Lunedì della XV settimana del Tempo Ordinario
I Leviti trasportano l'Arca
In qualsiasi momento l'Arca, ossia la Torà, deve essere pronta ad essere trasportata, trasmessa.
La trasmissione però è compito nostro.
Siamo noi che ci dobbiamo preoccupare di portare fuori la Torà.
Ed a quel punto scopriremo una cosa straordinaria.
Non siamo noi a portare la Torà. È la Torà che porta noi.
I Maestri si sono cimentati sui calcoli circa il peso delle Tavole e dell'Arca nel loro complesso.
I Leviti addetti non avrebbero mai potuto sollevarla,
nemmeno raccogliendo tutte le loro forze.
Il midrash ci spiega che quando essi si apprestavano a sollevare l'Arca
degli angeli li affiancavano e li aiutavano.
Nonostante ciò essi non potevano esimersi dal partecipare allo sforzo.
Noi abbiamo l'obbligo di diffondere e portare la Torà
e di trasmetterla garantendo la sua esistenza.
Se faremo ciò, scopriremo presto che è la Torà che porta noi.
È lei che ci mantiene in vita come popolo e che ci garantisce continuità.
Mt. 10, 34-41
Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell`uomo saranno quelli della sua casa.Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".
IL COMMENTO
I Leviti portavano il peso della loro responsabilità. Erano addetti alla Tenda della Riunione, il luogo ove era conservata l'Arca dell'Alleanza, nucleo di quello che nel Tempio diverrà il Santo dei Santi. I Leviti custodivano la Presenza di Dio, primizie del popolo per assicurare assistenza al Signore. Avevano messo Dio al di sopra dei loro stessi fratelli, della famiglia, di tutto; essi dissero dei propri genitori: "Non li abbiamo mai visti; non portarono riguardo ai fratelli e non conobbero i figli perché osservarono i Tuoi detti e preservarono il Tuo patto, essi insegneranno i Tuoi statuti a Giacobbe e la Tua legge ad Israele; portarono il profumo dinanzi a Te e l'olocausto sul Tuo altare. O Signore, benedici i loro averi e gradisci l'opera delle loro mani, ferisci i fianchi di coloro che sorgeranno contro di loro ed i nemici loro, sì che non possano rialzarsi" (Dt). I Leviti non avevano parte con il popolo. Loro parte ed eredità era il Signore. La loro eredità, magnifica; la loro sorte, caduta su luoghi deliziosi. La loro vita era tutta per l'Arca, per la Torah, per il cuore stesso di Dio, da dove, nel giorno di Yom Kippur, il Sommo Sacerdote gridando il Nome dell'Altissimo impetrava e otteneva il perdono per tutto il Popolo. Il Santo dei Santi che la Croce di Cristo ha dischiuso ad ogni uomo. Le viscere misericordiose di Dio accessibili a ciascuno di noi. Per mezzo del corpo benedetto del Signore.
Il Santo, il totalmente altro, Dio, s'è fatto uomo per salvare ogni uomo. La Parola s'è fatta carne perchè ogni uomo possa tornare al Padre. La Parola, come una spada, penetra sin nelle giunture più profonde di ciascuno di noi, per separare, per dividere, per vagliare. Per illuminare, per fare verità. Per strappare dal dominio della carne e delle passioni, del peccato e della morte. Per liberare. La Pace che annuncia il Signore apparendo ai discepoli è il frutto d'un combattimento senza esclusioni di colpi. La divisione che ha lacerato le carni del Signore, la spada che ha trapassato il cuore di Maria, sono queste la nostra salvezza. La Parola di verità, la Parola crocifissa che scioglie i legami morbosi, costruiti sui compromessi. Che spezza le catene della dipendenza affettiva. Che rompe il muro sentimentale che umilia l'orizzonte infinito della vita divina. La Sua Spada, la Parola di fuoco, l'incontro di verità e misericordia a salvare le nostre vite.
