Santa Maria,

Santa Maria,
...donna del primo sguardo, donaci la grazia dello stupore.

sabato 14 giugno 2014

Sabato della X settimana del Tempo Ordinario



Chagall. Giosuè e la stele di Sichem

  




L'ANNUNCIO
Avete anche inteso che fu detto agli antichi: Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti; ma io vi dico: non giurate affatto: né per il cielo, perché è il trono di Dio; né per la terra, perché è lo sgabello per i suoi piedi; né per Gerusalemme, perché è la città del gran re. Non giurare neppure per la tua testa, perché non hai il potere di rendere bianco o nero un solo capello. Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno. 
(Dal Vangelo secondo Matteo 5, 33-37)



Abbiamo una certezza: l'amore di Dio. E' questo il "giuramento" che tiene tutta la nostra vita. La semplicità di chi si sente amato traspare dal suo linguaggio. L'ordine di una vita fondata nell'amore infinito di Dio splende in un parlare sobrio, secondo le ammonizioni dei libri sapienziali. " sì, sì; no, no;" senza compromessi. Questi sono sempre dal maligno, il di più che appesantisce e smarrisce le nostre vite. Il cercare sempre di rimettere a posto i cocci, di piegare la storia e le persone con la forza delle parole e dei propri ragionamenti. Non così il Figlio di Dio. In Lui dice San Paolo, vi è stato il sì senza tentennamenti alla volontà del Padre. Da questo sì, che è certezza granitica, scaturiscono i sì dei suoi fratelli, di chi vive dello stesso Spirito. Il sì alla storia che Dio prepara ogni giorno, il no a chi e a quanto vorrebbe opporvisi, parole di fuoco e semplicità come quelle di San Francesco: "Era, la sua parola, come un fuoco ardente, che penetrava l'intimo del cuore e ricolmava d'ammirazione le menti; non sfoggiava l'eleganza della retorica, ma aveva il profumo e l'afflato della rivelazione divina (Leg. Mag. XII, 7). Il sì di parole che rifuggono ipocrisia e adulazione per annunciare sempre e ovunque la Verità dell'amore di Dio che risplende nel Vangelo. Il no a parole che banalizzino le cose sante, la persona e la vita di Cristo, nel fiume di ironia e superficialità che esonda ovunque: "Gesù insegna che ogni giuramento implica un riferimento a Dio e che la presenza di Dio e della sua verità deve essere onorata in ogni parola. La discrezione del ricorso a Dio nel parlare procede di pari passo con l'attenzione rispettosa per la sua presenza, testimoniata o schernita, in ogni nostra affermazione" (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 2153) Questo significa parlare con amore e rispetto di ogni persona e con ogni persona, nella consapevolezza di avere davanti Cristo, che significa Dio. Accostarsi a chiunque come ci si avvicina al Tabernacolo, con timore, tremore e venerazione. In ciascuno è all'opera Cristo, dell'altro è molto più quello che non sappiamo e non intuiamo di quello che vediamo e crediamo di capire. Il sì all'amore vero e adulto, e il no all'adulazione offerta a buon mercato per un po' d'affetto e considerazione in saldo: "la mitezza che Gesù vuole da noi non ha niente di questa adulazione, con questo modo zuccherato di andare avanti. Niente! La mitezza è semplice; è come quella di un bambino. E un bambino non è ipocrita, perché non è corrotto. Quando Gesù ci dice: ‘Il vostro parlare sia ‘Sì, sì! No, no!’ con anima di bambini, dice il contrario del parlare di questi" (Papa Francesco). Per questo, chi è di Cristo non ha bisogno e non può giurare, perché la sua vita è già legata, per l'eternità, in un'alleanza d'amore. A "Gerusalemme", sulla Croce, "trono" che giunge al "Cielo" e "sgabello" ben radicato sulla "terra", Gesù ha già giurato al Padre per tutti noi amore infinito ed eterno. Non si torna indietro, pena l'infelicità eterna; il Signore ci ha crocifissi con Lui negli eventi della nostra storia, facendo di essa una primizia della nuova "Gerusalemme", cittadini della "città del gran Re" che ha dato la sua vita per noi. Non si può scherzare su queste cose, usandole perversamente per i nostri interessi. Il "religiosamente corretto" che, nel nome di Dio e della sua Parola, scolora l'amore riducendolo a una caricatura pia, un biscotto avvelenato dolce al palato, mortale per il cuore. La menzogna mondana riverniciata di cristianesimo, perché il cristianesimo non faccia brutta figura nei salotti. Tutto questo è offrire la propria "testa" e ogni suo "capello" all'ingiustizia e alla corruzione dell'uomo vecchio, che cerca sempre e solo il proprio interesse; usare di Dio e del suo Nome per affermare se stessi, sperando dal mondo quello che solo Lui può darci: "Non spergiurare, ma adempi con il Signore i tuoi giuramenti", perché "chi giura, talora può giurare il vero; ma chi non giura non può mai giurare il falso. Giuri dunque Dio, il quale giura sicuro, che nulla