Sabato della VII settimana del Tempo di Pasqua
Pietro allora, voltatosi, vide che li seguiva quel discepolo che Gesù amava, quello che nella cena si era trovato al suo fianco e gli aveva domandato: «Signore, chi è che ti tradisce?». Pietro dunque, vedutolo, disse a Gesù: «Signore, e lui?». Gesù gli rispose: «Se voglio che egli rimanga finché io venga, che importa a te? Tu seguimi». Si diffuse perciò tra i fratelli la voce che quel discepolo non sarebbe morto. Gesù però non gli aveva detto che non sarebbe morto, ma: «Se voglio che rimanga finché io venga, che importa a te?». Questo è il discepolo che rende testimonianza su questi fatti e li ha scritti; e noi sappiamo che la sua testimonianza è vera. Vi sono ancora molte altre cose compiute da Gesù, che, se fossero scritte una per una, penso che il mondo stesso non basterebbe a contenere i libri che si dovrebbero scrivere.
(Dal Vangelo secondo Giovanni 21,20-25)
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Il Vangelo è una Buona Notizia, l'unica che salva, quella che ogni uomo, di ogni tempi e latitudine, attende nel segreto del suo cuore. La Chiesa esiste per annunciare al mondo il Vangelo. Pietro è chiamato a seguire il Signore sulla via della Croce, vertice di comunione che conferma nella fede la Chiesa intera. Essa è unita a Pietro come a Cristo, segno visibile qui sulla terra della vittoria definitiva del Signore sul peccato e sulla morte. Pietro guida la Chiesa nella fedeltà alla sua vocazione, la conferma attraverso le generazioni, nel compimento del Mistero Pasquale. Per questo l'essenza della Chiesa è la testimonianza, il martirio che fa presente nel mondo la verità e la veridicità della salvezza. Non può esistere Chiesa senza martirio. Pietro ne è la garanzia, pur nella debolezza e nella assoluta precarietà. Giovanni è la figura complementare, immagine della comunità che vive protesa nell'attesa del ritorno del Signore. Giovanni è il grido inesausto della Chiesa, il Maranathà che risuona in ogni eucarestia celebrata in ogni angolo della terra. Nel brano evangelico di oggi, quello che chiude e sintetizza tutto il messaggio del IV Vangelo, appare l'immagine della Chiesa, così come l'ha pensata e voluta il Signore. Essa vive nella perenne tensione di un compimento che si manifesta già nella storia attraverso il martirio, la fedele testimonianza della fede, ma che ancora non si è realizzato in pienezza. Nella domanda che Pietro rivolge a Gesù possiamo riscontrare l'interrogativo più profondo che alberga nel nostro cuore. Perchè tanta sofferenza, perchè tante difficoltà, perchè questo cammino che ogni giorno s'imporpora di sangue. Anche noi guardiamo indietro, e vorremmo che anche Giovanni fosse con noi, che il grido che egli rappresenta, l'attesa di cui egli è segno, sia già compiuta, che non vi sia bisogno che scorrano altri giorni nella precarietà. Il Vangelo di oggi, con un altro linguaggio, esprime quanto i discepoli chiedevano a Gesù pochi istanti prima della sua ascensione al Cielo: "E' questo il tempo in cui ricostruirai il Regno di Israele?". E' questo il tempo del compimento di ogni promessa?. E' il desiderio indomito di poter riposare, di fermarsi in un porto sicuro, le braccia della Maddalena protese a stringere, a bloccare, a fermare Gesù risorto. E' il nostro desiderio. Ma il Signore oggi ci chiama a conversione, a ricordare le sue parole, la promessa dello Spirito Santo, il Consolatore, l'Avvocato che ci accompagnerà nel difficile cammino della storia, in mezzo alle persecuzioni, ai tradimenti, fin sulla croce, il luogo preparato per noi, l'altare dove la Sapienza divina ha pensato che il Figlio possa manifestarsi ancora al mondo, perchè il mondo si salvi. Il Signore oggi ci invita a non fuggire dalla tensione nella quale siamo posti, il crogiuolo che purifica la fede della sua Chiesa, perchè ogni uomo possa accertarsi della fondatezza e della veridicità dei fatti e delle parole che fondano la nostra speranza. La vita della Chiesa è tutta dentro la tensione del compimento definitivo dell'opera della salvezza. La Chiesa è ad un tempo Pietro che segue Gesù sulla via del martirio e Giovanni che prega, che supplica, che vive nell'attesa del suo ritorno. Pietro è la Chiesa Crocifissa, Giovanni