Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

domenica 1 luglio 2012

Liturgia della XIII Domenica del Tempo Ordinario - Anno "B"


Lei Lo tocca. E Lui la lascia fare: fine del ciclo (omelia)

 di Don Maro Pozza

Il Vangelo della Domenica


"Ascoltino i cristiani, che ogni giorno toccano il Corpo di Cristo, quale medicina possono ricevere dal corpo stesso, se una donna carpì tutta la sua salute dal solo lembo della Sua veste".
S. Pier Crisologo, Omelia 34


   

Domani, 1 luglio, celebriamo la:

XIII DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIOAnno B 




Noi predichiamo Cristo a tutta la terra
Dai «Discorsi» di Paolo VI, papa  (Manila, 29 novembre 1970)
«Guai a me se non predicassi il Vangelo!» (1 Cor 9, 16). Io sono mandato da lui, da Cristo stesso per questo. Io sono apostolo, io sono testimone. Quanto più è lontana la meta, quanto più difficile è la mia missione, tanto più urgente è l'amore che a ciò mi spinge. Io devo confessare il suo nome: Gesù è il Cristo, Figlio di Dio vivo (cfr. Mt 16, 16). Egli è il rivelatore di Dio invisibile, è il primogenito d'ogni creatura (cfr. Col 1, 15). E' il fondamento d'ogni cosa (cfr. Col 1, 12). Egli è il Maestro dell'umanità, e il Redentore. Egli è nato, è morto, è risorto per noi. Egli è il centro della storia e del mondo. Egli è colui che ci conosce e che ci ama. Egli è il compagno e l'amico della nostra vita. Egli è l'uomo del dolore e della speranza. E' colui che deve venire e che deve un giorno essere il nostro giudice e, come noi speriamo, la pienezza eterna della nostra esistenza, la nostra felicità. Io non finirei più di parlare di lui. Egli è la luce, è la verità, anzi egli è «la via, la verità, la vita» (Gv 14, 6). Egli è il pane, la fonte d'acqua viva per la nostra fame e per la nostra sete, egli è il pastore, la nostra guida, il nostro esempio, il nostro conforto, il nostro fratello. Come noi, e più di noi, egli è stato piccolo, povero, umiliato, lavoratore e paziente nella sofferenza. Per noi egli ha parlato, ha compiuto miracoli, ha fondato un regno nuovo, dove i poveri sono beati, dove la pace è principio di convivenza, dove i puri di cuore e i piangenti sono esaltati e consolati, dove quelli che aspirano alla giustizia sono rivendicati, dove i peccatori possono essere perdonati, dove tutti sono fratelli.
Gesù Cristo: voi ne avete sentito parlare, anzi voi, la maggior parte certamente, siete già suoi, siete cristiani. Ebbene, a voi cristiani io ripeto il suo nome, a tutti io lo annunzio: Gesù Cristo è il principio e la fine; l'alfa e l'omega. Egli è il re del nuovo mondo. Egli è il segreto della storia. Egli è la chiave dei nostri destini. Egli è il mediatore, il ponte fra la terra e il cielo; egli è per antonomasia il Figlio dell'uomo, perché egli è il Figlio di Dio, eterno, infinito; è il Figlio di Maria, la benedetta fra tutte le donne, sua madre nella carne, madre nostra nella partecipazione allo Spirito del Corpo mistico.
Gesù Cristo! Ricordate: questo è il nostro perenne annunzio, è la voce che noi facciamo risuonare per tutta la terra, e per tutti i secoli dei secoli.

MESSALE
Antifona d'Ingresso  Sal 46,2
Popoli tutti, battete le mani,
acclamate a Dio con voci di gioia.

Colletta
O Dio, che ci hai reso figli della luce con il tuo Spirito di adozione, fa' che non ricadiamo nelle tenebre dell'errore, ma restiamo sempre luminosi nello splendore della verità. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell'unità dello Spirito Santo...

Oppure:
O Padre, che nel mistero del tuo Figlio povero e crocifisso hai voluto arricchirci di ogni bene, fa' che non temiamo la povertà e la croce, per portare ai nostri fratelli il lieto annunzio della vita nuova. 
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio ...

LITURGIA DELLA PAROLA

Prima Lettura  Sap 1,13-15; 2,23-24

Per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo.