Portare la Croce, il peso della responsabilità. La vita è seria, un cuore indiviso è la felicità. L'amore al Signore, libero, e, in Lui, l'amore alle creature, anche le più prossime. La libertà di vivere seriamente nelle croci di ogni giorno, di portare sempre nel proprio corpo il morire di Gesù, perchè anche la Sua resurrezione appaia nelle nostre esistenze. Il Signore vivo in noi, novelli Leviti del Terzo Millennio. Portando l'Arca dell'Alleanza Nuova ed Eterna che Gesù ha stabilito con l'umanità. Piccoli, deboli, incompresi, rifiutati. Umiliati. Cristiani. Cristo. Offrendo a chiunque ci incontri di amare e servire Cristo in noi, nell'Arca che custodisce Cristo, la nostra vita, le nostre storie, che custodiscono la Presenza misteriosa di Dio. Offrendo, dalla nostra Croce, a tutti la ricompensa eterna. La nostra vita, libera e unita al Signore, anche oggi, è un segno per ogni uomo. Un segno di Cristo, del Cielo, del suo amore; e scoprire che, assumendo ogni giorno la nostra storia, così come il Signore ce la dona, portando l'Arca per la quale siamo stati eletti, "è la Torà che porta noi. È lei che ci mantiene in vita come popolo e che ci garantisce continuità".
I Leviti trasportano l'Arca
In qualsiasi momento l'Arca, ossia la Torà, deve essere pronta ad essere trasportata, trasmessa.
La trasmissione però è compito nostro.
Siamo noi che ci dobbiamo preoccupare di portare fuori la Torà.
Ed a quel punto scopriremo una cosa straordinaria.
Non siamo noi a portare la Torà. È la Torà che porta noi.
I Maestri si sono cimentati sui calcoli circa il peso delle Tavole e dell'Arca nel loro complesso.
I Leviti addetti non avrebbero mai potuto sollevarla,
nemmeno raccogliendo tutte le loro forze.
Il midrash ci spiega che quando essi si apprestavano a sollevare l'Arca
degli angeli li affiancavano e li aiutavano.
Nonostante ciò essi non potevano esimersi dal partecipare allo sforzo.
Noi abbiamo l'obbligo di diffondere e portare la Torà
e di trasmetterla garantendo la sua esistenza.
Se faremo ciò, scopriremo presto che è la Torà che porta noi.
È lei che ci mantiene in vita come popolo e che ci garantisce continuità.
La trasmissione però è compito nostro.
Siamo noi che ci dobbiamo preoccupare di portare fuori la Torà.
Ed a quel punto scopriremo una cosa straordinaria.
Non siamo noi a portare la Torà. È la Torà che porta noi.
I Maestri si sono cimentati sui calcoli circa il peso delle Tavole e dell'Arca nel loro complesso.
I Leviti addetti non avrebbero mai potuto sollevarla,
nemmeno raccogliendo tutte le loro forze.
Il midrash ci spiega che quando essi si apprestavano a sollevare l'Arca
degli angeli li affiancavano e li aiutavano.
Nonostante ciò essi non potevano esimersi dal partecipare allo sforzo.
Noi abbiamo l'obbligo di diffondere e portare la Torà
e di trasmetterla garantendo la sua esistenza.
Se faremo ciò, scopriremo presto che è la Torà che porta noi.
È lei che ci mantiene in vita come popolo e che ci garantisce continuità.
Mt. 10, 34-41
Non crediate che io sia venuto a portare pace sulla terra; non sono venuto a portare pace, ma una spada. Sono venuto infatti a separare il figlio dal padre, la figlia dalla madre, la nuora dalla suocera: e i nemici dell`uomo saranno quelli della sua casa.Chi ama il padre o la madre più di me non è degno di me; chi ama il figlio o la figlia più di me non è degno di me; chi non prende la sua croce e non mi segue, non è degno di me.Chi avrà trovato la sua vita, la perderà: e chi avrà perduto la sua vita per causa mia, la troverà. Chi accoglie voi accoglie me, e chi accoglie me accoglie colui che mi ha mandato. Chi accoglie un profeta come profeta, avrà la ricompensa del profeta, e chi accoglie un giusto come giusto, avrà la ricompensa del giusto. E chi avrà dato anche solo un bicchiere di acqua fresca a uno di questi piccoli, perché è mio discepolo, in verità io vi dico: non perderà la sua ricompensa".