è la Chiesa che non muore, che attraversa i secoli stretta alla speranza che non delude. Pietro è la testa che guida, Giovanni è il popolo che, nell'amore, vive ogni giorno la fede che spera il Cielo. Pietro sparge il sangue, Giovanni è la vittoria dello stesso amore che spinge Pietro dove la sua carne non vorrebbe. Tutto questo è la Chiesa, tutto questo è la nostra comunità, tutto questo è la nostra vita in Cristo. Comprendiamo allora l'urgenza quotidiana dello Spirito Santo, lo Spirito che testimonia al nostro spirito che siamo figli di Dio, coeredi di Cristo; lo Spirito che sigilla in noi la fedeltà di Dio. Lo Spirito che ci conduce nelle vie della precarietà attraverso la pazienza che ci apre gli occhi della fede e ci mostra come un meraviglioso piano d'amore di Dio quello che alla carne sembra solo confusione, paura, incompiutezza. Lo Spirito Santo che fa di Pietro e Giovanni due aspetti dell'unica Chiesa, lo stesso Spirito che, per così dire, riunisce in noi la sequela di Pietro e la speranza di Giovanni. Lo Spirito che ci dona la pazienza di Dio, modellando in noi il cuore di Dio. Nell'Omelia alla messa di inizio pontificato il Papa Benedetto XVI esprimeva bene quanto abbiamo detto: "...Proprio così Egli si rivela come il vero pastore: “Io sono il buon pastore… Io offro la mia vita per le pecore”, dice Gesù di se stesso (Gv 10, 14s). Non è il potere che redime, ma l’amore! Questo è il segno di Dio: Egli stesso è amore. Quante volte noi desidereremmo che Dio si mostrasse più forte. Che Egli colpisse duramente, sconfiggesse il male e creasse un mondo migliore. Tutte le ideologie del potere si giustificano così, giustificano la distruzione di ciò che si opporrebbe al progresso e alla liberazione dell’umanità. Noi soffriamo per la pazienza di Dio. E nondimeno abbiamo tutti bisogno della sua pazienza. Il Dio, che è divenuto agnello, ci dice che il mondo viene salvato dal Crocifisso e non dai crocifissori. Il mondo è redento dalla pazienza di Dio e distrutto dall’impazienza degli uomini". In Gesù Pietro e Giovanni trovano l'unità nella complementarietà: non esiste un pastore senza la pazienza colma di speranza di Giovanni; non esiste la pazienza senza il martirio di Pietro. E' questo il compimento terreno della missione della Chiesa, della nostra missione: la pazienza piena di speranza del Pastore che è divenuto Agnello. E l'agnello è Gesù Cristo vivo nella Chiesa suo corpo in ogni generazione. Gesù Cristo vivo in noi ogni giorno nello Spirito Santo. Accostiamoci allora alla Pentecoste con il desiderio ardente dello Spirito Santo, nella preghiera inesausta perchè Dio lo doni alla sua Chiesa, lo faccia scendere, copioso, su ciascuno di noi, perchè metta ordine nella nostra vita, perchè ci faccia, secondo la sua volontà, agnelli come Pietro, pieni di speranza nell'attesa come Giovanni. Perchè lo Spirito Santo ci faccia cristiani, di Cristo; anzi, di più, che lo Spirito Santo faccia di ciascuno di noi Cristo stesso in questa generazione.
αποφθεγμα Apoftegma
«Simone, mi ami tu?».
Non hai detto: «Non peccare, non tradire, non essere incoerente».
Non hai toccato nulla di questo.
Hai detto: «Simone, mi ami tu?».
Questa è la voce che echeggia dalla capanna di Betlemme:
«Mi ami tu?».
Ognuno di noi non riesce a sfuggire completamente
al fatto che Cristo è amabile da noi esattamente così come siamo,
più di qualsiasi altro essere di cui ci si innamori.
Anzi, splendore diventa la preferenza
solo se investita dallo sguardo che uno porta a Cristo:
Cristo coincide con la preferenza più grande che possiamo avere nella vita.
«O quam amabilis, dulcis Jesu».
Non hai detto: «Non peccare, non tradire, non essere incoerente».
Non hai toccato nulla di questo.
Hai detto: «Simone, mi ami tu?».
Questa è la voce che echeggia dalla capanna di Betlemme:
«Mi ami tu?».
Ognuno di noi non riesce a sfuggire completamente
al fatto che Cristo è amabile da noi esattamente così come siamo,
più di qualsiasi altro essere di cui ci si innamori.
Anzi, splendore diventa la preferenza
solo se investita dallo sguardo che uno porta a Cristo:
Cristo coincide con la preferenza più grande che possiamo avere nella vita.
«O quam amabilis, dulcis Jesu».
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