Dal libro della Sapienza
Dio non ha creato la morte
e non gode per la rovina dei viventi.
Egli infatti ha creato tutte le cose perché esistano;
le creature del mondo sono portatrici di salvezza,
in esse non c’è veleno di morte,
né il regno dei morti è sulla terra.
La giustizia infatti è immortale.
Sì, Dio ha creato l’uomo per l’incorruttibilità,
lo ha fatto immagine della propria natura.
Ma per l’invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono.

 

Salmo Responsoriale
  Dal Salmo 29
Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato. 
 

Ti esalterò, Signore, perché mi hai risollevato,
non hai permesso ai miei nemici di gioire su di me.
Signore, hai fatto risalire la mia vita dagli inferi,
mi hai fatto rivivere perché non scendessi nella fossa.

Cantate inni al Signore, o suoi fedeli,
della sua santità celebrate il ricordo,
perché la sua collera dura un istante,
la sua bontà per tutta la vita.
Alla sera ospite è il pianto
e al mattino la gioia.

Ascolta, Signore, abbi pietà di me,
Signore, vieni in mio aiuto!
Hai mutato il mio lamento in danza,
Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre.
  
Seconda Lettura   2 Cor 8,7.9.13-15
La vostra abbondanza supplisca all’indigenza dei fratelli poveri.

Dalla seconda lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi
Fratelli, come siete ricchi in ogni cosa, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni zelo e nella carità che vi abbiamo insegnato, così siate larghi anche in quest’opera generosa.
Conoscete infatti la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: da ricco che era, si è fatto povero per voi, perché voi diventaste ricchi per mezzo della sua povertà.
Non si tratta di mettere in difficoltà voi per sollevare gli altri, ma che vi sia uguaglianza. Per il momento la vostra abbondanza supplisca alla loro indigenza, perché anche la loro abbondanza supplisca alla vostra indigenza, e vi sia uguaglianza, come sta scritto: «Colui che raccolse molto non abbondò e colui che raccolse poco non ebbe di meno».
 
Canto al Vangelo
  
Cf 2Tm 1,10
Alleluia, alleluia.

Il salvatore nostro Cristo Gesù ha vinto la morte
e ha fatto risplendere la vita per mezzo del Vangelo
.
Alleluia.

   
   
Vangelo
   Mc 5, 21-43Fanciulla, io ti dico: 
Àlzati!

Dal vangelo secondo Marco
[
In quel tempo, essendo Gesù passato di nuovo in barca all’altra riva, gli si radunò attorno molta folla ed egli stava lungo il mare. E venne uno dei capi della sinagoga, di nome Giàiro, il quale, come lo vide, gli si gettò ai piedi e lo supplicò con insistenza: «La mia figlioletta sta morendo: vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva». Andò con lui. Molta folla lo seguiva e gli si stringeva intorno.]
Ora una donna, che aveva perdite di sangue da dodici anni e aveva molto sofferto per opera di molti medici, spendendo tutti i suoi averi senza alcun vantaggio, anzi piuttosto peggiorando, udito parlare di Gesù, venne tra la folla e da dietro toccò il suo mantello. Diceva infatti: «Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salvata». E subito le si fermò il flusso di sangue e sentì nel suo corpo che era guarita dal male.
E subito Gesù, essendosi reso conto della forza che era uscita da lui, si voltò alla folla dicendo: «Chi ha toccato le mie vesti?». I suoi discepoli gli dissero: «Tu vedi la folla che si stringe intorno a te e dici: “Chi mi ha toccato?”». Egli guardava attorno, per vedere colei che aveva fatto questo. E la donna, impaurita e tremante, sapendo ciò che le era accaduto, venne, gli si gettò davanti e gli disse tutta la verità. Ed egli le disse: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male».
Stava ancora parlando, quando 
[dalla casa del capo della sinagoga vennero a dire: «Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?». Ma Gesù, udito quanto dicevano, disse al capo della sinagoga: «Non temere, soltanto abbi fede!». E non permise a nessuno di seguirlo, fuorché a Pietro, Giacomo e Giovanni, fratello di Giacomo.
Giunsero alla casa del capo della sinagoga ed egli vide trambusto e gente che piangeva e urlava forte. Entrato, disse loro: «Perché vi agitate e piangete? La bambina non è morta, ma dorme». E lo deridevano. Ma egli, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della bambina e quelli che erano con lui ed entrò dove era la bambina. Prese la mano della bambina e le disse: «Talità kum», che significa: «Fanciulla, io ti dico: àlzati!». E subito la fanciulla si alzò e camminava; aveva infatti dodici anni. Essi furono presi da grande stupore. E raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e disse di darle da mangiare.
]  Parola del Signore.



