Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

martedì 3 febbraio 2015

La vera Patria

Mercoledì della IV settimana del Tempo Ordinario



L'ANNUNCIO

Partito quindi di là, andò nella sua patria e i discepoli lo seguirono. Venuto il sabato, incominciò a insegnare nella sinagoga. E molti ascoltandolo rimanevano stupiti e dicevano: «Donde gli vengono queste cose? E che sapienza è mai questa che gli è stata data? E questi prodigi compiuti dalle sue mani? Non è costui il carpentiere, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle non stanno qui da noi?». E si scandalizzavano di lui. Ma Gesù disse loro: «Un profeta non è disprezzato che nella sua patria, tra i suoi parenti e in casa sua». E non vi potè operare nessun prodigio, ma solo impose le mani a pochi ammalati e li guarì. E si meravigliava della loro incredulità. Gesù andava attorno per i villaggi, insegnando.
 (Dal Vangelo secondo Marco 6,1-6)


La vera Patria

by antonelloiapicca


I discepoli seguono Gesù di ritorno nella sua Patria dove impareranno quanto seria sia la chiamata che li aveva raggiunti. Lo sguardo di Gesù li aveva colti nelle loro ore, al lavoro, in famiglia, persino sui luoghi del peccato. Quello sguardo si era fatto parole irresistibili, vive, efficaci, energiche e, improvvisamente, si erano sentiti conosciuti, e amati, come mai. Impossibile non seguirlo, non lasciarsi attrarre da quell'Uomo che non si era scandalizzato di loro. Erano stati testimoni delle vittorie di Gesù sui demoni; avevano visto la libertà sui volti stupiti di chi aveva passato una vita oppresso dalla schiavitù. E ora era Nazaret, la sua casa, la sua famiglia, i suoi amici, la sua patria. Ora lo avrebbero conosciuto meglio, sulle tracce della sua storia, tra le pieghe della sua vita nella carne. Li aveva portati, di sabato, nella sua Sinagoga: la sua scuola, i suoi maestri, le sue preghiere. Ma qui succede qualcosa d'imprevisto, e ancora una volta, come tante altre, le parole di Gesù scuoteranno le loro esistenze, tranceranno certezze, illumineranno, formeranno. Nazaret sarà l'esperienza dello scandalo. Imbattendosi nelle sue parole, la patria di Gesù, la carne della carne di Lui, si ribella, si agita, si stupisce e fa domande sino a precipitare nello scandalo. Questa parola - skandalon - significa letteralmente "pietra che fa inciampare". Gesù, per la sua patria, per amici e parenti, era come un sasso capitato tra i piedi, e tutti vi erano inciampati, tranne Maria. La profezia è come frustrata, il potere che Gesù aveva manifestato nei villaggi vicini e perfino in terra pagana, si infrange sui bastioni della carne. Quel soffermarsi solo sui tratti somatici, quel controllo doganale dei documenti anagrafici, quel rimestare nei ricordi per restarne imprigionati, quei criteri soffocati nell'evidenza della ragione piantata sulla superficie, impediscono a Gesù di operare prodigi:  "E’ uno come noi – dicono –. La sua pretesa non può essere che una presunzione" (Benedetto XVI, L’infanzia di Gesù). E’ accaduto a Nazaret come succede nelle nostre case, nelle nostre famiglie: gelosie, invidie, competizioni, speranze, progetti, regole e leggi che definiscono i legami di sangue; anche quando gli affetti sembrano più puri, il veleno della corruzione ne mina la limpidezza e la gratuità. Le domande che si scambiavano a Nazaret di fronte a Gesù, sono le stesse che sorgono nei nostri cuori e chiudono i battenti in faccia al potere di Cristo, manifestazioni della superbia di chi non sa fermarsi sull'uscio della propria ragione e della carne riconoscendone i limiti, per accogliere la novità che sgorga dalla storia visitata e redenta da Dio. Siamo imprigionati nell'orgoglio che ci fa credere alle convinzioni acquisite dall'abitudine; non esiste nulla da sperare e credere al di fuori di quello che abbiamo visto con gli occhi della carne: il marito con cui sono sposata da "trent'anni" non può cambiare; nel figlio che ho "allevato" e ho visto ribellarsi e chiudersi, non può celarsi il mistero dell'opera prodigiosa di Dio, il lavorio interiore della sua sapienza capace di strapparlo all'inganno, nei tempi e nei modi che solo Lui sa. Quanti genitori legano i figli sino a soffocarli, spesso subdolamente; o sono incapaci di correggere per paura di essere rifiutati; quanti coniugi vivono in un continuo compromesso che accumula fascine al fuoco del risentimento; e quante esplosioni e incendi, e devastazioni, e matrimoni distrutti, e figli sbandati. La carne non può superare il suo limite, e questo è il peccato, il fallimento del progetto d’amore nel quale siamo stati creati. Per questo Gesù dirà che non può seguirlo “chi non odia suo padre, sua madre, il marito, la moglie, i fratelli, i figli, la patria, persino la propria vita, non può essere suo discepolo”. In noi, se siamo ancora schiavi della carne, scorgiamo lo scandalo dei “compatrioti” di Gesù: essi pensano d'aver capito, di sapere, e non si rendono conto che non possono credere perché cercano la gloria - la sostanza, il peso della vita, secondo il significato della parola greca - gli uni negli altri: chiedono vita ai legami di sangue, alle tradizioni dei padri, alle conoscenze epidermiche, e cadono e si spengono i loro occhi, e rifiutano ogni miracolo. Per questo Gesù ha detto a Nicodemo che “occorre rinascere dall'alto”, entrare in un nuovo seno, che è quello della Chiesa, il fonte battesimale. Per immergersi nell'acqua del battesimo si deve odiare tutto quello che si frappone come un ostacolo a Cristo, alla vita secondo lo Spirito. Dal fonte rinasce l'uomo nuovo, libero come il vento per vivere ogni relazione nell'autenticità dell'amore che si dona e nulla chiede. Il Signore passa anche oggi nella sua patria che siamo noi, e ci chiama: non possiamo essere se non seguendo il Signore. Non possiamo amare se non odiando la schiavitù della carne. Essa è redenta e sanata, liberata e santificata da Cristo. L'incarnazione fa nuova la carne, la conduce alla Croce e la innalza sino al Cielo. E' il cuore della fede della Chiesa, la risurrezione di Cristo e la risurrezione della carne. Ma essa non avviene senza la Croce, scandalo e stoltezza per chi non vuol ascoltare, salvezza per chi accoglie l'annuncio del Signore, perché "questa è la compiuta fierezza dell’amore: non si può amare la divinità di Cristo senza amare prima la sua umanità" (Heidewick di Anversa), che è entrata nella morte, cominciando nei lunghi trent'anni vissuti nel totale nascondimento di Nazaret. solo schiudendo gli occhi sulla patria di Gesù, i discepoli hanno cominciato ad imparare la "sapienza della Croce", l'amore che smaschera l'inganno della "sapienza della carne". La stessa esperienza è riservata anche a noi chiamati a vivere nella Chiesa, la Nazaret che si distende nei secoli: fatta di uomini concreti, di famiglie, di lavoro, di ministeri e carismi, e di tanta debolezza, nella sua comunione sperimentiamo il perdono e la libertà di relazioni nuove, fondate sull’amore celeste e per questo autentico.  A poco a poco, attraverso un lungo cammino, come i discepoli, impariamo che l'unica Patria e l'unica famiglia di Gesù sono quelle composte da chi ascolta, custodisce e compie la Parola di Dio.
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