inganna, e che non può neppure essere ingannato. Quando infatti giura, si vale di se stesso come testimone. Come da parte tua, quando giuri, chiami Dio a testimone, così egli, quando giura, chiama se stesso come teste. Tu, quando lo chiami come teste, forse sulla tua menzogna, pronunci invano il nome del Signore Dio tuo" (S. Agostino). E' facile allora rendere complice delle nostre menzogne il Nome di Dio. Lo facciamo spesso, quando la nostra vita si veste d'ipocrisia. E non si tratta solo dell'incoerenza, lo siamo tutti. Basterebbe accettarlo, e umiliarsi quando accade. Gesù ci ammonisce piuttosto sull'ostinazione cieca che impugna la propria vita e i propri criteri brandendoli come autenticamente cristiani, e per questo inoppugnabili, chiamando Dio ad essere testimone per essi, rendendolo così padre dei nostri peccati. Nella Chiesa e nelle nostre comunità accade spessissimo: quando ci attacchiamo alle nostre regole, ai nostri modi di fare, alle consuetudini che abbiamo adeguato ai nostri modi di vedere, e che pretendiamo essere assoluti perché gli unici che realizzano la volontà di Dio. E così in famiglia e ovunque. E facciamo Dio complice della divisione che ne consegue, frutto invece del "di più che viene dal demonio". Allora coraggio, "non spergiurare" ma stringiti a Cristo, perché senza di Lui non puoi fare assolutamente nulla, non illuderti; anche se vai dal parrucchieri a tingerti i capelli e, allo stesso modo, speri dai parrucchieri dell'anima il colore dell'amore per coprire l'egoismo dell'uomo vecchio, sappi che "non hai alcun potere" per cambiare l'aspetto del tuo pensare, parlare e agire, perché l'agire segue sempre l'essere, e se questo non è rinnovato da Cristo, a nulla valgono mille parrucchieri... Adempiamo dunque i giuramenti della nostra anima, i desideri profondi di santità e pace, amore e giustizia, consegnando noi stessi a Lui senza riserve, senza nascondere e fingere quel che non siamo, nella mitezza e sincerità di chi sa a chi dare fiducia, come un bimbo con il suo papà: "Pensiamo bene oggi: qual è la nostra lingua? Parliamo in verità, con amore, o parliamo un po’ con quel linguaggio sociale di essere educati, anche di dire cose belle, ma che non sentiamo? Che il nostro parlare sia evangelico, fratelli! Poi, questi ipocriti che cominciano con la lusinga, l’adulazione e tutto questo, finiscono, cercando falsi testimoni per accusare chi avevano lusingato. Chiediamo oggi al Signore che il nostro parlare sia il parlare dei semplici, parlare da bambino, parlare da figli di Dio, parlare in verità dall’amore" (Papa Francesco). Abbandoniamoci allora anche oggi alla fedeltà di Dio, disinneschiamo tutte le armi con le quali vorremmo giurare e spergiurare a noi stessi e al mondo la bontà delle nostre scelte, delle nostre parole, dei nostri progetti. Diciamo oggi il nostro "no" agli dei stranieri, il primo dei quali è l'ego smisurato figlio del maligno. Diciamo "no" come il Popolo di Israele riunito a Sichem, i piedi posati sulla promessa che Dio aveva compiuto, con in mano e nel cuore l'esperienza che il Signore lo aveva amato, liberato dall'Egitto e condotto sino alla Terra Promessa: "Lungi da noi l'abbandonare il Signore per servire altri dèi! Poiché il Signore nostro Dio ha fatto uscire noi e i padri nostri dal paese d'Egitto, dalla condizione servile, ha compiuto quei grandi miracoli dinanzi agli occhi nostri e ci ha protetti per tutto il viaggio che abbiamo fatto e in mezzo a tutti i popoli fra i quali siamo passati" (Gs 24). Come Giosuè, il Signore ci ammonisce oggi che il vero "no" al demonio e il vero "si" al Signore si può dire solo quando avremo estirpato dal nostro cuore l'idolatria: "Eliminate gli dèi dello straniero, che sono in mezzo a voi, e rivolgete il cuore verso il Signore, Dio d'Israele!". Chi è attaccato al denaro, al prestigio, alla carriera, alle proprie cose come ai propri criteri e progetti dirà sempre una parola di troppo, ovvero esprimerà con la voce e la vita la doppiezza del proprio cuore schiavo del "maligno". Abbandoniamo allora all'anatema gli idoli di questo mondo, facciamo elemosine a chi non conosciamo, sostanziose e non solo il superfluo, "odiamo" le relazioni idolatriche e la nostra stessa vita, rinneghiamo noi stessi, ora, davanti a tua moglie e a tuo marito, lasciamo che il tuo fratello faccia le cose che vorremmo far noi, prendiamo la Croce che oggi ci umilia e diciamo il nostro "si" umile alla volontà di Dio uniti a Cristo. Inginocchiamoci con Lui nei Getsemani che ci attendono dove offrire il nostro sì nel suo sì alla volontà di Dio. Saliremo così sulla Croce che trasformerà i no al suo amore di chi è vicino nei sì che non sapranno resistere alla gratuità del dono della nostra vita. 

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