11 giugno. San Barnaba Apostolo
Martirio di San Barnaba Apostolo
In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli: «Strada facendo, predicate che il regno dei cieli è vicino. Guarite gli infermi, risuscitate i morti, sanate i lebbrosi, cacciate i demoni. Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date.Non procuratevi oro, nè argento, nè moneta di rame nelle vostre cinture, nè bisaccia da viaggio, nè due tuniche, nè sandali, nè bastone, perchè l'operaio ha diritto al suo nutrimento. In qualunque città o villaggio entriate, fatevi indicare se vi sia qualche persona degna, e lì rimanete fino alla vostra partenza.Entrando nella casa, rivolgetele il saluto. Se quella casa ne sarà degna, la vostra pace scenda sopra di essa; ma se non ne sarà degna, la vostra pace ritorni a voi». (Dal Vangelo secondo Matteo 10,7-13)
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"Il Regno dei Cieli è vicino": l'annuncio della Chiesa è una sorta di "work in progress", si compie "strada facendo". Se gli apostoli non camminano, il Regno di Dio non si avvicina all'umanità. L'evangelizzazione infatti è legata indissolubilmente a una dinamica, ad un uscire da se stessi per mettersi in cammino alla ricerca degli "infermi", dei "morti", dei "lebbrosi", dei "demoni" che si nascondono nella vita delle persone, per stanarli e "cacciarli". L'evangelizzazione, dunque, non è questione da pianificare in un consiglio pastorale; è il frutto dell'amore, il più puro, perché l'unico autenticamente gratuito: essa nasce dal cammino di Dio verso la pecora perduta, l'umanità, tu ed io, dispersi e schiavi del peccato. Il cammino della Parola fatta carne e giunta, attraverso la carne di Maria,immagine della Chiesa, a ogni uomo. "Strada facendo" Gesù si è "avvicinato" ai peccatori, e, in una carne simile alla loro, ha annunciato e mostrato il "Regno dei Cieli" come il Destino possibile alla loro carne "inferma", azzannata dalla "lebbra", "morta" a causa dei "demoni" che se ne sono impossessati. In ebraico, la radice BSR del verbo "evangelizzare" è la stessa di "carne": "La prima circostanza in cui nella Torah ricorre la parola carne non è insignificante. Essa è pronunciata dall'Adamo, al quale il Signore dà colei che Egli ha desiderato per porla di fronte a Lui. Il Signore l'ha creata con la "costola" o il "fianco" dell'Adamo. Allora, l'uomo che aveva chiamato per nome gli animali, pronuncia la parola carne. E, con tenerezza, dice: Questa volta essa è carne della mia carne, osso delle mie ossa. La Torah chiama l'uomo a essere due, uno di fronte all'altro. Ma allora bisogna parlarsi. Allora soltanto, avremo una comunicazione, una carne insieme, BSR. Questa relazione potrà essere chiamata evangelizzazione, Vangelo, BSR" (M. Vidal, Un ebreo chiamato Gesù). Così, l'evangelizzazione riporta in luce l'origine, e per questo guarisce dalle malattie. "Questa volta" la moglie che ho di fronte, come il marito, il figlio, il salumiere, il collega, il compagno di scuola, anche e soprattutto quando mi sono nemici, "è carne della mia carne, osso delle mie ossa"; non sono più animali a cui dare il nome per dominarli, ma altri me stessi, ciascuno è il "tu" che mi è stato tolto dal petto e che manca al mio "io" perché sia completo, quel frammento unico e irripetibile nel quale riversare l'amore ricevuto, a cui donare la vita perché la mia vita sia finalmente pacificata, realizzata, compiuta. Per questo San Paolo afferma che non è un vanto annunciare il Vangelo, ma un dovere, un incarico, un imperativo che sgorga da un cuore mutilato e inquieto sino a che non ha ritrovato la propria Eva, il fratello perduto. Come è stato per Giuseppe, il nome ebreo di Barnaba, anche noi siamo trasformati dal battesimo in "figli della consolazione", che è il significato del nome Barnaba. Trasformati dalla Grazia, liberati anche noi come Barnaba che ha venduto il suo campo, dagli idoli dove abbiamo installato le nostra vita religiosa e perbenista, e dove abbiamo nascosto le nostre sicurezze, facciamo nella comunità l'esperienza della vita celeste: "tutti i credenti stavano insieme e avevano ogni cosa in comune. Anzi, vendevano le proprietà e i beni, e ne distribuivano tra tutti il ricavato, in proporzione al bisogno di ciascuno" (Atti, 2, 44s). La vittoria di Cristo sull'avarizia e l'egoismo ci consegna al fratello nell'amore gratuito che non si impossessa dell'altro; attraverso questa gestazione alla fede nella comunità che plasma in noi l'uomo nuovo, come Barnaba anche noi, pur