IL COMMENTO
Il Santo, il totalmente altro, Dio, s'è fatto uomo per salvare ogni uomo. La Parola s'è fatta carne perchè ogni uomo possa tornare al Padre. La Parola, come una spada, penetra sin nelle giunture più profonde di ciascuno di noi, per separare, per dividere, per vagliare. Per illuminare, per fare verità. Per strappare dal dominio della carne e delle passioni, del peccato e della morte. Per liberare. La Pace che annuncia il Signore apparendo ai discepoli è il frutto d'un combattimento senza esclusioni di colpi. La divisione che ha lacerato le carni del Signore, la spada che ha trapassato il cuore di Maria, sono queste la nostra salvezza. La Parola di verità, la Parola crocifissa che scioglie i legami morbosi, costruiti sui compromessi. Che spezza le catene della dipendenza affettiva. Che rompe il muro sentimentale che umilia l'orizzonte infinito della vita divina. La Sua Spada, la Parola di fuoco, l'incontro di verità e misericordia a salvare le nostre vite.
Portare la Croce, il peso della responsabilità. La vita è seria, un cuore indiviso è la felicità. L'amore al Signore, libero, e, in Lui, l'amore alle creature, anche le più prossime. La libertà di vivere seriamente nelle croci di ogni giorno, di portare sempre nel proprio corpo il morire di Gesù, perchè anche la Sua resurrezione appaia nelle nostre esistenze. Il Signore vivo in noi, novelli Leviti del Terzo Millennio. Portando l'Arca dell'Alleanza Nuova ed Eterna che Gesù ha stabilito con l'umanità. Piccoli, deboli, incompresi, rifiutati. Umiliati. Cristiani. Cristo. Offrendo a chiunque ci incontri di amare e servire Cristo in noi, nell'Arca che custodisce Cristo, la nostra vita, le nostre storie, che custodiscono la Presenza misteriosa di Dio. Offrendo, dalla nostra Croce, a tutti la ricompensa eterna. La nostra vita, libera e unita al Signore, anche oggi, è un segno per ogni uomo. Un segno di Cristo, del Cielo, del suo amore; e scoprire che, assumendo ogni giorno la nostra storia, così come il Signore ce la dona, portando l'Arca per la quale siamo stati eletti, "è la Torà che porta noi. È lei che ci mantiene in vita come popolo e che ci garantisce continuità".
Come una stella di vivissimo splendore da Kairos
ROMA, lunedì, 16 luglio 2012.- Oggi celebriamo la Beata Vergine Maria del Monte Carmelo. Per l'occasione propongo di seguito la traduzione italiana del messaggio inviato da Papa Benedetto XVI al vescovo di Ávila (Spagna), monsignor Jesús García Burillo, in occasione del 450° anniversario della fondazione del Monastero di San José ad Ávila e dell’inizio della Riforma del Carmelo promossa da Santa Teresa di Gesù.
***
Al venerato Fratello
Monsignor Jesús García Burillo
Vescovo di Ávila
1. Resplendens stella. «Come una stella di vivissimo splendore» (Libro della Vita 32, 11). Con queste parole il Signore incoraggiò Santa Teresa di Gesù a fondare ad Avila il monastero di San José, inizio della riforma dell'ordine carmelitano, del quale, il prossimo 24 agosto, si celebrerà il 450° anniversario. In occasione di questa felice ricorrenza, desidero unirmi alla gioia dell'amata diocesi di Avila, dell'ordine dei carmelitani scalzi, del Popolo di Dio che peregrina in Spagna e di tutti quelli che, nella Chiesa universale, hanno trovato nella spiritualità teresiana una luce sicura per scoprire che attraverso Cristo all'uomo giunge un vero rinnovamento della sua vita. Innamorata del Signore, questa illustre donna non desiderò altro che compiacerlo in tutto. In effetti, un santo non è colui che compie grandi imprese basandosi sull'eccellenza delle sue qualità umane, ma chi permette con umiltà che a Cristo di penetrare nella sua anima, di agire attraverso la sua persona, di essere Lui il vero protagonista di tutte le sue azioni e i suoi desideri, colui che ispira ogni iniziativa e sostiene ogni silenzio.
