Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

domenica 15 febbraio 2015

Segni nel segno


Lunedì della VI settimana del Tempo Ordinario





L'ANNUNCIO
Allora vennero i farisei e incominciarono a discutere con lui, chiedendogli un segno dal cielo, per metterlo alla prova. Ma egli, traendo un profondo sospiro, disse: «Perché questa generazione chiede un segno? In verità vi dico: non sarà dato alcun segno a questa generazione». E lasciatili, risalì sulla barca e si avviò all'altra sponda. 
 (Dal Vangelo secondo Marco 8,11-13)





Segni nel segno

Di nuovo lunedì, di nuovo i luoghi di ogni giorno, gli stessi colleghi, i professori e i compagni di scuola. Di nuovo i problemi lasciati in sospeso venerdì, e gli altri che si affacceranno, beffardi, a rapirci il tempo e la pace. E in questa voragine che si chiama lunedì, l'unica difesa che abbiamo sono le "discussioni". Discutere, infatti, sembra essere la nostra principale occupazione. Basta accendere il televisore, passare due minuti a una riunione di condominio, entrare in un'aula parlamentare. Ma anche a casa, vero?, e in ufficio, sull'autobus, dal panettiere. Discutiamo su tutto, ma i temi sono solo pretesti, perché la discussione è solo l'arma con la quale difendiamo noi stessi. Anche quando discuti con tua moglie per i figli, bastano trenta secondi e già non ti ricordi più l'oggetto del contendere, mentre stai vibrando nell'aria accuse e recriminazioni che nulla c'entrano con il bene dei pargoli. Perché quello che ci muove è lo stesso orgoglio dei farisei del Vangelo di oggi. L'orgoglio che dagli altri e da Dio esige un "segno" che confermi le proprie idee, i criteri, i progetti; tutta roba alla quale restiamo aggrappati perché sono gli ultimi pezzi del nostro io ormai dilaniato dalla menzogna. Quando il demonio riesce ad avvelenarci, infatti, ci disintegriamo come investiti da una granata. Smarriamo la nostra identità e nulla ha più senso. Quando "discutiamo", 99 volte su 100 è perché non ci ritroviamo più e vorremmo recuperare noi stessi, la dignità e il valore perduti, nei "segni" di affetto, rispetto, stima e considerazione che esigiamo dagli altri. Come i farisei, ciechi su stessi ma illusi di non esserlo, credevano di sapere chi fosse Gesù. E per suffragare quella convinzione gli chiedono un "segno", certi che non avrebbe potuto offrirglielo. D'altronde ne avevano avuti tanti, ma per loro valevano zero perché li contestavano, e questo era insopportabile. Come accade a noi quando gli altri non ci offrono i "segni" che esigiamo. "Perché questa - la nostra - generazione chiede un segno?". Perché non cerchiamo nulla al di fuori di noi stessi che possa colmare e saziare il nostro cuore, ma difendiamo stoltamente il nulla che ci fa soffrire. E con il nulla restiamo, perché discutere con Gesù che si fa presente nella storia e nelle persone, è una strada senza uscita. Lui ci ama davvero, rispetta la nostra libertà, e quando lo avviciniamo con l'esigenza di piegarlo ai desideri della nostra carne, quando lo strattoniamo perché trasformi i fatti e le persone in “segni” che diano lustro al nostro ego malato, Lui ci lascerà sempre laddove abbiamo deciso di rimanere, fuori dalla sua barca; ovvero al di qua della Pasqua, in Egitto, schiavi di un faraone che non ha pietà. Ma attenzione, proprio il rifiuto è “il segno dal cielo”, perché è l’amore autentico che la carne non sa offrire. Sulla terra, infatti, siamo abituati a muoverci spinti dalle passioni, o compromessi o rifiuti sdegnati. Ma Dio non è così, Lui “sospira profondamente” traendo dalle viscere di Gesù la compassione che ha per tutti noi: essa si fa carne per giungere alla nostra carne e salvarla! Si fa storia, la nostra, quella che viviamo dopo ogni “discussione”, l’Egitto “reale” nel quale imparare ad aprirci a Cristo. Lui stesso è il “segno” che, orgogliosi come siamo, possiamo riconoscere solo nel fallimento. Coraggio allora, perché anche in questa settimana Lui ci attende quando, sfiancati dalle discussioni, ci ritroveremo soli. Non ci fa violenza, ci ama. E no, non ci lascia in Egitto; sale sulla barca, che è immagine della Croce, da solo perché sa che non siamo pronti ad affrontare la traversata attraverso la sofferenza. Ma la barca è anche immagine della Chiesa che ci viene a riprendere ogni giorno, per issarci nella vittoria di Cristo che cancella l’uomo vecchio con i suoi peccati per donarci il suo stesso Santo “sospirare” d’amore. Allora vivremo senza “discutere” per difenderci, divenendo noi stessi un “segno” del Cielo per tutti.
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