non facendo parte del gruppo originario degli apostoli, "siamo messi da parte (che significa "fatti santi") per l'opera alla quale Dio ci ha destinati": e qual'è questa opera? Il matrimonio,il fidanzamento, i rapporti con i figli, gli amici, i colleghi, tutte le relazioni e le cose da fare sono parte dell'opera preparata da Dio per noi. "Strada facendo", a casa come in ufficio, a scuola, al bar o al banco della frutta, siamo inviati a con-solare tutti i "soli" che incontreremo: insieme con noi, infatti, si "avvicina" Cristo, e la Chiesa, l'anticipo sulla terra del "Regno di Dio", di cui la carne dalla quale è tratto chi ci è accanto fa parte senza saperlo ancora; come fece Barnaba con Paolo di fronte alla comunità di Gerusalemme che lo temeva essendo stato un feroce persecutore, anche noi siamo inviati a prendere per mano e accompagnare nel seno materno e misericordioso della Chiesa quelli che Dio ha pensato. Tuo marito, tuo figlio, il datore di lavoro, i peccatori, anche i nemici della Chiesa, addirittura i suoi persecutori, che forse hanno lacerato la santità del matrimonio e della vita, perché nel Regno di Dio che viene con noi, nelle Parole onnipotenti dell'annuncio del Vangelo, tutti possano ritrovare il proprio posto, quello lasciato vuoto proprio per loro, come quando in un puzzle, per ogni pezzo vi è una e una sola collocazione. Cristo vivo in noi suoi apostoli è lo spazio dove il prossimo può trovare la "Pace"; lo Spirito Santo ci guida da chi è "degno" del Regno, sino alla "casa", alla vita di colui per il quale è stato preparato. Chi ci è accanto, infatti, ha la "dignità" di cittadino del Cielo; forse l'ha sepolta sotto i peccati, forse la sta rifiutando. Non è questo il problema della Chiesa e dei suoi figli; Dio, infatti, ama ogni uomo lasciandolo libero di rigettare perfino la propria dignità di "figlio della Pace". A noi sono dati, per Grazia, occhi celesti per guardare chiunque con lo sguardo del Creatore: come Barnaba, che ha contemplato l'opera dello Spirito Santo nei pagani difendendola poi dalle invidie e dai moralismi legalistici dei giudaizzanti, anche a noi è dato il dono speciale di intercettare in tutti, senza parzialità e pregiudizi, l'opera spesso nascosta della Grazia che prepara ogni uomo all'incontro con Cristo. Spinti dall'amore che ci ha raggiunti, siamo inviati, istante dopo istante, a "rivolgere il saluto" a tutti, che per un ebreo è sempre "shalom! Pace!", il saluto di Cristo risorto, la sintesi del Kerygma. Per questo, la "strada" di ogni apostolo non può essere che quella percorsa da Colui che li ha inviati e del quale sono ambasciatori, la via della Croce che schiude il cammino alla resurrezione. Sono crocifissi con Cristo perché in loro chiunque possa vedere chiaramente il perdono di Dio. Sino al martirio, come accadde a Barnaba, lapidato e bruciato per invidia. Ciò che rende autentico l'annuncio del Vangelo e apre i cuori è l'offerta della propria vita, anche del sangue se necessario, la rinuncia a se stessi e ai propri schemi, per lasciarsi pervadere dalla misericordia di Dio che apre cammini impensati per raggiungere i cuori schiavi del peccato. Si comprende allora perché gli apostoli sono inviati senza portare con sé alcuna sicurezza, alcun appoggio se non la Parola da annunciare e che ha salvato loro per primi. La missione sorge, infatti, dalla gratitudine per la gratuità con la quale gli apostoli e Barnaba hanno ricevuto tutto dal Signore. "Monete, sandali, bisacce" non fanno parte del loro bagaglio, come fu per per Davide dinanzi a Golia: solo cinque pietre, i cinque libri della Torah, la Parola trafitta nelle cinque piaghe del Signore. In essa vi è il potere di curare e guarire che li accompagna, per schiudere il Cielo attraverso la vittoria sul mondo e la corruttibilità della carne, mostrando a tutti la vita più forte della morte. Con la forza creatrice della Parola del Vangelo siamo inviati anche noi come Barnaba, che nell'iconografia è ritratto durante il martirio mentre stringe nelle mani il Vangelo di Marco. Gli Atti di Barnaba ci dicono che, al tempo dell’imperatore bizantino Zenone (474-491), in seguito a un'apparizione di Barnaba, fu ritrovato il suo corpo che aveva ancora sul petto il Vangelo di Matteo, scritto di suo pugno. Ecco, magari potessimo essere sepolti e risorgere con il Vangelo sul petto, quello scritto con la nostra vita data a Cristo, sulle pagine della vita riscattata dei nostri fratelli!
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