2. Lasciarsi guidare in questo modo da Cristo è possibile solo per chi ha un'intensa vita di preghiera. Questa consiste, con le parole della Santa d'Avila, nel «parlare dell'amicizia, un trovarsi frequentemente da soli a soli con chi sappiamo che ci ama» (Libro della Vita, 8, 5). La riforma dell'ordine carmelitano, il cui anniversario ci colma di gioia interiore, nasce dalla preghiera e tende alla preghiera. Nel promuovere un ritorno radicale alla Regola primitiva, allontanandosi dalla Regola mitigata, santa Teresa di Gesù voleva propiziare una forma di vita che favorisse l'incontro personale con il Signore, per la qual cosa basta «solo di ritirarsi in solitudine, sentirlo dentro di sé e non meravigliarsi di ricevere un tale Ospite». (Cammino di Perfezione, 28, 2). Il monastero di San José nasce proprio perché le sue figlie abbiano le condizioni migliori per trovare Dio e stabilire una relazione profonda e intima con Lui.
3. Santa Teresa propose un nuovo modo di essere carmelitana in un mondo a sua volta nuovo. Quelli furono «tempi duri» (Libro della Vita 33, 5). E in essi, secondo questa Maestra dello spirito, «sono necessari forti amici di Dio a sostegno dei deboli» (ibidem 15,5). E insisteva con eloquenza: «Il mondo è in fiamme; vogliono nuovamente condannare Cristo, come si dice, raccogliendo contro di lui mille testimonianze; vogliono denigrare la sua Chiesa, e dobbiamo sprecare il tempo nel chiedere cose che, se per caso Dio ce le concedesse, ci farebbero avere un'anima di meno in cielo? No, sorelle mie, non è il momento di trattare con Dio d'interessi di poca importanza» (Cammino di Perfezione 1,5). Non ci risulta familiare, nella congiuntura attuale, una riflessione che c'illumina tanto e c'interpella, fatta più di quattro secoli fa dalla Santa mistica?
Il fine ultimo della riforma teresiana e della creazione di nuovi monasteri, in un mondo con pochi valori spirituali, era di proteggere con la preghiera l'operato apostolico; proporre uno stile di vita evangelica che fosse modello per chi cercava un cammino di perfezione, a partire dalla convinzione che ogni autentica riforma personale ed ecclesiale passa per il riprodurre sempre meglio in noi la «forma» di Cristo (cfr Gal 4, 19). Fu proprio questo l'impegno della Santa e delle sue figlie. E fu proprio questo l'impegno dei suoi figli carmelitani, che non miravano ad altro se non a «progredire nella virtù» (Libro della Vita, 31, 18). In tal senso, Teresa scrive: «[Mi sembra infatti che] egli ci apprezzi di più se, mediante la sua misericordia, riusciamo a guadagnargli un'anima con i nostri sforzi e con la nostra preghiera, che non per quanti altri servizi possiamo rendergli» (Libro delle Fondazioni, 1,7). Di fronte alla dimenticanza di Dio, la Santa, Dottore della Chiesa, incoraggia comunità oranti, che proteggano con il loro fervore coloro che proclamano ovunque il Nome di Cristo, affinché preghino per i bisogni della Chiesa e portino al cuore del Salvatore il clamore di tutti i popoli.
4. Anche oggi, come nel XVI secolo, tra rapide trasformazioni, è necessario che la preghiera fiduciosa sia l'anima dell'apostolato, affinché risuoni, con grande chiarezza e vigoroso dinamismo, il messaggio redentore di Gesù Cristo. È urgente che la Parola di vita vibri nelle anime in modo armonioso, con note squillanti e attraenti.