COMMENTI 

1. CONGREGAZIONE PER IL CLERO

Fa che restiamo sempre luminosi nello splendore della verità”.
La supplica della Colletta trova tutta la profondità del suo significato nella Liturgia della Parola, interamente attraversata dalla narrazione dell’opera di Dio.
Una narrazione che culmina nel racconto del duplice miracolo presentato dal Vangelo: lo splendore della verità rifulge nell’opera non di una semplice guarigione, ma di una guarigione che accade perché domandata con fede.
Lo splendore della verità che rifulge nella vita umana è Dio, Lui è la Verità: “Nessuna tenebra di errore e di peccato può eliminare totalmente nell'uomo la luce di Dio Creatore”. (Giovanni Paolo II – Lett. Enciclica “Veritatis Splendor”, 1).
Che cosa offusca lo splendore della Verità nell’esistenza dell’uomo?
L’esperienza della morte, che, seminata nel mondo dall’invidia del diavolo, sembra essere la parola definitiva, per coloro che vi appartengono (Prima Lettura).
Proprio la possibilità della morte, come ultima parola sulla vita dei protagonisti del Vangelo, è riscattata e vinta dalla presenza e dalla potenza del Signore Gesù.
Il racconto evangelico è l’intreccio di due miracoli, nei quali si respira il sopravvenire della morte: la figlia di Giairo, Capo della Sinagoga, che supplica Gesù: “La mia figlioletta sta morendo” e la donna inferma, che aveva dilapidato tutto per cercare di guarire, senza alcun vantaggio, “anzi peggiorando”.
In entrambe le scene, la verità del destino umano sembra offuscata dall’ombra della morte; ma proprio mentre sembra prevalere il buio, l’apparente sconfitta della vita, si fa presente, per entrambi i protagonisti, la possibilità di incontrare Gesù: Verità del proprio essere. L’intenzione dell’evangelista Marco, che intreccia i due racconti, è quella di presentare Gesù con le caratteristiche proprie di Dio: il Figlio dell’uomo, infatti, ha il potere di fare miracoli, compiere guarigioni e strappare la vita alla morte; ma per compiere tutto questo, è necessaria la fede, che interpella e muove alla radice la libertà dell’uomo.
Le due domande, di Giairo e della donna inferma, danno voce ad un’unica certezza che alberga nel cuore impaurito e provato: “Vieni a imporle le mani, perché sia salvata e viva” e “Se riuscirò anche solo a toccare le sue vesti, sarò salva”.
La certezza, presente in entrambi i protagonisti, è la salvezza come il dono, che deriva dalla presenza di Cristo.
C’è una ragione di fondo in tutto questo: continuare a credere, nonostante apparenti ombre all’orizzonte, aderendo liberamente ed umilmente all’opera della Grazia.
Il “talità kum”, pronunciato da Gesù al capezzale della figlia di Giairo, ormai morta, è parola di vita, che irrompe nel frastuono del pianto, ma che, soprattutto, “vince” nel cuore dell’uomo, ridestando il desiderio insopprimibile della vita e, con esso, della Verità.
Riconoscere questa possibilità, derivante dall’incontro con il Signore, apre il cuore, in ogni circostanza, allo stupore, ad uno sguardo ed una vita nuovi.
La Beata Vergine Maria, che ha accolto la voce del Signore, ci aiuti a dire sempre il nostro “Eccomi!”, perché la nostra vita risplenda della Verità, che è Cristo.

