Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

mercoledì 25 luglio 2012

Vangelo del Giorno di oggi (San Giacomo il Maggiore Ap.)

Oggi 25 LUGLIO celebriamo la Festa di

SAN GIACOMO, APOSTOLO, per cui v. post seguente:


25 Lug 2011

SAN GIACOMO, APOSTOLO. (+ 42/43). Giacomo, detto «il maggiore», era figlio di Zebedeo e di Salome (Mc 15,40; cf Mt 27,56) e fratello maggiore di Giovanni l'evangelista, col quale fu chiamato fra i primi discepoli da Gesù ...




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  SAN GIACOMO  25 Luglio

Kairos:

Bere al calice del Signore.

La preghiera vi renderà liberi

DI COSTANZA MIRIANO

Le donne che mi fanno più tenerezza in assoluto sono quelle che non riconoscono la propria fragilità, il loro bisogno di uno sguardo benevolo che si posi su di sé. Quelle che non sanno che “verso tuo marito sarà il tuo istinto, ed egli ti dominerà”.
Perché siamo tutte così, tutte desideriamo che l’altro ci rimandi la nostra immagine attraverso i suoi occhi. Riconoscere la nostra fame è il primo passo per saziarla.



Mercoledì della XVI settimana del Tempo Ordinario

 dal Blog il Vangelo del giorno


L'indipendenza è il solo metro con cui si possa misurare l'uomo. 
Ciò che un uomo fa di sé e da sé e non ciò che fa o non fa per gli altri (...)
Il primo diritto dell'uomo è quello di essere se stesso 
e il primo dovere dell'uomo è il dovere verso sé stesso.
Principio morale sacro 
è quello di non trasferire mai sugli altri lo scopo della propria vita.
L'obbligo morale più importante dell'uomo 
è compiere ciò che desidera a condizione, 
prima di tutto, 
che quel desiderio non dipenda dagli altri.

Ayn Rand, La fonte meravigliosa







Mt 13, 1-9

Quel giorno Gesù uscì di casa e si sedette in riva al mare. Si cominciò a raccogliere attorno a lui tanta folla che dovette salire su una barca; là si pose a sedere, mentre tutta la folla rimaneva sulla spiaggia.
Egli parlò loro di molte cose in parabole. E disse: «Ecco, il seminatore uscì a seminare. E mentre seminava una parte del seme cadde sulla strada e vennero gli uccelli e la divorarono. Un'altra parte cadde in luogo sassoso, dove non c'era molta terra; subito germogliò, perché il terreno non era profondo. Ma, spuntato il sole, restò bruciata e non avendo radici si seccò.
Un'altra parte cadde sulle spine e le spine crebbero e la soffocarono.
Un'altra parte cadde sulla terra buona e diede frutto, dove il cento, dove il sessanta, dove il trenta. Chi ha orecchi intenda».


IL COMMENTO

Un Agnello immolato. Una Pietra scartata. Un seme gettato sulla strada, tra sassi e spine. E il Golgota. La terra buona dove è apparso il frutto. La terra bella, scandalo e stoltezza di chi ha occhi ma non vede, di chi si crede sapiente ed è incatenato alla carne. La Parabola del Vangelo di oggi ci conduce con Cristo nel Suo pellegrinaggio d'amore. Rifiutato, deriso, accolto con entusiasmo e gettato fuori dalla città carico di una Croce nel volgere di pochi giorni, cinto da una corona di spine, pietre lanciate al suo passaggio, la strada del Supplizio. 


Il seminatore è uscito dal Padre a seminare, incamminato sulla "via crucis" della nostra salvezza. Il suo cammino al fondo dell'abisso, nelle viscere dello Sheol, l'inferno gravido di morte che alberga nei nostri cuori. La Sua Parola, fatta carne viva nella Sua carne traboccante d'amore. La Parola seminata sul tragitto della Via Dolorosa, quella che conduce al fondo del nostro cuore, laddove nascono i frutti velenosi dell'inganno maligno. La semina della Parola, il viaggio di Cristo al fondo del peccato. Il nostro. La nostra vita tappezzata di entusiasmi e fughe, di preoccupazioni pagane per il domani, affanni e alienazioni, paure dinnanzi alle persecuzioni, egoismi, concupiscienze, menzogne, violenze, e molto altro. Il seme indomito del Suo amore, che non ritornerà giammai al Padre senza aver prodotto il frutto per cui è stato seminato. La nostra conversione, il nostro incontro con Lui. Le viscere di peccato delle nostre esistenze confuse, immerse nelle Sue viscere di misericordia. Il Golgota di oggi, il terreno bello per il Più bello tra i figli dell'uomo


Lui, il Signore. E Noi. Oggi. Così come siamo, visitati dal suo folle amore testardo. Lui vede anche oggi, dietro alla strada, dietro ai sassi, dietro alle spine, la terra buona. Lui attraversa la morte della nostra terra infeconda, non si ferma dinanzi alle nostre matrici incapaci di dare vita, Lui va diritto al cuore, laddove il demonio ha deposto il suo seme velenoso, per estirparlo, per guarirci, per seminarvi la Sua vita. La Sua natura. Lui guarda il Suo proprio volto scolpito in noi, deturpato, ferito. La Sua Croce, il balsamo capace di ridar vita a ciò che stava per morire. Che forse era morto. La nostra Croce e la Sua, il terreno bello. Lasciamoci amare, crocifissi con Lui. Il frutto copioso del seme impavido fatto peccato, maledizione per noi, perchè diventassimo, anche oggi, il suo frutto più bello, santi e immacolati nel Suo amore, il Suo profumo sparso in questa generazione.












