianica come suoi discepoli. In questa direzione diventa preziosa la descrizione che Gesù fa del Battista: nel deserto, nel rigore del cammino di conversione - non è “una canna sbattuta dal vento”(ver.24)- e nella sua lontananza dai poteri mondani. In questo modo Giovanni rappresenta compiutamente l’Israele fedele che attende il Messia salvatore, che verrà ad instaurare il Regno nuovo. Giovanni è veramente, e in pienezza, il messaggero del Signore profetizzato da Malachia 3,1. Egli è “più che un profeta”, perché la sua testimonianza è in qualche modo già alla presenza del Salvatore. Giovanni noi lo incontriamo nella memoria evangelica, già all’interno della nuova economia della salvezza. Ed ecco, al ver.28, al lode suprema di Giovanni e insieme la radicale novità e superiorità del Regno che Gesù è venuto a proclamare e ad instaurare. L’espressione “nati di donna” designa la condizione umana comune: non c’è umanità più alta di quella vissuta e testimoniata da Giovanni, “ma il più piccolo nel Regno di Dio è più grande di lui”. Chi è questo “più piccolo”? Propongo due strade di spiegazione. La prima, che mi affascina e che penso sia la meno rigorosa e oggettiva (e quindi scartatela tranquillamente), è che il più piccolo sia Gesù stesso. D’altronde mi sembra sia considerazione innegabile. E questo introduce il secondo significato su questo “più piccolo”: ogni figlio del Regno è più grande di Giovanni proprio per il legame che Gesù ha stretto con lui. Per la potenza dell’opera di Salvezza compiuta dal Figlio di Dio. Qui non si tratta di virtù e di meriti, ma della condizione nella quale ora si trova la storia umana a motivo di Gesù! Un’umanità amata fino alla morte d’amore del Figlio di Dio. Mentre il popolo e gli stessi pubblicani giudicati da tutti come l’esempio supremo dei peccatori hanno “riconosciuto che Dio è giusto”(ver.29), e hanno accettato il suo giudizio accedendo al battesimo di penitenza del Battista, “i farisei e i dottori della legge hanno reso vano il disegno di Dio su di loro”(ver.30), rifiutando la parola e il battesimo di Giovanni. Essi vengono paragonati, ai vers.31-32, a quelli di cui parla la canzoncina dei bambini gridata da loro in piazza. Infatti non hanno saputo gioire al suono festoso del flauto della Persona e della Parola di Gesù, perché non hanno saputo piangere quando il Battista ha cantato e annunciato il lamento di chi consapevole della sua condizione attende il Salvatore. Così non hanno capito né il senso dell’austerità del Battista che non mangia pane e non beve vino, né la gioiosa festa del Figlio dell’uomo che è venuto a portare la salvezza dell’umanità.
Lc 7,36-8,3 36
Uno dei farisei lo invitò a mangiare da lui. Egli entrò nella casa del fariseo e si mise a tavola. 37Ed ecco, una donna, una peccatrice di quella città, saputo che si trovava nella casa del fariseo, portò un vaso di profumo; 38stando dietro, presso i piedi di lui, piangendo, cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di profumo. 39Vedendo questo, il fariseo che l’aveva invitato disse tra sé: «Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice!». 40Gesù allora gli disse: «Simone, ho da dirti qualcosa». Ed egli rispose: «Di’ pure, maestro». 41«Un creditore aveva due debitori: uno gli doveva cinquecento denari, l’altro cinquanta. 42Non avendo essi di che restituire, condonò il debito a tutti e due. Chi di loro dunque lo amerà di più?». 43Simone rispose: «Suppongo sia colui al quale ha condonato di più». Gli disse Gesù: «Hai giudicato bene». 44E, volgendosi verso la donna, disse a Simone: «Vedi questa donna? Sono entrato in casa tua e tu non mi hai dato l’acqua per i piedi; lei invece mi ha bagnato i piedi con le lacrime e li ha asciugati con i suoi capelli. 45Tu non mi hai dato un bacio; lei invece, da quando sono entrato, non ha cessato di baciarmi i piedi. 46Tu non hai unto con olio il mio capo; lei invece mi ha cosparso i piedi di profumo. 47Per questo io ti dico: sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha molto amato. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco». 48Poi disse a lei: «I tuoi peccati sono perdonati». 49Allora i commensali cominciarono a dire tra sé: «Chi è costui che perdona anche i peccati?». 50Ma egli disse alla donna: «La tua fede ti ha salvata; va’ in pace!».8 1In seguito egli se ne andava per città e villaggi, predicando e annunciando la buona notizia del regno di Dio. C’erano con lui i Dodici 2e alcune donne che erano state guarite da spiriti cattivi e da infermità: Maria, chiamata Maddalena, dalla quale erano usciti sette demòni; 3Giovanna, moglie di Cuza, amministratore di Erode; Susanna e molte altre, che li servivano con i loro beni.