2. Luciano Manicardi
La volontà di Dio è la vita degli uomini (I lettura) e Gesù manifesta tale volontà guarendo una donna la cui vita era ormai sequestrata dal suo male e risuscitando una giovane già preda della morte (vangelo). Il contrasto tra vita e morte, presente nelle due letture, chiede all’uomo di accedere alla fede per ottenere liberazione, salvezza, pienezza di vita (vangelo).
Nel vangelo l’incrociarsi dei due personaggi (la donna affetta da emorragia e Giairo) mostra le diverse maniere con cui l’uomo, nel suo bisogno, si rivolge al Signore. Unico per tutti è il bisogno di vita, diverso il linguaggio che ciascuno esprime. Giairo, uomo con funzione sociale e religiosa importante, supplica, parla molto, ma ha anche il coraggio e l’umiltà di inginocchiarsi, di gettarsi a terra davanti a Gesù (Mc 5,22-23). L’emorroissa parla invece con il corpo, con il tatto, non dice parola alcuna, se non interiormente, tra sé e sé, per dotare di intenzionalità il suo toccare (Mc 5,27-28). Ognuno, nel proprio bisogno, va a Dio con il proprio linguaggio, cioè con tutto se stesso, con la verità di se stesso. Supplicare non è solo proferire parole che chiedono aiuto, ma è atto di tutta la persona che si “piega sotto”, si raggomitola all’ombra del Signore, si rifugia in lui cercando relazione e salvezza.
A Giairo, che ha ormai appreso la notizia della morte della figlia e ricevuto l’invito a non disturbare più il Maestro, Gesù dice di continuare ad avere fede (Mc 5,36); alla donna che ha toccato il suo mantello, Gesù proclama: “La tua fede ti ha salvata” (Mc 5,34). L’impotenzadell’uomo diviene luogo di dispiegamento della potenza di Dio. Giairo chiedeva la guarigione della figlia e deve scontrarsi con la sua morte; la donna chiedeva di essere salvata e Gesù attribuisce la salvezza alla sua fede. Siamo di fronte al misterioso potere dell’impotenza riconosciuta e assunta nella fede.

La fede non si limita a invocare vita e scampo dalla morte, ma è essa stessa traversata da una dinamica di morte e di vita. La fede cristiana è rischio mortale e possibilità impensata di vita. È l’atto con cui il credente partecipa al movimento pasquale della morte e della resurrezione di Cristo. Ponendo la propria fede nella fede di Gesù, il credente assume l’impotenza e la disperazione della sua situazione e, aprendosi alla potenza dell’amore di Dio, spera contro ogni speranza.
Il testo suggerisce la particolarità della comunicazione che la donna stabilisce con Gesù. Un contatto non verbale, tattile, ma carico di intenzione, che Gesù “sente” diverso dal contatto anonimo della folla che lo pressa. Contemporaneamente Gesù sente una forza uscire da lui e la donna sente nel suo corpo la guarigione avvenuta. “Essa conobbe grazie al suo corpo … Egli conobbe in se stesso” (Mc 5,29.30): da parte della donna un’intelligenza corporea, da parte di Gesù una percezione interiore. Ilcoraggio della donna che, nonostante la sua condizione di “impura”, osa toccare Gesù viene letto da Gesù nella verità della sua intenzione profonda: la sete di guarigione e di vita. Il pudore stesso della donna che, colpita da emorragia intima, non domanda e non implora, ma si limita a toccare il mantello di Gesù, diviene linguaggio ascoltato da Gesù che, fonte della vita, guarisce colei che era colpita proprio nella sorgente della vita. Del resto, il toccare è sempre reciproco: mentre tocco, sono toccato da ciò che tocco.
Gesù opera due azioni di guarigione, ma conduce anche a pienezza di relazione sia la donna che Giairo. Chiedendo “Chi mi ha toccato il mantello?”, Gesù porta la donna a vincere il timore che la teneva nel nascondimento e a passare dal gesto alla parola fino a dirsi davanti a lui, anzi, fino a dirgli “tutta la verità” (Mc 5,33). Nel caso di Giairo, che lo supplicava “molto” (Mc 5,23), e della sua casa in cui molta gente urlava e faceva trambusto, Gesù fa compiere un cammino che dalla parola e dal rumore va al silenzio. Solo nel silenzio si può discernere la verità della situazione: “la bambina non è morta, ma dorme” (Mc 5,39). L’occhio della fede vede nel silenzio.