In questo appassionante compito, l'esempio di Teresa d'Avila ci è di grande aiuto. Possiamo affermare che, al suo tempo, la Santa evangelizzò senza mezzi termini, con ardore mai spento, con metodi lontani dall'inerzia, con espressioni aureolate di luce. Ciò conserva tutta la sua freschezza nel crocevia attuale, dove si sente l'urgenza che i battezzati rinnovino il loro cuore attraverso la preghiera personale, incentrata anche, secondo i dettami della Mistica di Avila, sulla contemplazione della Santissima Umanità di Cristo come unico cammino per trovare la gloria di Dio (cfr. Libro della Vita 22,1; Castello interiore 6,7). Così si potranno formare famiglie autentiche, che scoprano nel Vangelo il fuoco del proprio nucleo familiare; comunità cristiane vive e unite, cementate in Cristo come loro pietra d'angolo, che abbiamo sete di una vita di servizio fraterno e generoso. È anche auspicabile che l'incessante preghiera promuova l'attenzione prioritaria per la pastorale vocazionale, sottolineando in particolare la bellezza della vita consacrata, che bisogna accompagnare debitamente come tesoro proprio della Chiesa, come torrente di grazie, nella sua dimensione sia attiva sia contemplativa.
La forza di Cristo porterà anche a moltiplicare le iniziative affinché il popolo di Dio riacquisti il suo vigore nell'unica forma possibile: dando spazio dentro di noi ai sentimenti del Signore Gesù (cfr. Fil 2,5) e ricercando in ogni circostanza un'esperienza radicale del suo Vangelo. Il che significa, prima di tutto, permettere allo Spirito Santo di renderci amici del Maestro e di configurarci a Lui. Significa anche accettare in tutto i suoi mandati e adottare in noi criteri come l'umiltà nella condotta, la rinuncia al superfluo, il non recare offesa agli altri o il procedere con cuore semplice e mite. Così, quanti ci circondano, percepiranno la gioia che nasce dalla nostra adesione al Signore e che non anteponiamo nulla al suo amore, essendo sempre disposti a dare ragione della nostra speranza (cfr 1 Pt 3, 15) e vivendo come Teresa di Gesù, in filiale obbedienza alla nostra Santa Madre Chiesa.
5. A questa radicalità e fedeltà c'invita oggi questa figlia tanto illustre della diocesi di Avila. Accogliendo la sua bella eredità, nel momento presente della storia, il Papa invita tutti i membri di questa Chiesa particolare, ma in modo sentito i giovani, a prendere sul serio la comune vocazione alla santità. Seguendo le orme di Teresa di Gesù, permettetemi di dire a quanti hanno il futuro dinanzi a sé: aspirate anche voi a essere totalmente di Gesù, solo di Gesù e sempre di Gesù. Non temete di dire a Nostro Signore, come fece lei: «Vostra sono, per voi sono nata, che cosa volete fare di me? (Poesia 2). A Lui chiedo che sappiate anche rispondere alle sue chiamate illuminati dalla grazia divina con «ferma determinazione», per offrire «quel poco» che c'è in voi, confidando nel fatto che Dio non abbandona mai quanti lasciano tutto per la sua gloria» (cfr Cammino di perfezione 21,2; 1,2).
6. Santa Teresa seppe onorare con grande devozione la Santissima Vergine, che invocava con il dolce nome di Carmen. Sotto la sua protezione materna pongo gli aneliti apostolici della Chiesa ad Avila, affinché, ringiovanita dallo Spirito Santo, trovi le vie opportune per proclamare il Vangelo con entusiasmo e coraggio. Che Maria, Stella dell'evangelizzazione, e il suo casto sposo san Giuseppe intercedano affinché quella «stella» che il Signore ha acceso nell'universo, la Chiesa, con la riforma teresiana continui a irradiare il grande splendore dell'amore e della verità di Cristo a tutti gli uomini. Con tale anelito, venerato Fratello nell'Episcopato, ti invio questo messaggio, che ti prego di far conoscere al gregge affidato alle tue cure pastorali, e in particolare alle amate carmelitane scalze del convento di San José, di Avila, affinché perpetuino nel tempo lo spirito della loro fondatrice e della cui fervente preghiera per il Successore di Pietro ho grata conferma. A loro, a lei e a tutti i fedeli di Avila, imparto con affetto la Benedizione Apostolica, pegno di abbondanti favori celesti.
Dal Vaticano, 16 luglio 2012
BENEDICTUS PP. XVI
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