COMMENTO DI GIOVANNI
Ringraziamo il Signore che con il regalo della “lectio continua” della Parola ci consente oggi di osservare con attenzione nuova questo fariseo che invita Gesù a mangiare da lui. Di farisei ci parlava il testo precedente, e quello che di loro abbiamo ascoltato ci porta a cogliere in una luce profonda sia il suo invito a Gesù, sia l’accoglienza di tale invito da parte del Signore, sia il coinvolgimento del fariseo nelle Parole che Gesù gli rivolge: anche il fariseo ha bisogno di essere salvato, e certamente Gesù gli vuole molto bene, tutto il bene che vuole a tutti. Ci sarà prezioso, se lo potremo, ascoltare la Parola dei testi paralleli di Matteo 26, Marco 14 e Giovanni 12. Le note ci consigliano di non identificare questa donna né con la Maria di Betania di Giovanni 12, né con Maria Maddalena citata oggi dal nostro brano all’8,2. Luca dice esplicitamente che si tratta di “una peccatrice di quella città”. Siamo invitati ad osservare un avvenimento del quale non ci è data la spiegazione: entra nella casa del fariseo con un vaso di profumo, si mette ai piedi di Gesù, piange e gli bagna i piedi con le lacrime e li asciuga con i capelli, li bacia e li cosparge di profumo. E’ interessante notare come il fariseo padrone di casa non sia interessato alla donna che gli ha invasa la casa e in certo senso anche l’ospite, ma come osservi Gesù, traendone un pensiero provocato dalla presenza della donna e dai suoi gesti: “Se costui fosse un profeta, saprebbe chi è, e di quale genere è la donna che lo tocca: è una peccatrice”(ver.39). E’ un passaggio stupendo che nello stesso tempo svela il pensiero farisaico e promuove la grande Parola della misericordia divina di Gesù. Mi permetto di richiamare ancora una volta un passaggio della nostra strada nel Vangelo secondo Luca, al cap.5, quando Pietro, una persona assolutamente diversa dal fariseo di oggi, chiede a Gesù di allontanarsi da lui, che è un peccatore. Tutto si pienifica e si rivela: Gesù è venuto nella casa del fariseo e gli parla attraverso il segno mirabile e la vicenda della peccatrice, perché è venuto per la salvezza di tutti: di Pietro, del fariseo e della donna. Così importante questa donna da farmi pensare ad una bellissima figura della Chiesa: una Chiesa incessantemente amata e perdonata dal Suo Signore e Sposo. Una Chiesa accogliente ed eloquente sulla misura infinita della misericordia divina verso tutti. E quindi lei stessa accogliente verso tutti, perché di diverso pensiero rispetto al fariseo che dovrebbe cogliere la luce e la potenza della persona del suo ospite proprio a motivo della sua misericordia. Dunque Gesù esalta l’enfatica liturgia d’amore della donna peccatrice, confrontandola con la formale freddezza del padrone di casa. Ed è molto importante che lo faccia a partire dall’immagine dei due debitori, a partire dalla donna, ma coinvolgendo anche lui, il padrone di casa, nel tema di un debito da pagare, sia pure un debito minore. Ma a questo punto è consentita l’ironia. Ed ecco infine il misterioso meraviglioso ver.47: “Per questo io ti dico: Sono perdonati i suoi molti peccati, perché ha amato molto. Invece colui al quale si perdona poco, ama poco”, dove nella prima parte sembra dire che l’amore è la causa del perdono, e nella seconda che l’amore è la conseguenza del perdono. Ma io vi propongo una mia spiegazione eretica e quindi da non accogliere. Io penso che Gesù ami i peccatori, e questo generi nei peccatori l’amore verso di Lui. E possa generare in loro addirittura un amore piangente. E’ lecito pensare che la donna si sia convertita e abbia cambiato vita, anche se il testo non lo dice. Si può pensare ad una vita diversa e nuova per tutti i peccatori che Gesù incontra: Pietro, la donna, il fariseo.. e tutta la combriccola che secondo i primi tre versetti del cap.8 cammina con Gesù, i Dodici e le donne che li servono con i loro beni. Anche su questo si potrebbero fare considerazioni di ironica simpatia e di affettuoso stupore.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
Dio ti benedica. E tu benedicimi. Tuo. Giovanni.
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