3. Enzo Bianchi
Dalla terra pagana di Gerasa, Gesù fa ritorno alla riva del lago adiacente a Cafarnao, e qui molta folla si raduna attorno a lui: Gesù è ormai conosciuto, è ritenuto maestro e profeta da molti che lo cercano e vanno a lui per ascoltarlo e, nello stesso tempo, per presentargli la loro situazione di bisogno, sperando di ottenere liberazione da ciò che minaccia la loro esistenza.
 Anche Giairo, un capo della sinagoga, un uomo che aveva cioè una funzione socio-religiosa ufficiale all’interno del popolo di Israele, incurante dell’inimicizia e dei sospetti nutriti dalle autorità giudaiche verso Gesù, si reca da lui a chiedergli aiuto per la figlia dodicenne, gravemente malata e ormai prossima alla morte. Quest’uomo prega secondo le proprie capacità: «si gettò ai piedi di Gesù e lo supplicava con insistenza: “La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva!”». Subito Gesù acconsente e si incammina verso la casa di Giairo, mentre la folla che lo segue si accalca intorno a lui…
 In quella ressa tumultuosa una donna cerca di mettersi in relazione con Gesù per essere guarita: è malata di emorragia, si trova dunque in uno stato di impurità secondo la Legge (cf. Lv 25,25-30) che la costringerebbe a vivere segregata, astenendosi da ogni contatto con altre persone; eppure, spinta dalla fede in quel profeta di Galilea e dalla speranza nella sua “forza”, cerca di toccare il suo mantello. È un altro modo per avvicinarsi a Gesù e porsi in relazione con lui: senza proferire parola, ma semplicemente toccandolo (cf. 1Gv 1,1). «E subito le si fermò il flusso di sangue, e sentì nel suo corpo che era stata guarita da quel male».

 Gesù avverte però di essere stato toccato in modo particolare da quella donna; nonostante la calca egli sente infatti uscire dal suo corpo una potenza risanante, una risposta alla domanda di chi ha fede in lui: siamo qui di fronte a un evento di straordinaria comunicazione tra le fede della donna che sfiora Gesù e la compassione dello stesso Gesù che immediatamente le risponde… Ora, secondo la Legge Gesù ha appena contratto l’impurità che grava su quella donna, eppure non la rimprovera, non conferma le barriere innalzate dalle prescrizioni religiose; al contrario, le rivolge parole frutto di profondo discernimento e di grande umanità: «Figlia, la tua fede ti ha salvata. Va’ in pace e sii guarita dal tuo male». Non è avvenuta alcuna azione di magia, bensì un evento dovuto alla fede, un segno di salvezza e di pace messianica offerto a chi si è avvicinato a Gesù con fede!
 Dopo questo inciso, l’evangelista riprende la narrazione dell’episodio precedente: «Mentre ancora Gesù parlava, dalla casa del capo della sinagoga vennero a dirgli: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il maestro?”». Ancora una volta, però, Gesù reagisce con parole che disorientano i suoi interlocutori; egli si rivolge a Giairo dicendo: «Non temere, continua solo ad avere fede! … La bambina non è morta, ma dorme». Sì, la fede non può essere un fatto di breve durata, ma deve essere adesione salda e perseverante, anche di fronte alle contraddizioni più gravi: in caso contrario non è fede autentica, ma solo un effimero slancio del cuore (cf. Mc 4,16-17)! Ecco infatti che Gesù, seguito dai tre discepoli più intimi, quelli che saranno i testimoni della trasfigurazione (cf. Mc 9,2) e dell’agonia al Getsemani (cf. Mc 14,33), rivela la sua potenza sul male estremo, la morte: «Presa la mano della bambina, le disse: “Fanciulla, io ti dico, svegliati!”. Subito la fanciulla si rialzò». In questo episodio così quotidiano fa capolino il linguaggio cristiano per parlare della resurrezione (cf. Ef 5,14), profeticamente annunciata in questo segno operato da Gesù: aver fede in Gesù significa mettere in lui la propria speranza, riconoscendolo pienamente Signore su ogni male, e addirittura sulla morte.
Ancora oggi noi che cerchiamo Gesù andiamo a lui gridando il nostro bisogno, oppure in preda alla vergogna di chi non osa neppure chiamare per nome le malattie che lo assalgono. Eppure non dobbiamo temere nulla: basta che noi desideriamo con cuore sincero il contatto e la relazione con lui, «il Santo di Dio» (cf. Mc 1,24; Lc 4,34; Gv 6,69), per essere da lui purificati, guariti e santificati.

4. p. Raniero Cantalamessa ofmcapp
Talità kum, fanciulla alzati!