Benedetto XVI - Ai partecipanti al Convegno europeo sulla pastorale vocazionale (4 luglio 2009)


C’è un’altra parola di Gesù, che utilizza l’immagine del seme, e che si può accostare alla parabola del seminatore: “Se il chicco di grano caduto in terra non muore, rimane solo; se invece muore produce molto frutto” (Gv 12,24). Qui il Signore insiste sulla correlazione tra la morte del seme e il “molto frutto” che esso porterà. Il chicco di grano è Lui, Gesù. Il frutto è la “vita in abbondanza” (Gv 10,10), che Egli ci ha acquistato mediante la sua Croce. E’ questa anche la logica e la vera fecondità di ogni pastorale vocazionale nella Chiesa: come Cristo, il sacerdote e l’animatore devono essere un “chicco di grano”, che rinuncia a se stesso per fare la volontà del Padre; che sa vivere nascosto dal clamore e dal rumore; che rinuncia alla ricerca di quella visibilità e grandezza d’immagine che oggi spesso diventano criteri e addirittura scopi di vita in tanta parte della nostra cultura, ed affascinano molti giovani.

San Giovanni Crisostomo (circa 345-407), vescovo d’Antiochia poi di Costantinopoli, dottore della Chiesa

Discorsi 44 sul vangelo di Matteo, 3-4 ; PG 57, 467-469

Nella parabola del seminatore, Cristo ci mostra che la sua parola è destinata a tutti, indistintamente. Infatti come il seminatore della parabola, senza fare nessuna distinzione fra i terreni, semina ai quattro venti, così il Signore non distingue il ricco dal povero, il saggio dallo stolto, il negligente dal diligente, il coraggioso dal vigliacco, ma si rivolge a tutti e, pur conoscendo l’avvenire, fa da parte sua di tutto finché non possa dire : « Che cosa dovevo fare ancora che io non abbia fatto ? » (Is 5,4)…

Inoltre, il Signore dice questa parabola per incoraggiare i suoi discepoli ed educarli a non lasciarsi abbattere, anche se coloro che accolgono la parola sono meno numerosi di quelli che la sprecano. Così faceva il nostro Maestro che, pur conoscendo l’avvenire, non cessava di spargere il suo seme.

Ma, dirai, a che pro seminare tra le spine, fra i sassi o lungo la strada ? Se si trattasse di un seme e una terra materiali, non avrebbe nessun senso ; ma poiché si tratta delle anime e della Parola, la cosa è degna di elogi. A ragione si rimprovererebbe a un coltivatore di agire così ; il sasso non può diventare terra, la strada non può non essere una strada, né le spine non essere delle spine. Ma nella sfera spirituale, non è lo stesso : il sasso può diventare una terra fertile, la strada non essere più calpestata dai passanti e diventare un campo fecondo, le spine essere sradicate e permettere al seme di dare frutto liberamente. Se questo non fosse possibile, il seminatore non avrebbe sparso il seme come ha fatto.








San Giovanni Crisostomo (c. 345-407), sacerdote ad Antiochia poi vescovo di Costantinopoli, dottore della Chiesa Discorso su Lazzaro § 2

« Chi ha orecchi intenda ! »
        
Un seminatore andò a seminare, e una parte del seme cadde sulla strada, un'altra in un luogo sassoso, un'altra sulle spine, e un'altra sulla terra buona. Tre parti furono perse, una sola diede frutto. Eppure il seminatore non cessò di coltivare il suo campo ; per lui è sufficiente che una parte sia conservata per non sospendere i lavori. In questo momento, è impossibile che il seme che sto lanciando in mezzo a un uditorio così numeroso non germogli. Se non tutti mi ascoltano, un terzo ascolterà. Se non un terzo, almeno un decimo ; se neanche un decimo ascolta, purché ascolti un solo membro di questa assemblea, io non cesserò di parlare.

        Non è poca cosa la salvezza, anche di una sola pecora. Il Buon Pastore lasciò le novantanove per correre dietro a quella perduta (Lc 15, 4). Io non posso disprezzare nessuno. Anche se ce n'è uno solo, questi è comunque un uomo, una persona tanto cara agli occhi di Dio. Fosse anche uno schiavo, non lo disdegnerei ; infatti non cerco la condizione sociale, bensì il valore personale, non il potere o la schiavitù, ma un uomo. Anche se ce n'è uno solo, questi è comunque l'uomo, per il quale il sole, l'aria, le fonti e il mare sono stati creati, i profeti sono stati mandati, la Legge è stata data. È comunque per questa persona che il Figlio unico di Dio si è fatto uomo. Il mio Maestro è stato immolato, il suo sangue è stato versato per l'uomo, e io oserei disprezzare qualcuno ?

        No, non cesserò di seminare la parola, anche se nessuno mi ascoltasse. Sono medico, propongo i miei rimedi. Devo insegnare, mi è stato ordinato di ammaestrare ; infatti sta scritto : « Ti ho posto come sentinella alla casa d'Israele » (Ez 3, 17).






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