Offrire, soffrire
Originally posted on il blog di Costanza Miriano:
di Anonimo
Oggi è la festa della Presentazione di Gesù al tempio, la Candelora, ed io come da un po’ di anni a questa parte non ho nessuna voglia di andare alla Messa solenne. Mi sceglierò una Chiesetta nascosta, con una cerimonia semplice, dove nessuna donna in attesa o madre gioiosa voglia portare i propri pargoletti per la benedizione di rito. La mia carne si ribella a tanta festante umanità ed il Dio in cui credo che si è fatto carne, corpo e sangue, mi nutrirà nel nascondimento di una Messa di tutti i giorni.
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Presentazione di Gesù al Tempio. Commento audio
2 febbraio. "LA CANDELORA"
"Presentati"
con Cristo a Dio e agli uomini
Oggi festeggiamo la Presentazione al Tempio del Signore, ovvero il dono di se stesso a ciascuno di noi per mano di Maria, immagine della Chiesa. In essa, infatti, lo accogliamo tra le nostre braccia come Simeone, quando ci è predicato il Vangelo che "svela i pensieri" malvagi dei nostri cuori; e quando ci nutriamo dei sacramenti, segni concreti del suo amore che sbriciola il nostro uomo vecchio, imprigionato in una vita senza senso. Nella comunità "vediamo la salvezza" che aspettiamo ogni giorno all'opera nei fratelli e in noi stessi, e possiamo "andare in pace" nella storia perché la vittoria di Cristo sui nostri peccati è il pegno sicuro della Vita Eterna, il destino verso cui essa ci conduce. Possiamo "andare in pace" nelle difficoltà, nelle piccole e grandi morti che le giornate ci presentano, perché siamo figli della Pasqua. E per questo siamo anche noi primogeniti. La Festa di oggi ci svela la nostra identità! E in essa è illuminata la nostra vita, il senso di tutto quanto ci accade: "Quando tuo figlio domani ti chiederà: Che significa ciò?, tu gli risponderai: Con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto, dalla condizione servile. Per questo io sacrifico al Signore ogni primo frutto del seno materno, se di sesso maschile e riscatto ogni primogenito dei miei figli. Questo sarà un segno sulla tua mano, sarà un ornamento tra i tuoi occhi, per ricordare che con braccio potente il Signore ci ha fatti uscire dall'Egitto" (Es, 13). Intorno e dentro di noi risuona la stessa domanda: "Che significa tutto questo?"; questa mia storia senza capo né coda; questa malattia che s'è portata via mia madre a soli quarant'anni; questo incidente che mi ha strappato mio figlio mentre si affacciava alla vita; questa crisi economica che dissangua la mia famiglia; il tradimento di mio marito; il terremoto che ha azzerato la vita di migliaia di persone lasciandole senza più passato né futuro, gettate in un presente vuoto, e neanche una tomba dove piangere padri e figli; questa depressione che mi inchioda in casa; la bulimia di mia figlia, impazzita dietro a Facebook e alle diete; e le ingiustizie patite, il dolore innocente, le guerre, il male. "Che significa ciò?", non comprendo... E la tristezza soffoca i giorni nella delusione e nel disincanto, l'ira strattona lingua e mani, e la violenza sgorga indomita a macchiare indelebilmente relazioni e sentimenti. Ma le parole consegnate dal Signore a Mosè sono la risposta ad ogni "domani" sorto nella storia di Israele, della Chiesa e dell'umanità intera; perché in ciascun "domani" si compire il "domani" nato dalla notte di Pasqua: Cristo è risorto, primizia di una nuova creazione. La morte è vinta, e c'è un cammino di salvezza per passare dall'Egitto alla Terra Promessa preparato per le Nazioni per ogni uomo! I primogeniti sono dunque la primizia dell'opera di Dio, una profezia per ogni uomo: proprio per questo sono un segno di contraddizione. Tutta la vita dei cristiani contraddice quella del mondo. Non con la violenza, non con la polemica, ma con lo splendore della bellezza di una vita riscattata e pacificata. Tutti si sbracciano per essere i primi? I cristiani si accomodano sereni all'ultimo posto. Tutti inseguono il denaro? I cristiani vivono in pace nella precarietà. Tutti si mascherano per apparire diversi? I cristiani sono limpidi, trasparenti, perché vivono nella Verità. Tutti cercano un nemico su cui addossare le colpe della propria frustrazione, del proprio dolore o dei propri peccati? I cristiani amano i nemici e si addossano i loro peccati. Perché sono eroi? No, perché stati "consacrati" in Cristo nel battesimo, cioè "presentati" con Lui al Padre per salvare l'umanità. Ti pare poco? Ti capita che al lavoro non ti comprendono? Accade che a scuola dei tuoi figli sei emarginato e calunniato perché non permetti che partecipino a lezioni aberranti? Non ti stupire e non ti spaventare, i tuoi figli sono in quella scuola proprio "perché siano svelati i pensieri di molti cuori" e possano così accogliere la predicazione e la misericordia. Tutto quello che ci accade è perché ciascuno di noi è la risposta che Dio rivela all'umanità, il segno del suo amore nascosto tra le lacrime che bagnano la storia. Al mistero del male "tu risponderai" con la tua vita crocifissa con Cristo e con Lui risuscitata. Tu sei la risposta di Dio a ogni perché, il suo amore fatto carne in un uomo come tutti gli altri, l'unico capace di contraddire il demonio, il peccato e la morte. Si comprende allora la "spada" che ha trafitto Maria: era la sua com-passione per ogni uomo. Pativa con il Figlio per salvare l'umanità. Ebbene, essa è pronta anche per noi, perché quando l'amore di Cristo si impossessa di una persona comincia a bruciare di zelo il suo cuore, al punto che nulla gli è più indifferente. Anche oggi ci trafiggerà la "spada" nel vedere un fratello nel peccato, e quel dolore sarà il segno dell'amore autentico riversato nei nostri cuori che ci spingerà ad offrirci per lui, perché possa gustare in noi i frutti della misericordia.
L'ANNUNCIO
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima». C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.
(Dal Vangelo secondo Luca 2,22-40)
L'ANNUNCIO |
Quando venne il tempo della loro purificazione secondo la Legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per offrirlo al Signore, come è scritto nella Legge del Signore: ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore; e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o di giovani colombi, come prescrive la Legge del Signore. Ora a Gerusalemme c'era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e timorato di Dio, che aspettava il conforto d'Israele; lo Spirito Santo che era sopra di lui, gli aveva preannunziato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Messia del Signore. Mosso dunque dallo Spirito, si recò al tempio; e mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per adempiere la Legge, lo prese tra le braccia e benedisse Dio: «Ora lascia, o Signore, che il tuo servo vada in pace secondo la tua parola; perché i miei occhi han visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli, luce per illuminare le genti e gloria del tuo popolo Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: «Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele, segno di contraddizione perché siano svelati i pensieri di molti cuori. E anche a te una spada trafiggerà l'anima». C'era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuèle, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto col marito sette anni dal tempo in cui era ragazza, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero tutto compiuto secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nazaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era sopra di lui.
(Dal Vangelo secondo Luca 2,22-40)
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