Il brano evangelico di questa domenica è costituito da scene che si svolgono in rapida successione, in luoghi diversi. C’è anzitutto la scena sulle rive del lago. Gesù è attorniato da molta folla, quando un uomo si getta ai suoi piedi e gli rivolge una supplica: “La mia figlioletta è agli estremi; vieni a imporle le mani perché sia guarita e viva”. Gesù lascia a metà il suo discorso e si avvia con l’uomo verso casa.

La seconda scena è lungo la strada. Una donna che soffriva di emorragia si avvicina di nascosto a Gesù per toccargli il mantello, e si ritrova guarita. Mentre Gesù stava parlando con lei, dalla casa di Giairo vennero a dirgli: “Tua figlia è morta. Perché disturbi ancora il Maestro?”. Gesù che ha udito tutto, dice al capo della sinagoga: “Non temere, continua solo ad aver fede!”. 

Ed eccoci alla scena cruciale, nella casa di Giairo. Grande trambusto, gente che piange e urla, come è comprensibile di fronte al decesso appena avvenuto di un adolescente. “Entrato, dice loro: Perché fate tanto strepito e piangete? La bambina non è morta, ma dorme. Quindi, cacciati tutti fuori, prese con sé il padre e la madre della fanciulla e quelli che erano con lui, ed entrò dove era la bambina. Presa la mano della bambina, le disse: Talità kum, che significa: “Fanciulla, alzati! ” Subito la fanciulla si alzò e si mise a camminare; aveva dodici anni. Gesù raccomandò loro con insistenza che nessuno venisse a saperlo e ordinò di darle da mangiare. 

Il brano evangelico suggerisce un’osservazione. Si torna continuamente a discutere del grado di storicità e di attendibilità dei vangeli. Abbiamo assistito di recente al tentativo di mettere sullo stesso piano, come se avessero la stessa autorità, i quattro vangeli canonici e i vangeli apocrifi del II-III secolo. 

Ma questo tentativo è semplicemente assurdo e tradisce anche una buona dose di cattiva fede. I vangeli apocrifi, soprattutto quelli di origine gnostica, furono scritti diverse generazioni dopo, da persone che avevano perso ogni contatto con i fatti e che, per di più, non si preoccupavano minimamente di fare della storia, ma solo di mettere sulle labbra di Cristo gli insegnamenti propri della loro scuola. I vangeli canonici, al contrario, furono scritti da testimoni oculari dei fatti o da persone che erano state in contatto con i testimoni oculari. Marco, di cui leggiamo quest’anno il vangelo, fu in stretto rapporto con l’apostolo Pietro di cui riferisce tanti episodi che lo ebbero protagonista. 

Il brano di questa domenica ci offre un esempio di questo carattere storico dei vangeli. Il ritratto nitido di Giairio e la sua domanda angosciata di aiuto, l’episodio della donna incontrata lungo il percorso verso la sua casa, l’atteggiamento scettico dei messaggeri verso Gesú, la tenacia di Cristo, il quadro della gente che piange la fanciulla morta, il comando di Gesú riferito nella lingua originale aramaica, la sollecitudine commovente di Gesú di dare qualcosa da mangiare alla fanciulla risuscitata. Tutto fa pensare a un racconto che risale a un testimone oculare del fatto.

Ora una breve applicazione alla vita del vangelo di domani. Non c’è solo la morte del corpo, c’è anche la morte del cuore. La morte del cuore è quando si vive nell’angoscia, nello scoraggiamento o in una tristezza cronica. Le parole di Gesù: Talità kum, fanciulla, alzati! non sono dunque rivolte solo a ragazzi e ragazze morte, ma anche a ragazzi e ragazze viventi. Quanto è triste vedere dei giovani…tristi. E ce ne sono tantissimi intorno a noi. La tristezza, il pessimismo, la non-voglia di vivere sono sempre cose brutte, ma quando li si vede o li si sente esprimere da ragazzi ancora di più stringono il cuore. 

In questo senso, Gesú continua a risuscitare anche oggi fanciulle e fanciulli morti. Lo fa con la sua parola e anche inviando ad essi i suoi discepoli che, in nome suo e con il suo stesso amore, ripetono ai giovani d’oggi quel suo grido: Talita kum: Ragazzo, alzati! Riprendi a vivere.

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